Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

In attesa della cerimonia degli Oscar 2013, che si terrà domenica 24, ecco due recensioni di titoli candidati nella categoria miglior animazione: Ribelle - The Brave e Ralph Spaccatutto.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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Il problema di The Brave non è tanto la sua mancanza di originalità, ormai un miraggio nel cinema americano, bensì quella di osare e di stupire. A guardare l'ultimo film Pixar, forse sua eminenza John Lasseter avrebbe dovuto pensarci due volte prima di lasciarsi sfuggire nel 2006 un regista come Chris Sanders, dato che, in confronto al suo Dragon Trainer realizzato alla Dreamworks e dalla analoga ambientazione, la nostra Ribelle dai capelli rossi se ne esce con tutte le ossa rotte.

Del tutto insofferente alle regole di corte, la principessa Merida al ruolo che gli compete preferisce cavalcare e tirare con l'arco, fino a quando non arriva il giorno in cui viene indetto una sorta di torneo tra i tre clan limitrofi per stabilire il pretendente al trono, così come vuole la tradizione del Regno. Ma la ragazza non ci sta e, dopo aver mandato a monte il torneo litiga con la madre, fugge, ritorna con un intruglio di strega che dovrebbe cambiare il suo destino, fa un macello.

Dopo ben due sequel di fila ("Toy Story 3" e "Cars 2"), che lasciano quindi il tempo che trovano, le aspettative per il nuovo Pixar erano alte, forse troppo, ma prima vediamo cosa funziona. Come nel caso di "Up" abbiamo un primo quarto d'ora eccezionale nel quale non mancano personaggi dal grande carisma, sia il Re che i vari Lord guerrieri giunti al palazzo sono rozzi, violenti, stupidi e irresistibili, al punto che da soli potrebbero reggere l'intero film. Si ride, ci si diverte, ma ben presto la storia si focalizza nel confronto tra Merida e la madre sfruttando così un contesto dalle grandi potenzialità per narrare la più canonica crescita e formazione di una principessa. Manca un principe, manca il musical, ma la solfa è quella "disneyana", senza però avere delle solide invenzioni visive sul quale poggiarsi, tipiche dei classici Disney. Pesa l'assenza di comprimari degni di questo nome: The Brave è un film in assolo, con Merida quale unico personaggio, che evolve, che tutto fa e tutto comprende senza la tipica "guida" o una figura chiave atta alla comprensione delle sue scelte.
L'ambientazione poi, che aveva intrigato nei trailer, risulta tanto evocativa quanto inutile ai fini narrativi; il film Pixar a differenza di altre storie simili (si veda Asterix e i Normanni o il già citato Dragon Traner) di puramente nordico non ha quasi nulla, non se ne respira l'epica, tant'è che la vicenda potrebbe benissimo svolgersi in Abruzzo e poco verrebbe meno.
Segue di conseguenza una seconda parte decisamente prevedibile e sottotono rispetto alla precedente, con alcune scene di vita nel bosco con la madre trasformata che sembrano prelevate di peso dal Disneyano "Koda Fratello Orso" di una decade fa, fase nella quale è ormai palpabile la delusione di chi si aspettava un vero fantasy animato, piuttosto che una fiaba classica. Come di consueto dal punto di vista tecnico ci ritroviamo invece con una mirabolante realizzazione grafica, vogliosa di raggiungere nuovi traguardi, specie dal punto di vista espressivo e recitativo (ricordando che la Pixar non utilizza il "motion capture"), senza contare la cura con la quale viene realizzata e mossa l'ipnotica chioma rossa della ragazza, mentre la colonna sonora si salva in corner proprio nelle fasi finali con discrete composizioni di Patrick Doyle.

Intendiamoci, siamo dinnanzi a un film d'animazione decisamente sopra la media e lo stesso studio di produzione ha fatto di peggio (i due "Cars"), ma i suoi elementi di interesse non riescono a sopperire alla mancanza di idee in una storia che non riesce a sfruttare a dovere le sue potenzialità, così come quelle dell'ambientazione e dei personaggi stessi, perché, se al castello ci divertiamo con il Re Fergus e i suoi atteggiamenti, è fuori dalle mura che The Brave mostra tutti i suoi evidenti limiti, rinunciando all'epica e all'avventura e preferendo la via facile della fiaba di consumo.



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Il mondo dei videogiochi è pieno di personaggi molto interessanti: eroi di ogni tipo, ma anche antagonisti tanto cattivi quanto sfortunati, che vedono ogni volta i loro piani rovinati dai buoni di turno. Si pensi, per esempio, al minaccioso lucertolone Bowser, il cui desiderio di conquistare il regno (e il cuore) della bella principessa Peach viene costantemente ostacolato da un semplice idraulico grasso e coi baffi. O al rotondo Dottor Eggman, che da decenni le tenta tutte per impadronirsi degli Smeraldi del Caos e vede ogni volta i suoi piani sventati da un antipatico e superbo porcospino iperveloce.
Capita spesso e volentieri che il cattivo, nelle sue perpetue sfortune, risulti più interessante e/o simpatico di un eroe buono che vince sempre.
E' il caso di Ralph, un gigante di tre metri d'altezza per trecento chili di peso, che da trent'anni, all'interno del coin op "Felix Aggiustatutto", cerca di demolire a mani nude un condominio, che però viene sempre riparato dal piccolo carpentiere Felix, che non ha nessun difetto, ha un martello magico capace di riparare qualsiasi cosa ed è amato, festeggiato e premiato con torte e medaglie da tutti gli abitanti del condominio, anche quando i cabinati si spengono e i personaggi del gioco, dopo il "lavoro", vivono una vita autonoma.
Ralph, invece, viene osteggiato e messo da parte da tutti in quanto "cattivo" del gioco... ma sarà veramente d'indole cattiva, aldilà del ruolo che è stato programmato per interpretare? E se, per una volta, il "cattivo" Ralph, che per tutta la vita non ha fatto altro che "spaccare tutto", fosse l'eroe? Se riuscisse a vincere anche lui una medaglia e a farsi accettare ed amare dagli altri?
"Ralph Spaccatutto", ultimo classico Disney in ordine d'uscita recentemente approdato sugli schermi cinematografici, parte da qui, dallo sterminato mondo dei videogiochi e da un cattivo grande e grosso che poi tanto cattivo non è, che vuole riscoprirsi eroe, per una volta, e compie un viaggio ricco di sorprese, incontri e avventure che lo porteranno a dare un senso alla sua esistenza.
E' un film straordinario, che corre su diversi livelli di lettura e riesce, quale di questi si scelga, a risultare molto accattivante.
Annunciato, chiacchierato, pubblicizzato, assaggiato e atteso da diversi mesi, "Ralph Spaccatutto" è stato presentato al pubblico come un mastodontico viaggio nel mondo dei videogiochi, gioia per gli occhi e per il cuore di trent'anni di videogiocatori, che avrebbero potuto ritrovare nel lungometraggio gran parte dei loro eroi pixellosi di ieri e di oggi.
E, in effetti, da questo punto di vista, il film non delude e anzi riesce pienamente nel suo intento - un po' ruffiano, ma senza dubbio di grandissimo effetto - di far esaltare, ridere e versare lacrimucce di nostalgia agli spettatori-videogiocatori. Mille e più, infatti, i camei e le citazioni di storici videogiochi del passato.
Avremo un buffissimo Q*Bert che parlerà a simboli, un sempre maestoso Bison, un meraviglioso Kano di "Mortal Kombat" che farà quello che sa fare meglio (strappare cuori alla gente, anche se in maniera divertente, stavolta), un inedito e spassoso Zangief in versione "cattivo con l'anima" (nel gioco originale, infatti, Zangief è un personaggio buono, ma in America, patria di "Ralph Spaccatutto", lo considerano da sempre cattivo, probabilmente per motivi politici) che si interroga su se stesso e dispensa consigli, un Sonic che continua a fare il professorino, Ryu e Ken che vanno a farsi una birra insieme.
In aggiunta, ci saranno anche tantissime citazioni più sottili, camei di pochi secondi, effetti sonori, graffiti simbolici sui muri, combinazioni delle casseforti che vanno inserite su pad del Nintendo, funghi di Super Mario, mutandoni di wrestling di Zangief e punti esclamativi di "Metal Gear Solid" che vengono ripescati dai cassonetti, riferimenti solo testuali al Super Mario o alla Lara Croft del caso.
Una caccia alla citazione che sicuramente farà palpitare il cuore dello spettatore-videogiocatore, costringendolo anche a una visione reiterata del film per riuscire a beccare tutti i riferimenti.
L'aspetto nerd-citazionistico, maggiormente esaltato per pubblicizzare il film, tuttavia, non rappresenta (per fortuna) il suo fulcro, al punto che molti dei personaggi di giochi famosi mostrati nei trailer o nei cartelloni pubblicitari fanno solo una comparsata, magari muta, di un paio di secondi e non hanno (per forza di cose/diritti) un ruolo più ampio nella storia, che invece è riservato ai personaggi originali. Ecco quindi che la caccia alla citazione rappresenta soltanto uno dei tanti livelli di lettura di "Ralph Spaccatutto", tanto più strombazzato da pubblicità e trailer quanto più marginale per la fruizione del film.

La vicenda che "Ralph Spaccatutto" ci racconta, infatti, prende il mondo dei videogiochi e dei personaggi famosi da essi provenienti soltanto come base, come setting, per parlare di qualcosa di più ampio, il cui cardine è la frase chiave, citata a più riprese e in vari modi all'interno della storia, "non sono le etichette che ti affibbiano gli altri a determinare ciò che sei veramente".
Una frase che si adatta in maniera mirabile al mondo dei videogiochi, dove ognuno dei personaggi è chiamato/costretto ad interpretare un preciso ruolo, anche se magari in realtà non vorrebbe e questo suo ruolo gli crea problemi più o meno gravi nella vita di tutti i giorni.
Il viaggio di Ralph toccherà (e farà fondere fra loro) diverse realtà molto affascinanti, nelle quali il gigante demolitore si renderà conto che, anche se espresso in maniera differente, anche altri personaggi hanno il suo stesso problema e soffrono, intrappolati nel ruolo che è stato programmato per loro.
Ecco quindi che la fighissima soldatessa Calhoun, indomita eroina dello sparatutto fantascientifico "Hero's Duty", è rimasta condizionata dal suo (programmato e perciò falso) background strappalacrime e, nascondendosi dentro ad un'apparentemente impenetrabile armatura di metallo, reprime le sue sofferenze e la sua femminilità dedicandosi ad addestrare soldati a schiaffoni e a combattere contro schifosi alieni insettoidi.
O, ancora, che la piccola e vivacissima Vanellope, che abita il caramelloso (letteralmente) mondo del demenziale gioco di corse "Sugar Rush", sogna un futuro da campionessa, ma viene invece tormentata ed estromessa dagli altri compagni di gioco perché il suo personaggio è buggato.

Tanto dolce e meraviglioso all'apparenza quanto ricco, in profondità, di intrighi e malignità, il mondo di "Sugar Rush" è il cuore pulsante del nostro film. Ralph, un gigante scontroso e sempre allontanato da tutti, incontra un'appicicosissima bambina iperattiva con la quale, complici un buffo scherzo del destino e il fatto che entrambi, sia pure in modi diversi, condividono la stessa condizione di "outcast", si trova ad instaurare un legame, dapprima di convenienza, che si farà sempre più profondo e toccante.
Il messaggio chiave del film, quel trovare il proprio vero io aldilà delle etichette che ci vengono affibbiate dagli altri, trova qui la sua massima esaltazione, contribuendo a dare una meravigliosa immagine del nostro Ralph, personaggio fra i più belli recentemente concepiti dal cinema d'animazione.
Enorme, rude, scontroso, forzuto, "cattivo", Ralph Spaccatutto scopre, invece, di poter vivere un'amicizia meravigliosa con una piccola bambina che, per una volta, crede in lui, di poter lottare a rischio della propria vita per salvare questa piccola amica e l'intero mondo dei videogiochi dal quale, in precedenza, non aveva mai ricevuto altro che astio.
Un personaggio che indubbiamente riuscirà a farsi ricordare, vuoi per il suo riuscitissimo aspetto grafico, vuoi per il suo essere estremamente simpatico, a tratti anche tenero, nonostante sia un eroe sui generis, dall'aspetto sgradevole e dai comportamenti rozzi.

Molte delle idee che stanno alla base di "Ralph Spaccatutto" non sono poi originalissime. Sono decenni che i film d'animazione ci parlano di personaggi in cerca di rivalsa, di microuniversi che si muovono indipendentemente da quello in cui vivono gli esseri umani e che, magari, sono soggetti alle mode e ai cambiamenti che affliggono questi ultimi (chi, vedendo i cabinati degli anni '80 soppiantati da altri più moderni, non ha ripensato a "Toy Story"?), di rivalutazioni del ruolo del "cattivo" ("Monsters, Inc.", "Shrek"), di ragazzini/coprotagonisti molesti con cui i più ombrosi, rudi e, spesso, enormi protagonisti si trovano a convivere per un po' (si pensi a "Brother Bear", o, di nuovo, "Monsters, Inc." e "Shrek" ).
In molti aspetti, quindi, "Ralph Spaccatutto" potrà magari sembrare qualcosa di già visto, ma ha diverse frecce al suo arco che gli donano una sua ben precisa individualità, in primis un protagonista assolutamente irresistibile, che si differenzia da quelli dei film precedentemente citati. E' sì rude e apparentemente cattivo come Shrek, ma anni luce più simpatico a livello caratteriale, non è volgare e perde ben presto la sua "cattiveria" trasformandosi in un gigante buono ed imbranato ben più spassoso ed adorabile dell'orco verde, mentre il rapporto che Ralph instaura con Vanellope è ben diverso e più profondo di quello fra il mostro Sulley e la piccola Boo, a causa della maggiore età della bimba digitale che permette di affrontare temi differenti.

L'universo narrativo in cui si svolge la vicenda, inoltre, ha un fascino incredibile. Un bellissimo mondo digitale dove convivono infinite realtà e personaggi differenti, e che, virtualmente, potrebbe venire esplorato in numerosi sequel (non nascondo che un po' ci spero, da spettatore-videogiocatore).
Le numerose guest stars provenienti da giochi famosi non sono che la punta dell'iceberg del mondo di "Ralph Spaccatutto", che riesce a costruire bellissimi giochi fittizi prendendo ad esempio e parodiandone altri realmente esistenti e creando locations credibili, affascinanti e diversissime fra loro, ora uno sparatutto fantascientifico dalle tinte oscure e dal character design realistico, ricco di soldati in armature tecnologiche, sexy soldatesse e alieni orripilanti, ora un buffo condominio pixelloso abitato da piccoli ometti, piccoli sindaci baffuti e piccoli carpentieri dalle divise in stile Super Mario, ora un meraviglioso paese fatto di dolci, dove è possibile trovare biscotti Oreo viventi, laghi di cioccolato, vulcani di Coca Cola e abitanti-bamboline-Bratz fedelissime all'estetica del kawaii giapponese.
Questa grandissima varietà di ambienti e stili si riflette nella splendida resa tecnica del lungometraggio, capace di passare da un character design all'altro con grandissima maestria, con tanto di piccole chicche grafiche che rimandano ai videogiochi (vedi Felix e gli abitanti del condominio di Ralph che si muovono volutamente a scatti come i personaggi dei vecchi giochi a 8 bit), di reinterpretare magistralmente personaggi di giochi esistenti e di far coesistere stili differenti nella stessa scena senza che questi stonino.
Splendidamente realizzati tutti i personaggi originali, con in testa, ovviamente, Ralph, che, come quel Sulley con cui condivide moltissimo, ha una gamma di espressioni facciali vastissima ed è animato in maniera magistrale, rendendo possibile allo spettatore "sentire" ogni movimento, ogni emozione, ogni capitombolo, ogni grugnito del gigante in salopette.

Curatissima è anche la parte musicale, che si discosta dai classici film-musical Disney e affida quasi del tutto ai titoli di coda il compito di affascinare le orecchie dello spettatore, presentandogli brani efficacissimi come "When can I see you again?" degli Owl City, all'apparenza una scanzonata canzone pop che però assume un valore quasi romantico posta a conclusione del lungometraggio, integrando perfettamente il suo testo con gli eventi mostrati poco prima, o "Sugar Rush", delirio in lingua giapponese eseguito nientepopodimeno che dal celebre gruppo idol AKB48. Menzione d'onore per "Wreck it, Wreck-it Ralph", esaltante tema principale del film che racconta la storia di "Felix aggiustatutto" e la storia della rivalità tra Felix e Ralph con uno stile che rimanda molto ai film degli anni '80, ad opera di Buckner e Garcia, un duo che negli anni '80 realizzò un intero album di canzoni dedicate ai temi dei videogiochi.
Buono, ma non particolarmente incisivo, il doppiaggio italiano. Il bravo Massimo Rossi dà egregiamente la voce a Ralph (ma si rimpiange un po' il più simpatico Franco Mannella dei primi trailer) e Fabrizio Vidale interpreta alla perfezione il demenziale villain del film, mentre tutti gli altri personaggi non rimangono particolarmente impressi a livello vocale. Due i personaggi famosi chiamati in sala di doppiaggio, il regista Paolo Virzì per un'interpretazione macchiettistica e tutto sommato assai divertente (la voce originale del suo personaggio era dello stesso regista del film, quindi non un professionista), e il rugbista Sergio Parisse, che ci regala un Zangief un po' strano ma tutto sommato gradevole, per la piccola manciata di battute che pronuncia.

L'ultima fatica della Disney è un film un po' ruffiano, che certamente cerca di strizzare l'occhio alla generazione dei videogiocatori degli anni '80 e '90 (e, credetemi, ci riesce perfettamente), ma che riesce, aldilà di questo, a trovare una sua ben precisa individualità, mostrandosi come una splendida favola ambientata in un mondo moderno e ricco di immaginazione.
Guardare "Ralph Spaccatutto", a tratti, è come ritrovarsi in una gigantesca sala giochi e rivedere tutti gli amici di un tempo, tornando con la mente in un mondo che funzionava a gettoni e che conteneva innumerevoli fantasie. D'altro canto, però, c'è anche altro, aldilà di questo, e la vicenda del gigantesco demolitore che vuol fare l'eroe per farsi accettare dagli inquilini del palazzo risulta piacevolissima e toccante anche se non si è interessati ai videogiochi o non si ha l'input nostalgico-nerd di riconoscerne le innumerevoli citazioni.
Se siete videogiocatori di vecchia data o avete speso la vostra infanzia fra un cabinato a gettoni e l'altro, "Ralph Spaccatutto" sarà la vostra gioia, ma saprà farsi amare anche, eccome, a prescindere dal suo legame col mondo videoludico.
Un'esperienza che risulterà valida e, probabilmente, indimenticabile, quella dello spettatore alle prese con "Ralph Spaccatutto", per un film che, comunque lo guarderà, avrà il sapore dell'infanzia, vuoi perché gli ricorderà i vecchi videogiochi di quando era bambino, vuoi perché racchiude in sé la stessa, immutata per quanto rimodernata nell'estetica, magia dei classici lungometraggi Disney di Natale ricchi di divertimento, emozioni, insegnamenti e personaggi da ricordare per sempre.