Un articolo de il Giornale del 30 aprile scorso intitolato «Lambertow premiato dai giapponesi» ha scatenato la protesta dell'ambasciatore nipponico in Italia per la definizione data nel pezzo dei giapponesi: musi gialli. Riportiamo prima il trafiletto incriminato e di seguito la risposta scritta dall'ambasciatore Shinsuke Shimizu sul sito ufficiale dell'ambasciata nipponica in Italia pochi giorni fa.
Lambertow premiato dai giapponesi
di Redazione de il Giornale
Lambertow fa incetta di consensi tra i musi gialli giapponesi. Va infatti a Lamberto Dini (nella foto) un premio che Tokyo riserva ai cittadini stranieri: il Gran cordone dell’Ordine del sol levante. La cerimonia di consegna si svolgerà il 10 giugno nella residenza dell’ambasciatore giapponese in Italia Hirosyasu Ando. I meriti di Dini? «Il consolidamento delle relazioni bilaterali tra Giappone e Italia impegnandosi, durante il suo mandato al ministero degli esteri, alla realizzazione di eventi culturali tra 2001-2002». Tempestivi, non c’è che dire. Ma ancor oggi Dini contribuisce «allo sviluppo delle relazioni bilaterali» tanto che è uno dei sei consiglieri del «Praemium imperiale», il Nobel giapponese delle arti.
La risposta dell'Ambasciata del Giappone a Roma
Egregio Direttore,
ci riferiamo all'articolo apparso sul Vostro giornale il 30 aprile a p. 16, intitolato "Lambertow premiato dai giapponesi". Nel medesimo si legge "Lambertow fa incetta di consensi tra i musi gialli giapponesi".
E’ ben accetta l'attenzione prestata alla notizia del conferimento dell'onorificenza al Senatore Dini da parte del Giappone. Tuttavia, riteniamo che l'espressione utilizzata per identificarci, ossia "musi gialli", abbia una connotazione dispregiativa e molto negativa. Segnaliamo che l'espressione non sarebbe neppure necessaria nel contesto, quindi il suo utilizzo è totalmente gratuito. Inoltre, tale espressione così grossolana non ci sembra consona né all'altezza di un giornale come il Vostro, a tiratura nazionale e con una sua tradizione nel giornalismo italiano.
Pertanto, richiediamo quanto prima una spiegazione a scopo di rettifica sull'espressione "musi gialli giapponesi" come apparsa sul Vostro giornale.
Attendendo una Sua risposta in merito, Le porgiamo distinti saluti.
P.S.- Anticipiamo, inoltre, che la presente lettera sarà pubblicata in ogni caso sul sito della nostra Ambasciata al fine di informare i Vostri numerosi lettori.
Si ringrazia Alex per la segnalazione.
Lambertow premiato dai giapponesi
di Redazione de il Giornale
Lambertow fa incetta di consensi tra i musi gialli giapponesi. Va infatti a Lamberto Dini (nella foto) un premio che Tokyo riserva ai cittadini stranieri: il Gran cordone dell’Ordine del sol levante. La cerimonia di consegna si svolgerà il 10 giugno nella residenza dell’ambasciatore giapponese in Italia Hirosyasu Ando. I meriti di Dini? «Il consolidamento delle relazioni bilaterali tra Giappone e Italia impegnandosi, durante il suo mandato al ministero degli esteri, alla realizzazione di eventi culturali tra 2001-2002». Tempestivi, non c’è che dire. Ma ancor oggi Dini contribuisce «allo sviluppo delle relazioni bilaterali» tanto che è uno dei sei consiglieri del «Praemium imperiale», il Nobel giapponese delle arti.
La risposta dell'Ambasciata del Giappone a Roma
Egregio Direttore,
ci riferiamo all'articolo apparso sul Vostro giornale il 30 aprile a p. 16, intitolato "Lambertow premiato dai giapponesi". Nel medesimo si legge "Lambertow fa incetta di consensi tra i musi gialli giapponesi".
E’ ben accetta l'attenzione prestata alla notizia del conferimento dell'onorificenza al Senatore Dini da parte del Giappone. Tuttavia, riteniamo che l'espressione utilizzata per identificarci, ossia "musi gialli", abbia una connotazione dispregiativa e molto negativa. Segnaliamo che l'espressione non sarebbe neppure necessaria nel contesto, quindi il suo utilizzo è totalmente gratuito. Inoltre, tale espressione così grossolana non ci sembra consona né all'altezza di un giornale come il Vostro, a tiratura nazionale e con una sua tradizione nel giornalismo italiano.
Pertanto, richiediamo quanto prima una spiegazione a scopo di rettifica sull'espressione "musi gialli giapponesi" come apparsa sul Vostro giornale.
Attendendo una Sua risposta in merito, Le porgiamo distinti saluti.
Shinsuke Shimizu
Ministro e Vice Capo
Ministro e Vice Capo
P.S.- Anticipiamo, inoltre, che la presente lettera sarà pubblicata in ogni caso sul sito della nostra Ambasciata al fine di informare i Vostri numerosi lettori.
Si ringrazia Alex per la segnalazione.
Su Montanelli ci sarebbe molto da dire, ma per quanto fossero opposte le sue posizioni, le capacità come giornalista vanno riconosciute ed apprezzate, specie se paragonato agli pseudo giornalisti di oggi.
Se poi ci sono i sinistroidi-ultracorpi che cambiano opinione ogni cambio di vento beh...dan fastidio pure a me certe persone, specialmente vista la pessima fama che creano per tutto uno schieramento politico.
Che poi per me potrebbero anche presentare i servizi indossando jeans, polo e capelli a piacere...il problema è che hanno una padronanza della lingua Italiana inferiore a quella che teoricamente è richiesta in un qualsiasi liceo, con casi limite che potrebbero tranquillamente essere privati della licenza media.
Comunque si, l' "Italiano Medio" si merita fino in fondo Berlusconi ed i suoi servi, peccato per chi ha ancora un cervello funzionante...
Ma questo non lo dico io, secondo FreedoHouse l’ Italia e’ un paese in cui la liberta’ di stampa e’ stata classificata come “parzialmente libera”. Unico caso in europa, e siamo al 40° posto (tra Corea del Sud e Repubblica Ceca) nella classifica stilata da Reporter sens frontière, è un caso? o è una congettura? ....
Per forza poi vengono fuori figure ridicole come quella riportata in questa notizia, al posto di giornalisiti abbiamo incapaci e pagliacci per i motivi che sicuramente già sai.
In effetti sono così razzisti che piuttosto di avere manodopera straniera preferiscono dare il lavoro ai robot...
Se volete sapere cosa pensano i giapponesi sugli stranieri vi invito a rileggere la parte di Abdul in Patlabor...
@RyOGo: beh è vero fino ad un certo punto...esistono persone che sono riuscite ad integrarsi abbastanza bene, il vero problema è l'ostracismo iniziale verso i gaijin, che effettivamente supera di molto l'astio italiano per gli immigrati...ma più che xenofobia fine a sè stessa è una questione di integrazione sociale secondo me...
Ad esempio mentre ero sul treno ho visto nella pubblicità di un LCD una sequenza stile anime dove erano riluttanti a fidarsi di un Europeo, perchè aveva una barba folta; e poi spiegava che sotto la barba sono uguali "a noi" e la scena dopo mostrava l'Europeo (sempre barbuto) che prendeva allegramente il caffe coi jappi che avevano vinto la diffidenza e trovato un amico
:)
con gli altri asiatici,specie cinesi e coreani, c'è puro razzismo.
leggete qua:
http://www.asianworld.it/forum/index.php?showtopic=2104
Se solo l'ambasciatore giap [...]ci spiagasse l'uso delle parole come Gaijin, hapu... e del perchè c'è scritto in tanti locali: vietato l'ingresso ai non giapponesi... e inoltre ci dicesse qualcosa su Nanchino, sui Burako e sugli Ainu... ma guarda questi [giapponesi] che ci danno lezioni sul razzismo. Il rapporto dell'ONU se lo sono dimenticati??? Leggetelo anche voi!!!! Poi guardate anche questi films, vi passerà la voglia di andare in Japan...
[...]
"Tratta dal romanzo di Takeshi Matsuyama Boy M’s Imjin River la pellicola permette al regista Izuztu di ritornare alle risse tra ragazzi che già aveva visitato in alcuni dei suoi film più vitali quali Kid’s Kingdom del 1981 e Boys Be Ambitious del 1996. Diversamente da queste opere che parlavano di ragazzi di strada, We Shall Overcome Some Day, racconta della difficile convivenza, a Kyoto, tra gli studenti giapponesi e coreani, figli di deportati durante l’occupazione del paese da parte del Giappone.
Il film ha avuto successo nonostante le scene brutali
Ciò che colpisce positivamente è quanto il film sia critico nei confronti del Giappone; i giapponesi infatti, con l’eccezione del protagonista e di pochi altri, sono i veri cattivi del film. Pare anche significativo che i personaggi del film rivendichino una propria identità coreana, senza barriere tra nord e sud, e infatti la canzone Imjin River, che dà il titolo al romanzo ed è il tema portante del film, è nordcoreana e cantarla sarebbe vietato dall’ambasciata sudcoreana in Giappone. Si apprezza inoltre come la storia d’amore eviti nel modo più assoluto toni melodrammatici, e anzi resti molto leggera e non preponderante sul resto del materiale narrativo. Sono infatti i brutali e numerosi corpo a corpo a dominare buona parte del film con la loro violenta e spesso spietata irruenza.
Sul versante negativo registriamo come non sempre funzionino i frequenti cambi di registro tra commedia e dramma, in particolar modo appaiono fuori luogo i personaggi comic relief come il musicista hippy, che finirà a dipingere murales osceni, e il professore maoista, che invece si darà a pubblicizzare locali a luci rosse. Dispiace che, dopo aver mostrato senza sconti la brutalità del razzismo, il finale si riveli ottimistico oltre ogni misura: sta per consumarsi un sanguinosissimo scontro lungo il fiume, mentre il protagonista giapponese canta alla radio Imjin River, il combattimento cessa, su queste stesse note nasce anche il figlio di uno dei personaggi coreani. Uno dei giovani coreani è morto e non sarà vendicato, molti altre torneranno in patria.
Un aspetto che distingue questo film di ambientazione scolastica da quelli coreani è l’assenza del mondo adulto. Nel cinema coreano gli adulti intervengono a esercitare una fortissima repressione, qui sembrano completamente non solo assenti ma anche impotenti di fronte a quelli che alla fine sono un gruppo di giovani teppisti. Anche la riunione di razzisti giapponesi ha un taglio troppo adolescenziale per essere davvero convincente, come a dire che le generazioni precedenti di giapponesi non hanno a che fare con questo razzismo.
Nel concorso del Far East Film Festival 2005 – dove il film è stato presentato – We Shall Overcome Some Day si ricorda alla fine come una delle cose migliori, o quanto meno tra le più interessanti. "
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