Ricordiamo che il film tratto dagli ultimi episodi di Fullmetal Alchemist: Brotherhood sarà nei cinema italiani per il quindicesimo anniversario della serie il 17 novembre in lingua originale e il 18 e 19 novembre doppiato in italiano.
Il titolo inaugura Animagine, la nuova collana di anime al cinema nata dalla collaborazione tra Adler Entertainment e Dynit.
Prima di diventare regista, Irie sognava di fare il ceramista. Un mestiere che, a suo dire, non è poi così distante dal lavoro dell’animatore: «Entrambi partono dal nulla per creare qualcosa di nuovo. Il ceramista dà forma all’argilla, l’animatore dà la vita a partire dal foglio bianco».
Sin dalle elementari però era appassionato di disegno, infatti ricorda come da bambino disegnasse gli eroi che vedeva in TV, scarabocchiandoli sui quaderni di scuola. La passione per l’animazione è arrivata presto, così come il desiderio di inviare un progetto a Hayao Miyazaki, di cui ammirava la capacità di creare mondi vivi e pieni di emozione.
Da qui nacque l’idea di diventare regista, per poter creare qualcosa di suo. Tuttavia, ha avuto modo di sperimentare diversi ruoli: «Mi piace anche sceneggiare, decidere cosa potrebbe piacere di più al pubblico, e adoro lavorare agli storyboard».
Irie ha infatti firmato lo storyboard della prima opening di Soul Eater, curandone anche le animazioni: «Io e Igarashi siamo amici di lunga data. Sono stato molto contento di aiutarlo. Ho cercato di mantenere lo stile eccentrico dei personaggi di Soul Eater».
Ha inoltre lavorato a Cowboy Bebop: «All’inizio non ero sicuro del soggetto di Shinichiro Watanabe, ma quando l’ho capito mi sono reso conto della grande opera a cui stavo contribuendo».
Parlando della sua opera più celebre, Fullmetal Alchemist: Brotherhood, Irie ha raccontato di aver accettato l’incarico con un misto di paura ed entusiasmo: «Ho dovuto realizzarlo in un anno: è stato tremendo e bellissimo allo stesso tempo».
Una delle maggiori difficoltà, spiega, è stata strutturare ogni singolo episodio: «Venti minuti sono pochi per inserire sia momenti di tensione che momenti di respiro». Durante la produzione, a causa di un malore, è stato ricoverato per due settimane, causando ritardi significativi. «Mi ha insegnato a riguardarmi, per poter dare davvero il massimo sul lavoro», racconta.
Prima di Brotherhood, Irie aveva già diretto Kurau- Phantom Memory, una serie da 24 episodi. Un’esperienza importante, ma non paragonabile alla portata del progetto Fullmetal Alchemist. Ad assisterlo, la mangaka dell’opera originale Hiromu Arakawa, con cui ha avuto una collaborazione diretta e intensa.
Con lei ha discusso storyboard e sceneggiatura, stabilendo due regole fondamentali: nessun personaggio doveva morire senza motivo, ed Edward non doveva mai uccidere. «Ho condiviso subito queste scelte – spiega Irie – perché fanno parte della filosofia dell’opera, che ho afferrato immediatamente leggendo il manga». Il regista si è preso la libertà di aggiungere nuove scene e battaglie, tutte comunque approvate da Arakawa. Le differenze maggiori, spiega, stanno nella messa in scena: «L’audiovisivo funziona in modo diverso dal fumetto, e servono adattamenti mirati». Il primo episodio, ad esempio, differisce dall’aneddoto di apertura del fumetto: «Ho scelto di far muovere in parallelo due piani narrativi: quello dei problemi della società e quello dei due fratelli. Inoltre volevo introdurre da subito il rapporto tra Scar e il fratello maggiore, oltre al personaggio di Isaac, che sapevo avrei amato».
Fondamentale anche l’uso della musica, parte integrante della narrazione: «Decidere quando farla partire e quando interromperla è una questione di ritmo». La componente audio, dice il maestro, è centrale nel suo approccio ai personaggi: «Per rendere l’emotività mi baso molto sul doppiaggio, sulle musiche e sugli effetti sonori, perché accompagnano elementi visivi, come la pioggia, che amplifica i sentimenti dei protagonisti».
Infatti nella versione cinematografica di Fullmetal Alchemist: Brotherhood mostrata in anteprima al Lucca Comics and Games 2025, non sono stati introdotti cambiamenti tecnici, se non nella durata delle musiche.
Un altro tema che gli sta a cuore è il ritmo narrativo. Secondo il regista, le serie moderne sono frenetiche: «Oggi in venti minuti succedono tantissime cose. Io preferisco episodi che respirano, che lasciano spazio alle emozioni».
È una lezione appresa con Kurau Phantom Memory, ovvero capire quando dare risalto ai personaggi e alla loro interiorità. Ma non vuole che sembri un giudizio: «Non è un modo peggiore o migliore di raccontare, semplicemente varia da autore ad autore».
Cita una scena de Il mio vicino Totoro di Miyazaki per farci capire cosa intende: «Le bambine che aspettano che la madre venga dimessa, rimangono in una stanza, in attesa per parecchio tempo e non accade nulla. La scena si focalizza esclusivamente su di loro e sui loro sentimenti».
Sulla questione tecnologica, Irie si mostra molto aperto: non vede nel digitale un nemico, ma uno strumento. «Il digitale non è né meglio né peggio della carta: è solo un modo diverso di esprimersi». Molti studi continuano a usare carta e matita, ma, spiega, «alla fine è una scelta personale». Oggi il regista lavora al 100% in digitale: «Con la matita perdevo ore a cancellare con la gomma, e spesso rovinavo il foglio. Il digitale mi ha semplificato la vita. In gioventù mi frustrava molto questo aspetto».
Parlando dei temi di Fullmetal Alchemist, Irie riflette su quanto siano tristemente attuali: famiglia, giustizia, dolore, guerra. «Prima la guerra era qualcosa di lontano, nel passato. Oggi il pubblico percepisce questi argomenti in modo diverso, perché viviamo in un mondo in cui la guerra è più vicina. È triste, ma fa riflettere».
Questi temi, già presenti nel manga, il maestro li ha semplicemente trasposti in animazione, con attenzione al linguaggio audiovisivo. Ci offre un commento interessante sul suo modo di concepire i cartoni. «Il manga è fisso, fatto di tavole. Puoi tornare indietro o saltare avanti. Nell’anime tutto scorre, e ho cercato di ricreare quella stessa sensazione moderando i momenti di tensione e quelli di calma». E aggiunge: «Le inquadrature del manga non sono assimilabili a quelle dell’anime, ma ho voluto mantenere fermi alcuni elementi. Ad esempio, ho dato a Scar dei punti di luce per farlo luminoso come nel fumetto».
Uno dei momenti più interessanti dell’incontro è stato quando Irie ha parlato del team dello studio Bones, lo studio dietro Fullmetal Alchemist: Brotherhood. «Gli animatori sono stati scelti dal produttore ed erano incredibili. A volte facevano una scena, la approvavo, e loro la rifacevano da soli perché volevano migliorarsi. Si è creata una sinergia spontanea».
Oggi molti di quegli animatori lavorano a proprie opere, e Irie ne è orgoglioso. Racconta anche un piccolo rimpianto: «All’epoca decisi che i capelli di Edward dovessero essere fatti a pastello. Chi ha dovuto animarli frame per frame mi ha odiato: ti chiedo scusa!».
Nonostante i ritmi serrati, Irie ha sempre cercato di rispettare i tempi del suo staff: «Dare tempo agli animatori significa permettere loro di dare il massimo. E i risultati si vedono».
Se dovesse rifare oggi Brotherhood, ammette, sarebbe molto diverso: «Oggi avrei uno staff più ridotto. Non sarebbe la stessa opera».
All’epoca, però, la priorità era comprendere a fondo i temi e rispettare la schedule. «È stato fondamentale lavorare con tempi realistici, per non costringere lo staff a notti in studio. Così, la loro bravura è potuta emergere pienamente».
Riguardo all’industria degli anime, Irie sottolinea come si tratti di un processo lungo e costoso: «Negli ultimi decenni la tecnologia ci ha aiutato, ma spero che in futuro i veri cambiamenti riguardino gli stipendi di chi lavora nel settore». Ha espresso preoccupazione per i guadagni dei giovani in-betweener e degli animatori in generale: «Con salari migliori potremmo ottenere opere migliori».
Carlo Cavazzoni di Dynit ha aggiunto un commento sullo stato del mercato: «Oggi gli anime sono estremamente popolari grazie alla diffusione di internet, e l'offerta è ricchissima. Il rischio però è che si privilegi la quantità sulla qualità. Supportare economicamente la distribuzione legale è essenziale per migliorare l’industria». Ha ricordato come la pirateria, pur essendo oggi marginale grazie allo streaming legale, abbia influenzato a lungo la percezione del pubblico, abituandolo a considerare l’animazione giapponese come “gratuita”: «Se non diamo un senso economico alla produzione, non possiamo aspettarci qualità».

Yasuhiro Irie ha anche parlato di modelli alternativi di produzione, come il crowdfunding. È il caso di Halloween Pajama, nato proprio da una raccolta fondi su Kickstarter: «Fare un anime costa molto, e ho scelto questo sistema per poter pagare meglio chi ci lavora». Oggi, dice, «ci sono tanti modi per finanziare un progetto, ed è un bene, se serve a valorizzare il lavoro degli animatori».
Attualmente Irie è al lavoro su un nuovo progetto ancora segreto, ma ha confidato che «sarà divertente e interessante». Ha anche espresso entusiasmo per le produzioni recenti, citando la serie cinese The Legend of Luo Xiaohei: «Mi è piaciuta così tanto che sono andato in Cina per vedere come la realizzavano».
Yasuhiro Irie ha voluto condividere con noi la sua esperienza e i suoi pareri, che siamo stati felici di riportarvi in questo articolo. Ringraziamo dunque il maestro per la sua disponibilità e Dynit per averci dato l'occasione di incontrarlo.
Mi tengo ben stretto l'autografo con dedica che sono riuscita ad avere a Lucca da Irie-san. Amo FMA Brotherhood, ma ho anche apprezzato un sacco Kurau Phantom Memory.
Penso che abbia davvero fatto un ottimo lavoro con Fullmetal A.B.; ha dei tempi ottimi e di prende il giusto tempo per ogni cosa. (E soprattutto la collaborazione con la Arakawa si è rivelata cruciale.)
Ci tenevo particolarmente a incontrarlo e sono contenta di esserci riuscita. ^^
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