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Adrian1

Episodi visti: 1/1 --- Voto 5,5
"Ghost in The Shell" è un film che ha diviso nettamente il pubblico, sicuramente amato dagli appassionati dell'action ma detestato da chi, invece, è un appassionato sfegatato dell'originali opere di Masamune Shirow. La verità è che questa pellicola di Rupert Sanders altro non vuole essere un semplicistico omaggio all'universo del fumettista. La pellicola riesce a trasporre sul grande schermo quantomeno le ambientazioni immaginate dall'autore e a dare una mediocre infarinatura delle tematiche più care alla cultura post-cyberpunk. Ovviamente tutta la filosofia che c'è dietro all'opera di "Ghost in the shell" è trattata in un modo molto limitato e superficiale, i temi dell'opera originale sono più vari e profondi di quelli che questo film riesce a trasmettere.
Graficamente è comunque un ottimo film.
In definitiva è un film che può piacere sicuramente a molti ma che può deludere altri sopratutto chi si aspetta un film che tratta i temi dell'opera originale in maniera approfondita, quest'ultimi rimaranno delusi.
Consigliato agli amanti degli effetti visivi e degli action, ma s'è si vuole un prodotto profondo e articolato questo film non lo è.

Utente51672

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Utente51672

Episodi visti: 1/1 --- Voto 8
La critica ha definito molte volte questo film come una sorta di Matrix (nonostante quest'ultimo ne fosse stato influenzato), un film di cui non ne avevamo bisogno nel 2017, ecc... beh permettetemi di dire perchè non è così.

Recentemente ho visto il film del 1995 ed essendomi avvicinato poco tempo fa al genere ho notato una grandissima innovazione, una filosofia immensa e una poesia celata dietro la trama, quindi mi sono chiesto: se questo live action è così simile in scene e storia al primo "Ghost in the Shell", perchè qualcuno che lo vede per la prima volta non può provare le medesime sensazioni? Quindi ho capito che di questo film ce ne era bisogno eccome, perchè chi come me conosce storia e personaggi si trova davanti a un prodotto che soddisfa le richieste, una trama lineare che rispecchia l'originale, e delle scene/citazioni ricreate a doc, mentre per chi invece "arriva ora" può sperimentare e provare le stesse sensazioni e pensieri di coloro che lo vedono per la prima volta.

Il prodotto in se funziona eccome, dalla continua ricerca dell'"Io" ai rapporti tra i vari protagonisti, tutti intrerpretati in maniera ottimale, da Batou al Maggiore, dove Scarlett Johanson ha dato il meglio di se utilizzando movimenti rigidi e masculini, perchè insomma, di tutto si può dire di Motoko tranne che sia una donna all'acqua di rose.

La cosa che in molti ha fatto storcere il naso (a me in primis) è la ricerca del proprio passato, una cosa nuova, aggiunta per uscire dalla trama classica che alla fine però aiuta a chiudere un cerchio narrativo sposandosi benissimo con il resto.

L'impatto grafico è veramente un tripudio per gli occhi, la città ricreata in modo futuristico non pecca di nulla, dandoti l'impressione di quanto possa essere caotico e complicato viverci dentro. Una metropoli che esplode di persone ormai totalmente affidate alle aziende produttrici di componenti cyborg, per curarsi, o semplicemente per potenziare il loro corpo durante le attività quotidiane.

Il consiglio che posso dare è quello di andare a vederlo dopo aver visto almeno i due film anime "Ghost in the Shell" e "Innocence", in questo modo saprete apprezzarlo molto di più e sarà una continua ricerca alle citazioni e alle scene ricreate dall'opera originale.


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onizuka90

Episodi visti: 1/1 --- Voto 6
Ghost in the Shell-2017

Settembre 2016, Paramount Pictures pubblica i primi teaser trailer del tanto chiacchierato “Ghost in the Shell”, dando finalmente un corpus delicti ai rumors e alle voci che circolavano per la rete circa il nuovo lungometraggio americano che si propone di riportare in auge il noto brand marchiato Masamune Shirow (il manga originale) prima, e Mamoru Oshii poi (il film del '95 e Innocence)*. Si tratta di un annuncio di una forza dirompente che letteralmente spacca a metà la comunità degli internauti: all'istante si levano i cori indignati dei fan che gridano allo scandalo, profetizzando l'imminente sciagura di una corruzione e distruzione di ciò che fu oggetto di culto, simbolo, nonché masterpiece del cyberpunk nipponico degli anni '90. Non assenti, tuttavia, anche voci contrarie alla generale mancanza di fiducia** che si è poi rivelata, purtroppo, parzialmente veritiera e preconizzante, ma andiamo con ordine.

L'universo di “Ghost in the Shell” (in modo peculiare il film di Mamoru Oshii), radica i suoi topoi su un apparato concettuale che capta i propri semi nella corrente letteraria e artistica del Cyberpunk, nata negli anni '80 grazie al contributo di autori tra i quali spiccano William Gibson*** e Bruce Sterling. La tematica cardine è quella che ruota attorno ai concetti di coscienza e identità che la progressiva meccanizzazione dell'uomo e lo sviluppo tecnologico mettono inevitabilmente in crisi e la cui certezza cominciano ad incrinare: si concretizza una interessante inversione di prospettiva per la quale l'uomo perde parte della sua umanità, avvicinandosi alle macchine, mentre le macchine (in specie le I.A.) subiscono il processo inverso, acquisendo una loro coscienza e imparando ad affermare la propria personalità, auto-riconoscendosi come enti senzienti ed autonomi, possiamo dire: umanizzandosi. La domanda fondamentale è: cosa è coscienza? La coscienza è programmazione, oppure libertà? Indeterminatezza? E da questa intuizione emerge il senso del titolo del film: “Ghost in the Shell”, lo spirito nel guscio, l'anima nel corpo, dicotomia di matrice cartesiana che viene però messa in dubbio. Nel momento in cui anche un androide si afferma Essere senziente, cosa distingue realmente l'uomo dalla macchina? Non è forse anche l'uomo una macchina biologico-organica programmata dai suoi stessi geni? L'uomo è conscio di questo dubbio ed è per questo motivo che costruisce gli androidi, è un gioco di specchi: cerca di costruire qualcosa di simile a sé non per il progresso della scienza ma, in ultima analisi, per vedere se stesso e soprattutto capire se stesso. La domanda attorno a cui tutto ruota è se esista effettivamente un Ghost separato dal suo Shell o, piuttosto e al contrario, un'unione dei due, una “Mente” di spinoziana memoria****. Invero, non c'è nessuna autentica differenza tra uomo e macchina, tra organico e inorganico, poiché nessuno dei due è da solo in grado di stabilire l'origine della propria coscienza e se questa sia determinata da un “Dio” o meno. Il film del '95 incarna brillantemente tutte queste tematiche grazie anche ad una raffinatissima regia, che si destreggia attraverso momenti di intenso lirismo visivo, tanto che il film stesso diviene un continuo susseguirsi di simboli e metafore di grande suggestione.

Ora, prendete tale identikit di “Ghost in the Shell”, così come prospettato dall'estensore di questa recensione, e spogliatelo di quasi tutto compiendo un'operazione di mera sottrazione: togliete il lirismo e il simbolismo, togliete i dialoghi penetranti e profondi, togliete l'intero apparato concettuale riducendolo sostanzialmente all'osso, un feticcio, un giocattolo per le masse, ed otterrete con buona approssimazione un'idea di cosa aspettarvi dall'ultima fatica di Rupert Sanders. L'operazione che è stata compiuta è infatti quella di rendere mainstream e abbordabile per il grande pubblico quella che era in origine una storia molto complicata e per un pubblico fondamentalmente di nicchia. Il film in questione infatti mantiene formalmente la medesima struttura di fondo del suo progenitore, costruendo una vicenda dal sapore poliziesco decisamente interessante e ricca di tensione. La sezione 9 torna di nuovo in azione, ritroviamo il Maggiore, interpretato da una bravissima Scarlett Johansson, che ritengo particolarmente indicata per questo ruolo*****, Batou, Togusa, il saggio Aramaki e altri vecchi e nuovi personaggi. Ritroviamo anche le tematiche fondamentali, ma queste assumono, sostanzialmente, una veste maggiormente semplificata e lineare ed incompleta, non vengono portate alle estreme ed elevate conseguenze e conclusioni che ci si aspetterebbe, optando anzi per una soluzione diametralmente opposta. La protagonista si trasforma in un'eroina che vuole scoprire la verità piuttosto che essere la figura profonda e dilemmatica che conosciamo. Il baricentro si sposta da un piano concettuale a quello fattuale della storia. A fare da padrone è un passato rubato da riconquistare, un sopruso compiuto che va punito e corretto per la completa riappropriazione della personale individualità. E sono queste innovazioni, da una parte, e certe mancanze, dall'altra, a mutare profondamente sia il senso che la portata del film, ponendo accenti diversi. L'attenzione si sposta sulla falsificazione dei ricordi, la costruzione di un passato fasullo in un'ottica strumentale alla storia, ma ci si ferma lì, senza compiere passi ulteriori. Manca l'essere totalmente artificiale che dà quel quid pluris al tono del film, perchè qui la figura maggiormente ambigua rimane il maggiore, che però è comunque di matrice umana. Anche i numerosissimi riferimenti e citazioni al film del '95 sono in realtà per lo più mere strizzate d'occhio: un esempio su tutti la scena dell'immersione, che perde molto della suggestività e del senso originario.
Rimane purtuttavia un filo conduttore omogeneo, trattandosi di un soggetto comunque interessante da mettere in scena, e molto bella è per esempio la trovata del “consenso”. Per gli androidi il loro “consenso” non serve, essi sono meri oggetti sottoposti al dominio umano. Ed è così anche per il maggiore, finchè qualcuno non la riconosce come al proprio livello, come umana, chiedendo il suo consenso, ed è così che si pone l'accento sul fatto che ciò che ci rende umani è anche il modo in cui gli altri ci considerano.

Passando al lato tecnico, ci si para innanzi un film diretto piuttosto bene, la cosa che colpisce maggiormente però è il modo in cui è stata costruita l'ambientazione, che riprende in modo fedele l'estetica del film originale, mostrandoci paesaggi urbani molto suggestivi, decorati da proiezioni e ologrammi pubblicitari, che stridono con i sobborghi poveri caratterizzati da palazzoni decadenti che sfidano il cielo nella loro incredibile altezza e grigia monotonia. Si tratta di una tipica ambientazione cyberpunk, dove decadenza sociale, politica e tecnologia si compenetrano, in un mondo sotto il giogo di forti multinazionali e aziende tecnologiche.

In conclusione, si tratta di un bel film d'azione e poliziesco che consiglio di andare a vedere perchè preso a sé rimane un prodotto godibile. Si parla di una incarnazione di GITS che io definirei più disimpegnata, il che non vuole per forza attribuirgli una connotazione negativa, ma riconoscere semplicemente che si tratta di un prodotto adatto ad un pubblico più ampio e generalista che vi lascerà sulle spine fino alla fine, grazie anche alle adrenaliniche scene d'azione.

Buona visione.










*Senza tuttavia dimenticare le serie animate dirette da Kenji Kamiyama.
**Lo stesso Mamuru Oshii si è espresso in modo favorevole al film
***Neuromante
**** Per un approfondimento consiglio di andare a vedere i video di rick du fer.
***** Inutili e faziose le accuse di witewashing mosse al film, la Johansson anzi ricalca fedelmente l'estetica del Maggiore.