Al FEFF 2015 giornata del 27 aprile prevedeva, tra gli altri, in cartellone Sara, film drammatico sulla condizione femminile nel sud-est asiatico, prodotto ad Hong Kong nel 2015 per la regia di  Herman Yau, e il divertente e divertito Make Room, produzione giapponese che getta uno sguardo ironico e intelligente sul dietro le quinte dei film per adulti.

Ma prima di tutto abbiamo un recupero, visto attraverso il 'replay' agli schermi della sala stampa. Si tratta di Kabukicho Love Hotel (Syaonara Kabukicho), pellicola di Ryuichi Hiroki con la giovane star Shota Sometani, molto atteso al FEFF in Parasyte, e la ex AKB48 Atsuko Maeda.
 

Kabukicho Love Hotel:
 
Kabukicho Love Hotel ricorda un po' Dance Dance Dance di Murakami, perché tutto ruota attorno a un hotel, ma il paragone termina qui. L'atmosfera di Sayonara Kabukicho è quella di una storia urbana della Tokyo post-terremoto del 2011, coi protagonisti che pagano le conseguenze economiche e sociali di un Giappone che ha accusato il colpo, anche se lo nasconde bene. Un Giappone che nasconde altrettanto bene i propri problemi di immigrazione interna, ad esempio la condizione della comunità coreana, che il film in qualche modo illumina, proponendo la triste parabola di una coppia di giovani coreani che, per arrotondare, vendono il proprio corpo, fino a dover ritrovare la propria intimità con grande sofferenza.
La coppia protagonista del film è forse l'anello debole della storia. Toru (Shota Sometani) è forse male utilizzato dal pur bravo Ryuichi Hiroki, e la sua parte, quella di un ragazzo introverso e imbelle, non va oltre un abbozzo di caratterizzazione. Incolore anche il personaggio interpretato dall'ex idol Atsuko Maeda; Saya, partner di Toru, oltre che essere annoiata nella storia, sembra annoiata dalla parte assegnatagli. I due si svegliano solo alla fine, quando rischiano di perdersi, e Saya compone una ballata dolente per scongiurare l'addio.
La pellicola si 'salva' per questo colpo di coda e per un doppio eroismo del quotidiano: quello 'drammatico' dei due coreani e quello 'tragicomico' della coppia di mezza età - un uomo e una donna costretti a nascondersi alla giustizia, e legati da una complicità di lunga data. Promossa anche la fotografia, e in generale ottima la resa ambientale, che catapulta lo spettatore nel quartiere a luci rosse di Tokyo con grande efficacia e dovizia di realismo.
Il finale aperto e sonnacchioso lascia spazio all'immaginazione: magari il risveglio ritroverà i protagonisti più consapevoli e più comprensivi.

キョン

Sara:
 
Sara (Charlene Choi), sottoposta da bambina a violenza sessuale da parte del patrigno, è divenuta una promettente giornalista d'inchiesta impegnata in un articolo sugli intrecci tra politica e affari. Il pezzo è però troppo compromettente e il suo redattore decide di non pubblicarlo. Frustrata e incompresa anche dal suo fidanzato, Sara si trasferisce in Thailandia dove conosce una prostituta bambina. L'incontro le dona un nuovo slancio, anche perché la giovane Dok-My ricorda a Sara la propria fanciullezza. Attraverso un costante uso del flashback il film esplora contemporaneamente la relazione clandestina tra Sara e Kam Ho-Yin (Simon Yam), un funzionario dell'istruzione ad Hong Kong che finisce per diventare un 'Papà Gambalunga' al quale la ragazza offre il proprio corpo coinvolgendosi sentimentalmente. Grazie all'aiuto di Kam Ho-Yin, Sara entra in una scuola di prima fascia e coltiva il proprio talento per la scrittura e il giornalismo.
Per la quinta volta ospite al Far East Fim Festival di Udine, il bravo cineasta di Hong Kong Herman Yau mette in scena un toccante ritratto di donna sulla pregnante sceneggiatura di Erica Li. Elegantemente realizzata e curata dal punto di vista tecnico, la pellicola affronta con coraggio temi importanti come la violenza domestica, il turismo sessuale, la prostituzione minorile e più in generale la condizione femminile in un sud-est asiatico pieno di contrasti e contraddizioni. Il racconto procede su due binari paralleli che si muovono alternando presente e passato della vita di Sara, eroina tormentata e divisa, da un lato impegnata in una coraggiosa ed estenuante spinta all'emancipazione, dall'altro vittima del suo passato e della sua storia d'amore impossibile.

bob71
 
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Make Room:
 
Anche Yōjirō Takita partì dall'erotismo softcore dei pinku eiga per approdare infine all'Oscar con Departures. Kei Morikawa racconta in Make Room il mondo degli AV (adult video) nipponici, con garbo e ironia, realizzando un medesimo percorso: passa dal lavoro sugli AV a un film che non fa parte del genere, ma ne svela l'essenza nascosta.
Cosa accade nel dietro le quinte di un film porno soft? Chi sono le attrici AV? Morikawa lo racconta con garbo, riproponendo per il grande schermo l'impianto di una pièce teatrale, mantenendo del teatro tempi e  modi. Tutto si svolge dentro una stanza, che è la make room dove la truccatrice, lavorando sotto pressione e con tempi strettissimi, prepara le attrici prima delle riprese. Morikawa porta con sé sul grande schermo (e a Udine) l'attrice AV Riri Kuribayashi, che come il regista dimostra di sapersi 'sdoganare' dalla limitazione di genere e sfoggia un piglio recitativo di tutto rispetto. Il segreto di questa pellicola, vincitrice allo Yūbari International Fantastic Film Festival, risiede proprio nella sua capacità di svelare un mondo racchiudendolo in una stanza, la make room appunto, che si trasforma da camerino in anticamera a vero e proprio elemento del set. Memorabile la scena in cui il tavolo della stanzetta viene spostato avanti e indietro, indietro e avanti, in base ai continui ripensamenti del regista, che fa di necessità virtù, adattandosi agli inconvenienti pur di terminare in tempo il 'filmetto'. Poco male se si dovrà tagliare una scena o riscrivere il copione. Le estetiche made in Japan ci sono tutte o quasi, con le varie icone ispiratrici (lolita, cosplayer, gyaru...).
Un intero immaginario sfila sulla scena della make room, vera e propria scenografia filmata. Al di là delle 'tre pareti' succede qualcosa: il regista filma, il 'porno attore' fa la sua parte, le attrici si fanno la doccia tra una ripresa e l'altra, dal set giungono voci, gemiti, urla, pianti. È alla truccatrice che le ragazze confessano sogni, paure, speranze. Lei raccoglie, consiglia, incoraggia. La baracca va avanti, in qualche modo. Il video per adulti è terminato. Qualcosa rimane, alla fine di una giornata estenuante: l'idea e la sensazione che quel mondo, di cui il Giappone un po' si vergogna, non sia così impossibile da raccontare. Che ci sia tanta umanità, anche dietro l'aspetto di profilo più basso dell'entertainment. 

キョン