Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi ci dedichiamo a titoli del 2000 col manga Miss e gli anime Jin-Roh e nieA_7.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


Per saperne di più continuate a leggere.


6.0/10
-

Miss è la prima opera di Hinako Ashihara. E' uno shojo in due volumi ambientato tra i banchi di scuola, con una storia breve in appendice.
I protagonisti sono due ragazzi di 15 anni che frequentano la stessa scuola, Kazu e Kenta. Kazu è una ragazza insulsa, che sorride sempre in modo falso e poco spontaneo. In passato è stata vittima di bullismo e al liceo vorrebbe piacere a tutti in modo incondizionato. Kenta è invece un ragazzo molto diretto, leggero, piacevole, ma assai sconsiderato. Egli decide di smascherare il comportamento fasullo di Kazu e la ragazza scoppia in lacrime. Kenta, che è molto sensibile, ne rimane colpito e si sente in colpa. I due ragazzi iniziano a frequentarsi e a conoscersi. I modi di Kenta però sono fin troppo aggressivi e impulsivi e Kazu, per quanto attratta da lui, ne ha paura. All'improvviso una ragazza strana, lugubre e misteriosa, Kyoko, si presenta a Kazu e le dice di essere l'amica di letto di Kenta e di non voler rinunciare a lui. La storia ha una svolta dopo una gita estiva a Nagano alla quale partecipano alcuni compagni di scuola. Ma le cose si complicano ulteriormente con una gravidanza inattesa.

Purtroppo si vede che è il primo racconto dell'autrice. Siamo ben lontani dalle opere successive molto più mature e complesse. La protagonista, Kazu, è una ragazza che suscita antipatia fin da subito. E' immatura, infantile e assai suscettibile. Solo alla fine della vicenda acquista una maggiore consapevolezza di sé stessa. Dice di voler diventare una persona ricca di umanità e capace di superare i proprio errori, ma non sappiamo se ci riuscirà o meno. Kenta non è migliore. E' tenero e sensibile, ma tende ad evitare qualsiasi tipo di problema o ad affrontarlo con la violenza. Si dimostra per quello che non è, superficiale, violento e ottuso. Commentando ai margini il suo lavoro, la stessa autrice afferma: "forse non dovrei dirlo, dato che sono stata io ad inventarli così, ma questi due personaggi sono proprio degli impiastri. (...) Avrei veramente voluto essere capace di dar loro vita in modo più convincente." Il personaggio più interessante è paradossalmente la rivale antagonista di Kazu, Kyoko. E' una ragazza complessa, intelligente e determinata. Peccato che non venga molto approfondito come personaggio. Anche gli altri compagni di classe dei due ragazzi e i familiari sono solo comparse sullo sfondo, senza incisività.

La storia in appendice invece è assai piacevole! Narra di una liceale, figlia di un fabbricante di chiavi, abile nell'aprire serrature, che si prende una cotta per un affascinante investigatore privato. Sembrerebbe una coppia stereotipata, ma invece funziona alla grande e la vicenda narrata è avventurosa e divertente. Questo è l'esordio riuscito dell'autrice, anche se troppo breve!
I disegni sono un po' acerbi, ma si nota già il tratto dolce e delicato della Ashihara. L'edizione a due volumi della Planet è carina e poca costosa.



-

Per contrastare la crescente criminalità in un Giappone reduce dalla sconfitta della Seconda Guerra Mondiale, viene istituito un corpo di sicurezza speciale militarizzato, i Kerberos Panzer Cops. Col passare degli anni, la situazione è però mutata e la squadra è considerata oramai un'istituzione anacronistica. Per questa ragione, la polizia regolare desidererebbe una fusione tra i due reparti, ponendosi in questo modo a capo di entrambi; i Kerberos auspicherebbero la medesima soluzione, ma con loro stessi al vertice; una terza parte è costituita invece dai famigerati Jin-Roh ("uomini lupo"), una sezione interna e segreta che vorrebbe mantenere l'indipendenza dei Kerberos. La situazione di stallo tra le sezioni viene spezzata da un evento all'apparenza marginale: il soldato speciale Kazuki Fuse indugia nell'uccidere a sangue freddo una giovanissima terrorista che minacciava con un esplosivo un intero plotone di Kerberos; la ragazza (una "cappuccetto rosso", come sono definite in gergo le bambine portatrici di bombe) si fa esplodere comunque e Fuse viene costretto a un processo di rieducazione presso il centro di addestramento. È durante la licenza che incontrerà però la sorella della criminale, con cui stringerà un rapporto sempre più profondo che lo porterà a rivalutare il proprio ruolo all'interno dell'inestricabile disegno del potere.

Che "Jin-Roh" sia un film complicato viene subito chiarito dal lunghissimo prologo parlato che, in diversi minuti, espone con dovizia di dettagli l'ambientazione in cui la storia andrà a svolgersi; si tratta di una dichiarazione di intenti, ma soprattutto di un accordo, un impegno alla concentrazione che lo spettatore deve siglare prima di proseguire con la visione. Il film si dipana poi facendo seguire una scena di guerriglia urbana molto cruda e serrata, la cui violenza è edulcorata soltanto dalla meraviglia della messa e scena e dallo splendore delle animazioni (tutte disegnate a mano). Il secondo atto è un lungo e lento thriller di spionaggio (ricorda "La Conversazione" di Coppola), movimentato dall'incedere forsennato di continui colpi di scena, tanto sostanziali che lo spettatore ha bisogno di qualche minuto per adattarsi al cambiamento delle parti in gioco. Il terzo atto inizia invece quando anche l'ultimo ribaltamento è stato compiuto: si costituisce in una scena frenetica di una brutalità quasi catartica e termina all'improvviso, con una sequenza di chiusura forte come un pugno nei denti.

Il merito è perlopiù di Mamoru Oshii, qui in veste di sceneggiatore, uno dei pochissimi di cui si può affermare senza indugio che sa fare il proprio mestiere. La storia è una ricca e quasi inestricabile stratificazione di piani di lettura, dalla vicenda umana di Fuse a quella morale della sua amata, il rapporto e scontro tra le istituzioni, il limite tra giusta protesta e terrorismo, tra sicurezza e oppressione, la contrapposizione tra ruolo sociale e arbitrio individuale, che si esauriscono infine nel tema immortale di eros e thanatos. Alla prima visione è quasi impossibile cogliere ogni singolo passaggio, ogni ruolo di ogni parte, il doppi giochi e i complotti estremamente contorti. Per "Jin-Roh" più che per altri film, una seconda visione è consigliata e rivelatrice degli aspetti più segreti di una sceneggiatura non molto genuina. La forza intellettuale della prima visione è infatti quella di vedersi dipanare lentamente l'intricatissimo schema, in cui ogni scoperta genera sorpresa e ogni sorpresa genera interesse. Quando tutto viene rivelato, si capisce però come non si tratti altro che di un'abile partita a scacchi: conoscendo già le mosse, l'interesse cala rapidamente nel doversi concentrare su forze in gioco e personaggi che non sono altro che pedine senza arbitrio.

Gli espedienti atti a compensare tale artificiosità si rivelano in realtà come le trovate più brillanti di tutto il film. Oshii decide infatti di condire la trama con un fortissimo fattore umano. In questo senso, i personaggi agiranno sì come previsto, ma noteremo nei loro occhi un forte rimorso che li renderà reali, costretti ad agire secondo l'Ordine, ma contro se stessi. Ecco che tutto il film è accompagnato da un potente sotto testo emotivo, dove la storia d'amore non è solo un addobbo, ma un dettaglio struggente; dove le sequenze oniriche non sono una ostentazione di "visionarietà", ma rivelano l'intimità del protagonista in un modo così profondo che diventa del tutto comprensibile solo al termine della visione. Parallelamente alla trama, viene poi ricordata più volte la favola di Cappuccetto Rosso e del lupo cattivo (che i Jin-Roh siano detti "uomini lupo" non è un caso), a cui non solo viene restituita l'originale carica di violenza e di ambiguità sessuale, ma che Oshii, servendosene come metafora, imbastisce di nuovi significati rendendola una vera e propria cassa di risonanza del significato dell'opera. I parallelismi mostrati tra le due vicende vanno oltre il vezzo della citazione letteraria, ma arricchiscono il film portandolo ad un livello superiore, elevando ad aforismi poetici le battute finali.

Nonostante sia condito di una forte componente emotiva, la struttura a scatole cinesi del film resta comunque prevaricante e, con essa, la netta sensazione di assistere allo svolgimento di un piano ben architettato. La prova più lampante si ha proprio nel finale, quando si poteva scegliere di rimanere ambigui, ma viene mostrata a tutti costi la realtà dei fatti: questa è l'arroganza di Oshii, che ha tracciato un lungo il cammino perfettamente calcolato per lo spettatore e non può certo permettergli, proprio alla fine, di prendere iniziativa su quale interpretazione dare alla sua opera. Prigioniero dalla sua stessa ingegnosa struttura, "Jin-Roh" rimane comunque un prodotto diverso, qualcosa di superiore al panorama tradizionale, migliore di pellicole simili ma più celebri. È un film che forse non cerca empatia, ma solo e semplice ammirazione. Quella, però, è davvero difficile negargliela.



7.0/10
-

A ridosso dei primi episodi visionati, mi era stato difficile abituarmi all'idea che a operare dietro la realizzazione di NieA_7 vi fosse la maggioranza dello staff di Serial experiments lain. Tuttavia, nel mezzo di una commistione tra un'ambientazione decisamente 'comune' e un tipico umorismo nipponico provvisto di gag demenziali con l'aggiunta di alcuni personaggi davvero strampalati e fracassoni, mi era già stato possibile cogliere certe reminiscenze del capolavoro del '98 targato Triangle Staff, che ne facessero ad ogni modo un prodotto particolare: innanzitutto, lo stile grafico freschissimo, condizionato da un nuovo millennio alle soglie, particolarmente apprezzabile nella pulizia dei disegni e nella leggerezza cromatica, reso ancora più singolare dalle figure di Yoshitoshi Abe (autore stesso della doujinshi da cui è tratta l'opera); il sonoro, gremito di silenzi ed effetti ambientali, predominanti su leggeri arpeggi melodici ad accompagnare i momenti morti; la regia, che a eccezione di certi vivaci frangenti di puro nonsense rivela fin da subito, per ponderatezza e attenzione ai dettagli di ambientazioni ed espressioni, una certa eleganza.

Ma, queste prime sensazioni a parte, bisogna ammettere che NieA_7 mostri il suo vero lato, quello, per così dire, più intimista, a partire dalla seconda metà delle tredici puntate. Fino ad allora l'opera resta ancorata ai toni leggeri e scanzonati di vere e proprie macchiette, solo a tratti riuscite, ed evidentemente in discordanza con l'anima della storia, che a un certo punto pare entrare in netta simbiosi con il cattivo stato d'animo della protagonista. Essa è Mayuko Chigasaki: educatissima e responsabile ragazza di periferia, vive lontano dai genitori in modo da poter frequentare i corsi preparatori all'università, dividendosi le giornate tra lo studio e i vari lavori part-time, come quello ai bagni pubblici di Enohana, dove si ritrova anche ad abitare. Ha una coinquilina, un'aliena di nome NieA, che è decisamente il suo opposto: spensierata, testarda e rompiscatole, trascorre il tempo raccogliendo rifiuti allo scopo di costruirsi un UFO, ma soprattutto accorre ovunque vi sia da mangiare, tant'è che viene continuamente definita 'scroccona' dalla studentessa, ormai rassegnatasi a farle da bàlia. La convivenza tra le due, che sembra dapprima inserita quasi a caso nel contesto, si rivelerà poi determinante alla comprensione delle tematiche che ci si vogliono fornire. Con l'approfondimento del carattere di NieA entreranno infatti in gioco la questione dell'alienazione sociale e l'argomento razziale: discriminata dalla sua stessa specie, dacché appartenente alla 'non classificata' razza aliena degli Under Seven, quella etichettata da Mayu come nient'altro che una peste senza pensieri, dimostrerà al contrario di condividere con lei una sensazione d'inadeguatezza e un forte desiderio di emancipazione. Ma il bagaglio dei temi d'attualità si fornirà finanche della disamina della maggior parte dei personaggi secondari, alle prese con la non facile (spesso minata da povertà) preservazione del proprio modello di vita, e accomunati soprattutto da quell'autodeterminazione che permetterà loro di non fermarsi mai.

Sia chiaro che il tono leggero dell'anime non sarà mai completamente sopraffatto da questi impliciti accenni di denuncia sociale, piuttosto verso le battute finali potremo godere di un'atmosfera particolarmente sognante e nostalgica, per poi avvertire il ritorno di un'aria di ottimismo in vista del prosieguo del trantran quotidiano dei protagonisti.
In definitiva NieA_7 può considerarsi come una delle cosiddette 'mosche bianche' dell'animazione nipponica, dal momento che non segue neanche gli schemi classici dei generi a sé più accostabili (slice of life, commedia, demenziale), fondendo insieme sia elementi di realismo estremo sia assolute fantasticherie, implementandoli in una rappresentazione senza troppi fronzoli.