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kirk

Volumi letti: 3/3 --- Voto 9
Non so molto dei suoi autori Aoisei (storia) e Anajiro(disegni) ma probabilmente questo fumetto è stato così breve (tre volumi) perché invece di avere un grande editore e una grande rivista alle spalle è stato pubblicato dalla Futabasha: mi direte che questa casa editrice minore è la stessa di "Lupin III" e "Lone Wolf e Cub", cioè di opere anche lunghe, può darsi ma vuoi mettere l’effetto di uscire su Jump+?
Comunque la storia è semplice: atti di bullismo collegano attentati in giro nel Giappone. Quelle che fino a ieri erano vittime decidono di ribellarsi e vediamo nello stesso momento cosa succede in due scuole una dove è in corso un attentato contro gli studenti di una classe rei di aver deriso, picchiato e stuprato una ragazza e dall’altra una riunione di sette ex studenti di un’altra scuola dove è successo un avvenimento simile tre anni prima e dove tutti ci hanno lasciato qualcosa ma dove nella testa di uno di loro c’è il sospetto che oltre l’attentatore esistesse un complice.
I disegni sono molto belli e la sceneggiatura buona. Piano piano scopriremo i retroscena ma purtroppo (e per questo tolgo un punto all’opera) gli autori non vanno avanti indagando su chi sono i membri di questo fantomatico club delle esplosioni, come fanno a procurarsi le bombe, se c’è qualcuno che li protegge. D’altronde un sopravvissuto corre il rischio di essere considerato il carnefice visto che… ma non spoilero più.
Nove con il consiglio di non vederlo se non si amano scene splatter e la violenza in generale.


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Focasaggia

Volumi letti: 3/3 --- Voto 6
Il manga "Kyoushitsu Jibaku Club" (Il club delle esplosioni) ideato dall'esordiente Aoisei e illustrato da Anajiro è un manga coraggioso che affronta temi molto forti e delicati quali il bullismo e il suicidio giovanile.

La storia inizia con un ragazzo che decide di coinvolgere nel suo suicidio i suoi compagni di classe ritenuti colpevoli delle angherie che subiva da tempo, tanto da fargli decidere inizialmente di abbandonare gli studi. Nell'esplosione non tutti periscono, alcuni ragazzi riusciranno a sopravvivere con menomazioni del proprio corpo. Uno di loro indagherà sugli eventi accaduti, chiedendosi delle motivazioni sull'agire del ragazzo e dubitando su come sia stato tanto organizzato nel premeditare e compiere l'atto, organizzerà un incontro con gli altri sopravvissuti per mostrare quanto abbia scoperto.

In concomitanza di tale racconto un'altra ragazza decide di coinvolgere nella sua vendetta, dietro minaccia di far esplodere se stessa e gli altri, la classe dove veniva bullizzata, organizzerà dei giochi anche violenti volti a mostrare le vera natura di chi è malvagio senza rendersene conto.

Anche colpevole la brevità del racconto, solo 3 numeri, i vari personaggi rappresentati non vengono analizzati a sufficienza, fallendo nel creare la giusta empatia con il lettore, nonostante le premesse riescono a scuoterlo. Probabilmente il personaggio meglio riuscito è una delle ragazze tenute prigioniere con i suoi pensieri di normale ragazza adolescente.

Essendo due storie parallele da una parte sembra di assistere ad un thriller anche ben riuscito, dove si crea soprattutto all'inizio una giusta tensione con buon dosaggio dei tempi narrati, nell'altra quella che a prima vista sembra essere un variante dei classici "survival" horror ma che poteva essere meglio strutturato.

I temi trattati sono importanti ma non vengono analizzati in maniera approfondita, mostrando più gli effetti di quello che si è subito che altro, in definitiva i vari suicidi sono cloni gli uni degli altri, cambiando solo il modus operandi della decisione di porre fine al tutto. I dialoghi sono giustificativi di tale agire, comprensibili nel contesto, non memorabili. La premessa comune ai racconti, che qualcuno agendo nell'ombra avesse fornito il materiale necessario ai vari ragazzi per compiere le loro vendette e quindi spingerli al suicidio non convince.

Il disegno è di buona fattura, alcune scene non sono molto gradite anche se comprensibili visto gli eventi narrati.

Non è una lettura visivamente facile, i contesti, la narrazione coinvolgerà il lettore più di quanto faranno i protagonisti con il loro agire.


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2247

Volumi letti: 3/3 --- Voto 8
Ci sono giorni in cui qualcosa si inceppa. La routine viene tradita, e quello che fino a ieri era stato un tacito accordo sui ruoli della vita viene completamente ribaltato. L'ordine costituito salta, e tutto semplicemente grazie ad un catartico e semplice "NO!".
Ma se questa fosse solo un'illusione?
Se anche questo fosse parte di un ennesimo gioco di ruoli?

Il manga "Kyoushitsu Jibaku Club" (Il club delle esplosioni) è un'interessante argomentazione sugli effetti paradossali del vivere contemporaneo.

La trama prende le mosse dalle indagini di Takumi Shindo, uno studente sopravvissuto all'attentato suicida di un suo compagno di scuola alle medie, vittima di bullismo, che si è fatto esplodere nella sua classe sterminando quasi tutti gli alunni.
Altri attentati simili cominciano a ripetersi in diversi istituti scolastici, e Shindo elabora il sospetto che dietro questi eventi apparentemente scollegati ci sia un'unica regia.
Altri sei compagni di classe sono sopravvissuti con lui, mutilati tanto quanto lui, ma il ragazzo è convinto che il fornitore dell'esplosivo che ha distrutto le vite di tutti sia proprio uno di loro.
Ma chi è? E soprattutto perché ha ordito dietro le quinte un simile piano?

"Il club delle esplosioni", scritto da Aoisei e disegnato da Anajiro, sceglie di trattare un argomento scottante del Giappone contemporaneo: il bullismo negli istituti scolastici, che, nonostante la proverbiale omertà nipponica, è diventato un problema così capillare e diffuso da essere ormai assurto a fenomeno culturale come una vera piaga sociale.
Un'epidemia drammaticamente fondata su un contesto aberrante, dove essere vittime significa essere colpevoli, soli in una voragine di ipocrisie oltre la quale c'è un muro di indifferenza totale, che rende invisibili in piena luce, soprattutto a coloro che dovrebbero essere i garanti dell'ordine, gli insegnanti, la famiglia, i tutori dell'equilibrio che essi stessi pretendono di rappresentare.

Lungi dall'essere un problema squisitamente giapponese o relegato solo all'ambito scolastico, il tema è però particolarmente indicativo di una realtà sociale opprimente, organizzata su gerarchie così strette e rigide da trasformare la vita quotidiana in una guerra costante.

Se le premesse e gli antefatti narrativi del manga non sono né una novità né una specifica disamina delle componenti sociali in gioco, le problematiche e i messaggi veicolati hanno un carattere molto articolato, efficace, e soprattutto riportano negli esiti del racconto un potente tono icastico, ambiguo, forse anche un po' scomodo.

La filosofia dell'opera non tende a indagare le ragioni alla base di uno status quo iniquo e degenerante, ma piuttosto offre delle risposte molto chiare sui possibili sviluppi di un tale ordine così squilibrato e nevrotico.
Il finale del manga, articolato in tre volumi, non solo lascia in sospeso molte domande e spiegazioni che suggeriscono possibili seguiti del racconto, ma è un affresco molto crudo e disamorato su un rompicapo sociale che non sembra trovare reali soluzioni.
Il verdetto è desolante e senza appelli: non c'è una vera soluzione al problema.
La "vittoria" ottenuta, se ottenuta, è un grottesco rovesciamento dei ruoli che non prevede quindi un ritorno all'equilibrio, ma solo un rimescolamento delle carte del gioco iniziale.

Se il tema sembra proporre a prima vista un catartico intreccio di sovvertimento del sistema, un sottofondo anarchico che gioca sulle istanze di riscatto del debole sul forte, il vero perno della storia è invece una drammatica e sconsolante presa di coscienza sulla riconferma del sistema.
Fedele al principio secondo cui non c'è peggior carnefice di chi un tempo è stato una vittima, l'opera non intende regalare un happy end consolatorio, dove alla fine prede e predatori si riappacificano.
Ad un certo punto sembra che nella giungla torni la pace, ma non perché sono diventati tutti vegetariani, ma perché la legge del più forte è stata ribadita con un vigore ancor più selvaggio e feroce di qualunque carnivoro. La catena alimentare è salva, semplicemente gli anelli sono meno pesanti.
La premessa base è che l'ordine sociale non è una costruzione tesa a garantire il buon esito del benessere comune, ma un mero pretesto per sostenere una scala di potere doxistica e paternalista.
Non c'è nessuna ragione sociale alla base delle vessazioni subite. Non si domina per manifestare un ordine ma solo per inerte sfogo proporzionale. Si taglieggia senza neanche un concreto ritorno parassitario, spesso per semplice noia o per colorare un'esistenza vuota e inconsistente.
E chi fa finta di non vedere si trincera dietro vuote pretese formative, sotto il feticcio di un'etica spartana che pretende di plasmare l'individuo alle asperità del vivere, ma che al massimo potrebbe solo spezzare l'acciaio inossidabile.
Quello che si riteneva essere un inciampo di percorso, una falla del sistema, in realtà è la forma più pura di un equilibrio perverso. Fin dall'inizio il problema non era nella violazione delle regole del gioco, ma nel gioco stesso.

Il risultato è un inconsueto e suggestivo sberleffo alla "morale della favola". I riscontri positivi non sono frutto di una furia giacobina che ha detronizzato il potere, ma le conseguenze di un'estasi di rappresaglia che mira solo a mitigarne gli eccessi.
Come in un principio alchemico, al fuoco si risponde col fuoco.
Il terrore non viene annichilito ma esaltato all'ennesima potenza, affinché funga da Leviatano che, minacciando tutti, svincola tutti, diventando il sommo moderatore, il padre che mette in riga, il garante che nessuno vuole assumersi la responsabilità di essere.
Non c'è nessuna redenzione, nessun riconoscimento maieutico dell'animale sociale. Tutto è riconfermato. La semantica del potere non è cambiata.
Ciò che viene tacitamente assunto come un dato di fatto è che l'ordine non può essere cambiato ma al massimo deformato, mutilato, reso incapace di mordersi da solo.
Ed è questa assenza di soluzioni il vero punto forte del manga.
Ad una trama non proprio originalissima, e a un disegno forse un po' troppo statico e geometrico, fanno seguito degli spunti di riflessione stimolanti, né consolatori né autoassolutori, e pertanto genuinamente antiretorici.
La trovata di interrompere la catarsi narrativa e di chiudere il racconto senza che tutti i nodi siano stati sciolti, è di sicuro il risultato migliore ottenuto da Aoisei.
In questo "non detto" c'è tutto il vigore di una traduzione che sputa sugli artifici della consolazione, sfruttando forse un certo senso di complicità col lettore che accoglie il principio nichilistico sull'accettazione disillusa della realtà e il rifiuto a priori di vane attese messianiche.
Alla fine la domanda non è tanto chi ha vinto, ma se fin dall'inizio non siamo sempre stati prigionieri di una contesa che non c'è mai stata.

Se si spera di trovare una delle possibili spiegazioni di eventi drammaticamente reali (come la strage della Columbine o i suicidi di studenti vittime di bullismo) forse questa non è l'opera più adatta, perché non pretende di trattare il problema analiticamente o da un punto di vista sociologico.
"Il club delle esplosioni" è un thriller che per fortuna lascia insoddisfatti in quanto accusa metacriticamente tutti noi, ricordandoci che abbiamo sempre conosciuto la risposta, che abbiamo sempre udito il debole e organico urlo della mosca tra le fauci del ragno. Un urlo che scegliamo di ignorare, troppo flebile, impegnati come siamo a tessere le nostre tele.