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Stairway90

Episodi visti: 1/1 --- Voto 2
Nel 1994 Steven E. de Souza dirigeva Street Fighter - Sfida finale, film con attori in carne ed ossa (tra cui Jean Claude Van Damme e Raúl Juliá nella sua ultima apparizione sul grande schermo) tratto dall'omonimo videogioco picchiaduro, criticato duramente dai fan; l'anno dopo era la volta di Mortal Kombat, diretto da Paul W.S. Anderson, cui andò meglio, tanto che ne venne prodotto un sequel, Mortal Kombat: Annihilation; nel 1998, sempre da Mortal Kombat era tratta una serie televisiva di una sola stagione, Mortal Kombat: Konquest. A questo punto, non poteva non mancare un'incarnazione cinematografica anche per la saga di Tekken, nata nel 1994, giunta al suo sesto capitolo (più numerosi spin-off) e caratterizzata da un grande realismo negli stili di combattimento, quasi sempre ispirati a vere arti marziali (kung-fu, sumo, karate, tae kwon do, wrestling, capoeira).

L'idea di un adattamento fu annunciata già nel 2002, ma solo nel 2010 il film vede la luce, per la regia di Dwight H. Little; la sceneggiatura, a quanto pare, doveva essere incentrata su una storia molto differente, ma fu rimaneggiata per cercare (senza riuscirci, ma se ne parlerà fra poco) di essere più aderente al videogioco. Quanto al cast, annovera tutta una serie di attori misconosciuti, di quelli che fanno giusto una comparsata nei film d'azione e in un paio di episodi di qualche telefilm, a cominciare dall'attore protagonista, Jon Foo, che fa di Jin Kazama un fighetto cresciuto per strada, niente di più distante dal personaggio del videogioco; nei panni di Heiachi Mishima troviamo però Cary-Hiroyuki Tagawa, già Shang Tsung in Mortal Kombat, mentre Gary Daniels, famoso per aver interpretato Kenshiro nel film trash Fist of the North Star (talmente brutto da essere superato persino dai live action coreani), qui recita nei panni del cyborg Brian Fury. Insomma, a giudicare dai nomi coinvolti nel progetto, il rischio di delusione era già alto in partenza, ma il risultato supera addirittura le peggiori aspettative!

Anno 2039: un nuovo conflitto mondiale ha spazzato via la civiltà (l'ambientazione futura post-apocalittica à la Hunger Games non c'era nei videogiochi, evidentemente fa figo metterla nei film anche quando non si dovrebbe) e il mondo è gestito da potenti corporazioni, fra le quali spicca la Tekken, gestita da Heiachi Mishima, che controlla la città di Tekken e gestisce il torneo di combattenti chiamato... sì, Tekken, indovinato! Evidentemente la guerra mondiale ha spazzato via anche la creatività nel dare i nomi. In uno dei quartieri periferici di Tekken vive, solo con la madre Jun, Jin Kazama, il classico ragazzo di strada che sa combattere per sopravvivere e tira avanti col contrabbando; quando però sua madre è uccisa per ordine di Kazuya, il figlio di Heiachi (eh sì, qui non è creduto morto, ma fa la bella vita coi soldi del papà), decide di iscriversi al torneo per vendicarsi dei Mishima. Inizia dunque l'Iron Fist Tournament, il vero cuore della storia, in cui si alternano combattimenti, tentativi di Jin di finire a letto con Christie Monteiro e intrighi di Kazuya per strappare a Heiachi il controllo della Mishima Zaib... ah no, qui si chiama Tekken.

<b>Attenzione, questo paragrafo contiene spoiler sul finale</b>
Alla fine Heiachi è deposto (e apparentemente ucciso), Kazuya cambia le regole trasformando i combattimenti del torneo in lotte all'ultimo sangue (evidentemente aveva visto Mortal Kombat la sera prima) e Jin si prende la sua bella vendetta, ma decide di risparmiare il padre e di tornare a casa. La cosa peggiore è che il finale e la scena dopo i titoli di coda lasciano temere un sequel.
<b>Fine parte contenente spoiler</b>

Tekken The Movie fallisce nell'impresa di adattare per il cinema la celebre saga picchiaduro della Namco. Sarebbe stato impossibile inserire, per motivi di tempo e di budget, tutti i personaggi dell'immenso cast dei sei capitoli, eppure molte scelte della produzione lasciano interdetti: vengono escluse dal film figure importanti e carismatiche come Paul Phoenix, Lei Wulong, King, Lee Chaolan, Hwoarang, mentre è inserita (peraltro in maniera ridicola) gente come Miguel Caballero Rojo e Sergei Dragunov; Nina e Anna Williams diventano le amanti e le killer personali di Kazuya Mishima (ma non era loro compito ucciderlo?); il giovane pugile Steve Fox diventa un uomo maturo, maestro di Jin e vecchio amico di sua madre (e ovviamente vista l'età non può essere figlio di Nina); Yoshimitsu ed Eddie Gordo sono trattati in maniera ridicola; Heiachi da antagonista che governa la Mish... ehm, la Tekken con pugno di ferro diventa un nonno apprensivo verso suo nipote; Marshall Law è irriconoscibile; Christie Monteiro è la classica ragazza che non vuole darla a Jin ma gli sculetta sotto gli occhi. Si salvano giusto Raven, reso molto bene almeno fisicamente, e Brian Fury, abbastanza crudele da non far troppo rimpiangere la controparte videoludica. Inutile dire che la storia di questi personaggi è completamente stravolta, così come pure l'ambientazione storica e sociale.

Probabilmente è sbagliato voler necessariamente confrontare Tekken film con Tekken videogioco e lo si dovrebbe invece guardare come puro e semplice film d'arti marziali, senza lamentarsi delle modifiche alla trama; tuttavia, anche questo possibile approccio fallisce nel riuscire a dare una valutazione positiva del lungometraggio. I combattimenti, che dovrebbero essere il vero fulcro della storia, sono ridicoli, troppo brevi, troppo poco spettacolari; i dialoghi sono ai limiti dell'indecenza per banalità e superficialità; si respira aria di trash e di tamarro in ogni scena e la recitazione degli attori è molto al di sotto di un buon livello.

È davvero un peccato che Tekken The Movie sia un film così insulso: il materiale di partenza si poteva prestare a una buona trasposizione filmica e fare la gioia di tantissimi fan del celebre videogioco di casa Namco, invece di essere sfruttato così male, confermando così l'idea che quando gli americani mettono le mani su qualche soggetto tratto da videogiochi o manga nipponici il risultato è sempre una deludente "americanata".


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MikuSakura1234

Episodi visti: 1/1 --- Voto 2
<b>Attenzione: la recensione contiene spoiler sul finale</b>

Come tutti ben sappiamo, i videogiochi o gli anime più famosi vengono messi sul grande schermo in stile live action. Solo che, però, la maggior parte si sono rivelati un vero e proprio flop, e solo pochi si salvano. Ebbene, siccome "Tekken" é un gioco amato da tutti, nonché uno fra i più venduti, hanno deciso di farne la versione live action, che si rivela anche peggio delle altre.

La trama si svolge in un Paese malfamato dove governa la Mishima Zaibatsu, della quale il capo é lo spietatissimo Heihachi Mishima, il quale é anche il capo di un tournament chiamato Tekken. Jin Kazama, un combattente molto forte, é intento a vendicarsi di Heihachi per la morte della madre, Jun Kazama. E così lui entra a far parte del torneo del "Pugno di Ferro", battendosi con Marshall Law. Battuto l'avversario, Jin riesce a entrare a far parte del torneo, dove ne passerà di cotte e di crude, con l'aiuto di Christie Monteiro, un'esperta di capoeira estremamente attraente, e Steve Fox, un'abile pugile e il primo amico del protagonista.
Fin qui tutto è un po' "tratto" dal gioco, ma alla fine si scopre che il vero villain é Kazuya, padre di Jin e figlio di Heihachi (che sembra che in questo film sia anche suo alleato, cosa che lui non farebbe mai), ed é intento a sfidarlo. Il padre sembra avere l'asso nella manica, ma Jin fa finire tutto uccidendolo a suon di ascia e baciando la bellissima Christie.

Spazzatura, questo solo posso dire. Sono riusciti in tutto e per tutto a rovinare una bellissima saga di picchiaduro con una trama banale che non c'entra niente con il gioco, stravolgendo così non solo la trama, ma anche i personaggi, perché in realtà Jin neanche sa dell'esistenza di Christie, e di certo Jun non é mai stata uccisa da Heihachi. Insomma, una vera e propria delusione; do un 2 solo per dare più di 0. Evitatelo come la peste.

M3talD3v!lG3ar

Episodi visti: 1/1 --- Voto 2
Sono stati bravissimi. Non era certamente facile superare in bruttezza la famosa rivisitazione hollywoodiana di Street Fighter, eppure gli autori di Tekken, The Movie sono riusciti a fargli raggiungere questo traguardo. Sono riusciti a demolire la serie di picchiaduro più amata della mia generazione e al contempo ad accusare una perdita di circa 33 milioni di dollari dei 35 spesi per la produzione: non sono dei geni? Se penso che l'acquisizione dei diritti e la preparazione della sceneggiatura risalgono nientemeno che al 2002, mi chiedo come mai nessun essere sano di mente, in questi otto anni di tempo, si sia reso conto dell'inevitabile flop che quest'orrore avrebbe inevitabilmente costituito all'indomani della sua pubblicazione.
Questa pellicola rappresenta senza alcun dubbio il peggior adattamento cinematografico di un picchiaduro mai fatto, e questo non solo perché Dwight H. Little e soci sono stati capaci di stravolgere l'intera saga Namco in un'ora e mezza, ma anche di realizzare una schifezza di film, con uno schifo di copione, uno schifo di trama, uno schifoso cast di attori e uno schifo di rappresentazione.
Ma proviamo a fornire una panoramica della portata di ca***te contenute in questo obbrobrio, giusto per sollevare un minimo di curiosità in qualsiasi sventurato lettore di questo mio commento. Logicamente preferirò essere schietto e ironico nella descrizione di certi personaggi, ma rammento che nulla di ciò che scriverò sarà inventato - purtroppo.

Partiamo dall'ambientazione: si inizia subito con il botto (in senso negativo): ci troviamo infatti negli Stati Uniti, nel quartiere di Anvil della città di Tekken City, in un mondo futuristico post-bellico, i cui territori non sono gestiti da governi, ma da otto corporazioni, tra le quali vi è la Tekken, capeggiata da Heihachi Mishima - l'ambientazione è già 'americanizzata' alla grande e la scarsa fantasia degli autori dà luce a luoghi e organizzazioni mai accennate nella serie, ma andiamo avanti. Il nostro vecchio è proprietario della suddetta corporazione - bye bye, Mishima Zaibatsu - ed è forse l'unico personaggio che, almeno inizialmente, sembrerà mantenere la corrispettiva identità di antagonista. Purtroppo, faticheremo sempre più a riconoscerlo con il prosieguo della storia, quando si farà fregare da quello che sarà il nuovo antagonista - lo introdurremo dopo - ed emergerà il suo lato da 'nonno paterno'. Egli è anche l'organizzatore del torneo del Pugno di Ferro, che vede sfidarsi in duello i più forti combattenti del mondo. A parteciparvi sarà, giustamente, il nostro protagonista, Jin Kazama. Cosa dire di lui... Beh, a parte il fatto che, quanto a somiglianza, il tizio di una nota pubblicità del tonno avrebbe meglio figurato nei suoi panni, sia l'improvvisato ruolo da 'ragazzotto di strada' sia l'interpretazione di Jon Foo (chi?) non fanno altro che sminuire in modo vertiginoso il carisma del personaggio-icona della saga, forse peggio di quanto si fosse fatto con l'abbinamento Chatwin-Goku in Dragon Ball Evolution, che soltanto un anno prima avevamo potuto 'ammirare' - insomma, manco il tempo di rialzarsi da una batosta, che ne arriva una nuova, a mio avviso peggiore.

Comunque, spinto dalla voglia di vendicare la morte di sua madre Jun, causata dai Jack - no, levatevi dalla testa quelle ferraglie dei vecchi Jack, qui rimpiazzati da ninja robotizzati che spiccicano sì e no quattro parole in giapponese - il nostro Kazama dei poveri decide di iscriversi alla nuova edizione del torneo, e lo fa grazie all'aiuto di quello che scopriremo, con gran sgomento, essere Steve Fox. Sì, 'con sgomento', perché il pugile biondo e muscoloso che tutti conosciamo sarà qui ridotto al ruolo di supervisore calvo di Jin, che, udite udite, è molto più giovane di lui! Senza contare il fatto che anche Nina Williams sia più giovane di lui, pur essendo sua madre - ma questo dato non è stato per niente calcolato nel film, come tanti altri, quindi, andiamo oltre. Visto che ho tirato in ballo Nina (direttamente da Baywatch), chiamo all'appello anche sua sorella, Anna, e vi annuncio che entrambe, oltre ad andare incredibilmente d'accordo come mai prima d'ora, svolgono una funzione del tutto nuova e pittoresca: quella di accompagnatrici nonché diversivi erotici di Kazuya Mishima. La caratterizzazione di quest'ultimo è stata a mio parere quella più travisata: un incrocio tra Freddie Mercury e Antonio Banderas che fa da braccio destro a suo padre Heihachi per poi impossessarsi del suo posto al vertice come il più convenzionale dei 'cattivoni', e che combatte armato di asce - proprio come il famoso gnomo di Mistero - non si può proprio vedere.

I restanti combattenti non sono da meno: Marshall Law somiglia a un massaggiatore portoricano che di kung-fu non conosce nemmeno la pronuncia, ed è inoltre il primo a prenderle da Jin in uno scontro che vale l'accesso al torneo. A proposito, vorrei riportare lo scambio di battute che li introduce alle mazzate, giusto per evidenziare il grado di ridicolaggine che permea l'intero copione - su cui ritornerò - che è la seguente:

Jin, cinque minuti dopo la morte della madre, già fresco e pimpante, desideroso di vendetta: «Io andrò all'Iron Fist, e tu sei il mio unico ostacolo».
Law, in risposta: «Impara ad avere rispetto!» - e gli sputa sul piede.

Ovviamente il testo isolato non provoca lo stesso effetto comico, ma vi assicuro che a vedere certe scene e udire certe parole sarà facile sghignazzare.
Ritornando ai nostri lottatori, vedremo all'opera anche Brian, Raven, Eddy, Yoshimitsu, Dragunov e Miguel, che tuttavia faranno da riempitivi - e meno male!
Su di loro non c'è quindi granché da dire, se non riguardo all'aspetto fisico e allo stile di combattimento, mantenuti fedeli solamente in minima parte: a Brian viene fatto praticare inspiegabilmente il Kenpou, anche se le movenze richiamano più o meno quelle del cyborg; Raven è fisicamente identico, anche perché il personaggio è già molto stilizzato di suo, ma insomma, almeno non si sono dimenticati della cicatrice. Il suo ninjutsu pare comunque arrugginito; Eddie Gordo è probabilmente l'unica controparte 'riuscita' da ambo i lati, anche se qui sembra più stupido - ma d'altronde è un'impressione che ci si fa guardandoli tutti; Yoshimitsu indossa un'armatura abbastanza figa e va bene così, ma durante un combattimento getta via la sua fidata katana per adoperare un bastone, per poi ancora districarsi nel corpo a corpo - questo non va bene; dei restanti due, praticamente impalpabili durante la visione, Dragunov pare aver preso in prestito il parco mosse di un certo Lee Chaolan (altro lottatore della saga), mentre Miguel non condivide un tubo con il vero personaggio, ma in compenso ricorda palesemente un wrestler, precisamente Randy Orton, chissà perché. A mancare alla lista è però lei, Christie Monteiro, che completa il cerchio delle fig... delle figure femminili del film insieme alla 'povera fessa' della situazione, cioè la ragazza di Jin, abbandonata là fuori, ad angosciarsi per le condizioni del suo amato che, nel frattempo la riempie di corna senza indugiare neanche un istante.
L'affiatamento tra i due inizia con qualche battutina molto sobria come: «Guardarmi il culo è il modo per farti prendere a calci il tuo», ma continua fino al limonamento, con tanto di salto in discoteca.

A peggiorare la situazione più di ogni pecca di adattamento è lo stampo prettamente tamarro di questa trashata, che si avverte nella rozza banalità dei dialoghi come nella falsa appariscenza delle riprese, pompate dai soliti filtri grafici e inquadrature voltastomaco. La mole di stereotipi racchiusi in questo film è oltretutto talmente elevata che anche un bambino potrebbe azzardare e azzeccare in sequenza ogni minimo dettaglio della trama. Perfino i flashback, risibili, scontati e soprattutto ripetitivi, potranno essere localizzati senza problemi nei momenti che prevederemo.
Spesso si tende a consigliare film del genere ai fan del determinato brand preso di mira, ma stavolta non mi sbilancio: al massimo vi posso proporre di 'gustarlo' insieme a un amico che vi porga una spalla su cui piangere/ridere, come ho fatto io, patito del videogioco da quando avevo dieci anni, adesso testimone della sua - fortunatamente malriuscita - distruzione.