Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per il ciclo venerdì Shonen, proponiamo oggi il film Bleach - The Diamond Dust rebellion, il manga Fullmetal Alchmist e la serie TV classica Saint Seiya ovvero I cavalieri dello zodiaco.

Per saperne di più continuate a leggere.


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Premessa: il nanetto dai capelli bianchi non mi è per nulla simpatico, tipico personaggio non particolarmente interessante per personalità, poteri e ruolo e che finisce col risultare odioso a causa dell’eccessivo screentime di cui beneficia per via della sua incredibile popolarità presso il pubblico di riferimento. Questo secondo film ispirato alla saga di Bleach non è che l’ennesimo tassello della monumentale operazione di fanservice pro-Hitsugaya in atto da un po’ di tempo a questa parte: Memories of Nobody, il precedente lungometraggio, aveva deluso un po’ tutti, quale metodo migliore per riscattarsi se non dedicare un’intera pellicola cinematografica al personaggio più amato dai giovani giapponesi?

Le premesse dunque non erano certo incoraggianti, soprattutto per chi, come me, non ha particolarmente a cuore il decimo capitano, tuttavia devo ammettere che, nonostante la commercialata e il “soggetto” in questione, questo Diamond Dust Rebellion non si è rivelato poi così male. Intendiamoci, non è che ci troviamo di fronte a chissà quale capolavoro: la trama è, se possibile, ancora più sconclusionata di quella del suo predecessore, basti pensare che si basa sulla violazione di uno dei pochi punti fermi stabiliti da Kubo (due shinigami in grado di usare la stessa spada); inoltre, la sceneggiatura pecca spesso d'ingenuità, vedasi la facilità con cui un artefatto di eccezionale importanza viene rubato da tre sbandati, o il fatto che il nostro eroico Toshiro si faccia 80 minuti di film su 90 con un buco nello stomaco ricordandosi solo ogni tanto di essere ferito. Ma suvvia, si parla pur sempre di Bleach, chi cerca un prodotto intelligente e di spessore non dovrebbe nemmeno essere qui a leggere.

Però se la serie TV vi piace e un giorno doveste trovarvi a letto con l’influenza senza nulla da fare e poca voglia di far lavorare i neuroni, questo film potrebbe essere un passatempo gradevole; anzi, memori della bruttezza di Memories of Nobody, potreste addirittura stupirvi per i passi avanti compiuti sia tecnicamente che nell’impostazione della vicenda. L’idea di focalizzarsi su uno dei tanti coprotagonisti della saga invece che compattare in un’ora e mezza la solita storiella da saga filler è di per sé ottima, i personaggi presenti, una volta tanto, non si limitano a comparsate ai limiti del non-sense ma interpretano dei ruoli a loro congeniali, Ichigo riesce a fare un predicozzo sensato e coerente con la propria esperienza di vita, e – addirittura! – alla fine di tutto s'intravede anche una piccola evoluzione da parte di Hitsugaya.
Da un punto di vista tecnico ci troviamo di fronte a un lavoro più che soddisfacente: l’animazione è fluida e il design complessivamente buono (a parte le due “Sailor Arrancar”, che graficamente non sono proprio il massimo), mentre la colonna sonora ricicla molti brani della serie TV, ma almeno sa scegliere quelli più adeguati alla situazione, ad esempio l’ottima “Invasion” nella battaglia finale.

In definitiva, Diamond Dust Rebellion è un prodotto non indispensabile e senza alcuna pretesa se non quella di far trascorrere ai fan di Bleach 90 minuti all’insegna del disimpegno: un compitino facile facile che è stato portato a termine discretamente e senza annoiare. Il mio voto è un 6 e mezzo, potrebbe sembrarvi poco rispetto a tutto ciò che ho detto ma la mia scala di valutazione si ferma al 7/7,5 per i titoli di questo tipo, per cui consideratelo un risultato più che positivo.



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L'incipit di FMA è ormai celebre: i fratelli Elric, orfani che portano sul loro corpo i segni di una trasmutazione alchemica pericolosa e proibita, vanno alla ricerca della mitica pietra filosofale, l'unico oggetto in grado di riportare i loro corpi alla normalità. Il famoso shounen della Arakawa parte da queste premesse per introdurci nel mondo di Amestris, fatto di alchimia, di segreti militari, basato su fondamenta oscure.
Dal classicissimo viaggio dell'eroe alla ricerca dell'oggetto magico si giunge ad una trama complessa, che vede due fronti impegnati con metodi e scopi diversi (da una parte i fratelli Elric e la loro banda di "emarginati" che contrastano dal basso lo strapotere della dittatura militare, dall'altra i fedelissimi del colonnello Mustang, che intraprendono una lotta strategica per minare il regime dall'interno) a combattere il temibile sodalizio fra i vertici dell'esercito di Amestris in combutta con gli Homunculus, esseri sovraumani - ma non troppo - la cui origine è strettamente legata alla nascita di Amestris stessa.

Una trama decisamente complessa, un mondo costruito nei minimi dettagli, la caratterizzazione della moltitudine di personaggi che compaiono nei volumi, uno studio intelligente della tradizione alchemica che fa sì che ben poco sia lasciato al caso, pur non sovraccaricando il tutto con un eccesso incontrollato di elementi mitici buttati a casaccio per fare scena, sono elementi che contribuiscono a rendere FMA un capolavoro.
A ben guardare, i personaggi si mantengono negli stereotipi del genere (il protagonista sbruffone, il nemico-amico donnaiolo, l'amica d'infanzia esuberante…) ma li rivoluziona, li approfondisce, dà loro un'identità, rendendo ciascuno di loro davvero vivo. Tra gli aspetti notevoli di FMA vi è l'abilità della Arakawa di riuscire a rendere quei personaggi inizialmente nati come comparse degli elementi importanti negli sviluppi della trama, specialmente nella costruzione delle vicende finali.
La mediazione intelligente fra combattimenti (ma anche battaglie campali), lotte politiche, momenti più rilassati e gag divertenti (non ridicole!) rende la narrazione affascinante, coinvolgente, solo leggermente sofferente nel finale un po' precipitoso. Nei volumi conclusivi, infatti, vengono introdotti nuovi elementi in maniera decisamente improvvisa, tentando di chiarire punti fino a quel momento rimasti oscuri in un modo che purtroppo li rende forse ancora meno chiari, e se ne introducono altri che avrebbero meritato un po' più d'attenzione. Inoltre, si vira pesantemente verso la componente "fantasy" del manga, in precedenza meglio diluita con elementi più "politici", o con combattimenti meno mirabolanti e a loro modo più realistici: insomma, se prima l'alchimia era qualcosa di meccanico e in un certo senso vincolata a limiti insuperabili, se umani ed armi potevano avere un ruolo decisivo anche in un mondo di "maghi", se i combattimenti non erano semplici scontri tra superuomini, nelle sue ultime battute la vicenda sfugge al controllo e si arriva proprio al punto di assistere ad una battaglia finale un po' troppo "appariscente".

La vicenda si conclude con un finale che, a mio parere, manca un po' di epicità: la "baruffa" conclusiva è semplicistica, lo scontro con il cattivo finale si risolve in poche scene che mancano di tensione; insomma, se il vol. 26 mi aveva confuso con il grande numero di scazzottate ed effetti speciale dell'ultimo minuto, il vol. 27 ritorna alla scorrevolezza propria della serie, guadagnando in chiarezza ma perdendo qualcosa a livello di tensione ed emozioni. Nonostante ciò, il finale è ben fatto, non è forzato né stride nel contesto della serie, riesce ad essere positivo evitando il patetico: ad esempio, ho apprezzato molto il coraggioso sacrificio finale (coraggioso anche per l'autrice, che si preclude una seconda serie), e le parole sul sentirsi umani; alla fine, l'autrice usa bene qualche pagina per regalarci un dopo-storia piacevole, ma grazie al cielo non stucchevole.

Il disegno è gradevole, non eccelso ma adatto ad uno shounen per il tratto semplice, ma efficace nelle scene d'azione. Le persone sono proporzionate e i tratti somatici piuttosto vari, gli ambienti curati, belle le armi e gli automail.

Per quel che riguarda l'edizione (Panini), per FMA è stata scelta un formato molto classico, senza particolari pregi né difetti. Sconsigliatissima, da parte mia, la riedizione in formato Gold, che non rende bene il disegno e non offre nulla di più rispetto alla prima edizione.

Voto 9, per la trama e perché ci sono molto affezionata. Consigliato a chi… beh, consigliato a tutti: a chi ama l'azione, a chi cerca il colpo di scena, a chi apprezza elementi "fantasy" ben dosati. A chi non ha mai letto manga e non sa da cosa cominciare, a chi ha già letto molto, perché FMA non può mancare nella vostra libreria.



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Creata nel 1985 da Masami Kurumada, la serie di 'Saint Seiya' vanta ancora oggi un grande numero di appassionati, un fascino, quello dei Cavalieri di Athena, mai tramontato.
Evitando di nominare tutti i prequel/spin-off/sequel nati negli ultimi anni, la serie classica si può considerare ancora "valida"?
L'anime fu trasmesso in Italia per la prima volta nel 1990 dal canale Odeon, fu subito grande successo e poco dopo il gruppo Fininvest ne acquistò i diritti e JTV, che spopolava in quel periodo, trasmise l'anime ma solo fino alla saga del Santuario.

Dopo i primi episodi di "insegui i pezzi Lego dell'armatura d'oro", varie rivelazioni e presentazioni, la storia entra nel vivo con la battaglia interna tra Saint nel Grande Tempio: la scalata alle 12 case è la parte che più è rimasta nell'immaginario collettivo. Come carisma e caratterizzazione i Cavalieri d'oro sono ancora oggi insuperati, Kurumada in seguito non è più riuscito a creare avversari di tale fascino. La missione dei Cavalieri di bronzo è quella di sconfiggerli tutti e arrivare nella sala del grande Sacerdote per salvare la Dea Athena da morte certa; impossibile. Eppure ci riescono, tra sacrifici (i personaggi tendono ad andare e tornare dall'altro mondo come nulla fosse) e battaglie sanguinarie. Il sacrificio estremo e la voglia di non mollare mai sembra essere il significato di tutta la serie, ma nella scalata alle 12 case i personaggi principali, e non solo quelli, raggiungono un livello di "emotività" difficilmente rintracciabile in altri anime del periodo. Bene.

Passando oltre, se in <i>Dragon Ball</i> o <i>Naruto</i> si creano episodi "filler" per allungare ulteriormente il brodo, qui si sono inventati un'intera saga. La battaglia di Asgard è tuttavia un piacevole diversivo, ispirato lontanamente alla mitologia nordica con le sue atmosfere wagneriane, contiene in 26 episodi momenti di fascino, e soprattutto personaggi di grande carisma - come Mime.
Abbiamo 15 episodi appena invece per la prima battaglia di Pegasus e soci contro un vero Dio. La saga di Poseidon, o Nettuno che dir si voglia, è invece noiosa come poche, i sei generali dei mari come nemici sono persino inferiori, in carisma, a quelli di Asgard. La storia raggiunge un minimo indispensabile di pathos solo sul finale, quando si scopre il vero artefice della rinascita di Poseidone e si assiste alla vestizione delle armature d'oro di Seiya e compagni.
L'anime si interrompe per cause ignote (per alcuni il basso audience) per 12 anni, lasciando così in sospeso numerosi interrogativi, come l'identità della sorella di Seiya, fino al 2002, quando gli autori decidono finalmente di produrre 'Hades'.

Tecnicamente la serie si colloca ben al di sopra di tutte le produzioni Toei di quel periodo e lo sarà anche negli anni successivi, con animazioni di ottima qualità, e se escludiamo alcuni terribili episodi filler nella prima trentina di episodi (i cavalieri di acciaio!?) in seguito la storia ritorna sui binari giusti.
Il doppiaggio italiano, a cura di Enrico Carabelli, è ancora oggi argomento di discussione, dove, a differenza di quello originale, sentiremo questi ragazzini di 15 anni parlare in modo poetico e citare inutilmente Dante ("Vuolsi colsì colà dove si puote ciò che si vuole"), una ciofeca. Per carità, bravissimi tutti i doppiatori dell'epoca, a partire dall'indimenticabile Ivo De Palma, ma è proprio l'adattamento a essere un disastro totale, con un'infinità di errori e incongruenze nei dialoghi, oltre al fatto che i protagonisti nascono già con il nome della loro costellazione, ma che coincidenza! L'anime è da vedere assolutamente in originale quindi, così come dovrebbe davvero essere.

A 25 anni suonati quella dei Cavalieri risulta agli occhi della nuova generazione una storia idiota, dato che alla fine si basa sempre sul principio vecchio come il mondo del "salva la principessa in pericolo" per 100 episodi e questo è forse il suo limite. I vecchi fan, pur conoscendone ormai tutti i suoi difetti, rimarranno sempre fedeli a questa serie che tanto hanno amato da piccoli, ma gli altri, con le solite eccezioni, finiranno per ignorarla o non apprezzarla appieno. La versione animata ha inoltre dalla sua la monumentale colonna sonora di Seiji Yokoyama e l'eccezionale character design di Shingo Araki (Lady Oscar), ma Masami Kurumada non è riuscito nell'intento di creare una storia immortale e adatta a tutte le epoche.