
La prima è stata quella di Davide Castellazzi, collaboratore di importanti realtà editoriali italiane, che ha riportato sul suo blog una serie di considerazioni aggiungendo all’analisi di Colpi ulteriori elementi quali la crescente preoccupazione dei rivenditori, la crisi delle riviste specializzate, l’introduzione dei nuovi media di fruizione dei manga come, per esempio, la loro distribuzione su cellulari, molto diffusa in patria.
Più recente è invece l’intervento di Gualtiero Cannarsi, traduttore e adattatore attualmente impegnato con Lucky Red, che gli ha affidato la direzione del doppiaggio di Ponyo e le altre opere dello Studio Ghibli che l'editore si appresta a portare in Italia.
Ecco quanto Cannarsi scrive sul proprio blog:
“Recentemente, Federico Colpi (un nome che dovrebbe essere ben noto a chi segue il mondo del manga e degli anime in Italia) ha pubblicato sul sito della sua compagnia un articolo, diciamo un editoriale, davvero notevole. Si tratta di un'agile ma ben focalizzata disanima sulla situazione del mercato del manga in Giappone, e poi anche all'estero, giocata su alcuni punti cardine della questione, mirabilmente legati fra loro nella trasversalità di industria e società. L'articolo, la cui lettura consiglio caldissimamente a tutti gli interessati del settore, lo trovate qui.
Di seguito, e credo giustamente, si sono avute alcuni commenti sia da operatori del settore, sia dagli appassionati nostrani. Davide Castellazzi, altra persona attiva nel mercato italiano dei manga sin da tempi non sospetti, ha scritto un breve post sul suo blog, dove essenzialmente ripercorre e conferma le tesi dell'articolo originale di Federico, senza a mio avviso espanderne i veri gangli di interesse culturale. Infine, anche il sito AnimeClick.it ha riportato notizia di entrambi gli articoli, rispettivamente qui e qui, dando spazio ai commenti dei lettori. Mi sono sentito anch'io di commentare in quella sede, e ora riporto anche qui le mie impressioni, nate soprattutto dalla bontà e dall'onestà dell'articolo originale di Federico.

Federico Colpi, a cui qui idealmente rispondo, scrive in base a una sua conoscenza diretta e ormai pressoché ventennale della materia, e non dobbiamo dimenticare gli albori accademici della sua carriera, o storia professionale, che qui tornano forse a farsi sentire in un misto di profonda conoscenza e (tra le righe) soffusa nostalgia di un mondo conosciuto con passione personale e da lungo tempo. Non si può che ringraziare Federico per aver pubblicato questo preciso e sentito spaccato sulla 'crisi dell'industria del manga dentro e fuori dal Giappone', una crisi che mi pare insistere sul volano di una 'rivoluzione socioculturale' che appare a sua volta tutto sommato un bel po' fuori controllo. Come dicevo, la disamina di Federico attraversa in maniera precisa e organica questo momento di sbandamento, passando tra vari punti focali dell'intera faccenda.
Vorrei dunque toccarne a mia volta qualcuno con tre osservazioni di massima:
In primis, credo sarebbe opportuno che si trovasse il modo, dico in Giappone, di far pagare delle royalties ai manga-kissa e ai reseller di libri usati. Vietare la rivendita di materiale usato è una cosa molto difficile, ed è un tentativo di controllo del mercato più volte fallito soprattutto nel mercato dei videogames. Tuttavia, per la faccenda dei manga-kissa, veri e propri 'noleggiatori senza asporto' di manga, la cosa potrebbe forse non differire eccessivamente dal modello di business 'rental' nel settore degli audiovisivi: le copie destinate la mercato del noleggio hanno prezzi diversi di quelle per il mercato consumer, dato che coprono la fruizione del prodotto per molti utenti (nonché i guadagni dell'operatore del noleggio). Oppure si potrebbero inaugurare altre strade, dato che i manga-kissa si comportano a tutti gli effetti come biblioteche private a scopro di lucro. Ma in ogni caso, mi sorprende che il modello di publishing-business nipponico non si sia ancora realmente (o sufficientemente) adeguato alla massiccia presenza sul territorio dei manga-kissa, da tanto tempo denunciati persino da Adachi sulle pagine dei suoi manga come 'un problema per l'industria del manga'.
In secundis: l'industria del manga, come anche quella dell'anime giapponese, ha per lungo tempo insistito a fondare delle realtà industriali (con volumi d'affari industriali) sulle capacità espressive di appassionati assolutamente pressati nel primissimo comparto della produzione industriale. L'intero colosso dell'editoria giapponese di manga si fondava, e in qualche modo ancora si fonda, su autori individuali o quasi, capaci di 'fare le notti' per disegnare manga retribuiti in modi non sempre, non spesso, e soprattutto 'non da subito' principeschi. Credo che questo modello di business sia praticamente iniziato a Tokiwa, e non metto link perché chi si è ritrovato un punto interrogativo disegnato sulla testa nel leggere questo nome potrebbe semplicemente inserirlo in Google insieme a 'manga' per scoprire cosa intendo (i miei soliti intenti culturalizzanti di settore). L'industria del manga è un po' come un gigante in bilico su un fagiolo. Ma un simile modello è forse ormai antiquato per questi tempi consumistici e post-post-bellici. Il vero giovane disegnatore oggi fa forse l'otaku 'di terza generazione', vive come parasite-single o come freeter al massimo, disegna doujinshi per il Comiket, e certo non sogna anni di ristrettezze in una piccola stanza in affitto a disegnare a ritmi inumani per diventare forse, chissà, dopodopodomani, un grande mangaka. Un simile modello di mercato andava bene per i figli della guerra, motivati da una spinta individuale quasi inesauribile, ma per i nipoti della guerra, nati e avvezzi al benessere gratuito, ci vuole forse altro. Non stupisce che il douji-settei stia sempre più invadendo anche il mondo dei manga e degli anime 'industriali', perché lo spirito creativo genuino si sta sempre più spostando verso quell'ambiente. Dunque si avverte bisogno, credo, di inserire nuova linfa creativa nel settore professionale manga, ovvero rifondarne l'industria a partire la primo stadio, quello degli autori. Che evidentemente devono essere ricollocati nel modello di business con altra posizione iniziale. Mi rendo conto che dare inizio a potenziali fenomeni milionari pagando il magro stipendio (ma neppure, il magro cottimo!) di un singolo autore è molto comodo per le major: minimizza il rischio di impresa. Tuttavia, non sembra che il modello possa reggere ancora, si rende quindi auspicabile un rinnovamento proprio a quella radice, prima che il gigante cada avendo semplicemente schiacciato il fagiolo d'oro sul quale si reggeva.
Terzo: per l'Italia e i mercati esteri, il profilo affrescato da Federico mi pare di nuovo impeccabile. L'ambiente dei manga e degli anime 'fuori dal Giappone' non si svilupperà mai in maniera sana fin quando sarà conteso da piccoli editori inconsistenti e major illuse di trovare facili occasioni di opportunità commerciale. Il settore resta troppo grande per i primi, troppo piccolo per i secondi, e i primi ci annegano, i secondi ci si strangolano. Il risultato è una nicchia di mercato spaccata ma neppure riempita. Si attende un editore illuminato capace di fare del mezzo la propria virtù, capace di investire sì, ma investire il giusto, per rinvigorire una nicchia che è inevitabilmente, e forse giustamente, destinata a rimanere tale, ma che potrebbe eventualmente radicarsi e crescere qualora non fosse strapazzata di qua e di là da chi non riesce a focalizzarne le reali dimensioni fisiologiche. Si attende ancora qualcuno che, a quasi vent'anni ormai dalla 'seconda invasione dei manga in Italia', riesca a fondare un mercato e una cultura di settore che sopravviva più di un lustro, ma si radichi nella nostra società con nella sua giusta misura.
Questo è dunque un auspicio che rivolgo a tutti i lettori, operatori o appassionati del settore che siano. A Federico, soprattutto, come a chiunque altro volesse cimentarsi nell'impresa con cognizione di causa e serietà, un grosso in bocca al lupo! :-)”
Fonte: La Raison d'Être Juste.
Insomma, ritengo le considerazioni interessanti, in quanto anche la nostra visione, di appassionati, è almeno altrettanto distorta e sbilanciata.
Loro hanno semplicemente elementi per vedere le cose da un'altra ottica, per cui trovo queste letture altamente interessanti.
Spero per cui di leggerne altri di interventi come quelli letti in queste settimane, e ringrazio tutti e tre per gli spunti che hanno messo in campo.
Per il secondo punto, se pagassero tanto fin da subito i mangaka certo mi farebbe piacere per loro, ma non vedo come possa risollevare il mercato...
Il terzo punto boh, francamente non l'ho molto capito! ^^''
Quello che propone Shito invece e' follia: se un consumatore rivende cio' che ha comprato, e' assurdo far pagare il rivenditore di roba usata. L'usato e' un problema serio in giappone, ma queste soluzioni non sono certo la risposta.
Ci sarebbe una *vera* discussione da fare, ma Colpi non la fa, per conflitto di interessi direi: il terrore dei licenziatari per il reverse import, tanto da imporre limiti assurdi sulle uscite dei DVD/serie fuori dal Giappone.
Detto per inciso, avendo collaborato per alcuni anni con Dynit quando ancora era Dynamic, ho avuto anch'io elementi extra che altri non avevano, ma non per questo mi permetto di pontificare come fanno quei due.
Ridicola l'idea di tassare i manga usati, follia pura. Una volta che acquisto un prodotto, sono libero di rivenderlo. Se si vanno a tassare i rivenditori di manga usati il mercato non farà altro che spostarsi su internet, su siti come eBay, Yahoo o Amazon.
I mercati dell'usato coinvolgono tutti i settori, ma non mi pare che la FIAT si lamenti delle auto usate (scusate l'esempio poco calzante).
Stesso discorso per i manga-kissa. Far pagare le royalties ai manga-kissa? Faranno proprio la fine delle videoteche, che stanno chiudendo una dopo l'altra. I clienti non ci stanno a pagare più di una certa cifra. Anche qui, il settore non farà altro che spostarsi altrove per aggirare i limiti più assurdi, anche perché proposte tipo questa avranno come logico la ricaduta finale del prezzo sui consumatori, che più di tanto stupidi non sono.
Bello dire "speriamo che arrivi un deus ex machina che se no qui non si va avanti", eh? Perche' non ci pensa lui, piuttosto, a risolvere la situazione? Avrebbe tutto da guadagnarci, no? Lui e la sua compagnia, no? Perche' questo splendido e illuminato messia non si immola per il bene del manga?
Quale oscena ipocrisia.
Dimenticavo: io non sono un imprenditore, di questo e di nessun altro settore. Non ho mai avuto alcuna partecipazione societaria di alcuna società, indi non capisco la critica di ipocrisia. Io sono un operatore di settore in qualità di professionista, nulla più, e nulla più potrei essere (per mia natura, suppongo). Quindi la mia impressione sulla 'gestione del mercato' è "dall'interno", forse, ma non meno genuina di quelle degli esterni: che gli editori possano essere per me "datori di lavoro" non cambia il fatto che NON siano me, in nessun modo.
Per il resto, troppa fuffa sul mercato, poche idee, cliché consolidati e storie sempre meno interessanti, uniti all’invecchiamento demografico (in Giappone come da noi), nuove tecnologie che pretendono e promettono diffusione a tappeto e riduzione dei costi (e dei prezzi quindi) dei manga, unite a un’evoluzione, o almeno un cambiamento, socioculturale, modificano le regole del gioco destabilizzando una struttura creata in cinquant’anni di produzione, rendendola inadatta alla realtà odierna. Ma probabilmente queste ansie vengono anche enfatizzate fuori del Giappone...
I manga-kissa? Ma andiamo! Ci sono sempre stati e quando non c'erano nelle librerie del fumetto ci si intratteneva ore a leggere manga e comics. Non è cambiato granché da questo punto di vista. L'idea propositiva di prezzo maggiorato per le copie destinate ai manga-kissa, sulla stregua di quello che accade in campo cinematografico per le copie destinate al videonoleggio, non tiene conto di due fattori molto importanti: il fatto che le copie destinate al videonoleggio sono diverse anche strutturalmente realizzate in modo da renderle più resistenti all'usura e, cosa ancora più importante, che le videoteche stanno chiudendo un po' ovunque. Il fatto che i manga-kissa sopravvivano è dovuto proprio ai costi contenuti ed al fatto di fornire solitamente tante altre cose oltre ai manga (si va dai cabinati per navigare, alle postazioni console con videogiochi e addirittura a stanzette dove dormire o appartarsi per un po').
La minore dedizione dei mangaka moderni? Quelli del dopoguerra, che avevano conosciuto la fame e gli stenti, lavoravano di più, quelli cresciuti nel benessere di meno. Ma guarda un po'... chissà perché.
Infine la crisi Giapponese non può in alcun modo venire spiegata dalla situazione editoriale estera che, seppure influente a livello di cessione diritti, è figlia di uno stesso comune problema.
Dopo aver utilizzato tante parole per rispondere alle considerazione esposte nell'articolo, darò la mia interpretazione in 6 righe.
La causa della crisi dei manga in Giappone e nei paesi dove questi sono diffusi è dovuta alla gravissima crisi economica che ha colpito le grandi potenze della terra e che progressivamente ci sta annichilendo. I soldi che abbiamo sono pochi e i costi dei manga sono alti a causa dei costi di produzione aumentati vertiginosamente.
Risolto il problema energetico e finanziario nelle grandi economie storiche (USA, Giappone, Europa, UK) le cose miglioreranno. Se ci stanno, i soldi si spendono.
Altra ragione principale della crisi dei manga, se servisse, è la normale, fisiologica flessione dei consumi di un media al momento della diffusione di un nuovo tipo. La radio ne ha risentito a beneficio della televisione così come il teatro e l'editoria verso il cinema, i giochi di ruolo e di società nei confronti dei videogame, i quotidiani e le riviste di informazione a vantaggio di internet, la piazza a favore del forum.
Poi qualcuno si mette a criticare dei fenomeni che sono solo una conseguenza delle magre finanze...vabbè. Da sempre si indica la luna e si sente rispondere che l'unghia è sporca...
E comunque il settore editoriale, quello in cui lavorano, resta il medesimo. Se la tua attività vende manga paghi tot, se vende manga usati devi pagare una tassa in più? Sempre manga stai vendendo.
E chi vende sia nuovo che usato?
Ma soprattutto la proposta non risolverebbe il problema, perché se anche chiudessero i rivenditori di manga usati coloro (privati) che vogliono vendere o acquistare troverebbero altri modi. È il mercato, funziona così, e imporre limiti serve solo marginalmente, perché i limiti vengono aggirati, in un modo o nell'altro.
Come hai fatto notare, è un meccanismo che è già fallito nel mondo dei videogiochi, che ha un mercato estremamente vasto confrontato a quello dei manga, oltre ad avere risorse finanziarie in più.
I soldi sono quelli che sono,se si puo' risparmiare si risparmia.
Il tempo e' quello che e',e lo si spende molto di piu' su internet,cosa che avveniva meno 10 anni fa',e per nulla 15 anni fa'.Idem per i VideoGames,giocabili sempre di piu' in gruppo.
E trovo molto interessanti le analisi rilasciate dai tre (Colpi,Cannarsi e Castellazzi).
Poi c'e' gente che rosika..e mi fa' ridere.Brutta cosa l'invidia.
Sull'usato, qualsiasi motivo di porne un freno è assurdo.
Qualsiasi motivo di specularci è un classico del mondo consumistico.
La rivendita di materiale usato però NON E' MAI un problema, ma è semmai la punta dell'iceberg dei veri problemi dell'economia di una nazione.
Comprare (e vendere) usato non lo si fa per diletto, per passione (vabbè qualcuno magari si), per collezionismo, o per qualsiasi altro motivo.
Lo si fa unicamente per questioni ECONOMICHE.
Se l'usato si spinge a livelli tali da farsi "sentire" nelle vendite del nuovo è solo e unicamente perchè il nuovo è "fuori mercato" come prezzi, come quantità, come politiche commerciali.
E in quel caso W l'usato!
Colpire poi chi della vendita di materiale usato fa un guadagno (che sia un privato o un negozio poco cambia) è assolutamente illiberale.
Le tasse quei negozi ricordo a tutti che le pagano benissimo, le pagano infatti allo stato per ogni scontrino rilasciato.
Non pagano 2 volte l'editore ? E che bella scoperta, e perchè mai dovrebbe guadagnarci 2 volte un editore ?
Il suo guadagno sulla copia l'ha già al momento della vendita, e non ha senso che qualcuno gli "garantisca" nelle rivendite successive di quella stessa copia una sorta di "gabella" per fargli meno pesare vendite mancate (ma tutte da dimostrare) sul nuovo.
Sul tema dell'usato, sono CERTO che non si tratti di nulla di esterpabile o estirpando (<- nel senso di 'da estirparsi', in una maccheronica perifrastica passiva ^^). Tuttavia uno dei gravi problemi di tutto il mondo della 'arte di consumo' (musica in primis) è che sempre più le nuove tecnologie hanno disgiunto la 'possibilità di fruzione di un bene' dalla 'necessità del suo acquisto materiale'. Anche le forme di digitalizzazione dell'audio video (e condivisione/diffusione a titolo gratuito delle medesime) sono manifestazioni della stessa natura. Conscio che sia impossibile frenare, rallentare, impedire simili forme comunicative, penso piuttosto soltanto a modi per rendere chi ne beneficia (nel caso del reselling professionale di manga: i rivenditori) 'parte attiva' del mondo produttivo al quale 'coesistono'. Ovviamente mi chiedo anch'io in quale forme si potrebbe attuare una simile compartecipaizone, ma questa è altra storia.
La principale fonte di pubblicità è data dal passaggio del relativo anime in tv,Dragon Ball vende tanto perché passano di continuo l'anime su italia1 e tanti manga prossimi alla chiusura(ad es City Hunter) si sono salvati con la prima messa in onda del cartone.
Alla luce di questi fatti è evidente che uno dei principali arbitri della vita futura dei manga in Italia è Mediaset,e la situazione auspicata da Shito si potrebbe verificare solo se entrasse in campo magari comprando una ditta del settore come dynit o star comics,ma la cosa la vedo altamente improbabile.
Forse l'unica speranza è la De Agostini,dal primo ottobre sbarca sul satellite e ha la sua divisione manga
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