Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi ci dedichiamo agli anni '80, con Là sui monti con Annette, Twilight Q e Baldios, il film.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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"Sui Monti con Annette" parte come un semplice clone di Heidi. L'ambientazione è nella Svizzera francese invece che tedesca, l'amichetto d'infanzia si chiama Lucien invece che Peter, ma per il resto vediamo scene che ci sono ben familiari: la scuola, la gara con le slitte, la lavorazione del formaggio, eccetera. La prima impressione è quindi quella di un meisaku non brutto ma inutile. Questo per la prima dozzina di puntate. Poi arriva il dramma e "Sui Monti con Annette" si trasforma in uno dei più interessanti e originali meisaku mai realizzati. Interessante e originale non tanto per il dramma in sé, ma per le modalità in cui avviene e per le sue conseguenze psicologiche sui protagonisti.

L'argomento fondamentale di "Sui Monti con Annette" è qualcosa che non è mai stato approfondito prima in nessun meisaku: il senso di colpa. L'incidente che costa una gamba al fratellino di Annette non è dovuto al caso o alla sfortuna, ma è causato colpevolmente da Lucien, che si arrabbia con Dani perché la rancorosa Annette non vuole invitarlo alla sua festa di compleanno. È qui che si capisce come ogni somiglianza con Heidi sia puramente accessoria; certo, in Heidi abbiamo Clara nella parte della paralitica, mentre in Annette abbiamo Dani, ma non è questo che conta. Non è la malattia il tema dominante. Il nucleo fondamentale di Annette è il senso di colpa e la difficoltà dell'espiazione, tutt'altro rispetto al nucleo fondamentale di Heidi che è la gioia di vivere, in grado di trionfare su qualunque avversità. "Sui Monti con Annette" è una serie molto più oscura di Heidi, una serie che scandaglia il lato buio dell'animo umano. Se Heidi è l'archetipo della bambina buona e solare, troppo perfetta per essere vera, Annette è una bambina molto più realistica: rancorosa e vendicativa, a volte decisamente crudele, arriva a degli estremi allo scopo di tenere in piedi l'odio e di non permettere la riconciliazione tra Dani e Lucien. È nella psicologia di Annette e Lucien che sta tutta l'originalità della serie: mentre virtualmente in tutti i meisaku esistenti i bambini protagonisti sono buoni e perfetti e gli unici a essere crudeli sono gli adulti, "Sui Monti con Annette" è un caso più unico che raro in cui tutti gli adulti sono buoni e perfetti (fin troppo), mentre i bambini protagonisti sono pieni di difetti.

Come ho detto, Annette è rancorosa, ma anche Lucien non è esente da colpe: ragazzo normalmente di buon cuore, se si arrabbia non esita a venire alle mani e a prendersela con quelli più deboli di lui (Dani e Klaus, l'ermellino di Dani), comportandosi da bullo. Oltre a questo è vigliacco e invece di prendersi le sue responsabilità nell'incidente di Dani scappa a piangere nel fienile. Occorreranno decine e decine di puntate a Lucien per riscattarsi, e ci riuscirà grazie anche all'aiuto del vecchio Peguin, ex-carcerato che di senso di colpa e desiderio di riscatto ne sa qualcosa. Dall'altra parte in queste decine di puntate Annette dovrà venire a patti con i lati più oscuri del suo carattere e riuscire a trovare la forza di aprirsi al perdono, cosa difficilissima, che avverrà solo dopo tutta una catena di eventi magistralmente delineata. Notevole la scena in cui Annette in lacrime confessa alla vecchia zia di essere "cattiva e malvagia". Sono anche presenti svariati riferimenti alla cristianità (una notte Annette sogna addirittura Gesù Cristo che bussa alla sua porta), come è giusto che sia essendo un meisaku tratto dal libro di Patricia St. John "I tesori tra la neve" del 1950. Patricia St. John, oltre che scrittrice, è una suora missionaria. Esiste anche un film del 1980, "Treasures of the Snow", di Mike Pritchard che racconta la stessa storia, che conto di vedere prima o poi. Purtroppo una breve recensione non può rendere giustizia ai molti temi trattati nell'opera; ne cito solo uno, l'arte come mezzo di espiazione, visto che per sfuggire al senso di colpa Lucien si dedica alla scultura, unica occupazione con cui riesce a dimenticare temporaneamente il senso di colpa che lo tormenta.

È anche degno di nota il tema dell'escalation della rabbia, che nasce perlopiù da incidenti insignificanti, ma che tramite una spirale perversa si amplifica e può alla fine portare a vere e proprie tragedie. Tanto è facile e quasi "naturale" è la strada che porta all'odio, tanto è difficile e irta di difficoltà la strada che porta alla riconciliazione. Il tutto viene descritto in maniera semplice ma non semplicistica, adatta al target primario dell'anime, i bambini, ma anche agli adulti. Per il tema trattato, per la delicatezza con cui è trattato, per la qualità dei disegni, perfettamente adeguati a rendere i sentimenti dei protagonisti e per l'eccezionalità delle voci italiane (in particolare Rossella Acerbo nella parte di Annette, Julian Olivieri Orioles nella parte di Lucien, di cui non dimenticheremo mai la "r" moscia, e infine Rita Baldini nella parte di Dani, la voce più indovinata di tutte), "Sui Monti con Annette" merita una valutazione molto alta, pure in un genere in cui l'alta qualità è la norma.
La sigla di Cristina d'Avena è assolutamente non in linea con le atmosfere dell'anime, comunque è orecchiabile e rimane in mente, mentre l'opening giapponese non mi ha convinto molto (meglio l'ending). Da riscoprire e da vedere.



7.0/10
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"Twilight Q" è un titolo che si compone di due soli OAV, "Time Knot: Reflection" e "Mystery Article File 538", il primo affidato all'abile regia di Tomomi Mochizuki - conosciuto per "House of Five Leaves" -, mentre il secondo è stato ideato, sceneggiato e diretto da un, allora giovane, Mamoru Oshii. A quanto sembra, tuttavia, il progetto originale prevedeva di coinvolgere un numero maggiore di autori, tra i più noti in Giappone, per far sì che ognuno contribuisse con un suo corto d'animazione. Tale ambizioso proposito era perentoriamente destinato a fallire e a interrompersi già agli albori, a cagione dello scarso successo. I due superstiti sono opere molto distanti fra loro, poco hanno da spartire sia in merito alla qualità, sia per lo stile che li caratterizza, sia per i contenuti.

Non ho intenzione di spendere più parole del dovuto per quanto riguarda "Time Knot: Reflection", si tratta di un episodio a parer mio particolarmente scialbo e deludente, sopratutto se considerato in confronto al secondo. "Il nodo del tempo" si presenta come una storia adolescenziale in stile anni '80, condita con un'ingente dose di fantastico e di onirico. Si assiste a balzi nel tempo, paradossi e altri elementi che in sé considerati potrebbero essere interessanti, ma vengono sviluppati un po' troppo precipitosamente, chiudendo il tutto in modo un po' vago, apparendo quindi evidentemente dimenticabile.

Il secondo, al contrario, è un Oshii a briglie sciolte, ancora nel suo periodo onirico-visionario; quest'OAV non a caso risale a soli due anni dopo il celebre "Tenshi no tamago" e tre lo separano da "Beautiful dreamer", attiguità temporale fortemente indicativa, di certo non una mera coincidenza. Il carattere onirico di "File 538" è in compiuta sinergia con la problematica già sviluppata in "Urusei Yatsura", destinata poi a divenire un cavallo di battaglia del regista: l'inafferrabile e sottile distinzione tra sogno e realtà. Nel caso di specie l'esposizione è decisamente lucida e azzimata, studiata molto bene nei dettagli. Si potrebbe definire quasi una parabola, in cui l'autore gioca con la logica circolare per costruire un classico esempio di meta-narrazione in cui prende corpo una storia dentro la storia, che a sua volta richiama un'altra storia (a sé uguale), procedendo in tal modo all'infinito, in una spirale vertiginosa, senza che sia possibile arguire il bandolo della matassa. Questo stratagemma è utilizzato al meglio per proporre il rompicapo del discernere fra realtà e illusione, fra reale e fittizio, poiché la realtà stessa si rivela un labirinto senza via d'uscita. Per quanto la si indaghi a fondo, siccome non è possibile estraniarsene, non si è in grado di dare una risposta a tale fatidico enigma, anzi, più si spinge l'indagine alle sue estreme conseguenze più sorgono dubbi e incertezze, si arriva a dubitare persino della propria esistenza e della realtà stessa. La storia crea i suoi personaggi ma, al contempo, sono i personaggi stessi che creano la storia. Ci si può chiedere se la vita non sia altro che una storia immaginata da qualcuno (da se stessi?), ovvero l'effimero sogno di una dea capricciosa o, ancora, che la medesima sia solo una creazione della nostra percezione, una manifestazione puramente contingente e destinata a mutare di continuo. Che lo stesso desiderio di conoscenza dell'uomo si riveli per lui una dannazione? Uno spesso manto di relativismo rende l'opera molto interessante e poliedrica, sublimandosi in una costruzione complicata, dai toni elevati, che tuttavia risolve i dubbi dello spettatore nelle ultime scene, sebbene rimangano comunque margini per la rielaborazione personale.

Il ritmo è estremamente lento, l'animazione quasi statica, costellata di scene fisse, di primi piani su volti e dettagli, accompagnati da inquadrature frontali, immote, della stanza dove si svolge la maggior parte degli eventi. Il tutto è narrato tramite lunghissimi monologhi, alternati a momenti di pausa e di scorci urbani. La regia è ottima così come il disegno, in particolare è da apprezzare il modo sperimentale in cui sono resi i fondali. Nota di merito il riuscito tentativo di conciliare un tono malinconico con un pizzico di amara ironia, sebbene la serietà del tutto soverchi tali aspetti, smorzandoli.
Il voto è sette, poiché si rende necessaria la media tra una sufficienza del primo e un voto più che discreto per il secondo.



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La leggenda dice che il motivo per cui esiste un film di "Baldios" è perché la serie animata fu un fiasco totale e fu cancellato dai palinsesti con cinque puntate di anticipo. Quei pochi però che lo avevano visto lo avevano amato così tanto da fare del canale televisivo il destinatario di tutte le loro lettere minatorie. Così, per salvaguardare le vite dei dirigenti, accorse la Toei Animation nel 1981 promettendo che avrebbe fatto un film su "Baldios" regalando agli stalk... ehm, ai fan della serie il finale che tanto attendevano.

Non si sa se le cose siano andate veramente così, ma il punto è che un film peggiore non si poteva fare. Certo mi si chiederà come si poteva fare un film brutto semplicemente riassumendo gli stupendi 34 episodi dell'anime, con l'aggiunta per di più di un finale già scritto ma mai trasmesso. Non si sa, ma di sicuro questo film è sotto quasi tutti gli aspetti vomitevole.
La storia di "Baldios", si sa, s'incentra sulla tentata invasione della Terra da parte degli alieni di S1, il cui pianeta è reso invivibile dalle radiazioni. Marin, che si opponeva ai militari pronti all'invasione, di fronte all'omicidio del padre scappa e si unisce, non senza difficoltà iniziali, ai terrestri, conscio dell'ingiustizia di una guerra cosi crudele. Dall'altra parte il comandante Aphrodia cerca disperatamente la sua vendetta contro Marin, perché lui ha ucciso nella fuga il fratello Milan e l'imperatore di S1, Gattler, sfrutta questa sua rabbia per renderla letteralmente il suo burattino.

Tutto quello che ha reso grandiosa la serie televisiva qui viene reso melenso e sciatto. Per esempio, se la serie tv era un dramma corale dove con minuziosa cura dei particolari veniva descritto tutto l'orrore della guerra, il film butta tutto alle ortiche, incentrandosi solo sulle battaglie e le vittorie del Baldios, e tanti saluti al messaggio pacifista. La cosa però più tragica e intellettualmente urtante è che il film va appresso per tutto il tempo a un unico elemento della storia dell'anime, che nel contesto generale della serie era geniale, mentre nel film viene completamente rovinato. Mi riferisco al velato sentimento che Aphrodia sente alla fine di provare per il protagonista, Marin. All'incirca a metà della serie, Aphrodia comincia a tentennare riguardo ai suoi propositi di vendetta, in quanto ha l'occasione di conoscere il suo arcinemico e capisce di iniziare a provare qualcosa per lui. Benissimo il film non è che ci marcia su questo aspetto, proprio non riesce a interessarsi ad altro, con il risultato che i due, da elementi di una tragedia, diventano gli Step e Babi della fantascienza. "Baldios il film" diventa una sorta di terrificante "Twilight" in salsa robottona con punte di particolare ridicolaggine riservate ad Aphrodia, i cui sentimenti, da che erano velati nell'anime, diventano nel film tanto palesi quanto insopportabili, per non parlare di Marin che si mostra improvvisamente quanto incomprensibilmente innamoratissimo della sua nemica. Manca giusto un licantropo a fare da terzo incomodo e la storia quella è.

Il comparto tecnico è talmente brutto che è una presa in giro. Per carità, non è che l'anime fosse una pietra miliare di qualità. Il punto però è che tra le scene prese dalla serie e quelle di raccordo create appositamente per il film il character design è completamente diverso. Quindi in una scena Marin è in un modo, cinque secondo dopo ha un'altra faccia, e poi ritorna com'era. Disturbante.
Altra nota dolente è il doppiaggio italiano che a me non è piaciuto, senza poi considerare certe perle dell'immarcescibile adattamento italiano. Voglio dire, Aphrodia chiama Gattler "Conducator": sta mica facendo una citazione di Ceaucescu? E poi perché nominarlo così, quando nell'anime lo chiamava Altezza?

Il finale però devo dire che merita. Ha il giusto spazio nel film, in cui tutta la storia della serie va avanti velocissima perdendosi in più punti, è molto intenso e, come da tradizione, tristissimo. L'attesa di tutti i fan della serie è ben ripagata, quindi l'unico consiglio che posso darvi, se volete veramente godervi questo bellissimo anime, è di procurarvi la serie, vedervi quella, andare avanti veloce con il film fino all'ultimo quarto d'ora. Non osate però farvi un'idea di "Baldios" solo attraverso il film! Sarebbe come mangiare la pizza, ma quella di Pizza Hut: sempre pizza è, ma rispetto all'originale fa schifo.
Lontanissimi dalla sufficienza, mi spiace.