Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Ci dedichiamo oggi ad anime usciti nel corso di questo 2013: Oregairu (Yahari Ore no Seishun Love Come wa Machigatteiru), Uta no Prince-sama 2000% e Uchouten Kazoku.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


Per saperne di più continuate a leggere.


-

Su questo anime sono costretto ad andare controcorrente, poiché, lo dico senza mezzi termini, e pur riconoscendo i meriti che esso presenta, non mi è piaciuto.

Nel motivare questo mio giudizio, e il voto a esso collegato, inizio citando invece quello che è l'aspetto più riuscito di questo prodotto: la caratterizzazione psicologica dei personaggi. La serie ci presenta infatti un ricchissimo campionario di varia umanità, tra cui spicca, senz'ombra di dubbio, Hikigaya, personaggio dal carisma geniale, dal cinismo infinito e da una spiccata antisocialità. Dall'alto della sua posizione di persona che osserva il mondo circostante senza intervenire o partecipare, non mancherà di sottolineare con sagacia, ironia e cinismo, le persone e gli eventi che gli ruoteranno intorno, suscitando spesso e volentieri, divertimento e risa nello spettatore. Intorno a lui ci sono, come dicevo, una selva di soggetti nettamente diversificati tra loro, anche odiosi come pochi (Yukino, una delle protagoniste, l'avrei letteralmente strangolata in quasi tutti gli episodi), ma comunque sempre tratteggiati in modo approfondito e distintivo, dando l'impressione di essere davvero tra le aule di una scuola superiore nipponica.

Qui però, per me, finiscono i meriti di questo prodotto, che troppo spesso mi ha dato l'impressione nei suoi tredici episodi di confidare sui "colpi" del suo fuoriclasse, Hikigaya. Ma per quanto capaci, le sole spalle del protagonista, non possono reggere il peso di tutto l'impianto di un anime, e alla fine, la serie non dà mai l'impressione di decollare.
A rafforzare questa sgradevole sensazione concorre la trama stessa, che, di fatto, è molto effimera. Assistiamo infatti ai vari eventi della vita scolastica dei protagonisti, eventi che non sembrano essere legati tra loro per condurci verso uno scopo, o verso un vero e proprio finale (e in effetti il finale della serie non è un finale), ma danno l'impressione di essere soltanto un mero pretesto per consentire a Hikigaya di dilettarci con le sue riflessioni. Troppo poco...

Non riesce a migliorare l'impressione generale nemmeno il comparto grafico, che più di una realizzazione onesta non riesce a offrire. Anzi, lo stesso chara design non è neanche un granché, visto che tra personaggi sgradevolmente spigolosi (Hikigaya tra tutti) e quelli femminili che tendono ad assomigliarsi in modo deprimente, non è che si rimanga mai piacevolmente stupiti, anzi.
In linea con il contesto, anche l'OST accompagna in modo piuttosto anonimo e assolutamente senza acuti, lo svolgimento del canovaccio. Un po' meglio sul fronte delle sigle, che sono molto carine, in particolare la opening, molto dolce, che ho trovato davvero gradevole.

In conclusione, ci troviamo davanti a un prodotto che non riesce a emergere, nonostante ci sia un vero fuoriclasse tra i suoi ranghi, e abbia una caratterizzazione dei personaggi che raramente vediamo in una serie TV. Forse con una trama più incalzante, o comunque semplicemente finalizzata a uno scopo finale, la riuscita di questo anime sarebbe stata migliore.



-

A suon di musica e sederi dondolanti, che con il loro oscillare hanno mandato in tilt le fangirl più convinte, con una buone dose di fanservice che nel mondo degli idol mai stona, ha preso il via la seconda serie di UtaPri, il cui nome è un duplicato del primo: Uta no Prince-sama: Maji Love 2000%!

Terminato il periodo accademico, gli STARISH e Nanami si iscrivono al Master Course della Saotome Academy, nel quale imparano a sopravvivere nel mondo dello spettacolo e a vivere di esso. Realizzato il proprio sogno di scrivere musica per questi sei ragazzi, Nanami comprende di dover maturare come persona e come compositrice, per poter restare al loro fianco. Arriverà da una terra lontana per lei il principe amato dalle muse, Cecil Aijima, liberato dalla maledizione che lo vedeva trasformato in un felino; già nella prima serie aveva aiutato Nanami a combattere l'insicurezza e in questa seconda serie le starà accanto come umano, come amico e come accompagnatore, in un processo di maturazione che non investe soltanto la protagonista, ma anche lui.
Personaggio dinamico e in evoluzione, Cecil è il vero protagonista di questa seconda serie. Partendo da un rifiuto completo del ruolo di idol e dell'idea di fare musica per qualcun altro, verso il finale approda alla scelta di entrare nel gruppo e alla convinzione che cantare per sé stessi non è meglio di cantare per far felici gli altri. Apparendo in ogni episodio con i suoi interrogativi, Cecil cresce di puntata in puntata; mentre inizialmente sembra quasi confuso dallo splendore degli STARISH e dalla loro posizione, e non comprende come sia possibile che delle persone normali riescano a illuminare i volti della gente con sorrisi a trentadue denti, alla fine giunge a desiderare egli stesso di essere qualcuno che fa sorridere gli altri con la propria musica.

Un'innovazione di questa seconda serie è l'assegnazione di un senpai ai ragazzi, che li consiglia, funge da esempio e ne incanala le capacità su una strada più adatta alla loro personalità. I senpai sono sempre presenti sullo sfondo, ma verso la fine della serie diventano anche loro protagonisti; subendo l'influenza dei kohai, cambiano le loro piorità e prendono le redini della loro carriera con mani più decise.
Tutto ciò esalta il ruolo degli STARISH, che con la tenacia, l'allegria, la professionalità che li contraddistinguono, influenzano positivamente le persone intorno, le fan, i giudici. Nanami stessa ripete sempre: "Sono stelle luminose", richiamando il concetto più libero di star. Il gruppo di idol rispecchia in pieno la funzione che queste figure hanno nella società giapponese: un esempio da seguire, uno sprono a non arrendersi, un sorriso sempre presente, una voce che ti tiene compagnia e una mano tesa da cogliere, che ti spinge ad allungarti verso l'alto lasciando indietro ogni incertezza.

Rispetto al prequel c'è un miglioramento a livello di trama: gli episodi sono più divertenti, a volte talmente trash da far ridere a crepapelle, altri molto dolci e delicati, e i personaggi interagiscono più naturalmente fra loro. Sono altrettanto presenti episodi un po' lenti, però nell'architettura dell'anime alla fine si lasciano guardare. Tutto sommato resta interessante scoprire di volta in volta il testo di una nuova canzone o guardare il principe di turno dichiararsi a Haruka.
Il chara design e le ambientazioni sono rimaste di ottimo livello. Ho trovato carina l'idea di ambientare il Master Course in un "castello", rendeva il tutto più principesco! Inoltre anche l'abbigliamento durante i live sapeva di reale! L'OST è come al solito il punto di forza dell'anime, assieme ai bishonen: alcuni pezzi sono davvero validi e potrebbero guadagnarsi un'ottima posizione nella Oricon Chart! Sublime il doppiaggio, una vera goduria per le orecchie; col tempo ci si affeziona davvero al personaggio e alla sua voce, anche perché i doppiatori spesso sono apparsi in live, incontri coi fan, sessione di autografi, realizzando in parallelo nel mondo reale quello che gli STARISH portano avanti nella serie. D'altronde UtaPri è un anime che si supporta con la musica e della musica fa il suo centro, perciò è importante anche privilegiare l'aspetto canoro.

In conclusione, Uta no Prince-sama: Maji Love 2000% è un anime che può piacere sia a chi si è appassionato al gruppo con la prima serie, sia a chi comincia a entrare in questo universo per la prima volta. Può sembrare scontato, ma lo ribadisco, è difficile che a un maschio piacciano serie del genere; d'altronde i reverse harem sono prettamente dedicati a un pubblico di donne. Perciò uniamoci al "battito della felicità" nell'onda musicale che riempie di gioia chi la ascolta...



-

Piacevolissima e inattesa speranza nel desolante panorama dell'animazione contemporanea, "Uchōten Kazoku" nasce dalla talentuosa penna del già celebre Tomihiko Morimi, scrittore di "Yojōhan Shinwa Taikei", poi trasposto nell'eccentrico e brillante "The Tatami Galaxy".
Vi sono rare opere che sanno evocare la quotidianità, col tedio che l'attraversa e le sue piccole soddisfazioni, e "Uchōten Kazoku" ci riesce, con squisita delicatezza e dolce malinconia, facendo vivere la mondanità della Kyoto contemporanea sulla scena. In questo luogo prende vita il folklore nipponico e tanuki, tengu e uomini camminano gli uni a fianco agli altri, per quanto questi ultimi siano, al contempo, inconsapevoli di ciò eppure incomparabilmente superiori agli altri (sebbene di ciò non si dia una ragione né un significato), impenetrabili ai loro pensieri e destinati ad essere solo ammirati e null'altro.

Proprio con i piccoli occhi dei tanuki si vedrà la vicenda, punto d'osservazione di questo universo. Questo permette d'istituire l'analogia che fa della vita di Yasaburō, primo protagonista dell'opera, il parallelo dell'umanità dispersa nella quotidianità, tutta intenta ad affogarsi nel divertissement e, infine, a scampare al pensiero della propria morte.
Proprio la distruzione della vita incombe come un monito costante sull'esistenza dei tanuki, col rischio annuale d'essere divorati dagli umani nelle loro ricorrenze, inconcepibili nella loro distanza dai tanuki, i quali ultimi non possono che seguitare la loro vita dimenticando tale minaccia, ossessionandosi sulla quale anzi non potrebbero affatto vivere.

Questa lettura mitica della contemporaneità s'incentrerà sulla famiglia Shimogamo e i suoi piccoli ma essenziali dilemmi, allargandosi a seguire le conflittualità proprie delle maglie sociali nelle quali è imbrigliata.
Nondimeno lo sguardo talvolta si solleva e precisamente nel contatto con l'umanità, nell'incontro col predatore e con la possibilità ultima della propria distruzione, dove la sicurezza della quotidianità sembra scuotersi e dalla rottura dell'inautenticità emerge la riflessione sulla morte. Neanche questa viene portata ai suoi limiti estremi e la speculazione resta sospesa con lievità nell'ambiguità. In questo modo, muovendosi sul bordo sottile di una quotidianità che è sempre sul punto di squarciarsi, "Uchōten Kazoku" viene accompagnato da un'insopprimibile istanza tragica sempre più impellente, che, ahimè, sfuma sino a dissiparsi nella chiusura, con l'inappropriata e inattesa svolta spensierata che la serie prende nell'avvicinarsi all'epilogo.
Nonostante tale grave caduta, l'opera merita non pochi elogi, dalla calibratissima sceneggiatura alla finissima regia, in un mosaico d'emozioni tenui ma non flebili, che sa muovere a commozione senza scadere nel patetismo, costituendo un'immensa allegoria dove l'umanità vede con gli occhi dei tanuki e nel loro rapporto con l'umanità in scena le possibilità della propria esistenza e della fuga dall'orrore della noia e dal pensiero della propria morte, il tutto letto secondo la prospettiva dei piccoli tanuki.

In tutto questo v'è Benten, la più affascinante figura della vicenda, la cui presenza è giocata nei grandi silenzi e il cui impenetrabile dubbio non riceve mai soluzione, donde cagiona il suo irresistibile magnetismo. Emblema dell'insaziabile avidità, irraggiungibile e mortale oggetto del desiderio di Yasaburō, primo e ultimo dilemma per lo spettatore, il suo utilizzo nell'opera è talmente efficace da risultare insufficiente e indebita una sua trattazione in questa sede.
In conclusione, siamo accompagnati in tali visione da scenari dalla bellezza estasiante e dalla cura impeccabile, che guidano lo spettatore tra spazi urbani e vedute naturali di Kyoto, sui quali si stagliano le sagome minimamente sbozzate dei personaggi, felice giustapposizione capace d'esaltare ancor più sfondi ed ambienti.

"Uchōten Kazoku" è un'opera lodevole, che sa osare entro i severi limiti imposti dal grande pubblico senza sconfinare nello sperimentalismo da quest'ultimo tanto esecrato, una piccola speranza nei tempi terribili che l'animazione vive, una visione dell'unico rimedio per sopportare l'esistenza, la spensieratezza della quotidianità, e trovare in essa la felicità, fasulla o meno che sia.