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kirk

Volumi letti: 10/10 --- Voto 7
Il mio voto per l’idea è dieci, inoltre credo che storicamente questo manga abbia significato tantissimo, eppure, per come è stato eseguito, non posso che dare un sette.
Non mi sto lamentando solo dei disegni - che non riescono a riprodurre sulla tavola l’orrore dei corpi viventi in via di putrefazione- ma anche per come tratta gli argomenti: l’autore in genere fa parlare Gen o qualcun altro il quale si limita ad esprimere la sua indignazione senza riuscire però ad argomentare più di tanto. Inoltre si nota che Keiji Nakazawa probabilmente è di “sinistra” con il suo odio verso l’imperatore, i militari e gli americani.
E come dargli torto?
L’imperatore ha voluto la guerra e gli americani hanno sganciato il flash (la bomba atomica) in cui lui ha perso tutto. Eppure nei dieci volumi vedremo che molti giapponesi perdonano l’imperatore e i militari. Tutte le violenze denunciate in quest’opera sono da alcuni ridimensionate o negate… certo è che molti che sostenevano la guerra si sono riciclati, che la mentalità di molti giapponesi non è cambiata e l’autore dice che ciò è avvenuto a Hiroshima: figurarsi se è potuta cambiare nel resto del paese.
Nel suo vivere Gen incontrerà medici che vendono le medicine solo per denaro e fanno finta di non essere in casa per i poveracci, altri che vendono i moribondi agli americani che sono intenzionati a studiare gli effetti dell’atomica, troviamo famiglie che nascondono i loro malati augurandosi che muoiano presto, politici che hanno inneggiato alla guerra e approfittando della dimenticanza delle persone fingono di appartenere al partito della pace, pescecani che approfittano di chi ha bisogno… Insomma esiste una varietà infinita di persone malvagie accanto a persone buone, che spesso non spiccano.
I volumi migliori sono il primo e l’ultimo. Il primo si incentra sul personaggio del padre di Gen e sulla sua famiglia i quali sono maltrattati da tutti in quanto l’uomo è un vero pacifista mentre tutti gli altri sperano di vincere la guerra con madri felici di veder partire i figli senza sapere se e come torneranno.
L’ultimo, invece, è un volume assai scorrevole in cui si parla di Gen alcuni anni dopo i fatti più scabrosi… e qui si parla di droga. Insomma dal punto di vista ideologico c’è molta carne al fuoco ma credo che altri autori avrebbero potuto partendo da questa base creare un’opera migliore: mi spiace non si siano cimentati in quanto Nakazawa si può considerare troppo intrigato nell’argomento, troppo astioso verso il mondo…
Ricordo che però dall’esplosione della bomba al parlarne sui giornali giapponesi sono passati nove anni e che la gente di Hiroshima sia stata vista di cattivo occhio, quasi fosse appestata, per quasi altri vent’anni prima che Nakazawa ponesse con suo manga una diversa interpretazione delle cose è un dato di fatto.


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deco88e

Volumi letti: 10/10 --- Voto 10
Scritto tra il 1973 e 1987 fu pubblicato inizialmente su Weekly Shonen Jump per poi passare a riviste meno popolari (Shimin, Bunka Hyoron, Kyoiku Hjoron). Questa serializzazione travagliata ci fa capire immediatamente l’importanza che ha "Hadashi no Gen" (letteralmente “Gen a piedi scalzi”). Pur non avendo avuto grande popolarità di vendite, ha comunque visto la sua prosecuzione, cosa non banale nell’editoria a fumetti giapponese che tende a cancellare le serie che non funzionano. Questo lo dobbiamo all’impegno di editori, politici e insegnanti che hanno capito la necessità di dover raccontare e tramandare le vicende di una delle pagine più buie della storia giapponese, e mondiale.

L’autore Keiji Nakazawa è un sopravvissuto all’attacco di Hiroshima del 6 agosto 1945; aveva 6 anni quando gli Stati Uniti sganciarono la bomba nucleare (Little Boy) sulla sua città. A seguito di questo fatto morirono centinaia di migliaia di persone, quasi tutti civili, tra cui parte della sua famiglia. Questi avvenimenti sono alla base di "Gen di Hiroshima"; Nakazawa costruisce un manga semi-autobiografico in cui esperienze personali e racconti di altri sopravvissuti si fondono insieme.

All’interno dell’opera il mangaka ricostruisce perfettamente il clima sociale e politico di quegli anni.
Inizialmente pone l’accento sulla situazione che precede la catastrofe; i giapponesi versano in condizione critiche, vengono spogliati di numerosi oggetti, necessari per la costruzione di armi e munizioni, il cibo scarseggia e numerose famiglie sono costrette a mandare i propri figli nelle campagne e al fronte. Chi si oppone alla guerra viene tacciato come traditore, emarginato e, nei casi più estremi, incarcerato.
Con lo scoppio della bomba tutto cambia, il flash, come viene spesso nominato, spazza via ogni cosa. La città viene completamente rasa al suolo. Chi non è morto si ritrova con la pelle ustionata dalle radiazioni o sepolto sotto le macerie. È il caos. Da qui in avanti vedremo crescere Gen che, come suo padre prima di lui, diventerà baluardo di una ideologia antibellica e di speranza.

Nakazawa denuncia nelle pagine di "Gen di Hiroshima" tutto il disgusto che prova nei confronti della società. Verso i politici e l’imperatore, i quali dalle loro posizioni di potere hanno ignorato i problemi che la guerra stava recando. Sfruttare risorse, sfruttare persone esclusivamente per un proprio moto di orgoglio e solo quando realmente preoccupati per la loro incolumità mostrare il fianco e arrendersi. Verso gli americani che noncuranti hanno devastato un paese, lo hanno occupato, hanno studiato gli effetti della bomba atomica esclusivamente per fini personali e lo hanno nascosto all’opinione pubblica. Verso quei giapponesi che nel momento di maggior necessità si sono rivelati egoisti, ipocriti e biechi. Verso tutti quelli che con la guerra giocano e si arricchiscono e infine contro tutti quelli che ne dimenticano gli orrori.

Sebbene questo fumetto racconti la tragicità umana in molte sfaccettature, Nakazawa non sfocia mai però in facili vittimismi, il personaggio di Gen si fa motore di una narrazione positiva dove la fiducia nel futuro non viene mai meno, anche di fronte alla perdita dei propri cari, e dove i piccoli momenti di felicità fanno quasi dimenticare le avversità.

Questo contrasto tra tragico e commedia si denota anche nello stile grafico dove a sfondi realistici e crudi, si stagliano figure umane estremamente morbide nel più classico stile tezukiano. Questo modo di disegnare è tipico dello shounen di questo periodo, esempi del genere si possono trovare in Shigeru Mizuki, Go Nagai e Kazuo Umezu.

"Gen di Hiroshima" è un fumetto che come "Maus" di Spiegelman e "Persepolis" di Satrapi ha saputo raccontare al meglio la realtà, come "Devilman" di Nagai e "I tre Adolf" di Tezuka ha saputo interrogarsi sull’oscurità dell’essere umano e come "Nausicaa della Valle del vento" di Miyazaki e "Akira" di Otomo ha saputo sperare in un futuro più felice.

LaMelina

Volumi letti: 10/10 --- Voto 10
L'utilizzo della parola comic, con tutti i richiami alla commedia e al grottesco che comporta, potrebbe sembrare quasi uno scherzo del destino per un'opera che dipinga l'apocalisse causata dalla prima nonché unica bomba della storia che sia mai stata scagliata su Hiroshima. Ma se ci si sofferma a riflettere sulla capillarità di cui in Giappone gode il genere, è più semplice pensare che un autore abbia desiderato sfruttare questa forma d'arte, a metà tra la pittura e la narrativa, per meglio raccontare la propria esperienza di vita. Il fumetto si serve di un semplicistico codice di immagini e poche parole selezionate con cura per comunicare una storia; da considerarsi come un "manufatto" e perciò strettamente legato all'anima del suo disegnatore, si presta ad opere autobiografiche per l'alto grado di intimità che si viene a creare durante la lavorazione tra il prodotto finito e il suo genitore. Sfruttando la potenza di questo medium e la sua funzione pedagogica rivolta ai piccoli, ma altrettanto mirata a coloro i quali scelgono di avvicinarsi a questa innovativa forma d'arte, Nakazawa Keiji sceglie di parlare di ciò che è successo il 6 agosto 1945 attraverso le immagini oltre che le parole. Hadashi no Gen mescola l'elemento autobiografico con quello di finzione, il quale conferisce un ventaglio di possibilità narrative maggiori rispetto ad una ispirazione basata soltanto sul proprio vissuto.
Protagonisti del fumetto sono un bambino di sei anni, Gen, e la sua famiglia, alla vigilia e dopo lo scoppio della bomba. Cinque figli, con un sesto in arrivo, e due genitori: famiglia numerosa, ma tutto sommato normale per l'epoca anteguerra. Gen è quindi il quarto di sei figli e forse il più ribelle e testardo; vive in una bella casetta, unica eredità del periodo di ricchezza e pace precedente la guerra. Si diverte a giocare con suo fratello più piccolo, ma non dimentica il dovere di aiutare i genitori nei piccoli lavoretti che alla sua tenera età può già svolgere. Sembrerebbe condurre quindi un'esistenza serena, se non fosse che lo stomaco gli brontola sempre e non c'è abbastanza cibo per sfamare tutte le bocche che compongono la famiglia. Le provviste, quasi inesistenti, servono a nutrire la madre gravida, e nemmeno l'aiuto impensato ma sincero del loro vicino coreano, o una carpa rubata dal laghetto di un ricco vecchietto, possono bastare.
Nakazawa si sofferma particolarmente sulla descrizione della quotidianità di casa Nakaoka e della loro città, Hiroshima, prima della tragedia. Vi troviamo il padre intento a dipingere zoccoli insieme alla moglie, mentre coltiva un campo di grano con la speranza un domani di sfamare i propri figli, denutriti ma non sfiduciati, con le radici che stanno germogliando; poi la madre e la sorella maggiore di Gen a mantenere la casa in ordine, a fare il bucato, a cucinare quel poco che resta, come una patata dolce o una manciata di riso. Lo stesso Gen, insieme al fratellino Shinji, non si lascia più nemmeno spaventare dai B-29 che sorvolano il cielo, ormai entrati a far parte anch'essi del normale flusso del tempo. L'intento di base è quello di sottolineare quanto un evento come l'atomica abbia sconvolto l'esistenza degli abitanti del posto e ne abbia condizionato il futuro. Niente più è tornato come era prima: chi ha perso la casa, chi si è visto morire bruciati i propri cari dinanzi agli occhi, chi ha la pelle a brandelli e nemmeno più un capello in testa. Ciò soltanto per voler fare qualche esempio, perché sarebbe impossibile descrivere a parole il dolore che i sopravvissuti e non hanno provato. Per quanto la guerra potesse comportare uno stato d'allerta e un'incertezza sul proprio futuro, la comunità di Hiroshima non sospettava affatto di poter un giorno divenire il bersaglio di un tale attacco; piuttosto credeva di rappresentare un misero puntino sulla cartina geografica giapponese e perciò di continuare a rimanere ignorata dai grandi bombardamenti. La realtà, come la storia ci ricorda, è stata tutt'altra. Nella nota al manga, infatti, Nakazawa biasima con convinzione più che giustificata:

«Ho giurato a me stesso che non avrei mai perdonato il militaristi Giapponesi che hanno iniziato la guerra, ma nemmeno gli Americani che hanno così casualmente sganciato la bomba su di noi».

Il personaggio che incarna il pensiero dell'autore è il padre di Gen, il quale preferisce farsi rinchiudere in prigione, essere tacciato di tradimento nei confronti dell'Imperatore, più che sostenere una guerra che non ha la minima ragione di essere portata avanti. Con questo credo conduce la sua vita e cresce i suoi figli, insegnando loro che nessun tipo di pace potrà mai venir fuori dalla distruzione e dalla morte. Anche la moglie appoggia pienamente gli ideali del marito: alla nascita della piccola Tomoko, l'ultima figlia venuta alla luce proprio quel 6 agosto 1945, la madre, alzandola al cielo e mostrandole i danni che ha prodotto la guerra, la esorta a "non dimenticare". La venuta al mondo di un bambino diviene a questo punto immagine di speranza in uno scenario di morte.
I bambini come Gen, quelli che non si lasciano abbattere e comprendono che la vita va avanti, quelli che hanno fiducia in un domani migliore del presente che stanno vivendo, quelli che sfruttano piccoli espedienti per sopravvivere ad una realtà cruda e crudele, sono i veri vincitori della guerra. A piedi nudi, urlando contro il mondo quanto fosse ingiusto ciò che stava avvenendo e quanto fossero un abominio le armi nucleari e tutti gli altri strumenti bellici, Gen corre alla ricerca di cibo, soccorre le persone ferite che incontra sul suo cammino, regala un sorriso agli sfiduciati, quasi cadaveri, che abitano a Hiroshima dopo lo scoppio. Nel nome stesso del suo alter-ego, Nakazawa innesta diversi significati:

«Può significare "radice" o "origine" di qualcosa, ma anche "elementare" nel senso di un elemento atomico, come pure "risorsa" di vitalità e felicità».

Gen è come un germoglio di grano, che nel manga compare come simbolo di forza e coraggio. Il grano mostra al gelido inverno i suoi germogli, i quali saranno calpestati più e più volte nel corso della fredda stagione; nonostante ciò, esso ha radici forti, ben salde nel terreno, e crescerà vigoroso ed alto, sfidando il vento della bella stagione. Ed un giorno questo stesso grano darà il suo frutto alla Terra.