Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento a tematica libera, con Ghost Hound, Kiba e Jinrui wa Suitai Shimashita.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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7.0/10
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Leggendo i vari commenti espressi su questo titolo si nota chiaramente che un peso determinante nella sua valutazione, che comunque ha mostrato un consenso unanime, l'ha avuto il giudizio sul finale proposto. Ne è derivata, così, una specie di disputa fra due posizioni ben distinte: da un lato chi lo ha apprezzato invita lo spettatore a essere meno pigro mentalmente e non aspettarsi sempre che tutto venga spiegato per filo e per segno ma arrivare alla soluzione degli enigmi attraverso l'intuito e l'immaginazione; dall'altro chi non l'ha apprezzato, invece, si lamenta per l'incompiutezza di un anime fino a quel momento stupendo, ma che lascia l'amaro in bocca perché troppe questioni rimangono irrisolte.

Personalmente, se dovessi schierarmi relativamente a quest'anime e non in generale, stavolta sceglierei la seconda posizione, ossia quella che propende per l'incompiutezza. Se è vero, infatti, che fino al ventesimo episodio sono stato letteralmente entusiasta di questo "Ghost Hound", non posso solo per questo chiudere gli occhi e trascurare il fatto che la parte più importante è stata fatta decisamente male. E' certamente condivisibile l'idea di rendere attivo lo spettatore e lasciare a lui il compito di approfondire determinati aspetti della trama, ma qui le omissioni sono obiettivamente troppe: personalmente non credo che nessuno possa immaginare, ad esempio, cosa abbia detto la sorella a Taro prima e dopo il rapimento. E sinceramente mi sento preso decisamente per i fondelli quando il ragazzo, dopo anni e anni dominati dal tormento di non riuscire a ricordare, ferma con decisione il suo psichiatra quando finalmente stava per rivelargli la verità in proposito. E quando mi sento preso per i fondelli divento sospettoso: vuoi vedere che tutte le questioni rimaste sospese sono tali perché nemmeno l'autore ha saputo trovare una risposta adeguata?

A ogni modo, va ribadito che fino al ventesimo episodio "Ghost Hound" è una serie davvero superba: la serie è ambientata in uno di quei piccoli e sperduti paesini circondati dalle montagne (che sin dai tempi di Higurashi ho imparato ad adorare) dove dietro un'apparenza monotona e tranquilla si nascondono risvolti torbidi e inquietanti. In particolare vengono raccontate le vicende di tre amici, ognuno dei quali ha alle spalle un passato caratterizzato da un tragico evento: il rapimento e la morte della sorella, il suicidio del padre, il suicidio di un compagno di scuola su cui si era accanito con atti di bullismo. I tre ragazzi hanno anche un'altra caratteristica in comune: tutti e tre hanno la capacità di creare delle proiezioni astrali per mezzo delle quali verranno a conoscenza dei molti scheletri nell'armadio degli abitanti della piccola cittadina.

Manca qualcosa? In effetti manca quello che, a mio giudizio, è il personaggio meglio riuscito della serie: Miyako, la figlia di un monaco buddista che ha la disgrazia di essere posseduta di tanto in tanto da uno spirito o da una divinità. Non avrei mai pensato che fosse possibile dotare una bambina delle elementari di un simile carisma: nel momento in cui ella appare l'episodio compie sistematicamente un sensibile salto di qualità.
"Ghost Hound" ha nella formidabile creazione di suspense la sua dote principale: ogni disegno, ogni suono, ogni evento sono sapientemente usati per raggiungere questo fine, con risultati davvero eccellenti. Nulla sembra essere messo a caso, tutto sembra essere il preludio di qualcosa di imminente e terribile. La sensazione che tutto ciò riesce a trasmettere è davvero fantastica.
Avrei voluto, perciò, spendere solo parole d'elogio per questo titolo che, nel corso dei 22 episodi che lo compongono, è riuscito a trasmettermi (nonostante alcuni concetti e teorie psicologiche risultino a volte difficili e indigeste) grande curiosità ed estremo coinvolgimento. Ma il finale è davvero troppa poca roba anche per chi ama l'interpretazione del finale più che la sua spiegazione. Peccato, meriterebbe molto di più.



8.0/10
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Un anime abbastanza peculiare, che non avevo mai sentito nominare. Devo rendere grazie alle segnalazioni di AC, se ne sono venuta a conoscenza. Sono 51 puntate, il che consente lo sviluppo di uno svolgimento abbastanza complesso.

Il giovanissimo Zed, una testa calda poco propensa ad adattarsi alle regole, senza un padre e con la madre in ospedale psichiatrico, si scopre essere uno "shard-caster" cioè una persona in grado di combattere per mezzo di schegge di potere custodite all'interno del proprio corpo. Di più, è uno dei relativamente pochi shard-caster di livello superiore, in grado di combattere anche con uno spirito associato alla sua persona. Inoltre, scopriremo che il suo spirito è il più forte dei sei spiriti-chiave, vere e proprie chiavi per la conquista di un mondo. Zed si ritrova scaraventato in un mondo parallelo e fantastico, suddiviso in regni fra loro avversari e/o alleati, e da lì comincia una serie di avventure, fra amici, nemici, rivali e alleati che cambiano bandiera, spie, e chi più ne ha ne metta, in una girandola di personaggi difficilmente classificabili a priori come positivi o negativi. Tutto non è sempre come sembra, viene da dire parafrasando Labyrinth. Anche il malaticcio Noa, l'amico d'infanzia di Zed, fedele compagno di tante avventure, viene catapultato nello stesso mondo. Come spesso accade negli anime, i due vengono separati e si ritroveranno in fazioni opposte, mentre si scatenerà la lotta a livello personale e di territori per il possesso degli spiriti-chiave: essi, infatti, possono essere rubati o conquistati ai precedenti proprietari. Ovviamente Zed, che possiede Amil Gaoul, il più forte, sarà bersagliato da molti.

E' piuttosto interessante, anche se certo non originalissima, la suddivisione del mondo parallelo in territori, ciascuno con caratteristiche peculiari. Quelli che più attirano sono i due opposti, Tempura e Neotopia. Il primo, dove trova rifugio Zed, dà un'impressione di ruralità e pare dare molta importanza alla spiritualità e alla pace interiore. Ciononostante i suoi capintesta si prestano spesso a manovre politiche piuttosto sporche. Neotopia, per contro, pare più evoluta, ma emotivamente parlando è un gelido inferno fondato su regole infrangibili, che dovrebbero assicurare, per mezzo della loro generale osservanza, la pace per tutti. Ma chi disubbidisce muore, a volte anche per mano di zelanti amici e parenti. Qui il gracile Noa subisce una metamorfosi che, donandogli una forza fisica prima sconosciuta, lo porta ad uniformarsi alle regole della nuova patria, divenendone crudele guardiano. Lo scontro fra i due amici è inevitabile, come le guerre che lacerano i vari territori in cerca della supremazia. Altri territori e popolazioni, con ideali diversi, acquisteranno maggior risalto più avanti.

Purtroppo il valore di quest'opera è a tratti diminuito non tanto dal chara design, che in sé non è eccelso e può piacere o meno, quanto da molte soluzioni di sceneggiatura piuttosto discutibili a livello di logica e verosimiglianza, che quindi paiono puntare l'anime verso un pubblico molto giovane. Per contro, la trama è relativamente complessa e si assiste spesso a situazioni forti, emblematici lo scempio delle uova dell'episodio 17 o la strage di donne e bambini del 35, per cui il target di riferimento dovrebbe essere composto da ragazzi un po' più grandicelli, e le due cose cozzano un po', anche se non si tratta di un prodotto apparentemente violentissimo. Non lo appare perché le spade luminose che vengono usate non spillano sangue, per cui ipocritamente la violenza è molto meno visibile, ma muore veramente un sacco di gente. Anzi, la strage di comparse, personaggi secondari e pure presunti comprimari, è veramente continua.

Dopo un attimo di smarrimento intorno alla quindicesima puntata, quando pare che l'unico scopo del nutritissimo cast di personaggi sia di morire sul più bello lasciando lo spettatore in braghe di tela, la storia riprende valorosamente il filo, avvincente e interessante. Bisogna però sorvolare su alcune forzature della trama. Per esempio, Neotopia si fonda sul maniacale rispetto delle sue regole, che non possono essere infrante, pena la morte, apparentemente senza eccezione. Ciò si applica anche agli ospiti di altri territori, ma chi li ha informati di quali siano queste regole? Nessuno, non le conosce nemmeno lo spettatore fino a quando non vengono infrante. E perché improvvisamente un'esecuzione diventa una fiera dell'horror, quando tutte le altre "punizioni" sono state comminate con un veloce colpo di spada? Mistero.
Da notare poi che gli spiriti degli shard-caster sembrano essere enormi e molto corporei, tanto che, ogni volta che combattono fra di loro o contro gli esseri umani, causano un sacco di danni a qualunque cosa li circondi, e questo accade sia all'aperto che nelle città: poco pratico ma fin troppo accettato, da tutti. Inoltre, non viene spiegata l'esistenza stessa degli spiriti, né perché essi, così potenti, si lascino comandare dagli umani e combattano per loro. Né si comprende come uno shard-caster possa essere tenuto in prigione, quando gli basterebbe richiamare il proprio spirito e fargli abbattere qualsiasi muro o fila di sbarre!

Bisogna poi dire che alcuni personaggi, presumibilmente importanti, appaiono solo verso la fine della serie, come Mirette. Altri li vediamo fin dal principio, ma scopriremo solo intorno alla quarantesima puntata che fanno parte dei fantomatici Seekers, chiunque siano gli appartenenti a questa razza: tutti sono curiosi e lo dicono molte volte, ma la curiosità non sarà soddisfatta. E così via: un vezzo dell'opera è di presentare personaggi e popolazioni a ripetizione, man mano che si procede nelle puntate.

Il chara, pur non essendo ottimo, a parer mio è più che sufficiente. I visi sono molto espressivi, e specie su Zed è stato fatto un ottimo lavoro. I personaggi sono tutti distinguibili e, se appunto si può fare, è al disegno di alcuni spiriti, francamente ridicoli. In verità, anche gli uomini-bestia non sono il massimo, ma si è visto di peggio.
Anche le animazioni mi sono parse più che dignitose, anche se le ripetute battaglie, inizialmente ben rese in termini di animazione e di esecuzione, nel momento in cui divengono corali subiscono un deterioramento in termini di plausibilità di svolgimento, di animazione, con abbondanza di quadri fissi o movimenti minimali, e di disegno vero e proprio, dato che i soldati semplici sono tutti fatti con lo stampino.

E' almeno buona cosa che, data la lunghezza dell'opera, si possa assistere, oltre che ad una discreta caratterizzazione dei comprimari, ad un approfondimento psicologico dei personaggi principali. Zed passa dall'essere una specie di teppistello ossessionato ad un difensore pubblico, mentre la compagna d'avventure Roia troverà uno scopo di vita. Meno lineare il percorso di Noa, funestato da tutte le brame, i timori e le indecisioni che il suo corpo martoriato dalla malattia gli induce.
La ricerca del potere per il potere non può che portare infelicità e dolore per tutti: questo, come minimo, è il messaggio che ci viene passato da questo anime. Non male.

La colonna sonora ben serve il prodotto, con musiche ben appaiate all'azione che accompagnano; mi ha colpito specialmente il coretto etnico che accompagna Amil Gaoul. Le sigle purtroppo non mi hanno lasciato nulla, ma è secondario: in fondo, è l'azione che necessita di un commento adeguato, non il siparietto che la precede o la segue.

In definitiva un anime che ho faticato un poco a finire, per via della lunghezza e di alcuni momenti di stanca, mentre in altri si accumulavano rivelazioni e colpi di scena uno sull'altro, ma che ho visto veramente con piacere per il lavoro sui personaggi e gli intrighi. Mi sento di consigliarlo a chi ami l'avventura fantasy e abbia la pazienza di non voler arrivare alla fine in 13 brevi puntate.



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Cinico idillio bucolico tinto delicatamente d'umorismo nero, "Jinrui wa Suitai Shimashita" è una di quelle rare opere d'animazione che riesce in maniera straordinariamente piacevole a non parlare di niente.
Delicata tanto nei toni quanto nei colori, la serie si muove per brevi accenni e desiste sin da subito dal prendersi seriamente, giocando con antifrastica ironia già tra il catastrofico titolo e la distesa rilassatezza della narrazione. Ciononostante non si tratta solo di una bella forma dalle tinte a pastello, ma "Jintai" sa essere sottile, aprendo tenui spiragli ad amare riflessioni, senza comunque rendere mai i toni opprimenti.
L'ossimorico intreccio s'avvolge intorno ad una bella mediatrice delle Nazioni Unite, un'indolente, dolce e ipocrita fanciulla innominata. Saltellando senza continuità temporale, la narrazione ci condurrà per la sua quotidiana e placida esistenza, in verità surreale e talvolta grottesca, un contrappunto fra comicità affilata e spensierata allegria.

Mentre la vecchia umanità è in declino, una nuova s'affaccia sul mondo, piccola, incomprensibile e inquietante, le fate: tremendamente volubili e rapide al tedio più angosciante, genuinamente e infantilmente crudeli, radicalmente edoniste e puramente amorali, sciocche e altrettanto brillanti, queste dolci e spaventose creature si svelano più profondamente come il parossistico riflesso dell'umanità. In una parola: folli.
Questi minuti esseri, capaci di discorrere su quanto v'è di più orrendo senza mutare la propria ridicola espressione, manovreranno sempre, più o meno distantemente, l'azione della malcapitata protagonista, precipitandola in paradossali scenari e distorcendone la quotidianità, un onirico calvario che solo grazie alla sua lievità d'animo e il consumato cinismo la ragazza riuscirà a sopportare.

Proprio la protagonista, punto di vista della narrazione, è il nodo dell'intera vicenda e la sua riuscita deve considerarsi il vanto della serie: sin troppo umana e visceralmente antieroica, l'innominata donzella si rivela un'efficace crasi tra il suo tenero sembiante e gli affabili modi con uno straordinario egoismo e disinteresse, sempre attenta al calcolo opportunistico della minimizzazione della fatica. In ciò si rivela particolarmente capace la doppiatrice, abile nel gestirne il registro vocale, modulandolo felicemente a seconda delle occasioni.
Intorno a lei si giostrerà un esiguo numero di personaggi secondari, rapidi ad uscir di scena in forza della brevità e discontinuità degli archi narrativi, tuttavia il tempo concessogli sarà sufficiente a dare il giusto tono alla scena e a delinearli nei loro caratteri fortemente unilaterali e peculiari: si ha così l'alternarsi sul palco di figure che vanno dall'ossessionata di storie di ragazzi che "sono più che amici" alla sonda spaziale che ha guadagnato l'autocoscienza, dal silenzioso assistente in camicia hawaiana al nonno sempre intento a lucidare interi arsenali di armi da fuoco.

In conclusione, "Jintai" è un'opera leggera (ma non troppo) e piacevole, tanto fugace quanto appagante esteticamente, in grado di farsi seguire fra battute taglienti e umorismo nonsense, capace di criticare ferocemente la società con il sorriso sulle labbra, con poche pretese e pienamente in grado d'appagare quelle che si pone.