Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento anni '90, con My Neighbors the Yamadas, Berserk e After War Gundam X.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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Di sicuro non si può negare nulla del profondo intelletto di Isao Takahata, poeta nel raccontarci le relazioni umane con una sensibilità e leggerezza che non conoscono pari nel panorama dell'animazione nipponica - e non solo. Mi dispiace però prendere atto come, pur non venendo mai a mancare un'autorialità unica nelle sue opere, dopo due capolavori immortali come "Una tomba per le lucciole" e "Only Yesterday", sembra che il regista non riuscirà più neppure ad avvicinarsi a quei livelli, terminando la sua carriera con produzioni esageratamente intellettuali che sembrano quasi compiaciute nel loro carattere elitario. Dopo la guerra dei tanuki di Pom Poko arrivano le avventure quotidiane della famiglia Yamada in "Hōhokekyo Tonari no Yamada-kun", con eguale spalancamento ripetuto di fauci.

Basato sul yonkoma "Nono-chan" di Hisaichi Ishii, il film di Takahata ne mantiene inalterata la formula di brevi sketch a tema quotidiano evitando di ricamarci sopra una storia vera e propria, affidando l'aspetto grafico a un originale minimalismo che rappresenta la patina intellettuale dell'opera. "My neighbors the Yamadas" è il primo film realizzato interamente in digitale da Ghibli, dove buffe figure realizzate ad acquerello si muovono in fondali dove arredamenti e oggetti sono caratterizzati da linee essenziali e da colori sfumati. Un aspetto grafico stralunato e quasi onirico, come avrete già intuito, rappresenta fin da subito valido motivo di odio e amore: l'opera di Takahata è così snob che si isola da sola, un hit or miss senza vie di mezzo. Devo a malincuore inserirmi nella seconda categoria.
Nessun odio o antipatia per opere impegnate o molto autoriali, ritengo che come in quelle di puro intrattenimento anche lì si possano trovare grandi risultati o imbarazzanti delusioni. My neighbors però, parlando chiaro, m'ha terribilmente tediato. Parla di questa famiglia, gli Yamada appunto, a contatto, siparietto dopo siparietto (dalla durata di 10 minuti circa l'uno), con la routine quotidiana. Un giorno si dimenticano per sbaglio la figlioletta in supermercato, un altro il capofamiglia litiga con la moglie per il programma da guardare in tv, un altro ancora la nonna vuole rimproverare dei teppisti in moto del rumore che fanno nel quartiere, il figlio ha la prima cotta, ecc. ecc.

La poesia di Takahata si nota sempre: nella trovata dei disegni stilizzati, che simboleggiano elegantemente la semplicità della vita e delle piccole cose; nei dialoghi, sempre perfetti, realistici e sinceri nel caratterizzare i protagonisti; nella minuziosità e semplicità con cui sono raccontati gesti e dinamiche della vita familiare. Però, mi perdonino il regista e i fan, questo non mi basta. Mi sembra manierismo fine a se stesso, poetico ma senza finalità. Essere partecipe della routine di una tipica famiglia borghese del Sol Levante è troppo poco per giustificare quasi due ore della mia vita in cui non accade niente, in cui infiniti dialoghi e una regia lentissima tratteggiano spaccati di vita che non mi rappresentano nulla che non conosco già, accompagnando "disegni" stancanti già dopo pochi istanti per la loro semplicità assoluta.

Non fatico a immaginare come il film piacerà moltissimo a buona parte della critica, ai fan del regista, a quelli di Studio Ghibli e a coloro che hanno (o pensano di possedere) un animo abbastanza poetico/artistico, un po' come succede con opere altrettanto elitarie e mortalmente noiose come "Aria the Animation", "Portrait de Petit Cossette", ecc., ma dal mio punto di vista, se voleva rivolgere la sua opera al grande pubblico pensando di compiacerlo, Takahata ha clamorosamente toppato con una "storia" indigesta per un buon 80% degli spettatori. Film che fortunatamente, a seconda di come la si pensi, rappresenta o l'ennesimo capolavoro del regista o una delle sue poche delusioni, risultato che nulla toglie all'importanza di due capolavori che ben valgono la sua esistenza.



10.0/10
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Ci sono opere che non possono essere ignorate, non perché rappresentino necessariamente un punto di svolta, ma perché semplicemente riescono a comunicare con efficacia disarmante. "Berserk" in questo senso è un capolavoro. Tratto da un fumetto underground divenuto poi di culto, è la riduzione/rielaborazione meglio riuscita per un manga. La realizzazione nel complesso è attinente al periodo di produzione ed è abbastanza classica, ma la capacità evocativa è inedita. La sceneggiatura è stata affidata alle stesse mani che hanno realizzato quella di "Ken il guerriero", optando per un taglio ancora più cupo di quello del manga, dando così all'opera tutta un valore aggiunto. Lo sguardo è tutto concentrato sul lungo flashback che ripercorre il passato del protagonista, ricorrendo però a dei tagli narrativi che comunque non tradiscono il filo logico della trama. Sono proprio i tagli anzi a introdurre una sfumatura accattivante: fin dall'inizio della storia infatti il manga ricorreva a degli espedienti volti a smussare la pesantezza dei toni (il che non è necessariamente un male). Nell'anime si sorvola su tutto ciò. Questa soluzione crea così un elemento narrativo estraneo al manga, ma squisitamente efficace: il progressivo disvelamento dell'elemento fantastico e soprannaturale che invece nel fumetto è onnipresente. La scoperta totalmente improvvisa e inaspettata di forze superiori e di entità metafisiche, pur non essendo prevista nel manga, non ne tradisce le tematiche di base. Sia manga sia anime infatti vertono su temi quali il destino, il libero arbitrio, l'occulto e la paura dell'imponderabile. L'inesorabile avanzamento del sovrumano e poi il suo fulmineo palesarsi è un pugno nello stomaco che dà grande enfasi all'opera.

La caratterizzazione dei personaggi non è da meno, ma in questo l'anime si avvicina molto al manga. Fedeli alle tematiche principali del fumetto, i protagonisti sono le perfette maschere di un dramma che evoca quelli di Shakespeare: forze e debolezze, grandezze e miserie, ideali e dubbi, orgoglio e disperazione, affetto e invidia, ambizione e rimpianto... C'è tutto ciò che l'uomo può essere. Ma forse l'elemento più elegante dell'anime è la colonna sonora. Il compositore è Susumu Hirasawa, famoso in Giappone per il suo stile peculiare, che mescola melodie classiche e ritmi etnici a un ampio uso degli effetti sonori e degli amplificatori. Il risultato è di grande effetto per un anime. Da segnalare soprattutto il tema del protagonista, Gatsu, notevole e dal forte impatto.

Un'opera particolare dunque, che tuttavia non è stata esente da critiche, principalmente riguardanti l'animazione e i dialoghi. La prima è stata giudicata carente, i secondi troppo ampollosi rispetto a quelli del manga. Critiche inconsistenti se si pensa ad alcuni fattori: l'animazione è pertinente al periodo di produzione e, anche se già all'epoca erano disponibili nuove tecniche, nessuno che conosca gli anime "vecchia scuola" - lo stile ricorda quello di Dezaki - potrà storcere il naso.
I dialoghi infine non sono eccessivi se si considerano i temi trattati e la maggior introspezione dovuta ai tagli narrativi.
Infine vale la pena segnalare che, a proposito dei tagli, il finale è stato totalmente amputato senza che il flashback si raccordi alla trama principale prima di concludersi. Ciò è probabilmente dovuto al fatto che da tempo gli anime si stavano assestando sulla soglia fissa dei 25/26 episodi. Andrebbe comunque ricordato che l'anime (e gli anime in generale) non è mai stato concepito per essere sostitutivo del manga e che quindi nulla impedisce di proseguire o ricominciare la narrazione con il fumetto. Ma evitare l'anime non è consigliabile; sarebbe in ogni caso un peccato perdere un'opera così interessante e che ha pochi rivali.



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16.01.2013
Ci sono serie di Gundam più "piccole" di altre. Questa, purtroppo, è una di quelle. Non certo perché sia piuttosto antica, o magari di piccolo budget, il che poi si rifletterebbe sulle animazioni. A mio modesto parere, quello che mina il valore della serie è la trama, con tutte le contraddizioni che si accumulano nelle varie puntate.

Senza pretesa di essere esaustivi, partiamo con ordine. Già nelle premesse ci si dice come, durante una guerra tra la Terra e alcune colonie spaziali, parecchie di queste colonie abbiano finito per schiantarsi sul pianeta, praticamente distruggendone buona parte e che, dopo quindici anni, riassestatosi l'ecosistema, la popolazione mondiale sia di soli 98 milioni di abitanti. E ci vengono mostrate immagini della Terra butterata da crateri grossi come la Spagna, se non di più. Ma avete presente quel meteorite che parecchi milioni di anni fa si schiantò sull'America centrale, causando l'estinzione dei dinosauri? Uno solo, che causò terremoti immani, tsunami, colonne di materiale alte migliaia di chilometri che oscurarono il Sole, con un inverno senza fine e non certo per soli quindici anni? La Terra rischiò l'estinzione "totale" per un solo meteorite, mi sembra che le conseguenze della caduta di parecchie colonie spaziali siano molto sottovalutate, nonostante le due parole spese nella puntata 37, tanto più che sembrano esistere addirittura oasi felici non toccate dall'immane tragedia; ma quando mai? Ci sarebbero un sacco di strutture prebelliche ancora in piedi, pronte a essere depredate dai Vulture. Non solo: nonostante il drammatico crollo della popolazione e la tragedia, vediamo, dopo soli quindici anni, eserciti, apparati bellici avanzatissimi che vengono ulteriormente sviluppati, macchine che circolano, negozi con abiti alla moda, cieli azzurri, campi di grano e così via. Insomma, tutta l'ambientazione è un'assurdità. Alla puntata 25 ci viene presentato un regno di 10.000 abitanti, sostanzialmente una piccola cittadina, che avrebbe un suo esercito e sarebbe in grado di fornire materiali e assistenza avanzatissimi per astronavi e mobil suit.

Dal punto di vista dell'azione, bisogna purtroppo rimarcare come si tratti del tipico prodotto in cui le cose accadono proprio così perché è comodo allo sceneggiatore. I prigionieri vagano spesso nelle strutture spiando qua e là indisturbati, a volte fuggendo a proprio piacimento, e riprendendosi pure le loro proprietà. Persino delle astronavi possono essere rubate con facilità e senza alcuna rappresaglia! Le strategie belliche, volendo gratificarle con questo nome, sono a livello di scuola materna, i nostri eroi se la cavano sempre per il rotto della cuffia, a volte in modi inconcepibili. Ovviamente, i loro colpi vanno sempre a segno, mentre gli avversari fanno quasi sempre cilecca. Il Gundam, che non poteva lasciare l'atmosfera terrestre, inspiegabilmente, una volta nello spazio, funziona lo stesso, ed è perfino dotato di meccanismi per scongiurare le fughe d'aria, per non parlare di una maggiore efficienza nell'uso delle sue armi peculiari! Tutto ciò, e molto altro ancora, non sarà mai spiegato.

In quest'ambientazione irreale troviamo una nave di Vulture, sostanzialmente predoni di materiali del passato, il cui capitano è un ex newtype che cerca altri come lui per proteggerli dallo sfruttamento per loschi fini. All'equipaggio e a un paio di piloti di MS mercenari si unirà ben presto Garrod, un marmocchio infantile a cui Tiffa, una ragazzina newtype, ha consegnato un potentissimo Gundam, sì. E da lì si snoderanno le avventure dei nostri in giro per il mondo, tra avversari di vario genere, mentre la federazione cerca di rifondarsi. Il balzo verso lo spazio sarà breve, mentre nuove alleanze si formano in tempi brevissimi, sfidando ogni legge di logica. Potremo anche assistere allo scontro razziale tra i newtype e gli oldtype, fomentato anche da una specie di Hitler sui generis. Ovviamente, azioni belliche a livello di genocidio saranno, anche qui, sventate da un paio di spericolati ragazzini. Non che sulla Terra manchino gli aspiranti dittatori.

Che dire, i personaggi soffrono, come troppo spesso accade, di motivazioni speciose come molla per farli muovere. Una ragazza respinta decide che chi le ha fatto tale affronto "deve" morire… Beh, amica mia, non penserai mica di essere miss mondo? I due laccatissimi e folli fratellini cattivi che, inizialmente, sembrano inseguire Garrod per appagare la loro mania di perfezione, in quanto non "possono" essere sconfitti, sono ambigui in maniera fastidiosa: il loro personaggio è sgradevolmente repulsivo, senza redenzione, spiacente. Insomma, è vero che sul pianeta è rimasta poca gente, ma da quella che ci viene presentata sembrano sopravvissuti solo i peggiori. In più, li servono di nomi orrendi: ad esempio un personaggio con sdoppiamento della personalità non può che chiamarsi, ovviamente, Duett, e un capintesta sanguinario, giustamente, non potrà che chiamarsi Bloodman.

Anche il comparto musicale non si può dire brilli particolarmente, si limita a fare il proprio dovere, così come i doppiatori in lingua originale.
Né si può dire che il chara design e i robottoni siano particolarmente ispirati: sarà il carico degli anni, ma gli occhi sono immensi, i nasi potrebbero forare le lattine e le bocche di molti non sono più grosse di un'unghia di pollice. Anche le proporzioni degli arti inferiori di alcuni personaggi sono esagerate: insomma, purtroppo per il gusto attuale non ci siamo proprio.

In definitiva si tratta di un prodotto adatto a ragazzini non ancora arrivati alle superiori, a meno che non si riesca a scollegare completamente la parte critica del cervello.
Concordo con chi dice che sia noioso e che l'allungamento ulteriore non gli avrebbe giovato: ho già faticato un po' a finirlo così, perché la storia, tutto sommato semplice e lineare fino a poche puntate dalla fine, si snoda in principio molto lentamente: tante battaglie, tanti avversari, ma poco succo. Ammetterò che vi si trovino chiare accuse contro il militarismo, il fanatismo e la condanna dell'oppressione dei popoli, ma gran parte dell'anime dà l'idea di non essere altro che un gran riempitivo, cosicché, quando il pezzo più o meno forte arriva, si è già troppo spossati per apprezzarlo. Questa, l'amara verità. Aggiungiamoci che, allo scoccare del ventiduesimo minuto dell'ultima puntata, ho fatto un salto sulla sedia riconoscendo chi spuntava da destra nello schermo. Quest'ultimo affronto alla coerenza di una trama lo si poteva risparmiare.

E' un gran peccato, perché l'idea di fondo era piacevole e, se ben sviluppata, avrebbe potuto essere grandiosa. L'ho visto tutto, ma con grande fatica. Non posso, in coscienza, dare 5, però il 6 è veramente regalato!