Immaginate di essere una giovane donna in “età da marito” e che il vostro promesso sposo sia il rampollo della famiglia più favolosamente ricca del paese. Aggiungete il fatto che costui, oltre a essere alto, bello, educato e gentile sia anche così sensibile da riuscire a comprendere il vostro io più profondo e i vostri pensieri più intimi e inconfessabili. E’ proprio quello che accade alla protagonista di The Kodai Family, Kie Hirano (Haruka Ayase), timida e dimessa segretaria d’ufficio dotata di uno spirito romantico e di una fervida immaginazione, che trascorre le sue giornate sognando a occhi aperti le più improbabili e assurde situazioni incentrate sull’avvento del suo personale principe azzurro.
 
The Kodai Family Poster


Quando Mitsumasa Kodai (Takumi Saito), attraente primogenito di una nobile famiglia nippo-britannica, si materializza magicamente alla guida dell’azienda in cui Kie lavora, questi viene soprannominato ufficialmente “il principe” da tutto l’ufficio. Improvvisamente Mitsumasa, che sembra provenire letteralmente da un altro mondo rispetto ai comuni mortali, di punto in bianco comincia a corteggiare proprio Kie e, nonostante la sua goffaggine e i suoi dubbi interiori, il giovane direttore riesce a metterla a suo agio dissolvendo tutte le sue obiezioni come se riuscisse a leggerle nel pensiero. I due si innamorano e ben presto Kie scopre che l’uomo dei suoi sogni è in effetti un telepatico che, oltre a leggerle il pensiero come un libro aperto, intrattiene con i fratelli Shigeko (Kiko Mizuhara) e Katsumasa (Mamiya Shotaro) silenziose conversazioni mentali ed è letteralmente affascinato dai suoi pensieri impacciati ma innocenti e dai suoi cartooneschi sogni a occhi aperti. I tre fratelli Kodai però sembrano depressi, fatalmente insoddisfatti e frustrati dalla loro condizione, che non gli permetterebbe di avere relazioni stabili. La faccenda si complica quando la loro boriosa madre (Daichi Mao) ostacola la felicità dei due innamorati opponendo resistenza per via del divario di classe sociale. La stessa Kie finisce per chiedersi se far parte del clan Kodai sia una buona idea per lei che non conosce l’inglese, non sa nulla di tennis, equitazione, polo e altre amenità da aristocratici; oltretutto inizia a sentirsi a disagio con i suoi pensieri perennemente scrutati (anche se in modo affettuoso) da Mitsumasa e decide quindi di chiudere i battenti della sua prolifica fabbrica di sogni, di fare tabula rasa nella sua mente e di tornare inaspettatamente sui suoi passi…
 


La trama, che già dalle prime battute prende la piega di un romantico cinderella movie imperniato sullo scontro fra classi, non offre nulla di effettivamente nuovo a questo collaudato schema rispetto a quanto già visto in produzioni patinate di stampo disneyano. La coalescenza culturale tra Inghilterra e Giappone è appena accennata (sottolineata più che altro dall’eleganza dei costumi, dall’etichetta ostentata dai personaggi principali, e dall’eclettismo architettonico della magione dei Kodai), tuttavia il film prende ben presto una sua connotazione insolita e tipicamente nipponica rivelando, con le sue debordanti e coloratissime animazioni, l’estrazione del soggetto da un famoso shojo manga (Kodaike no Hitobito) di Kozueko Morimoto. E’ proprio questa fusione tra realtà e fantasia, scandita da un ritmo sincopato, il vero motore della narrazione. Questi minifilm a puntate hanno la forma di veri e propri cartoon e sono spesso dominati da uno gnomo dalla barba lanosa (alter ego del paffuto capo ufficio) che funge da grillo parlante/coscienza critica della protagonista. E’ interessante notare come il regista Masato Hijikata, con alle spalle una lunga esperienza in televisione sia consapevole della leggerezza del tono generale e del nonsense di molte situazioni e riesca ad intrattenere e a commuovere con scene ricche di trovate creative, in particolare giocando intenzionalmente con i cliché di genere e mescolandoli con variopinti effetti animati volutamente surreali ed esagerati, e per questo particolarmente buffi e accattivanti. Il ritmo cala vistosamente nella seconda parte quando le incursioni nel fantasy si riducono per lasciare spazio allo studio dei personaggi e alla risoluzione dell’intreccio con colpi di scena più o meno calibrati.
 


Le gag colorate non sfociano mai nella risata sguaiata mantenendosi sempre nei limiti di un garbo misurato e di una tenerezza di fondo, mentre le relazioni amorose fra i vari personaggi, lungi dal pescare nel registro erotico, non oltrepassano neanche la soglia dell’audace, rimanendo caste e pure nel sottile gioco degli equivoci, in grado di essere apprezzate tranquillamente non solo dalle aspiranti Cenerentola minorenni ma anche dalle loro madri più intransigenti. La sfrenata fantasia di Kie sforna personaggi indelebili che funzionano da alter ego comici dei protagonisti e creano un’irresistibile e spigliata parodia delle gerarchie sociali e del rapporto fra le classi. Hijikata riprende anche un topos antifemminista consueto nelle commedie romantiche del cinema giapponese, quello in cui la protagonista dedica tutta sé stessa per il proprio uomo pur di essere una moglie degna di lui, tuttavia The Kodai Family lo rivisita in una chiave fresca e originale, e ci ricorda che a volte nulla può essere più divertente del vecchio abbinamento fra la comicità schietta e viscerale e i paludati modi che caratterizzano certi ambienti altolocati.
 


Perfettamente a suo agio nel ruolo dell’inguaribile sognatrice Ayase Haruka, con le sue adorabili espressioni stranite e stralunate, appare subito come la partner ideale per il flemmatico Saito Takumi (in una parte insolita nella sua filmografia), che invece sembra vivere in una bolla, completamente estraneo al flusso della normale umanità, con la sua calma ieratica e il suo sorriso assorto perennemente stampato sulla faccia. Ben tratteggiati i personaggi comprimari, a cominciare dagli altri due Kodai esper, Shigeko (Mizuhara Kiko, Norwegian Wood, 2010, Helter Skelter, 2012) e Kazumasa (Mamiya Shotaro, Litchi Hikari Club, 2016); la strenua difesa di Kie da parte del loro fratello li spingerà a scendere dal piedistallo e a considerare anche per loro stessi un amore “normale” con persone “ordinarie”, rispettivamente Kohei Kishimoto (Kentaro Sakaguchi) e Jun Saito (Kaho); alla fine rimane il rimpianto per non aver potuto seguire più da vicino i risvolti delle loro vicende sentimentali parallele, che appaiono meno sviluppate al netto della vicenda. Con la sua durezza da suocera, l’imperiosa e sofisticata Yuko Kodai (Daichi Mao) fa da contrappunto al bonario e prosaico Shigemasa Kodai (Ichimura Masachika), che a sua volta affianca lo gnomo/capo ufficio come figura comica caratteristica. Merita una menzione a parte l’istrionico Muga Tsukaji, nella parte del capo ufficio nonché di un numero imprecisato di altri personaggi macchietta ricorrenti nelle pazze clip dei sogni di Kie.
 
Dal punto di vista del cast tecnico spiccano i raffinati costumi, le luminose scenografie e, come già detto, le vivaci animazioni analogiche che si inseriscono nelle sequenze live senza soluzione di continuità e donano alla pellicola un tocco di scanzonata ilarità. Il film è destinato a tutta la famiglia con una strizzatina d’occhio in particolare al pubblico femminile timido e riservato di ogni età che plausibilmente potrà immedesimarsi nelle tragicomiche avventure della dolce e simpatica Kie.