Un’esplosione di energia visiva e narrativa che arriva direttamente dal microscopico mondo nel nostro corpo.
Cells at Work! - Lavori in corpo (Hataraku Saibō, 2024), scritto da Yuichi Tokunaga e prodotto da Warner Bros. per la regia di Hideki Takeuchi, è il live-action che riesce nell’impresa, tutt’altro che banale, di adattare il manga cult del 2015 di Akane Shimizu senza perdere la sua anima pop, grazie a una tecnica, a una scrittura e a un apparato produttivo di prim’ordine.
 
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La biologia diventa blockbuster

Distribuito da Netflix, il film è disponibile in Italia dal 13 giugno anche con un doppiaggio di qualità. Uscito nei cinema giapponesi nel dicembre 2024, ha subito conquistato il pubblico del Sol Levante ottenendo una risposta trionfale: oltre 4,5 milioni di spettatori e sei miliardi di Yen al box office, diventando il titolo di maggior successo mai distribuito da Warner Bros. Japan.
 
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Una produzione imponente, che ha coinvolto 7.500 comparse, 31 location reali in più di 21 città e uno staff acrobatico guidato da Takahito Ouchi, già responsabile degli spettacolari combattimenti della saga di Rurouni Kenshin. Numeri e dati che parlano da soli, ma che probabilmente non rendono giustizia alla cura che trasuda da ogni inquadratura dell'opera.
 
All’interno del corpo umano, miliardi di cellule lavorano senza sosta per proteggerci. Tra loro, un globulo rosso un po' impacciato e un globulo bianco molto agguerrito affrontano insieme virus e batteri in un’avventura frenetica tra pericoli microscopici e missioni vitali. 


Entrare nel corpo: la danza dell'amore e la tempesta sotto la pelle 

La struttura del film alterna le vicende interne dell'organismo, dove le cellule combattono patogeni e infezioni con stile da action movie, con uno spaccato di vita toccante e ben scritto. Un doppio binario narrativo che rende l'opera ancor più universale: non è solo un delirio e una vera estasi cromatica, ma anche una riflessione sul valore della salute e sulla fragilità umana.
La storia si apre con una sequenza mozzafiato: un montaggio frenetico e stilizzato ci trascina all’interno del corpo umano come in un’attrazione da parco a tema cyber-biologico, con tanto di voice over ironico.
 
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I colori sono saturi, i movimenti di macchina sontuosi, e la regia dichiara sin da subito le proprie intenzioni: divertire, stupire e commuovere
Subito dopo uno sfolgorante segmento introduttivo -ovvero circa 13 minuti di setup narrativo in cui sono presentati personaggi e cellule-, e dopo la comparsa del titolo, arriva una delle scene più geniali e memorabili dell’intera pellicola: la giovane Niko, (interpretata da Mana Ashida), incrocia il ragazzo per cui ha una cotta a scuola. La reazione del suo corpo? Un’esplosione di endorfine che dà vita a una sequenza in stile carnevale di Rio: un party esagerato e travolgente, con samba, piume e fuochi d’artificio, in cui cellule impazzite abbandonano le proprie occupazioni per darsi a folli danze ormonali super-kawaii.
 
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È una metafora visiva spettacolare dell’adolescenza e dell'ebbrezza chimica che ci travolge quando il cuore batte all'impazzata e l'organismo risponde scatenandosi senza freni.
Ma la pellicola non si limita ad essere strabiliante e ironica. Col passare dei minuti infatti la narrazione si approfondisce: subentra il tema della malattia di Niko, che non è mai mostrata in modo morboso, ma viene raccontata come un processo umano e struggente. Fatto di silenzi, emozioni e piccoli gesti estremamente commoventi: gli sguardi, il respiro affannato, la voce rotta del padre (un grandissimo Sadao Abe) e il coraggio silenzioso della ragazza.
 
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È in questi momenti che il film si avvicina davvero al cuore dello spettatore. L’equilibrio tra la vita interiore stilizzata e la realtà esterna si rompe, e il corpo diventa un campo di battaglia in cui ogni cellula combatte non solo per sopravvivere, ma per garantire che tutto continui a funzionare. E magari, tra un’infezione e l’altra, sognare anche un giorno libero.


Il tocco di Hideki Takeuchi: kawaii meets gore 

La regia di Hideki Takeuchi (Dating: What's It Like To Be In Love?, Nodame Cantabile, Thermae Romae) fonde perfettamente comicità surreale e azione, momenti drammatici e intimisti. L’approccio è dichiaratamente spettacolare: ogni scena è costruita con ritmo travolgente ed effetti speciali di prim'ordine uniti a coreografie visive degne di un blockbuster, ma con una sensibilità tutta nipponica. Warner Bros. Japan ha infatti investito un budget sostanzioso, e si vede. Costumi, CGI e fotografia sostengono una messinscena di alto livello.
 
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Takeuchi costruisce una quantità di immagini che diventano iconiche nel giro di pochi frames. Si imprimono nella retina come frammenti di un sogno iper-colorato, insieme forti, buffe e simboliche, al confine tra videoclip, teatro e animazione.
Una regia potente, fedele allo spirito del manga e capace di accendere lo schermo con energia e creatività incontenibili.

Tra fotografia satura, ambientazioni fantasy/futuristiche e umorismo slapstick, Cells at Work! incarna anche un’altra impronta giapponesissima: quella che riesce a mischiare kawaii, gore coreografico e filosofia senza colpo ferire. È intrattenimento sì, ma con una consapevolezza estetica e culturale rara, che strizza l’occhio sia all'opera originale che alla grande tradizione della fantascienza pop del paese di Godzilla ed Hello Kitty.
 
Cells costumi

I costumi dei virus, sopra le righe e irresistibilmente teatrali, ricordano da vicino altre opere live-action come Yatterman o i villain dei tokusatsu: eccessivi, iconici, divertenti ma anche inquietanti. Una giostra cinematografica che non si ferma mai e non si prende neanche troppo sul serio, e proprio per questo conquista.
La pellicola è poi un perfetto esempio di intrattenimento educativo (edutainment) in stile giapponese: non solo informa divertendo, ma affascina, trasformando ciò che non si vede in una vera epopea. Anche in questo senso il live-action non perde lo spirito dell'opera originale ma lo amplifica, facendolo diventare carne, sangue e pixel.


Sistema emotivo centrale

In questo lungometraggio in cui tutto turbina vorticosamente, il montaggio di Hiroshi Matsuo (candidato ai prestigiosi Japan Academy Prize) agisce quasi come un sistema nervoso. Connette e stimola, guidando lo sguardo dello spettatore tra mille elementi con una fluidità sorprendente, sviscerando senso e forma senza mai sacrificare la chiarezza all’adrenalina.
 
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Le ottime BGM dei bravi Face 2 Fake e un sound design vivido, evocativo e stratificato, invece, amplificano l’esperienza emozionale e sensoriale. Mentre la direzione artistica plasma ambientazioni complesse in modo credibile e spettacolare, tra bio-scenari fantastici.
È anche grazie a questa invisibile e precisissima architettura tecnica che Cells at Work! bilancia tutti i suoi eccessi e le sue molteplici dimensioni. Tutti questi elementi, armonizzati con precisione, contribuiscono a un'esperienza filmica coerente e viva, capace di mantenere coesione pur nella sua sfrenata varietà.


Metafore al microscopio

Da un punto di vista più immediato, Cells at Work! rappresenta una simpaticissima esplorazione dell’anatomia, ma, tra le righe rivela anche un simbolismo un po' meno evidente: ogni cellula è infatti rappresentata come un individuo, e ogni organismo come una comunità. E, come nel mondo esterno, è solo grazie alla collaborazione e alla solidarietà che si trovano ordine e armonia.
Lo si percepisce bene sin dalle scene iniziali, quando, dopo aver sconfitto ed espulso un virus con un poderoso missile-starnuto, tutte le cellule fanno il saluto militare, o quando, a seguito di una piccola ferita rimarginata, scatta una standing ovation.
 
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Ma poi la cosa si fa più evidente nella seconda parte, in cui la battaglia nel sangue diventa altresì specchio della sofferenza interiore. In quel momento le cellule finiscono per incarnare anche i gesti e le scelte degli umani che abitano. E la risposta immunitaria diventa l'equivalente biologico dei legami affettivi che ci aiutano a superare i momenti difficili. Come nel corpo i globuli si stringono per proteggersi e rigenerarsi, così in famiglia e tra amici sono l’affetto e la vicinanza a darci la forza di guarire e guardare avanti. In questi riflessi tra micro e macrocosmo si trova la consapevolezza che, dentro e fuori di noi, è sempre la connessione tra le parti a renderci ciò che siamo e a farci crescere, resistere e prosperare. Un messaggio nascosto nel DNA stesso dell’opera.


Cellule ed emozioni in carne e ossa

Bravissimi gli interpreti, tutti perfettamente in ruolo. Mei Nagano, nei panni del Globulo Rosso, conferisce al suo personaggio grande dolcezza e tenacia, riuscendo a incarnare magistralmente lo spirito dell’eroina “piccola ma determinata”. Il suo smarrimento iniziale si trasforma pian piano in coraggio, ed è difficile non fare il tifo per lei.
Takeru Sato, il Globulo Bianco, è invece la vera star del lato action: impassibile, letale, ma con un cuore sotto la corazza. La sua interpretazione dà profondità a un ruolo che rischiava di essere solo caricaturale, e invece si rivela centrale nel creare un buon equilibrio tra azione e momenti narrativi.
 
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Sadao Abe, che interpreta il padre di Niko, offre una performance spettacolare e intensa: un vedovo che vive in modo sregolato, tra fumo, alcol e cattive abitudini alimentari. Il suo corpo, rappresentato anch’esso dall’interno in alcune scene, ha toni cupi e distopici, con una scenografia e un mood alla "1984" che contrasta fortemente con il mondo vitale e pulsante all'interno della figlia, nei cui panni c'è l'ottima Mana Ashida.
La giovane interprete è anch'essa sempre credibile e in grado di restituire tutte le sfumature di fragilità e determinazione del suo personaggio con grande delicatezza, reggendo l’intero asse emotivo della pellicola.
 
Cells padre figlia

Colpisce anche come, pur di fronte a un cast composto da tante superstar del panorama giapponese, sia tra i protagonisti che tra i comprimari, nessuno prevarichi sugli altri. Sono tutti al servizio di un bene più grande, di un lavoro corale dove ciò che risalta ancora una volta non è il singolo, ma l’alchimia dell’insieme, una sinergia che aggiunge valore al risultato finale.


Il "cuore" dello spettacolo 
 
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È un film che danza davanti ai nostri occhi tra globuli, batteri e sogni, trasformando la biologia in teatro, l’adolescenza in samba e la malattia in una resistenza poetica. Cells at Work! - Lavori in corpo è un battito cardiaco collettivo: un inno colorato, pop e struggente al miracolo dell'esistenza.
In un mondo dove anche una cellula può diventare eroina, e ogni respiro è una battaglia silenziosa, ci ricorda che la vita è una festa fragile, un carnevale effimero che sta a noi proteggere e salvaguardare.
Una micro-odissea che ci fa battere il cuore... letteralmente.
Una bomba cellulare che esplode dall'interno e ci ricorda che ogni giorno, dentro di noi, va in scena lo spettacolo più incredibile dell’universo: essere umani.
 

Cells at work! - Lavori in corpo ~ clip in italiano


Cells at work! - Lavori in corpo ~ Trailer completo