Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi ci dedichiamo agli anime del nuovo millennio con Perfect Girl Evolution, Mizuiro (2003) e Paprika.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


Per saperne di più continuate a leggere.


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Cosa accadrebbe se provassimo a miscelare insieme Itazura na Kiss, Kimi ni Todoke e Host Club?
Se davvero qualcuno si fosse posto questa domanda, beh, la risposta l'avrebbe certamente trovata guardando Perfect Girl Evolution; e anche se nessuno l'avesse mai fatto, questa questione ha stuzzicato talmente la mia curiosità da spingermi a compiere una piccola (e molto elementare) ricerca. Ho ritenuto, infatti, necessario stabilire quale fosse il suo effettivo livello di originalità prima di sbilanciarmi in un qualsiasi commento.
Così, prendendo come spunto i dati presenti su questo spettabile sito (così se sono errati sapete con chi prendervela) sono andato a controllare la “carta d'identità” dei tre anime sopracitati. Ero interessato, in particolare, alle rispettive date di nascita al fine di stabilire chi dovesse essere considerato il vero ideatore delle parti in comune. Proprio per questo motivo, ho ritenuto corretto cercare di non prendere in considerazione gli anime, ma i manga da cui hanno avuto origine.
Ma andiamo con ordine.

Così come in Itazura na Kiss, anche in Perfect Girl Evolution la serie inizia con la protagonista che viene respinta dal bellimbusto di turno. Il motivo del rifiuto nei due casi è diverso: in Itazura na Kiss il motivo va ricercato nella stupidità di lei; nel secondo esso va ricercato nel suo aspetto poco attraente. Tale differenza va comunque considerata marginale: si tratta sostanzialmente della stessa scena. Si tratta comunque dell'unica somiglianza: dallo stesso evento originario nasceranno due storie che avranno un'evoluzione del tutto diversa.
Con mia enorme sorpresa ho appreso che il manga di Itazura na Kiss risale addirittura al 1991.

Con Kimi ni Todoke, invece, Perfect Girl Evolution condivide le sembianze del principale personaggio femminile. Tale somiglianza si evince già dal nome: se qui troviamo Sunako, nell'altro avevamo Sawako. Due sole lettere di differenza. Non so se si tratti solo di una semplice coincidenza; certo è che, oltre a condividere un nome simile, le due ragazze sono praticamente identiche anche per aspetto fisico e per capacità di terrorizzare gli altri con una semplice espressione del volto. La personalità delle due ragazze è, invece, opposta: mentre Sawako lotta per essere accettata, Sunako decide di rifiutare qualsiasi rapporto con gli altri e di rinchiudersi al buio nella sua stanza in compagnia dei suoi orribili amici-manichini.
Il manga di Kimi ni todoke ha visto la luce nel 2006.

I ragazzi di Perfect Girl Evolution, infine, ricordano in modo evidentissimo gli irresistibili personaggi di Ouran koko Host Club. Anche qui l'elemento che li caratterizza è una bellezza esagerata che si concretizza in un'innata capacità di fare colpo sulle ragazze. Anche qui, però, sembra sia stato introdotto un voluto elemento di differenziazione: pur non arrivando all'estremo opposto, a differenza di quanto accade con Host Club, qui i personaggi maschili hanno un rapporto molto complicato con le donne, in quanto queste ultime finiranno per tormentarli praticamente ovunque(e in massa), con conseguenze spesso poco piacevoli.
Host Club è stato pubblicato per la prima volta nel 2003.

Manca ancora un dato per trarre le dovute conclusioni, ed esso è costituito, ovviamente, dall'anno di pubblicazione del manga di cui qui si recensisce l'anime. L'anno in questione è il 2000, e ciò rende Perfect Girl Evolution posteriore al solo Itazura na Kiss con il quale, come detto, condivideva soltanto una scena. Posso dunque affermare che l'originalità di Perfect Girl Evolution non può essere messa in discussione; anzi va rilevato che, con tutta probabilità, sono stati altri ad ispirarsi ad esso.

Quanto ai contenuti, Perfect Girl Evolution va iscritto a pieno titolo al genere “demenziale”: i primi episodi, in particolare, hanno suscitato la mia ilarità al punto tale da provocarmi un forte dolore alle mascelle. Peccato, però, che le trovate comiche siano praticamente sempre le stesse per tutte le venticinque puntate delle serie, per cui dopo un po' finiscono per non divertire più così tanto.
La trama, poi, dopo i primi episodi non evolve in nessun senso: troviamo quindi una serie di episodi autoconclusivi che potrebbero essere benissimo mischiati senza che nessuno se ne accorga.
In conclusione, devo dire che mi sarebbe piaciuto assegnare qualcosa in più a quest'anime che ha dimostrato, specie nei primi episodi, di avere un potenziale notevolissimo; peccato, però, che questo potenziale sia stato poi sfruttato da altri titoli.



6.0/10
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Mizuiro può essere identificata come la solita storia d’amore ridotta all’osso, due OAV che per quanto riguarda il versante tecnico propongono elementi di notevole spessore a cominciare dalle animazioni, passando poi per lo studio dei colori e degli scenari, studiati minuziosamente e ricchi di particolari, senza tralasciare la brillantezza della cromatica e la composizione dei fondali, veri e propri quadretti d’atmosfera, dove calare i protagonisti della vicenda. Stesso discorso va fatto per la colonna sonora, capace di sottolineare perfettamente i sentimenti dei personaggi, le situazioni ilari e quelle malinconiche, donando a ogni attimo la nota adatta, arricchendola d’un minimo di fascino, perché, a conti fatti, lo schema della trama è realmente banale e povero di contenuti.

Sono proprio l’assenza assoluta di originalità e la piattezza in ogni sua forma le pecche più grandi di questo doppio OAV: tratto da un videogioco a sfondo hentai della NekoNeko Soft, lanciato sul mercato nipponico nel 2000, Mizuiro 2003 viene trasposto tre anni dopo in chiave esplicitamente e inequivocabilmente romantica, eliminando ogni elemento vietato ai minori come spesso accade per questi prodotti di nicchia che si vogliono rendere appetibili in “formato anime” ai più.
L’idea poteva anche andare, se non fosse sfociata in un minestrone di banalità e di cliché terribili, come per esempio il rapporto fra i due protagonisti, Kenji e Yuki, fratelli (ma non di sangue), o come la terza incomoda che crea l’ennesimo, banalissimo triangolo amoroso.
Tuttavia, nonostante la totale assenza di fantasia da parte degli sceneggiatori - se avessero stravolto la trama di base tratta dal videogioco hentai, sarebbe stata, con il senno di poi, una scelta sicuramente da premiare -, c’è da sottolineare (positivamente) che nei frangenti ove hanno luogo i flashback, il passato dei protagonisti si delinea confuso, misterioso, intrigante, apparentemente legato a un anello, capace di tenere appeso a un filo l’interesse dello spettatore, che sia appassionato o meno a questo genere di storie.

Altro lato negativo è la poca durata. Due OAV di trenta minuti circa non permettono di approfondire le suddette sfaccettature, in certi casi appena accennate, dei protagonisti. Con tutta probabilità, con più OAV a disposizione si sarebbe potuto creare qualcosa di più interessante e intrigante, senza dovere necessariamente “allungare il brodo” come in molti anime seriali di successo accade. Ma si sa, con il senno di poi ogni ciarlatano è profeta e gli elementi approfonditi dagli autori sono preventivamente studiati per fare colpo su un determinato target di mercato; inutile quindi, a conti fatti, recriminare sull’assenza di qualcosa che con tutta probabilità non avrebbe mai spinto gli sceneggiatori a ulteriori modifiche o approfondimenti, né mai sarebbe stato contemplato nello scheletro di narrazione.

In definitiva Mizuiro 2003 non è niente di eclatante, una mera sufficienza per un prodotto che naviga fra le sponde della mediocrità per quanto riguarda originalità e ricchezza di contenuti, e lambisce a tratti un’apprezzabile, calamitante bellezza per tutto ciò che concerne il settore prettamente tecnico. Un semplice passatempo per chi ama le storie romantiche e sentimentali, ma niente di più.



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Anime dream machine

Tratto dall'omonimo romanzo di Yasutaka Tsutsui, "Paprika" è il quarto lungometraggio di Satoshi Kon, prodotto dalla Madhouse nel 2006 e presentato in concorso alla 63° Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia.

In un futuro prossimo un sofisticato dispositivo è in grado di penetrare nell'inconscio e di interagire con i sogni, registrandoli come un film e aprendo nuove prospettive nei trattamenti dei disturbi psichici. Quando la glaciale e dimessa psichiatra Chiba e il goffo e geniale scienziato Tokita sono sul punto di terminare la sperimentazione e mettere a punto un efficace metodo terapeutico, alcuni prototipi del rivoluzionario congegno vengono trafugati da un misterioso "ladro di sogni". In seguito ai gravi incidenti causati dal folle psico-terrorista, il detective Konakawa, un agente della polizia ossessionato dal cinema, entrerà in azione e nelle indagini sarà affiancato dalla vivace e grintosa Paprika, brillante alter ego onirico della dottoressa Chiba, che lo guiderà nell'esplorazione dei più intimi recessi del subconscio.

A otto anni da "Perfect blue", Satoshi Kon torna a indagare il lato oscuro della psiche disegnando un nuovo e intrigante thriller. Si tratta di un'opera meta-cinematografica, un'apocalisse onirica che spinge fino alle estreme conseguenze quella fusione dei piani del reale, del sogno, del web e del cinema, che già il regista aveva sperimentato con la sua opera prima. Il romanzo è, per l'autore, un alibi per dare libero sfogo alla sua sfrenata creatività visionaria, e la macchina degli anime nelle sue mani diventa uno strumento ideale per dare vita alle invenzioni dove il tempo e lo spazio si frantumano in un caleidoscopio di suggestioni immaginifiche. Un'alluvione psichedelica inonda lo schermo cinematografico che diventa uno specchio magico in cui la realtà e la fantasia si sovrappongono e si confondono progressivamente, sfumando il confine tra sogno e incubo.

Ad alimentare le fiamme di questo delirio troviamo il direttore della fotografia Michiya Kato, che manovra i fili della macchina scenica per tradurre in immagini filmiche le astratte visioni e le idee del regista. Con un uso massiccio ma controllato della CGI, raggiunge nuove vette di abilità tecnica unita a una forte valenza artistica.
Da menzionare anche l'eccellente lavoro dell'art-director Nobutaka Ike. I suoi fondali sono impeccabili. Salta agli occhi la differenza tra le tonalità cromatiche sobrie e delicate degli scenari 'reali' e i colori acidi, vividi e abbaglianti del mondo dei 'sogni'.
Le musiche di Susumu Hirasawa completano idealmente il film. Fin dalla bellissima e originale sequenza dei titoli di testa, il compositore si produce in una performance eclettica e sfaccettata, alternando sonorità classiche da film giallo a iperbolici vocalismi distorti e mediati dall'elettronica e dal digitale.

Con "Paprika" Satoshi Kon ha dimostrato un'acutissima sensibilità estetica e una notevole conoscenza del rapporto arti visive/psicanalisi, si è confrontato con la scienza di Freud e con il cinema, usando l'animazione come personale rielaborazione artistica e, ancora una volta, è riuscito a esprimere il suo originale immaginario narrativo obliquo, ricco di intuizioni e contaminazioni in un film che ne ha segnato la definitiva consacrazione.