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Titoli poco conosciuti, passati in sordina all'epoca dell'uscita o dimenticati col tempo... su AnimeClick.it abbiamo migliaia di schede anime e manga senza alcuna recensione, privando quindi i lettori di uno dei principali punti di forza delle stesse.
Per cui, ad ogni appuntamento di questa rubrica vi proporremo alcuni di questi titoli, con la preghiera di recensirli qualora li conosciate. Tutti gli utenti che recensiranno le opere proposte entro la scadenza assegnata riceveranno l'icona premio Scheda adottata. Per le regole da seguire nella stesura delle recensioni rimandiamo al blog apposito, che vi preghiamo di utilizzare anche per commenti, domande o tenere traccia dei premi (non commentate l'iniziativa in questa news).


I titoli al momento disponibili sono:


[ANIME] Sally la maga (Scadenza: 9/9/2015)

[ANIME] 
Kaleido Star (Scadenza: 13/9/2015)

[ANIME] 
Natsu no Arashi (Scadenza: 16/9/2015)

Adotta un titolo 1[ANIME] Softenni (Scadenza: 20/9/2015)Adotta un titolo 2

[MANGA] L'impero Romano (Scadenza: 9/9/2015)

[MANGA] Porompompin (Scadenza: 13/9/2015)

[MANGA] 
Crimson Wolf (Scadenza: 16/9/2015)

[LIVE] 
Rough (Scadenza: 9/9/2015)

[LIVE] Thermae Romae II (Scadenza: 13/9/2015)

[LIVE] 
Megaloman (Scadenza: 16/9/2015)

[GAME] Clannad (Visual Novel) (Scadenza: 9/9/2015)

[GAME] 
Mario Kart 8 (Scadenza: 13/9/2015)

[SERIAL] Xena, principessa guerriera (Scadenza: 9/9/2015)

[SERIAL] Tutto in famiglia (Scadenza: 13/9/2015)

Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento libero, con i manga Peline StoryGolden Time e Trigun.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


Per saperne di più continuate a leggere.


10.0/10
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Dalla lontana Bosnia ha inizio il lungo viaggio di Perrine Paindavoine e della sua dolce madre indiana, a bordo di un misero carretto trainato da un asino; esse sono alla ricerca dell'ultimo parente rimasto al mondo dopo la tragedia, quel ricco nonno paterno che ripudiò l'amata di suo figlio, da quest'ultimo conosciuta durante un viaggio d'affari in India: ivi Edmond Paindavoine trovò oltre all'amore anche la morte, lasciando moglie e figlia sole, soltanto con la speranza di poter arrivare un giorno a Maroucourt, in Francia. Ma con la certezza di essere accolte freddamente da un parente distante, irraggiungibile; quel nonno che tanto detestava l'indiana che aveva portato via suo figlio, soltanto per via del colore della pelle e di un freddo, ferito orgoglio.

Tratta dal romanzo "In Famiglia" di Hector Malot, la serie televisiva "Perrine Monogatari" è a mio avviso uno dei punti più alti raggiunti dal progetto "World Masterpiece Theater" della Nippon Animation, assieme a "Akage no Anne" e "Shoukoujo Sara". Oltre ad essere un classico viaggio di formazione dallo scopo educativo, l'opera si contraddistingue per i suoi contenuti impegnati, i quali vengono affrontati in modo sincero e genuino, senza artifici, capziosità e ipocrisie di sorta. "Perrine Monogatari" è pura narrativa drammatica, un anime quanto mai partecipe della realtà sociale del suo tempo, candido e allo stesso tempo rigido, nonché destinato ai bambini di altri tempi, i quali erano indubbiamente privi della malizia e della vanagloria che tanto vanno di moda oggigiorno.

Ci sono tante persone lungo questo viaggio, alcune di cui fidarsi e altre infide le quali, tuttavia, riveleranno dei lati nascosti che non ti aspettavi: matureranno e cambieranno, come cambi tu stesso. Lo si percepisce in modo travolgente, il cambiamento di Perrine. Dalle prime incertezze all'effettiva maturazione, seguita passo dopo passo dalla bontà e dall'altruismo della madre, Mary Doressany, donna ben lungi dal provare inutili emozioni negative; colei la quale dapprima accudisce e che poi, grazie alla determinazione e alla forza di volontà della figlia, si ritrova ad essere accudita a sua volta. Tra un paesino e l'altro, lungo la strada che porta a Maroucourt, i campi verdi e le montagne imponenti parlano anch'esse, andando a contribuire a quell'atavico calore umano che la forte personalità di Perrine elargisce a tutti quelli che le stanno intorno. Ma due sono i rapporti fondamentali della storia: dapprima quello tanto soffice quanto splendido e commovente che intercorre tra Perrine e la madre, e dopo, una volta giunti a destinazione, quello difficile, ma quanto mai profondo e rivelatore, col nonno. E Perrine è un po' suo nonno e un po' sua madre, avendo i modi di fare e le caratteristiche psicologiche di entrambi; conoscendo i suoi cari in tutte le loro sfaccettature, sia in negativo che in positivo, Perrine conosce sé stessa, e cresce, si espande, raggiunge la felicità e la pace interiore.

E' quindi una storia di rapporti interpersonali e di autorealizzazione, quella di Perrine. Tra le tante piccole vicende quotidiane vissute dall'altrettanto piccola protagonista, sono presenti spaccati di cruda realtà quali xenofobia, pregiudizi, divario sociale, problematiche dei lavoratori e degli operai, dei migranti, dell'essere donna. Nella seconda parte della serie emerge una critica al cattivo industrialismo, quello dello sfruttamento dei più deboli, dell'arrivismo e del profitto capitalistico messo al di sopra di ogni cosa, anche della dignità delle persone; viene quindi proposta un'alternativa industriale in cui è presente una componente "femminile" - i consigli di Perrine al nonno inerenti la gestione dell'azienda - caratterizzata da una "materna" tutela per i lavoratori coadiuvata da comunicazione, rispetto, abolizione del lavoro minorile, costruzione di infrastrutture adeguate ai bisogni degli operai e dei loro figli - l'asilo nido voluto dall'influente Perrine, la quale riesce a diventare la segretaria di fiducia del nonno con le sue sole forze, partendo da zero e spacciandosi per un'altra persona, dacché impossibilitata a rivelare la propria identità a causa del razzismo e dell'odio provato dal ricco industriale nei confronti di sua madre. Il femminismo di "Perrine Monogatari", con la sua esaltazione dei lati migliori della donna, dà quindi origine a delle figure femminili di grande spessore, che sono in grado di farsi strada nella società senza l'ausilio di nessuno, affrontando le difficoltà e la durezza della vita con onestà e rigore, senza tuttavia perdere il prezioso candore della femminilità.

Dal punto di vista tecnico, per la sua epoca, a parer mio l'anime eccelle sotto tutti i punti di vista. La sceneggiatura è ben scritta, incalzante, e si rivela addirittura più completa ed efficace di quella del libro originale. Detto ciò, la prima cosa che si nota in un primo approccio al titolo è lo stile di disegno, molto più vicino all'animazione francese che a quella giapponese: esso, a scanso di equivoci, mette fin da subito l'accento sulla marcata universalità dell'opera; infatti, il "World Masterpiece Theater" ha contribuito moltissimo alla diffusione degli anime in tutto il mondo, a causa della sua elevata compatibilità con i gusti del grande pubblico (si pensi all'enorme successo di "Mirai Shounen Conan" in Arabia, o di "Shoukoujo Sara" nelle Filippine, volendo fare degli esempi). Il meisaku è animazione giapponese per tutto il mondo; arte di alto livello - spesso contenente messaggi educativi, intellettuali e profondi - che diventa alla portata di tutti. Ed è proprio questa la sua grandezza.

NB: L'adattamento italiano di "Perrine Monogatari" non è dei migliori: lo stesso nome "Peline" è sbagliato, e deriva da un cattivo lavoro di traduzione. L'opera è stata indubbiamente alleggerita nelle sue parti più crude; ciononostante, è comunque possibile comprenderla, e i dialoghi seguono un filo logico ben definito (anche se non garantisco affatto sulla loro completa fedeltà all'originale). Il doppiaggio è altresì mal curato e addirittura più doppiatori interpretano lo stesso personaggio nel corso della serie. Ciò premesso, al lettore interessato all'opera conviene indubbiamente affidarsi al fansub inglese, che l'ha tradotta con perizia, passione e rispetto per il passato.




8.0/10
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Forse sono una mosca bianca: vedo le recensioni, i voti assegnati a Golden Time, i commenti di chi ha valutato gli episodi e non mi ritrovo con il giudizio espresso da chi ha giudicato questo anime prima di me. Ognuno di noi ha i propri gusti, la propria sensibilità e il proprio punto di vista: questa serie a me è piaciuta, ma non penso che chi l'ha valutata negativamente si stia sbagliando. Probabilmente si aspettava altro, o non ha apprezzato alcune scelte narrative che possono lasciare disorientati; se avrete la pazienza e la voglia di leggere questa recensione tenterò di dirvi perché la reputo una buona serie.

Lo studio J.C. Staff, dopo Toradora! e Sakura-so no pet na kanojo, propone una nuova commedia scolastica tratta da una light novel. Golden Time è scritta da Yuyuko Takemiya, la stessa autrice di Toradora!, e potrebbe essere considerata quasi come il suo seguito: i personaggi sono ora studenti all'inizio del loro percorso universitario, molti abitano lontano dalla loro città natale e dimostrano maggiore maturità rispetto ai liceali nell'affrontare le situazioni che la vita gli pone davanti. La storia non si discosta molto dai canoni tradizionali del genere, ma introduce un tema un po' atipico - il protagonista che soffre di amnesia - che scombina i rapporti che si creano tra i vari personaggi senza ricadere in situazioni già viste e riviste.

Banri è una matricola all'università di Tokyo; alla cerimonia di inaugurazione dell'anno accademico conosce Mitsuo, un ragazzo che come lui non riesce a orientarsi nella grande metropoli. I due fanno rapidamente amicizia, Mitsuo confida a Banri che avrebbe dovuto frequentare un'altro percorso di studi ma ha scelto la facoltà di legge per fuggire da Kouko, una sua amica d'infanzia. La ragazza è innamorata di lui da sempre ed è estremamente assillante e possessiva: si definisce come "la sua fidanzata" e non perde l'occasione per stare vicino a lui usando anche metodi simili a quelli di uno stalker. Mentre Mitsuo e Banri parlano tranquillamente si presenta davanti a loro una bellissima ragazza: è Kouko che, avvicinandosi con fare minaccioso a Mitsuo, si complimenta con lui per l'ammissione all'università e lo schiaffeggia con un mazzo di rose rosse. Banri si ritrova così coinvolto nelle scaramucce dei due, che chiederanno spesso il suo aiuto per fuggire (Mitsuo) o per combinare un incontro con l'amato (Kouko). Per il ragazzo questa situazione, anche se pesante, è un diversivo ai tormenti che lo assillano dal giorno seguente alla festa del diploma, quando subì un incidente che gli ha fatto perdere tutti i ricordi della sua vita passata. Banri si sente spaesato, convinto di essere una persona diversa da quella che tutti vedono; il ragazzo tenta di nascondere le sue angosce e i tormenti ai nuovi amici, ma Linda - una studentessa del secondo anno che salva Banri dagli assalti dei club studenteschi - sembra conoscere bene il suo passato.

La particolarità della storia narrata dalla Takemiya non è quella di aver inserito un protagonista smemorato, ma di aver dato ampio risalto ai conflitti psicologici che la situazione comporta in lui. Non sono un esperto in psichiatria, ma il modo in cui viene mostrata l'amnesia retrograda che ha colpito Banri mi è sembrato realistico; forse non è facile seguire i momenti in cui il Banri attuale viene sostituito temporaneamente dal Banri del liceo (rappresentato dal suo fantasma), ma questa scelta rafforza il concetto che siamo davanti a una persona che vive due esistenze completamente diverse tra loro.
Nell'anime abbondano i momenti in cui il ragazzo riflette sulla sua situazione: si rende conto che con la perdita della memoria il Banri che conoscevano i suoi familiari e i compagni di liceo non esiste più, quasi come se fosse morto; al tempo stesso è convinto che quando recupererà la memoria degli eventi passati succederà la stessa cosa per le persone che inizia a conoscere oggi. Come uscire da questa impasse? Difficile da dire, mi è piaciuta molto una riflessione che il giovane fa sul significato che diamo al tempo: il momento che stiamo vivendo adesso, una volta accaduto, farà parte del passato; finché siamo in vita, godiamoci i momenti e le situazioni che ci si presentano davanti senza pensare troppo a quello che potrà accadere. Un ragionamento del genere può sembrare molto superficiale; in un momento di grande incertezza e confusione, come quello che si trova a vivere Banri, penso che sia l'unico che consenta di affrontare con serenità la vita.
Per il resto la storia, come in tutti gli anime di genere scolastico, si basa sui rapporti che nascono e si intrecciano in un gruppo di compagni di studi, su come alcune simpatie possano trasformarsi in rapporti d'amore e sulle delusioni vissute da chi non vede corrisposti i propri sentimenti. Simpatici i siparietti comici inseriti nel corso della narrazione - tra i tanti Kouko che fa l'esorcista, la faccia di Mitsuo quando Kouko racconta un'improbabile storia su una sua vita passata o le due senpai svitate del club del tè: divertenti, non si scade mai nella farsa o nel demenziale, sembrano quasi avere il compito di unire due passaggi del racconto allentando un po' la tensione.

I personaggi principali hanno una personalità ben definita. Forse qualche situazione appare un po' eccessiva e alcuni di loro sembrano delle macchiette; questo è vero per l'inizio della serie, ma come spesso capita per gli anime che si sviluppano su una ventina di episodi si assiste a una maturazione del carattere: bisogna avere un po' di pazienza, ma poi ognuno di loro riuscirà a mettere in mostra il lato migliore e a farsi apprezzare.
Di Banri ho già parlato abbondantemente, ma vorrei spendere ancora due parole sulle sue storie sentimentali. Questa è una delle poche volte in cui, negli anime di genere scolastico, il protagonista non si trova invischiato in un triangolo. Lui è fermo e deciso per quanto riguarda la ragazza che ama, sia nel passato che nel presente: il caso vuole che siano due persone diverse, ma Banri tiene separate le situazioni e in Golden Time non si ritrovano i tentennamenti del protagonista maschile che non riesce a decidere a chi dichiarare il suo amore.
Kouko è la classica tsundere che si ritrova negli anime scolastici: odiosa, antipatica, assillante, insopportabile... ma solo per i primi episodi della serie, perché poi cambia radicalmente carattere e diventa molto amorevole. Bellissima, ma fragile psicologicamente - si vede che è la ragazza viziata proveniente da una famiglia agiata - scambia per amore la sua infatuazione patologica per Mitsuo; solo quando vive la sua prima storia affettiva mostra il lato migliore del suo carattere.
Linda si comporta come una sorella maggiore per Banri, si nota subito che è molto legata al ragazzo; quello che non dice chiaramente - e che aggiunge un pizzico di mistero al suo personaggio - è se provi dei sentimenti per lui: tanti indizi lo lasciano intendere, ma il suo atteggiamento sembra negarlo in continuazione. Di lei colpiscono il carattere - forte e decisa, ma al tempo stesso dolce e sempre pronta ad aiutare chi si trova in difficoltà - e lo sguardo profondo e intenso: i suoi occhi di un blu profondo mi hanno affascinato, stregandomi come erano riusciti a farlo quasi trent'anni fa quelli di Lamù - il primo anime che ho seguito con passione.
Chinami è un personaggio che mi ha stupito: decisamente pucciosa, con una voce acutissima - Kouko la soprannomina Miss Ultrasonica - che fa pensare di trovarsi davanti a una bambina, quando invece abbiamo a che fare con una ragazza molto decisa e fiera delle sue scelte. Simpatico il siparietto sul suo nome: non vuole essere chiamata "Oka-San" (l'uso nipponico vuole che in segno di rispetto si usi il suffisso san dopo il cognome di una persona che si è appena conosciuta) perché "in questo modo chiamano mia madre" ("mamma" è okasan in giapponese) e preferisce che amici e compagni di università la chiamino "Oka-Chan", con il suffisso usato per gli amici intimi.
Oltre ai personaggi principali, mi piace ricordare la figura di "Nana Senpai", la vicina di casa di Banri: identica nell'aspetto, nel carattere e nelle passioni a Nana Osaki di Nana, sembra un personaggio secondario ma la Takemiya le ha cucito addosso il ruolo della ragazza che - nonostante l'apparenza burbera - diventa una sorta di guida per Banri; alcuni suoi dialoghi con il ragazzo, nei momenti più critici del recupero della memoria, sono molto profondi.

Grafica di altissimo livello, ma da un anime del 2013 sarebbe strano vedere qualcosa non adeguato agli standard attuali. Ben realizzati gli scenari, sia per quanto riguarda gli interni che per le ambientazioni esterne; molto realistiche le scene al mare sotto la pioggia.
Il character design presenta molte analogie con gli altri anime creati da J.C. Staff: facile pensare che i personaggi siano stati presi dall'archivio a disposizione dello studio. Kouko è una Taiga più alta e formosa, Linda assomiglia a Minori, 2D-Kun in pratica è Kitamura... Questa scelta - furba per accorciare i tempi della realizzazione - pone lo spettatore davanti a un dilemma: trovo piacevoli, quasi familiari, i personaggi che animano la scena o penso che ormai tutte le produzioni si assomiglino? Io sono per la prima ipotesi, del resto adoro anche i personaggi dei film di Miyazaki che, come un marchio di fabbrica del regista, si assomigliano tra di loro.
Anche il comparto sonoro è adeguato, le musiche che compongono la colonna sonora - pur non essendo di quelle che si fanno ricordare nel tempo - sottolineano le parti più importanti dell'anime. Il vero punto di forza però è la presenza di Yui Horie: come cantante interpreta le quattro sigle, come doppiatrice presta la sua voce a Kuoko. Le canzoni non si discostano da quelle del suo repertorio, con uno stile che mi ha ricordato quello di Vanilla Salt e silky hearth apprezate in Toradora!; nel ruolo di Kouko è veramente molto brava quando, con degli improvvisi ed efficaci cambi di tonalità della voce, rende i rapidi sbalzi di umore della ragazza.

Tutto a posto, quindi? No, perché l'anime presenta anche punti deboli importanti. La gestione della doppia vita di Banri è piuttosto caotica; capisco la parte in cui lui ha perso i ricordi del passato (è la rappresentazione fedele dell'amnesia retrograda), meno quelle in cui recupera temporaneamente la memoria e si comporta come se fosse stato teletrasportato a Tokyo da un'altra galassia. Anche alcune scene con lo spirito di Banri, il suo interagire con gli altri personaggi e con lo stesso Banri mi sono sembrate confusionarie: se volevano rappresentare lo smarrimento provato dal ragazzo quando inizia a recuperare la memoria, sono riuscite solo a creare scompiglio nella narrazione. Lieto fine come da copione per gli anime di questo genere, ma il passaggio dove si vuole chiarire il rapporto che lega Linda a Banri mi è sembrato il pessimo trucco di un prestigiatore di quart'ordine. Nonostante queste cadute di stile il bilancio finale, per quanto mi riguarda, è comunque positivo: dopo i primi episodi più scanzonati emerge il modo più maturo in cui i personaggi affrontano i loro problemi, e alcuni dei loro dialoghi colpiscono per l'intensità.

Golden Time non è sicuramente un capolavoro, ma io lo consiglio a chi segue gli anime scolastico/sentimentali (soprattutto se ha appprezzato Toradora!) perché potrà trovare un approccio più adulto ai problemi che si trovano ad affrontare i personaggi. Un anime che, nonostante quanto possa sembrare dando un'occhiata alla sua scheda, merita sicuramente un'opportunità; può darsi che dopo la visione anche altri la pensino come me: siamo davanti a un prodotto che, pur con qualche pecca, riesce a regalare momenti molto intensi.




9.0/10
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In questa terra arida e desertica, bruciata e sferzata dagli impietosi raggi di ben due soli, chiunque sa che ciò che deve temere più di ogni altra cosa, ancora più delle numerose bande di predoni che razziano villaggi e carovane, è Vash The Stampede, sulla cui testa pende l'esorbitante taglia di sessanta miliardi di doppi dollari. Noto anche come il Tifone Umanoide, costui rade al suolo intere città con il solo schiocco delle dita e fa strage di innocenti col sorriso sulle labbra, un essere diabolico sceso tra gli uomini per portare sofferenza e morte. O, almeno, questo è ciò che dicono le storie e le chiacchiere di paese.
Vash, in realtà, è un cialtrone, un cascamorto con un debole per le belle donne, un individuo bizzarro e affamato di ciambelle che spesso si comporta come un totale inetto; ma è anche un uomo di una bontà d'animo disarmante, sempre pronto a correre in aiuto di chi ne ha più bisogno, infischiandosene della propria incolumità.
L'enorme pistola che porta con sé non serve per infliggere dolore, ma, al contrario, per "contribuire al mantenimento della pace nel mondo". Egli, grazie anche alla propria abilità, tenta in ogni modo di non ferire e uccidere nessuno, né vittima né carnefice, mosso dalla propria generosità e da ideali ferrei.
Tuttavia, la sua fama e la sua incredibile sfortuna (c'entra qualcosa quel gatto nero che fa la sua comparsa in ogni puntata?) lo perseguiteranno ovunque andrà, coinvolgendo le poche amicizie che riuscirà a stringere (due dipendenti di un'agenzia assicurativa mandate a monitorarlo e un insolito prete errante) e costringendolo ad affrontare orde di banditi, assassini e i demoni del suo passato.

"Trigun", anime del 1998 di ventisei episodi di durata canonica tratto dall'omonimo manga di Yasuhiro Nightow, è senza dubbio una serie in continua crescita: nei primi, autoconclusivi capitoli, Vash e compagni finiscono alle prese con situazioni difficili ma dai toni decisamente comici e leggeri, non di rado dovute a fraintendimenti sulla vera identità di Vash The Stampede, e utili a mostrare, in ciascuna di queste occasioni, una sfumatura diversa del carattere del Tifone Umanoide: la sua determinazione, la sua gentilezza, il suo coraggio, il suo desiderio di pace e tranquillità. Successivamente, comincia l'intreccio principale e viene alla luce il passato del protagonista, rendendo la narrazione molto più omogenea e, allo stesso tempo, estremamente drammatica, commovente ed epica, ricca di colpi di scena e sconvolgenti flashback.

Vash è certamente la figura più iconica e complessa di questa serie, con la sua personalità ben più tormentata di quanto possa apparire in superficie, costantemente combattuta tra la sua indole pacifica e il desiderio di fermare i criminali e ogni spargimento di sangue, rendendolo, in alcuni casi, letteralmente impotente e incapace di agire, divorato dai dubbi.
Lo stesso aspetto del protagonista, un uomo altissimo, con un cappotto rosso e occhiali tondi dalle lenti arancioni, che impugna una pistola di grandi dimensioni, è sicuramente stata d'ispirazione per personaggi di opere successive (viene subito in mente il vampiro Alucard, da "Hellsing").
I personaggi secondari, sia positivi che negativi, sebbene vengano sostanzialmente messi in ombra da Vash, posseggono delle caratterizzazioni di tutto rispetto e retroscena affascinanti, oltre a svolgere ruoli fondamentali ai fini della trama e/o per una migliore comprensione del mondo e della società in cui si svolge la vicenda. I compagni di viaggio del Tifone Umanoide, nonostante ignorino le sue vere motivazioni, non possono fare a meno di provare una profonda ammirazione nei suoi confronti e, allo stesso tempo, un senso di vergogna per aver creduto alle dicerie su di lui. Inoltre, le loro parole, non sempre di approvazione, e il loro supporto aiutano il protagonista a riflettere e fanno tornare, in un certo senso, a una dimensione umana una figura fin troppo persa tra sogni e utopie.
Lo stesso vale per la miriade di persone in cui Vash incappa nel suo peregrinare: alcuni gli sono apertamente ostili, altri ne sono spaventati, altri ancora lo respingono, incapaci di vedere al di là dei pregiudizi, in pochi lo accettano per quello che è, sia prima che dopo aver scoperto la sua autentica natura.
Gli antagonisti principali, laddove i primi nemici incontrati dal protagonista erano semplici macchiette, spesso più ridicoli che minacciosi, sono carismatici, arroganti e spietati, perfette nemesi per un pacifista indomito come Vash. Nel corso della serie, non si fanno scrupoli e spezzano la vita di innumerevoli innocenti, fosse anche solo per stanarlo o bearsi della sua sofferenza.

Uno dei difetti principali di "Trigun" risiede in un comparto tecnico non all'altezza: le animazioni sono complessivamente mediocri e, in vari episodi, sono riscontrabili diversi errori grafici, relativi per lo più alla sparizione e alla successiva ricomparsa di alcuni dettagli tra un'inquadratura e l'altra. Le ambientazioni sono piuttosto monotone, limitate a scenari desertici e rocciosi e a città e villaggi molto simili tra loro, comunemente ispirati ai pueblo dei nativi americani. Gli sfondi, oltre al vestiario della maggior parte dei personaggi (esclusa qualche eccezione più futuristica), sono gli elementi più fortemente legati al genere western, mentre la tecnologia presente è riconducibile allo steampunk. Il livello di dettaglio delle scenografie è generalmente passabile e lo stesso dicasi per i mezzi di trasporto e le componenti meccaniche mostrati. Il design dei personaggi, così come lo stile del deformed, è tipicamente anni '90, caratterizzato da volti spesso allungati e lineamenti appuntiti, mentre gli occhi delle donne sono molto più grandi di quelli degli uomini. Resta comunque un disegno preciso e gradevole, grazie al quale ogni soggetto è ben differenziato e riconoscibile.
La colonna sonora non mi è rimasta particolarmente impressa nella memoria, tranne l'opening, interamente strumentale, l'ending e pochissimi altri brani eseguiti in momenti specifici. Colpisce, invece, l'eccezionale attenzione riservata al doppiaggio italiano, molto espressivo e capace di donare ad ogni personaggio, anche il meno importante, una caratterizzazione unica.
Gli effetti speciali e quelli sonori sono realizzati con discreta cura.

L' anime è caratterizzato da frequenti scene d'azione: in una terra spesso vittima della siccità, a piovere è unicamente il piombo. Alcuni scontri, specie quelli rappresentati più avanti nella serie, sono meno ripetitivi e più imprevedibili dei primi e, generalmente, molto coinvolgenti e adrenalinici.
Un altro aspetto molto importante è l'ironia, di cui la prima parte della serie è pregna: a dispetto dell'effettivo pericolo, c'è sempre spazio per le battute e la simpatia di Vash, irriverente e incosciente come pochi, spazio che poi si ridurrà sensibilmente, fin quasi a scomparire nella seconda metà dell'anime, se si escludono brevi attimi.

Tirando le somme, "Trigun" è una serie emozionante e profonda, che pone lo spettatore di fronte a una serie di questioni fondamentali riguardanti sia l'animo umano, di ogni singolo individuo, sia la natura umana nella sua dimensione collettiva. Vengono offerti numerosi spunti di riflessione su argomenti come il posto dell'uomo nell'universo, per capire se una specie così autodistruttiva abbia diritto a sopravvivere e prosperare e se è vero che l'uomo è solo un bruto, schiavo della paura e della violenza, un egoista capace di pensare solo a sé stesso nei periodi di difficoltà. Altre tematiche di carattere più intimo e quasi religioso riguardano il rapporto con il passato, la capacità di lasciarsi quest'ultimo alle spalle e guardare con speranza a un futuro privo di violenza e prevaricazioni, e il diritto di porre fine alla vita altrui, facoltà che nessun uomo dovrebbe arrogarsi.
In relazione a questi aspetti viene a galla quello che forse è l'eccessivo buonismo di Vash e della serie stessa, a volte irrealistico e indisponente, contrapposto al cinismo e alla concretezza di alcuni altri personaggi e alla folle megalomania dell'antagonista principale.
Ciò non toglie che "Trigun" sia una serie a dir poco ottima, ironica, commovente, intensa, tragica, con una trama solida e appassionante, dotata di una buona dose di mistero e tantissima azione, arricchita da un insieme di personaggi straordinari, su cui spicca indubbiamente il grande Vash The Stampede, l'uomo da sessanta miliardi di doppi dollari.
Un capolavoro, da vedere.