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Adotta un titolo 1Adotta un titolo 2Titoli poco conosciuti, passati in sordina all'epoca dell'uscita o dimenticati col tempo... su AnimeClick.it abbiamo migliaia di schede anime e manga senza alcuna recensione, privando quindi i lettori di uno dei principali punti di forza delle stesse.
Per cui, ad ogni appuntamento di questa rubrica vi proporremo alcuni di questi titoli, con la preghiera di recensirli qualora li conosciate. Tutti gli utenti che recensiranno le opere proposte entro la scadenza assegnata riceveranno l'icona premio Scheda adottata. Per le regole da seguire nella stesura delle recensioni rimandiamo al blog apposito, che vi preghiamo di utilizzare anche per commenti, domande o tenere traccia dei premi (non commentate l'iniziativa in questa news).

I titoli al momento disponibili sono:

[LIVE] Battle Royale II (Scadenza: 14/6/2015)

[SERIAL] Friends (Scadenza: 17/6/2015)

[MANGA] Master Mosquiton (Scadenza: 21/6/2015)

[ANIME] Cobra the Animation (Scadenza: 24/6/2015)

Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi ci dedichiamo a titoli della stagione appena conclusa, con gli anime Kiseiju, Shirobako e Shigatsu wa kimi no uso.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


Per saperne di più continuate a leggere.


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Siamo di fronte, a mio parere, alla serie meglio riuscita del 2014. Un vero e proprio capolavoro che offre una profondità tangibile e inaspettata per un prodotto di questo genere e ha nell'introspezione psicologica dei personaggi e nelle loro riflessioni le armi migliori.

Partendo subito da questi ultimi aspetti, ho parlato di caratteristiche inaspettate, perché normalmente serie di questo tipo, basate su combattimenti, mostri e carneficine varie, focalizzano l'attenzione in particolare sulla componente splatter, sull'azione fine a sé stessa e sulla paura, rimanendo, di conseguenza, piuttosto "leggere" sugli altri fronti.
Non è questo il caso di "Kiseiju" che, viceversa, pur non facendo mancare agli amanti del genere quantità industriali di carne maciullata, combattimenti e quant'altro, mette l'accento su aspetti di ben più alto lignaggio, mostrando di avere nel suo DNA una marcia in più. Spesso e volentieri l'anime si incentrerà sulla crescita dei vari personaggi (Migi e Shinnichi in particolare) e sulla crescita ed evoluzione dei loro rapporti, condendo il tutto con riflessioni profonde, talvolta amare e sempre condivisibili, sulla vita, sulla devastazione ambientale compiuta dall'uomo e sul ruolo che ogni individuo o ogni specie dovrebbe trovare sul pianeta.
Il rapporto tra Migi, il parassita, e Shinnichi, il suo ospite, è quello che godrà della caratterizzazione migliore. I due inizieranno la loro simbiosi, inevitabilmente, con una nettissima conflittualità, che andrà via via mitigandosi, quando sarà palese che ormai i due individui sono simbionti e legati da un interesse comune : la sopravvivenza di entrambi. Non era facile gestire un rapporto così particolare e farlo crescere in modo tanto equilibrato, ma gli autori, pescando a piene mani dall'ottimo manga di Iwaaki, ci sono pienamente riusciti.
Anche la caratterizzazione dei personaggi secondari è sicuramente all'altezza. Il personaggio di Ryoko, una parassita dalla brillante intelligenza, in particolare, rivelerà una crescita e una profondità tali da renderla, alla fine, molto più vicina agli esseri umani di quanto la sua mostruosa natura potrebbe far pensare.
Stupisce, per chiudere la disamina sui personaggi e la loro caratterizzazione, con quanta facilità ed efficacia siano state tratteggiate le emozioni dei protagonisti, che siano le reazioni di fronte al terrore vero e proprio (reso in modo fantastico: guardate gli episodi finali e ve ne renderete conto) o, più semplicemente, il disagio di Murano, la ragazza di Shinnichi, di fronte all'evidente, anche se imperscrutabile, cambiamento dell'amico.

Dal punto di vista grafico il lavoro è stato analogamente egregio. Il chara design, rispetto al manga, è stato decisamente abbellito e ammodernato, spogliando le linee dei volti dei protagonisti dalle spigolosità del tratto di Iwaaki e addolcendo i loro tratti. Buoni anche fondali e scenari, anche se non ci sono particolari soggetti che lascino gridare al capolavoro. Ottime e davvero sopra la media, invece, le animazioni, che, soprattutto nelle frenetiche azioni di combattimento, non presentano la minima sbavatura.
OST ed effetti sonori sono anch'essi in linea con la qualità, ottima, del resto della serie. La opening si presenta con sonorità molto dure ed è opera dei "Fear and loathing in Las Vegas", la stessa band che (non a caso) ha offerto una delle opening di "Gokukoku no Brynhildr", altro anime che in quanto a splatter e mostruosità non è certo secondo a "Kiseiju". Molto più dolce la ending, mentre i pezzi di accompagnamento alle immagini (ad opera del poliedrico Ken Arai) sono sempre appropriati, con suoni sporchi e incalzanti, quando la tensione sarà in ascesa, o sonorità più morbide, quando la situazione virerà verso momenti più tristi e malinconici. Tra queste ultime da segnalare la bellissima "Next to you", che accompagnerà i momenti più drammatici dell'anime.
Anche gli effetti sonori, in particolare quelli dei combattimenti tra le lame dei parassiti, con sonorità metalliche, sono campionati in modo ottimale, dandoci efficacemente l'idea di uno scontro tra armi da taglio. Come sempre all'altezza il doppiaggio, con un plauso particolare a Hirano Aya, la seiyuu di Migi, il parassita, cui dona una freddezza e un'inumana indifferenza di fronte a questioni etiche e morali tipicamente umane, che la sua controparte, Shinnichi, si troverà invece a valutare sempre con molta preoccupazione.

In conclusione, ci troviamo davanti a un anime capolavoro, un caposaldo di questa categoria che nessun amante dell'intrattenimento animato dovrebbe lasciarsi sfuggire.
Siamo di fronte a una serie che accontenta pressoché tutti, c'è materiale per gli amanti dello splatter, dell'horror, dell'introspezione psicologica, delle "romance".
Ennesima dimostrazione del "know how" dell'ottima Madhouse.




9.0/10
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<b>Sostituita da una versione più recente - grandebonzo</b>

Shirobako, brillante anime two cour prodotto da P.A. Works, può dirsi a tutti gli effetti la vera sorpresa dell'autunno 2014. Tutto nasce da un'idea, tanto semplice quanto efficace, che è ancora stata ben poco sviluppata: immergere lo spettatore nella realtà quotidiana e lavorativa di uno studio d'animazione giapponese, e osservare così il "dietro le quinte" della creazione di un anime. Niente di nuovo sotto il sole? Non proprio. Questa forma di metanarrazione classica, nonostante sia spesso stata utilizzata in ambito cinematografico con risultati anche elevatissimi - vedi Otto e mezzo di Fellini -, è praticamente (e inspiegabilmente) inedita nel campo dell'animazione.

La storia racconta di cinque ragazze, appassionate di animazione e decise a lavorare, in ruoli diversi, nel suddetto settore. Le amiche, all'ultimo anno delle superiori, si scambiano una promessa: in futuro dovranno riuscire a realizzare una loro opera originale, curandone insieme gli aspetti produttivi.
Dopo alcuni anni, due di queste - tra cui la protagonista Aoi Miyamori - iniziano a lavorare alla Musashino Animation (abbreviato in MusAni), uno studio tornato da poco sulla cresta dell'onda. Le altre, invece, continuano a impegnarsi per raggiungere il proprio sogno ed entrare così nell'industria degli anime.

Mettiamo subito le cose in chiaro: questa serie è una delle più piacevoli e apprezzabili del 2014. Il suo più gran pregio sta nell'essere riuscita a dare un volto al mondo dell'animazione (anziché un semplice quanto distaccato chiarimento tecnico sulle fasi della creazione di un anime, com'è dato aspettarsi) proprio grazie all'immedesimazione in esso. Ma in che modo avviene questa immedesimazione? Nel più semplice - e, c'è da dirlo, efficace - in assoluto. Le cinque ragazze - e in particolar modo Aoi Miyamori, la "vera" protagonista di Shirobako - all'inizio si possono dire nella stessa situazione dello spettatore, ovvero d'innanzi a una realtà del tutto esterna a loro, una realtà comunemente invisibile e nascosta al pubblico "generalista", talmente abituato a consumare prodotti a un ritmo spaventoso da aver ormai completamente rimosso la loro origine. Questo espediente narrativo, più che mai azzeccato in un tal contesto, permette sostanzialmente uno sviluppo "da vicino" delle vicende, non più assimilate dall'alto della nostra focalizzazione esterna da spettatori, bensì osservate con gli occhi e il cuore della protagonista. Per cui a un primo impatto leggermente spiazzante, segue una sempre maggiore immersione nella vita e nelle vicende quotidiane del piccolo studio d'animazione, mentre in parallelo assistiamo alle fasi di produzione vere e proprie di un anime, descritte con dovizia di particolari. Non c'è un attimo di tregua: fin da subito siamo catapultati nella frenesia dell'ufficio, in mezzo a un gruppo di rumorosi e alquanto atipici personaggi intenti ad adoperarsi nel loro mestiere. Termini tecnici e accese discussioni non si risparmiano, tanto che inizialmente, a meno che non si abbia già un minimo di esperienza in questo campo, non sarà semplice star dietro alla considerevole mole di battute scambiate tra i produttori; tuttavia, dopo qualche episodio di "ambientazione", lo spaesamento iniziale lascerà il posto a una sempre maggior consapevolezza dell'ambiente in cui ci troviamo in tutte le sue sfumature, e a fine serie avremo ormai piena padronanza del linguaggio tecnico e specifico dell'animazione. Anche in questo caso si potrebbe inoltre fare un parallelismo con la protagonista Aoi e con il suo percorso di maturazione; ma su questo punto ci tornerò in seguito.
Altra trovata acuta, paradossalmente, è la resa in comedy. Elemento scontato, direte, e non avete tutti i torti; d'altra parte è anche risaputo che ultimamente la maggior parte degli slice of life siano commedie, in un modo o nell'altro. In questo caso però la commedia gioca un incredibile punto a favore della serie, giacché permette due principali approfondimenti: uno (ovvio) di intrattenimento, e uno (fondamentale) di empatia. Perché ciò che rende quest'anime superiore alla media è proprio la resa dei personaggi sul piano umano, e la sensazione di sincero affetto che essi ci ispirano. Una volta che impariamo a conoscerli, i membri dello staff dello studio MusAni ci appariranno subito per quello che realmente sono: persone come tutti noi, che hanno sogni e aspettative, che sopportano turni di lavoro intensissimi e tabelle di marcia da svenimento, che festeggiano i successi al bar con i colleghi, e lavorano senza sosta spinti solo da un'immensa passione per ciò che fanno. Il cast stesso, nonostante sia eccezionalmente ricco per uno slice of life, vanta una grande cura e attenzione per ognuno dei suoi membri, tutti contraddistinti da una caratterizzazione psicologica adeguatamente delineata, sia nel singolo, sia nella coralità.

Una volta definito il contesto, si passa poi al particolare. E anche su questo fronte, ci troviamo di fronte a un ottimo lavoro.
Parallelamente alle attività dello studio MusAni, viene portata avanti la vicenda personale di Aoi Miyamori. Ragazza sveglia e tenace, quest'ultima condivide con le amiche della scuola superiore il sogno di riuscire a realizzare la loro personale serie animata; tuttavia Aoi si accorgerà ben presto che la strada che porta al raggiungimento del loro obiettivo è assai dissestata, e l'entusiasmo di lavorare nell'industria dell'animazione lascerà fin da subito posto ai dubbi; dubbi derivanti dal lavorare in un settore precario e pronto ad andare in pezzi alla minima disattenzione, dal dover ricevere costantemente sfuriate e porte in faccia, dal vedere le proprie amiche incorrere nell'ennesimo fallimento. La spinta iniziale viene considerevolmente arrestata, e per la ragazza (ma non solo) arriva il momento di fermarsi, guardarsi alle spalle, e decidere se la strada percorsa la sta portando a ciò che vuole diventare: risposta a cui giungerà solo alla fine. A tal proposito, una trovata simpatica è la coppia formata dall'orsetto di peluche e dalla bambolina di Aoi, che di tanto in tanto prendono vita (e quindi "si animano", altro gioco degli autori sul metaracconto) e iniziano a discutere vivacemente tra di loro: essi rappresentano il "flusso di coscienza" della ragazza, oltre a fungere occasionalmente da narratori intradiegetici e a fornirci curiosità varie sul mondo dell'animazione.
Altro ruolo fondamentale è esercitato dalle serie animate e dai personaggi a cui Aoi, le altre ragazze e tutti i membri dello studio lavorano, spesso metafore della loro interiorità, plasmate e costruite attraverso i sentimenti dei loro creatori. A questo va poi ad aggiungersi anche l'aspetto più nostalgico e celebrativo (in senso positivo), che omaggia l'animazione del passato attraverso riferimenti più o meno espliciti a grandi nomi del settore, personaggi di gran spessore, toccanti flashback e sentiti omaggi che ritraggono fedelmente un'epoca ormai distante (indimenticabile la ending dell'episodio 19).
Per cui, a dispetto di un character design moe che - benché piacevole - inizialmente mi aveva lasciato perplesso, la serie è caratterizzata da un realismo costante e ben orchestrato, anche e soprattutto nell'introspezione: la seconda parte, in particolare, si svilupperà in modo molto più maturo della prima e regalerà anche momenti di grande forza emotiva.
Shirobako vale la visione perché racconta un intero mondo, in tutti i suoi aspetti, focalizzandosi ampiamente sia sul singolo che sulla totalità e riuscendo a calibrare sapientemente interessantissime parti descrittive, simpatiche gag e momenti più dolci, intimi e toccanti. Da questo punto di vista la ritengo un'opera ben scritta, istruttiva, brillante e originale, arricchita ulteriormente da una marea di citazioni; un piccolo gioiello da non farsi sfuggire.
Spendo giusto due parole sul comparto tecnico, in quanto la P.A.Works è già di per sé una garanzia. Le animazioni si attestano su un livello più che buono per tutta la durata dell'opera (con picchi anche di un certo spessore), la CG è inserita in modo sapiente, mentre fondali e colorazione sono a dir poco eccellenti. La colonna sonora, seppur non indimenticabile, fa il suo mestiere e accompagna in modo delicato ma vivace le immagini. Degno di nota è invece il lavoro svolto dai doppiatori, che sono stati capaci di rendere con una recitazione di grande intensità i diversi personaggi, in tutte le loro sfumature.

Molto bene, se siete riusciti ad arrivare fin qua, è giunto il momento di tirare le somme. Ammetto di essere stato a lungo incerto sul voto, per me in bilico tra l'8 e il 9. Per un attimo ero anche stato tentato di assegnargli il primo, non volendo sbilanciarmi troppo; tuttavia, alla luce dei sopracitati pregi, del mio smisurato amore per l'animazione e della grande passione dimostrata dagli autori nella messa a punto di quest'opera, ho deciso di premiarla optando per un 9 ad honorem, assolutamente meritato. Un vero e proprio must, ancor più se non siete amanti del genere: fossero tutte così, le commedie.</b></b>




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Serializzato su Kodansha a partire dal 2011 e vincitore, due anni dopo, dell'omonimo premio per la categoria shonen manga, Shigatsu wa Kimi no Uso, del poco più che debuttante Naoshi Arakawa, ottiene per conto di Fuji TV un proprio adattamento televisivo, andandosi a collocare in uno degli slot autunnali di noitaminA del 2014. Lo studio A-1 Pictures non bada a spese e confeziona un lavoro senza macchia sotto il profilo tecnico, non altrettanto perfetto sotto quello narrativo, ma quanto mai vincente, se si tiene conto del target di riferimento, e di un abbinamento tematico che affianca, ai comuni espedienti da teen drama, la messa in risalto della funzione diegetica, e insieme extradiegetica, della musica, come già si era fatto in passato, e con successo.

L'accostamento a Nodame Cantabile, ad esempio, viene naturale per una serie di coincidenze, anche se il paragone va a stroncarsi sul nascere, per una basilare differenza di targetizzazione, quest'ultima che, di fatto, impedisce a KimiUso di evolvere verso lidi più maturi: esso resta fondamentalmente un prodotto per ragazzi, che si arrangia a modo suo nel garantire, sul piano psicologico, qualcosa di più elaborato - vedasi l'insistenza su un tema, quello della perdita, da sempre ricorrente anche nella cinematografia giapponese - e che spesso - e volentieri (per esigenza di una certa fetta di pubblico) - corre il rischio di tramutare il tutto nell'ennesimo forced drama.

Fortunatamente l'epilogo scampa in parte questo pericolo, rinunciando al consueto impiego di lacrimogeni per calare il sipario in modo ugualmente drammatico e altrettanto dignitoso, anche se la strada verso la maturazione finale resta impervia di ostacoli e forse più lunga del necessario. È nella parte centrale che la serie inizia a inciampare in forzature (alcune delle quali perdonabili sempre per via del discorso sul target, ma altre decisamente un po' troppo sfrontate), ma soprattutto ad accusare un riciclaggio quasi meccanico di idee che investe insieme regia e sceneggiatura. La ridondante riproposizione dei medesimi flashsback, dei monologhi interiori impregnati di retorica, dei pianti inopportuni, delle metafore visive che accompagnano le esibizioni musicali, dell'ubicazione stessa di certi elementi all'interno di svariati episodi (perfino l'avvio di alcune soundtrack diventa "pronosticabile"): tutte queste cadute di stile scalfiscono lo spessore di un'opera che avrebbe potuto sfruttare le proprie premesse in maniera più sobria e distintiva, per tutta la sua durata, magari facendo a meno di qualche puntata superflua, o almeno dedicando maggior tempo ai personaggi che ne necessitavano davvero (Watari, Tsubaki), piuttosto che ad altri, utili fino a un certo punto (Nagi, Takeshi ed Emi).