Comincia con questo appuntamento una serie di impressioni flash sui film in programma al Far East Film Festival 17, scritte 'a caldo' dai nostri inviati alla kermesse udinese.

Nei prossimi giorni contiamo di pubblicare anche delle impressioni filmate, raccolte tra il pubblico del FEFF alla fine delle proiezioni, e alcune riprese degli ospiti d'onore che si avvicendano sul palco prima e dopo gli spettacoli.
Oltre, naturalmente, alle conferenze stampa più attese.

Partiamo con due dei titoli in programma il 24 aprile 2015, Dragon Blade e My ordinary love story: un avvio sino-coreano per il FEFF 2015.


Dragon Blade:
 
Kolossal più costoso nella storia della cinematografia cinese, Dragon Blade vanta una lunghissima gestazione, durata più di sette anni e più di sei mesi di post-produzione. Uno sforzo immane per il regista Daniel Lee e la 'living legend' Jackie Chan, che sfidano assieme al resto del cast (John Cusack ed Adrien Brody in grande spolvero, ma anche una nutritissima schiera di attori e comparse) la canicola sabbiosa del Deserto del Gobi, proponendo un film epico, che vorrebbe essere un messaggio di fratellanza tra popoli occidentali e orientali, trasmesso sulle strade carovaniere della Via della Seta. Riprendendo una leggenda con qualche fondamento storico, la pellicola propone l'incontro tra una legione romana smarrita, a mo' di Anabasi, ai confini orientali dell'Impero, nelle terre dominate dai Parti. La coppia Chan-Lee sforna quella che è probabilmente la prima produzione cinese capace di rivaleggiare per l'ambiziosità del progetto con le hollywoodiane. Non manca una certa 'retorica della pace', ma vi è anche spazio per una velata critica all'imperialismo occidentale. La cultura cinese viene proposta come spazio di incontro e di mediazione tra le istanze dei vari popoli centro-asiatici e le incursioni degli 'alieni' occidentali. Il fatto che gli antichi Romani parlino in inglese rende ancora più convincente la linea di continuità tra antica Roma e Occidente anglo-americano, e facilita l'esportazione del titolo, un po' come avvenuto col recente live-action di Lupin III.
Il film è a volte 'fumettistico' in senso buono, richiamando alla mente, specialmente nelle 'sessioni di allenamento' congiunte tra Romani e Squadra di Protezione o nelle parti cantate, momenti di Mulan, o facendo pensare, nella ricostruzione delle mura della città di Porta dell'Oca Selvatica, a certe scene della saga di Asterix il Gallico. C'è anche una sorta di alone 'omerico' alla Troy, a voler trovare un antecedente filmico.
In fin dei conti ciò che più resta nel cuore dello spettatore è forse l'accorato inno cantato dai Romani, indirizzato alla propria patria lontana ed amata (il testo è in latino, e ciò ricorda senz'altro Thermae Romae - c'è anche qui un Lucius!). Molto bello anche il testo della canzone cinese dedicata al ritorno dei soldati dalla battaglia, che invoca l'aiuto del vento e della sabbia, perché riconducano a casa i guerrieri.
Jackie Chan porta a casa un Gelso d'Oro come 'Living Legend', e incassa gli applausi convinti e affettuosi della platea udinese.

キョン
 
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My Ordinary Love Story:
 
Secondo film in programmazione nella serata inaugurale del festival, il thriller coreano a low budget My Ordinary Love Story (2014), diretto dal regista Lee Kwon, presente in sala durante la proiezione. Una trentenne dal carattere complicato cerca affannosamente di coronare il suo sogno matrimoniale, dopo una lunga serie di fallimenti amorosi. Quando finalmente sembra aver trovato l'anima gemella, un piccolo dubbio si insinua fra le pieghe del rapporto di fiducia tra i due fidanzati. Il film esordisce con un irresistibile tono da commedia brillante, spesso usando un linguaggio ibrido che mescola battute fulminanti a un ritmo da videoclip televisivo, con un'escalation di situazioni comiche che ha suscitato le risate del pubblico in sala quasi ad ogni scena. A questa prima parte dinamica e leggera che si muove nella direzione della classica commedia degli equivoci, si contrappone, in forte contrasto, un secondo tempo all'insegna di un'atmosfera pesante, cupa e a tratti disturbante, in una metamorfosi irreversibile. Il finale del film lascia aperte diverse chiavi interpretative, dando una vaga impressione di qualcosa di irrisolto. Buona l'interpretazione degli attori protagonisti, particolarmente credibile quella del personaggio maschile, che ha dimostrato una certa padronanza nel gestire il complesso ruolo in bilico tra i due estremi della sua personalità.

bob71

A seguire il parere a caldo di Fabio "Kyon" Palumbo della redazione di AnimeClick.it all'uscita dalla proiezione di Dragon Blade, in anteprima della distribuzione internazionale, sold out al Teatro Nuovo Giovanni da Udine. In sala erano presenti l'attore Jakie Chan e il regista Daniel Lee.
 

Fonte consultata:
AsianWiki