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Adotta un titolo 1Adotta un titolo 2Titoli poco conosciuti, passati in sordina all'epoca dell'uscita o dimenticati col tempo... su AnimeClick.it abbiamo migliaia di schede anime e manga senza alcuna recensione, privando quindi i lettori di uno dei principali punti di forza delle stesse.
Per cui, ad ogni appuntamento di questa rubrica vi proporremo alcuni di questi titoli, con la preghiera di recensirli qualora li conosciate. Tutti gli utenti che recensiranno le opere proposte entro la scadenza assegnata riceveranno l'icona premio Scheda adottata. Per le regole da seguire nella stesura delle recensioni rimandiamo al blog apposito, che vi preghiamo di utilizzare anche per commenti, domande o tenere traccia dei premi (non commentate l'iniziativa in questa news).

I titoli al momento disponibili sono:

[MANGA] La Memoria della Pietra (Scadenza: 18/1/2015)

[MANGA] Soul Gadget Radiant (Scadenza: 21/1/2015)

[ANIME] Body Jack (Scadenza: 25/1/2015)

[ANIME] Mitsuwano (Scadenza: 28/1/2015)


Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento dedicati ai lungometraggi animati, con King of Thorn, Steamboy e Le ali di Honneamise.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


Per saperne di più continuate a leggere.


8.0/10
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"King of Thorn" ("Ibara no Ou", in lingua originale) è un lungometraggio animato del 2009, diretto da Kazuyoshi Katayama. Questo film condensa in 109 minuti i sei volumi dell'omonimo manga, creato e disegnato da Iwahara Yuji, da cui è tratto. Il risultato è un anime che si discosta notevolmente dall'originale cartaceo, ad eccezione del finale, rimasto grossomodo invariato, e dell'incipit: a differire sono buona parte dello svolgimento della trama, il design degli antagonisti, la caratterizzazione di alcuni personaggi e, in alcuni casi, anche il loro destino.

La trama è la seguente: il mondo intero è flagellato da un virus comunemente noto come Medusa, altamente infettivo e con un tasso di mortalità del 100%, così chiamato perché il decesso dei contagiati avviene in seguito a un progressivo indurimento dei tessuti corporei, che rende coloro che lo contraggono, nell'ultimo stadio della malattia, simili a statue di pietra. Sfortunatamente, non si conoscono le cause né una cura per tale morbo. Per questo motivo, un potente gruppo farmaceutico decide di sottoporre a sonno criogenico, in una struttura all'avanguardia collocata nei sotterranei di un castello inglese del XIII secolo, un gruppo di 160 persone, sorteggiate tra gli abitanti di tutte le nazioni, allo scopo di risvegliarle una volta trovato un antidoto per il Medusa. Tuttavia, la stragrande maggioranza dei soggetti di questa operazione, dopo il risveglio, viene massacrata da orrendi mostri. Sette sopravvissuti cercheranno disperatamente di fuggire dal centro di ricerca, apparentemente abbandonato e infestato da enormi rovi, affrontando allo stesso tempo queste creature mutanti e i sintomi del virus.
Grazie a delle premesse che, personalmente, ho trovato estremamente interessanti, "King of Thorn" aveva, già in partenza, tutte le carte in regola per rivelarsi un ottimo anime di genere horror-mistero: un virus dall'origine sconosciuta e la presenza un gruppo di persone che si ritrovano improvvisamente in una situazione sconosciuta, letale e carica di tensione, e, tra l'altro, braccate da esseri che potrebbero essere stati solo partoriti da un incubo. Anche l'ambientazione, considerando sia il laboratorio e le sue strutture ultra-moderne, sia il castello medioevale, poteva contribuire efficacemente alla realizzazione di un'atmosfera ostile, cupa e inquietante. Si tratta di elementi già ampiamente sfruttati per prodotti simili, ma ciò non toglie che abbiano conservato il proprio mordente.

Anche il comparto tecnico è di buon livello: le animazioni sono abbastanza fluide e dinamiche, la colonna sonora è sempre evocativa e mai fuori posto, in qualsiasi situazione. Ho apprezzato particolarmente il brano finale. Gli sfondi sono molto curati, dettagliati e suggestivi, sia gli interni che le panoramiche esterne. Interessante il contrasto tra le forme essenziali e geometriche e gli impianti tecnologici dei sotterranei, adibiti a struttura di ricerca, e le sale e i corridoi del castello, rigorosamente in pietra.
La nota dolente riguarda, invece, l'onnipresente e invasiva Computer Grafica (King of CG?), utilizzata per la realizzazione delle creature mostruose e dei rovi in alcune scene. Essa, infatti, risulta fastidiosa e stona pesantemente con l'animazione tradizionale, la quale è usata per rappresentare il resto delle scenografie e i superstiti protagonisti. In particolare, l'effetto spiccatamente tridimensionale conferito ai rovi mal si sposa con pareti e pavimenti e rende ancor più evidenti le scarse interazioni che i personaggi hanno con essi, quasi fossero impalpabili.
I personaggi hanno un design gradevole e proporzionato, leggermente più complesso e particolareggiato di quello del manga a cui resta, però, sostanzialmente fedele. Dal punto di vista dell'approfondimento psicologico, nonostante a tutti i superstiti siano assegnati dei ruoli ben definiti, anche stereotipati, questi vengono interpretati in maniera credibile, specie se rapportati alle circostanze e alle caratteristiche di ciascun protagonista.
La psiche della maggior parte dei personaggi non è investigata in modo particolarmente esaustivo, tranne quella della vera protagonista principale, la giovane Kasumi, che sarà spesso al centro di flashback, e, in misura minore, quella di Marco Owen, il protagonista maschile.

La parte centrale di "King of Thorn" è interessata per lo più da sparatorie e inseguimenti, alternate ad alcune straordinarie rivelazioni sull'origine del virus Medusa e sulla causa del fallimento dell'operazione Sonno Criogenico. Nonostante questi aspetti tipici da film d'azione o, piuttosto, da survival horror, questo film è molto più complesso e intricato di quanto possa sembrare, tant'è che consiglio di non guardarlo con superficialità, ma, al contrario, con grande attenzione, per essere sicuri di non perdere alcun passaggio.
Nella parte finale, in particolare, il mondo reale e quello onirico arrivano a fondersi, rendendo davvero difficile distinguere ciò che è vero da ciò che è puramente frutto dell'immaginazione, ciò che è realmente accaduto da ciò che è avvenuto solo nella mente di Kasumi, spesso preda di allucinazioni. Il continuo rimando alla fiaba de "La bella addormentata", reso possibile dalla presenza della foresta di rovi che circonda e invade il castello e dalla questione del prolungato sonno criogenico, diventa anch'esso un elemento funzionale per raccontare e trasmettere efficacemente tematiche come, ad esempio, il dolore per la perdita delle persone care, la paura dell'abbandono e della sofferenza, che spinge a isolarsi e a negare e respingere il mondo esterno, come ultima, estrema difesa contro i mali che da esso provengono, ma anche un senso di determinazione e speranza per il futuro. Questi concetti vengono comunicati grazie anche ad alcune immagini di grande potenza visiva.

Tirando le somme, il bilancio è sicuramente positivo per "King of Thorn", poiché, se da un lato come horror e action non è particolarmente riuscito, a causa della pesante CG e di atmosfere forse troppo luminose e troppo poco claustrofobiche per infondere inquietudine e paura nell'animo dello spettatore, dall'altro è un buon film drammatico e psicologico, con un'intrigante componente di mistero, che attira subito l'attenzione. Ho cercato di giudicarlo indipendentemente dal manga da cui è tratto e, di conseguenza, non me la sono sentita di criticarlo aspramente per le differenze con quest'ultimo, anche se, forse, una lettura alla versione cartacea potrebbe essere utile a una migliore comprensione di quest'opera. Promosso e consigliato.



7.0/10
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Il roboante e costosissimo Steamboy, scritto e diretto dal grande Katsuhiro Ōtomo e distribuito al cinema nel 2004 dopo parecchi anni di lavorazione, occupa un posticino speciale nel mio cuore: è stato uno dei primi lungometraggi animati giapponesi che abbia mai visto in età adolescenziale. Sebbene, col tempo, il film non abbia più sortito il medesimo effetto positivo delle prime visioni, in generale trovo questa sorta di "Akira per adolescenti" tutto sommato godibile. Lo definisco tale perché, pur avendo per ovvie ragioni il medesimo character design e una spiccata tendenza al genere fantascientifico (anche se di tipo diverso), è lontano anni luce dalla complessità concettuale del suo predecessore e se ne differenzia completamente per ambientazione e trama. Vediamo in che modo.

Steamboy è sostanzialmente uno steampunk ambientato in un'Inghilterra ucronica di metà Ottocento: sebbene anche nella realtà storica la forza del vapore (lo "steam" del titolo) stava muovendo i trasporti di mezzo mondo, nel film esso viene utilizzato anche per altri scopi, come ad esempio il funzionamento di arti meccanici, armature semoventi e fortezze volanti di proporzioni gigantesche. Il giovane Ray convive con la perdita del padre e con l'allontanamento di un nonno troppo occupato a lavorare su progetti tecnologici incentrati proprio sul vapore. Un giorno, però, due loschi individui, in cerca proprio di uno di quei progetti, catapulteranno Ray in una pericolosa avventura che potrebbe portarlo a scoprire la verità su suo padre e su un complotto che rischia di gettare nel caos la nazione e il mondo intero...

La storia di Ray e dei personaggi che lo circondano sembra rispecchiare quella del più classico dei romanzi di formazione: il protagonista, in questo caso talentuoso nell'ambito della meccanica, parte da una situazione in cui è in grado di fare ben poco da solo ma, dopo vari incontri con altri individui e fronteggiando pericoli ed esperienze simili, diventerà sempre più maturo e alla fine soddisferà le proprie ambizioni. Sullo schermo vediamo solo i primi passi del giovane verso la vita adulta, della quale però scorgiamo comunque qualche dettaglio nelle immagini statiche dei titoli di coda. In generale, i personaggi sembrano adeguati alla storia narrata e alcuni di essi restano impressi nella memoria dello spettatore, sia in negativo (l'insopportabile nobile fanciulla Scarlett e il suo snobismo d'alto livello) sia in positivo (il nonno di Ray è un simpatico inventore esagitato). Il protagonista Ray, dal canto suo, è senza infamia e senza lode. Il regista/mangaka Ōtomo è noto anche per le sue produzioni particolarmente esose: proprio il film di Akira, all'epoca della sua uscita alla fine degli anni Ottanta, rappresentò il lungometraggio animato più costoso mai prodotto fino ad allora in Giappone. Possiamo dire che Steamboy vi si avvicina moltissimo e ce ne accorgiamo dall'enorme mole di Computer Graphic sfruttata a tutto spiano per veicoli, vapori e strumentazioni di vario genere, oltre che dall'impressionante fluidità nelle animazioni dei personaggi. Non scorderò mai lo strano effetto che questi mi hanno suscitato durante la prima visione: mi sembravano esageratamente foto-realistici, come se fossero stati animati con l'ausilio della tecnica del motion-capture (comunque già in voga in quegli anni grazie alla trilogia jacksoniana de Il Signore degli Anelli conclusa da poco). A fianco dell'eccellente comparto grafico, per la colonna sonora del suo nuovo kolossal d'animazione Ōtomo si affida all'americano Steve Jablonsky, il quale, con una partitura potente e ben orchestrata, accompagna degnamente ogni scena del film, conferendovi inoltre un diffuso senso di epica e dramma. In Italia, il film è stato distribuito in DVD dalla Sony Pictures, che però ha basato il suo lavoro sull'edizione americana (troveremo tra gli extra fin troppi riferimenti all'adattamento in lingua inglese, per esempio). In fondo l'edizione nostrana, che è pure integrale, ci regala comunque un'ottima traccia audio in grado di dare maggiore enfasi alle sequenze d'azione e di feroce battaglia tra eserciti. In definitiva consiglio Steamboy a chi vuole trascorrere un paio d'ore d'intrattenimento con una storia senza troppe pretese, magari anche con qualche interessante riflessione sulla guerra e il potere della scienza. Raggiunge il sette solo perché è una festa per gli occhi. Per tutto il resto c'è Akira.



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"Le ali di Honneamise" è stato il film d'animazione giapponese più costoso della storia, perlomeno fino a che il suo primato non è stato scalzato da "Akira". La presenza di un budget stratosferico si vede: la realizzazione tecnica, la qualità dei disegni, la cura nei dettagli sono assolutamente impressionanti. Sorprende che sia il primo lavoro di una neonata casa di produzione, perché dal punto di vista tecnico si rivela un lavoro perfettamente maturo. Ciononostante, il film fu un grosso fiasco al botteghino. E non è difficile capire perché: per dirla senza mezzi termini, il film è una palla. Il budget è quello di un blockbuster, ma per il resto si tratta di un film al limite dello sperimentale, con una forte componente filosofica/esistenzialista. E questo passi: passi anche la combinazione tra ritmo lentissimo e personaggi 'scazzatissimi', ma ciò che ha ucciso il film presso il grande pubblico è la totale assenza di ogni tipo di fanservice sessuale, con una protagonista femminile bruttina e con sex appeal inesistente. A discolpa della Gainax, va detto che ha appreso immediatamente la lezione, e subito dopo "Honneamise" ha inventato il celebre "Gainax bouncing", ovvero il pluricopiato sballonzolio mammellare di "Gunbuster", che diventerà lo standard in quasi tutti gli OVA/serie TV post 1989. Pochi anni dopo, con "Neon Genesis Evangelion", dimostrerà che è possibile passare al grande pubblico qualunque tipo di messaggio, anche esistenzialista/psicologico/esoterico, purché sia accompagnato da tanta gnocca. Ma ai tempi di "Honneamise" questa lezione non era ancora stata appresa. La conseguenza è stata un fiasco di pubblico.

Al di là dei numeri del botteghino, il giudizio sul film dipende dallo spettatore. Chi divide il mondo in élite intelligente e massa ignorante, ponendosi naturalmente nella prima divisione, tenderà ad apprezzare "Honneamise", per la sua sofisticazione, per la presenza di molteplici chiavi di lettura e per i protagonisti decisamente fuori dall'ordinario nella loro estrema ordinarietà; chi invece divide il mondo tra élite spocchiosa e massa ruspante tenderà a non apprezzarlo. Le mie simpatie vanno alla massa ruspante, a chi vuole un messaggio semplice e chiaro, senza troppe sofisticazioni: per questa tipologia di pubblico il film è insoddisfacente, pieno di contraddizioni, ambiguo e per molti versi né carne né pesce. La domanda che rimane dopo la visione è infatti: cosa voleva dire questo film mastodontico nelle sue due ore e passa di durata? Vuole essere una metafora della guerra fredda, della corsa agli armamenti, della conquista dello spazio asservita alla politica? Se è così, quale sarebbe il messaggio? Una denuncia? Una critica? Oppure va tutto bene così? Se si voleva realizzare un critica, un monito, ci voleva un bel finale alla "Dunbine", non il finale moscio che è stato realizzato. Se invece il film voleva essere psicologico, esistenziale, uno slice-of-life che facesse riflettere sull'insensatezza della vita moderna, allora il finale ottimista che ci ritroviamo è a maggior ragione inconsistente. Sarebbe stato molto meglio che il lancio nella spazio si risolvesse nell'ennesimo fallimento, in linea con la poetica del resto del film. Oppure si voleva dare un messaggio positivo, del tipo "sì, può sembrare che la vita non abbia senso, ma volendo possiamo davvero impegnarci e arrivare alle stelle"? In tal caso però si tratta di un messaggio banale che fa a pugni con il livello di sofisticazione del resto del film.

Il problema di "Honneamise" è la troppa carne al fuoco: mescolare politica, religione, psicologia, qualche scena provocatoria (mi riferisco al tentato stupro, versione molto più soft di un'idea che verrà poi riproposta nei primi minuti de "The End of Evangelion") non funziona se il tutto è annegato in mezzo a un mare di tanta noia. Nonostante tutto, bisogna riconoscere al film una notevole originalità e una sostanziale impredicibilità di fondo; ciò non toglie che il produttore che ha avuto l'idea di stanziare tanti fondi per un film del genere sia da licenziare in tronco. "Honneamise" doveva essere un film sperimentale di mezz'ora con un centesimo del budget che ha avuto a disposizione, e allora avrebbe avuto senso. Con un budget da blockbuster bisogna dare al pubblico un blockbuster, nient'altro. Negli anni successivi la Gainax non ha appreso il dare al grande pubblico un messaggio chiaro, ma almeno ha compensato aggiungendo tanta gnocca, per la felicità del pubblico adolescente. E così sono riusciti ad andare in attivo. Deludendo però molti spettatori della vecchia guardia, orfani dei messaggi forti dei primi anni ottanta. Così cambiano i tempi.