"Shunga" è parola giapponese che significa «pittura dei genitali» e indica le xilografie di soggetto carnale, dette anche "hi-ga" («immagini segrete»). Le raccolte di shunga erano considerate veri e propri manuali di avviamento al piacere dei sensi e venivano donate alle ragazze prossime alle nozze (le donne, perciò, pare le chiamassero "yo-me-iri-makura", cioè «cuscino nuziale»). A questo genere si dedicarono i più famosi incisori giapponesi: Harunobu, Koryûsai, Bunchô, Kunisada, Hokusai. I soggetti rappresentati sono vari e variamente dissoluti: si va dalla raffigurazione delle tenerezze più delicate a quella delle perversioni più spinte, fino alle fantasie sessuali più sfrenate, non senza, spesso, una sottile vena umoristica che pervade il tutto.


Shunga 01


Questo breve estratto di un articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore introduce in modo esemplificato il tema della mostra in corso fino al 31 gennaio presso il Palazzo Reale in Piazza Duomo 12 a Milano. Potrete visitarla il lunedì dalle 14.30 alle 19.30, il giovedì e il sabato dalle 9.30 alle 22.30, gli altri giorni dalle 9.30 alle 19.30. Biglietto d'ingresso 8 euro.


Shunga 02


Riportiamo di seguito la presentazione pubblicata sul sito della mostra:

Gli Shunga esprimono i valori del nuovo ceto borghese delle grandi città - composto da mercanti, artigiani e artisti, escluso dal potere politico, ma economicamente fiorente - con il quale si affermò in quegli anni una concezione edonistica dell’esistenza, in contrasto con la rigida morale neoconfuciana, sostenuta dalla classe guerriera dei Samurai che reggeva il governo centrale del Giappone. Questi cittadini offrivano un esempio di vita raffinata, ostentando il lusso, organizzando feste, frequentando i teatri e le case di piacere: così il termine ukiyo-e, che designava l’arte ispirata a tale genere di vita, diventa sinonimo di “moderno”, alla moda, esprimendo una sorta di filosofia incentrata sul gusto di un’esistenza piacevole e, per quanto possibile, appagante dei desideri personali. Superando i divieti e gli ostacoli del potere politico, gli Shunga si affermarono come componente fondamentale della produzione dei più importanti artisti del tempo come Harunobu, Koryusai, Kiyonaga, Utamaro e Hokusai. Furono molto apprezzati sia come stampe a se stanti, pubblicate generalmente in album di 12 fogli e destinate a un pubblico di amatori d’arte, sia come illustrazioni per libri erotici fruiti soprattutto attraverso le librerie ambulanti a prestito. Questi libri Shunga inoltre erano destinati all’educazione delle cortigiane e delle fanciulle che andavano spose, come utile vademecum per l'avviamento alla vita sessuale, oppure inseriti nei bauli dei guerrieri, per il loro potere di preservare dalla distruzione e di condurre alla vittoria. Gli Shunga furono espressione di un’ideologia che fece da contraltare visivo a una produzione letteraria piena di sensualità che si affermò con i cosiddetti “romanzi del mondo fluttuante”, fra i quali ricordiamo le opere dei celebri scrittori come Ihara Saikaku e Ejima Kiseki. Collezionate segretamente in Europa, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, dopo che il Giappone fu costretto ad aprire le sue isole alle navi straniere e agli scambi commerciali col mondo occidentale, esse furono motivo di ispirazione diretta di letterati e artisti della levatura di Zola, di Van Gogh, di Toulouse-Lautrec e di Klimt, e influirono in modo significativo sulla riflessione artistica nell'ambito dell'Orientalismo della fine del XIX e dell'inizio del XX secolo. Considerati per molto tempo immagini di carattere pornografico, nonostante il loro altissimo valore artistico, gli Shunga sono stati da più di venti anni rivalutati sia come espressione «alta» della cultura giapponese e specchio raffinato dei costumi del loro tempo, sia come uno dei vertici assoluti dell'espressione dell'eros nell'arte.