Angel Beats - RecensioneE così alla fine mi sono guardato Angel Beats!, tredici episodi conclusi da pochissimo: uno degli anime tv di quest'Estate 2010.
Perché l'ho fatto? Principalmente volevo farmi un'idea di quel che gira attualmente in Giappone come animazione mainstream.
Che poi Angel Beats!, andato in onda a notte fonda, non so quanto si possa chiamare mainstream, almeno come target. È vero che, nella e per la sua fascia oraria, ha ottenuto ascolti notevoli, ma non è certo un "anime di massa". Sempre che, in questi tempi di mercati ipersegmentati, esistano ancora degli "anime di massa", almeno escludendo quelli per un pubblico di giovanissimi (Doraemon) e/o famiglie (Sazae-san, Chibi Maruko-chan, ecc).
Ma Angel Beats! a suo modo si può definire mainstream, per estetica e contenuti: la sua proposta non ha alcun intento avanguardista, è del tutto disinteressata a discorsi formali, è interamente, saldamente e smaccatamente inquadrata negli stilemi dell'animazione giapponese odierna, che vuole dare al pubblico tutto ciò che questo vuole senza rompere troppo gli orizzonti d'attesa.
Cosa non necessariamente negativa.
Dal trailer, che ha contribuito a incuriosirmi, tutto questo già si capiva, ma sembrava lasciare anche intuire che Angel Beats! si componeva sì di stilemi stracollaudati, ma almeno sfruttati come si deve per le loro potenzialità. Stilemi stracollaudati, quelli propri all'animazione giapponese: la fusione tra dettaglio quotidiano e ipotesi fantastica, la cura nella costruzione delle scene, nella scelta dei tempi, il valore dei silenzi e delle pause, il ricorso indovinato a espedienti simbolisti ed espressionisti, e la capacità di assemblare tutto ciò per creare momenti di grande drammaticità, un po' esasperati se visti con distacco, ma comunque dotati di una loro potenza espressiva.
Insomma, da Angel Beats! mi aspettavo un menù privo di sorprese, ma comunque cucinato come si deve e ben condito.

Angel Beats!

Purtroppo, si sa che i trailer spesso sono ingannevoli sopra ogni cosa: avrei trovato poco di ciò che attendevo, ed è bastata una manciata d'episodi per capirlo.
Preciso che dell'attuale scena televisiva giapponese animata guardo poco, se non pochissimo, e molto lo conosco per spizzichi e/o notizie di seconda o terza mano. Dopotutto, come già detto, è anche quello il motivo per cui ho provato ad assaggiare Angel Beats!. Ma è anche per avvertire che ciò che segue sono opinioni che magari risulteranno assai azzardate o ovvie, specie in un'ottica di contestualizzazione più ampia.
Ebbene! Angel Beats! è sì animazione giapponese attuale che più tale non si può, ma non nel senso positivo del termine: più che media è mediocre, più che buona è banale. Lasciamo perdere il fatto che, dicono i più informati, la protagonista sia un rip off di quella de La malinconia di Suzumiya Haruhi; e che la somiglianza tra i due titoli non si fermi neanche qui... Lasciamo perdere gli elementi ultrapop, tipo concerti di ragazz(in)e con i capelli color gomma da masticare incastrati piuttosto a forza (i concerti, non i capelli) nella sceneggiatura, con l'unico scopo di offrire luccicanti coreografie fanservistiche (intendendo fan service nel senso ampio del termine, ovviamente...).
Anzi, no, questi ultimi, i momenti musicali, bisogna precisare che hanno comunque una loro forza, sono ben allestiti almeno come esempi di certa estetica ultrapop-kawaii, cifra di lettura fondamentale per/di tanta adolescenza contemporanea (quella che si ritrova su blogz e pagine facebook coloratissime e piene di stelline, faccine e caratteri speciali); estetica qui, in questi momenti di Angel Beats!, realizzata e concretizzata con cura notevole ed efficace, per quanto ovviamente laccatissima nella superficie.
Il problema di Angel Beats! semmai è l'inevitabile ambientazione scolastica, per l'ennesima volta interpretata come microcosmo chiuso (cosa vista almeno sin dagli anni Ottanta...); sono i personaggi che, quand'anche già non somigliassero un po' troppo a quelli del succitato Suzumiya Haruhi, replicano le gallerie di stereotipi dell'animazione giapponese passata e soprattutto moderna, comprensiva di ragazza bamboloide semi-inespressiva e dai capelli azzurro-lillà, già vista in molti altri anime, ma che a quanto pare ancora oggi tanto accende e commuove il pubblico giapponese (o certo pubblico giapponese). Il problema è un umorismo fracassone, a volte surreale, a volte molto corporale, ma soprattutto malissimo calibrato, strabordante oltre i limiti entro cui sarebbe stato più sensato contenerlo.

Angel Beats!

La storia sarebbe anche potuta essere interessante.
Il protagonista si ritrova, senza memoria, gettato in un aldilà scolastico, una sorta di purgatorio fatto di aule, mense e campi sportivi, con alcuni studenti a formare un fronte armato per ribellarsi a dio che, si presume, dietro le quinte tira le fila di questo mondo che presenta parecchi lati oscuri ed enimmi irrisolti. Non male, dài, come idea di partenza.
Angel Beats! avrebbe potuto aspirare a essere uno Haibane Renmei più leggero e scanzonato, ritmato e colorato, senza tuttavia rinunciare anche a dramma e riflessione.
E invece no. Già ho detto che l'umorismo farsesco va a fagocitare gran parte dello spazio disponibile. Aggiungiamo una trama affetta in più momenti dalla sindrome del groviera. E per finire più che dramma in Angel Beats! c'è melodramma e patetismo strappalacrime, alimentati da un tipico protagonista in odor di santità, privo di macchia se non quella di eccessive ingenuità e bontà; da patemi vari di marca popolaresca, quelli fatti d'ambientazioni ospedaliere e malattie incurabili; da messaggini morali in stile pubblicità progresso.

Angel Beats (4)

La fattura tecnica? Sì, ok, Angel Beats! da questo punto di vista sa difendersi, peccato che:
1) La qualità è parecchio altalenante. E non mi riferisco alle inevitabili fluttuazione tra episodi, o al fatto che le scene clou siano, ovviamente, quelle più pompate. No. Il punto è che non puoi, a pochi secondi di distanza, alternarmi volti o personaggi curati e dettagliati con altri inguardabili e tirati via alla peggio. La cosa si nota, e tanto, e non va bene.
2) Com'è tipico di molta animazione giapponese otaku-oriented, l'alta fattura tecnica è soprattutto fatta di un manierismo minuzioso ma molto impersonale. Ad esempio fondali perfettini, rifiniti, ma sostanzialmente anonimi. Un anonimato stilistico che, pescando parecchio (se non erro) nell'estetica delle visual novel, tenta di colmare le sue carenze espressive con luci al tramonto esasperate, colori caldi caldi e via dicendo, che però non fanno che rinforzare l'aria da melodramma artefatto di cui sopra.


Concludendo: Angel Beats! è da buttare? Anche questo l'ho già detto: in Giappone la sua fetta di successo l'ha avuta (e anche nel pubblico internettaro italiano, a quanto pare); evidentemente buona parte del pubblico ha avuto facilità ad accettare il suo gioco, la sua offerta di lacrime e risate. Visto con distacco, si conferma soprattutto, se non quasi unicamente, come un esemplare rappresentativo di determinate tendenze attuali, e per certi tratti anche di lungo periodo, dell'animazione giapponese. Non fosse per questo, però, non sarebbe granché memorabile, anzi.
Riassumendo: umorismo disimpegnato tendente al farsesco, piccoli melodrammi con lezioni di bontà incorporate, e una certa cura nel dettaglio grafico. Quello che dopotutto gli anime hanno più o meno sempre proposto. Rivolgendosi e sapendo parlare, bene o male che sia, a un pubblico adolescenziale (generale o di nicchia); cosa che, questo sì vale la pena notarlo, l'animazione nel resto del Mondo non è praticamente ancora e mai riuscita a fare...