Era una dolce domenica di primavera quella dello scorso 23 aprile quando, presso il Teatro Nuovo Giovanni da Udine al Far East Film Festival, veniva proiettato l'attesissimo Close-Knit, ultima fatica della regista giapponese Naoko Ogigami.
Il film e la sua autrice, presente in sala per l'occasione, furono accolti dal calore e dall'entusiasmo del pubblico, accorso numeroso ad affollare platea e gallerie: quasi un felice presagio per quella che sarebbe stata la premiazione finale, con l'assegnazione del Gelso d'Oro dell'Audience Award, decretato proprio da parte di quel pubblico domenicale, e la concomitante vittoria del Black Dragon Award, premio assegnato dalla critica e dai cinefili del FEFF. 
 

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Nei giorni successivi alla proiezione, la cineasta nipponica, accompagnata dalle produttrici del film Mayumi Akaishi e Kumi Kobata, ha rilasciato un intervista congiunta ad AnimeClick.it NipPop, e partecipato a un Talk con altri due registi nipponici, Daisuke Miura (The City of Betrayal) e Hiroshi Nishitani (Hirugao: Love Affairs in the Afternoon), che vi proponiamo di seguito.

 
Naoko Ogigami Photo by Bob AnimeClick.it.JPG

 

Intervista a Naoko Ogigami (regista) - Close-Knit (Audience Award Winner)


Il personaggio di Rinko fa ripensare ad alcuni altri suoi personaggi soprattutto nel tipo di comunicazione e nella relazione con l'altro. Rinko cerca di parlare con questa bambina utilizzando anche una comunicazione non verbale, fra cui il tatto, in questo mi ha fatto pensare ad altri suoi personaggi. Ritiene che ci siano degli aspetti comuni che legano i suoi personaggi?

Naoko Ogigami: questo dipende da una mia convinzione personale, ad esempio prendendo in considerazione il punto di vista economico, il fatto che spesso passi l'idea che una donna debba comunque dipendere economicamente da un uomo, a me non piace assolutamente, al contrario mi piace l’idea che una donna possa essere indipendente sia economicamente e sia mentalmente dall'uomo. Quindi probabilmente questo è un tipo di tema comune che si ritrova nelle mie opere, che sottolineano questo loro essere indipendenti.
 



Come è stato lavorare sul set con gli attori bambini? In genere è una cosa molto complicata, mi chiedevo come avesse gestito i baby attori in funzione anche dell'argomento piuttosto delicato?

Naoko Ogigami
: va detto che ci sono state delle audizioni andate avanti per molto tempo. Abbiamo visto centinaia di attori e attrici bambini, e alla fine abbiamo scelto lei che comunque ha un fortissimo senso della recitazione, davvero molto sviluppato, e a livello di percezione è riuscita subito a capire cosa io volessi, a farlo suo e a riproporlo all'interno della sua recitazione. A livello di guida e di indicazioni da parte mia, non ho dovuto fare niente di particolare, non è stato assolutamente difficile perché lei recitava in modo naturale. Invece al contrario devo dire è stato molto più complicato, abbiamo sudato sette camicie, per quanto riguarda il personaggio di Rinko. In quel caso si trattava di un attore uomo e lì è servita molta più regia da parte mia, si trattava appunto di instillare un cuore di donna all'interno di un uomo e di dimostrarlo nella recitazione. Da quel punto di vista ha portato molto più lavoro registico.

Alla fine del film Tomo decide di tornare a casa della sua vera madre, nonostante lei non sia stata perfetta nel suo ruolo. Ha mai considerato l'idea di far finire la storia diversamente? ad esempio con Tomo che decide di restare a casa di Makio e Rinko?

Naoko Ogigami: Il finale è stato qualcosa su cui mi sono dilungata molto a pensare. In questo caso va detto che si trattava di evidenziare come Tomo avesse passato molto tempo con loro due e, avendo fatto una certa esperienza, possiamo dire che è diventata leggermente più adulta, quindi è vero che inizialmente lei non riesce a “ritrovare” sua madre, ma il fatto di averla fatta crescere, di averla fatta diventare più adulta, ha fatto sì che lei non potesse decidere di abbandonarla, per questo poi ho fatto questa scelta sul finale.
Molte persone mi hanno fatto notare che il legame del sangue è estremamente forte e quindi si è portati a pensare che potrebbe essere quello il motivo, ma non era quella la mia intenzione, perché ci sono comunque delle famiglie nella realtà in cui anche se non ci sono legami di sangue, comunque sussistono, gli affetti rimangono, quindi semplicemente non vorrei che passasse l'idea che fosse ritornata dalla madre solo per il legame biologico, non era assolutamente la mia intenzione.
 
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Sia Rinko che la sua vera madre rappresentano due aspetti diversi di come le famiglie possano recepire e affrontare questo tipo di diversità. Quale pensa che sia l'effettiva situazione delle famiglie giapponesi riguardo queste tematiche?

Naoko Ogigami: Purtroppo devo dire con mio grande dispiacere che al momento il modello più ricorrente in Giappone e quello della madre vera, o quello della madre di Kai. Ci sono ancora molti genitori in Giappone che credono che avere un figlio LGBT sia comunque qualcosa che può essere curato, che può essere guarito. Ci sono ancora molte madri e molti padri che ancora non accettano che un figlio possa avere questo tipo di natura.

Come è nata l'idea della trama?

Naoko Ogigami: In realtà tutto è nato da un articolo che ho letto, in cui si parlava di un ragazzo che già a 14 anni aveva questo fortissimo desiderio di diventare donna. Egli aveva espresso questo desiderio alla madre, dicendole che desiderava il seno, e la madre molto carinamente ha creato dei piccoli seni finti, e in una situazione come quella del Giappone, che vi ho appena descritto, in cui ci sono ancora tantissimi genitori che sono invece troppo impreparati ad affrontare questo tipo di tematica, osservare questo tipo di accettazione del proprio figlio, che vuole diventare figlia, è stata una cosa che mi ha particolarmente colpito, soprattutto l’idea di creare i seni finti per il proprio figlio perché potesse già avvicinarsi in qualche maniera alla sua vita successiva, come figlia. Quindi sono andata a incontrare questa madre e la cosa mi ha davvero particolarmente commosso, in particolare quando lei ha detto che si è divertita, le è proprio piaciuto il fatto di poter allevare una figlia. In quel momento mi sono commossa così tanto che ho pensato che nel mio film avrei voluto trattare queste tematiche LGBT in modo molto luminoso, in modo molto positivo, ed è quello che ho cercato di fare.

Ricollegandomi a quello che si è appena detto ho trovato molto poetica, molto romantica questa metafora del corpo umano resa in maniera giocosa, con oggetti fatti a maglia. Volevamo chiederle appunto se l'idea di usare questa immagine così leggera era venuta fin dall'inizio e se ha mai considerato, nel corso della lavorazione del film, di trattarlo in modo diverso?

Naoko Ogigami: L’idea iniziale era assolutamente di positività, soprattutto per quanto riguarda il personaggio di Rinko, ho sempre cercato di trattarlo con grande luminosità. In merito alla scena del tentato suicidio di Kai, quindi del bambino, è rimasto appunto solo un tentativo, poi ho provato a svilupparlo in maniera più positiva possibile. L'idea era quella di affrontarlo in modo luminoso e che potesse portare speranza, quella è stata l'idea di base. Inoltre va detto che non avevo alcun interesse nel creare semplicemente una storia che riguardasse i problemi di identità di una persona transgender, che appunto si percepisce come tale. Volevo invece creare la storia di una famiglia, che diventa tale pur non essendo unita da legami di sangue, quindi una madre, una figlia e la loro relazione.
 
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Sempre riguardo al personaggio di Rinko, ci chiedevamo quanta libertà creativa avesse lasciato all'attore Toma Ikuta nella costruzione del personaggio. Gli ha cioè permesso di inventare qualche particolare gesto o movenza oppure egli si è dovuto attenere in modo stringente alle sue direttive ben precise?

Naoko Ogigami: In questo senso sono stata severissima perché ho specificato con delle indicazioni molto attente tutte quelle che potevano essere le caratteristiche del personaggio e come doveva essere interpretato, personaggio che comunque rimaneva un uomo fisicamente. Addirittura per far sì che imparasse tutta la gestualità di una donna (ad esempio per quanto riguarda le mani, le gambe, la postura del corpo), oltre a lavorare sulla gestualità, abbiamo fatto venire appositamente un docente che desse delle indicazioni ben precise su come doveva camminare, su come doveva tenere il bicchiere, su come doveva mangiare etc. Inoltre nello staff c'erano molte donne che spesso dicevano: "no, questo tipo di gesto non lo faremmo mai", oppure "no, questa altra cosa non la faremmo mai" etc. Insomma sono stata molto precisa e per l'attore probabilmente questa è stata anche una fonte di stress.

Pensa che questo film possa avere un intento didattico al fine di istruire o comunque di informare le generazioni più giovani su questo tipo di tematica?

Naoko Ogigami: Non solo desidero che possa essere interpretato in questo modo ma in realtà a Shibuya ed in certe zone di Tokyo ci sono delle scuole elementari e delle scuole medie in cui si sta parlando di mostrarlo. Inoltre ci sono degli enti locali (quelli che da noi sarebbero il Comune la Provincia, ndr) dove si sta parlando di promuovere la visione di questo film negli istituti scolastici.

Come mai ha deciso di far recitare un uomo e non un vero transgender?

Naoko Ogigami: In realtà la risposta è molto semplice, non esistono al momento attrici o attori transgender giapponesi, questa è stata una grande pregiudiziale. Dei personaggi transgender appaiono comunemente in televisione, e hanno anche successo, però il Giappone è ancora un luogo dove non si vuole che il proprio figlio sia transgender, così come non si vuole che il vicino lo sia, questo fa sì che sia ancora abbastanza complicato fare coming out. Per questa ragione è difficile trovare attori e attrici transgender. Spero che fra dieci anni la situazione sia cambiata.

Come è stato accolto il film in Giappone?

Naoko Ogigami: Nelle grandi città come Tokyo e Osaka c'è stata una grande affluenza ai botteghini, ma in provincia e nelle campagne la gente non è andata a vederlo al cinema, l'approccio è stato molto più retrogrado e questo mi ha confermato la situazione conservatrice del Giappone lontano dalle grandi città. Prima del lancio del film è stato diffuso su internet un form dove si poteva dare un punteggio tra 1 e 5 sul gradimento della tematica proposta dal film: ebbene circa 400 persone hanno dato punteggio 1, il che significa che si tratta di un argomento che mette ancora molto a disagio e il fatto che ci fossero così tante persone contrariate mi ha fatto un po' di tristezza.
 
Intervista a Naoko Ogigami
 

FEFF TALKS: Naoko Ogigami (regista) Close-Knit, Daisuke Miura (regista) The City of Betrayal, Hiroshi Nishitani (regista) - Hirugao: Love Affairs in the Afternoon, Mark Schilling (coordinatore del FEFF per il Giappone)


Mark Shilling: Grazie a tutti per essere intervenuti a questo panel, è una mattinata molto interessante perché abbiamo come ospiti dei registi molto promettenti dal Giappone. Si tratta di Naoko Ogigami, Daisuke Miura e Hiroshi Nishitani. Abbiamo solo mezz’ora a nostra disposizione e vogliamo dedicare del tempo anche alle vostre domande. Ieri sera Hirugao ha avuto un’accoglienza davvero eccezionale e il regista Nishitani non solo ha diretto il film ma anche la precedente serie tv (dorama) da cui è tratto, oltre ad esser stato co-regista in altri progetti fra cui uno ambientato ad Amalfi. Anche il film della Ogigami è stato molto apprezzato e ben accolto qui a Udine, ed è un grande onore per noi avere qui la regista di Rent a Neko e quello di Boys on the run. Abbiamo fortemente voluto questo film al FEFF dopo averci provato insistentemente. Infine The City of Betrayal è un film molto interessante che parla di tradimenti e infedeltà nella quotidianità contemporanea. La prima cosa che colpisce è che ci sono due film (Hirugao e The city of betrayal) che sono entrambi basati sul tema dell’infedeltà, è dunque un tema ricorrente quest’anno. Un’altra cosa che colpisce è che il secondo è molto moderno e attuale come ambientazione, in quanto le due persone che decidono di tradire i loro partner si conoscono tramite la chat di un sito web dedicato agli appuntamenti “al buio”, e mi ha colpito per la sua contemporaneità. Tra l’altro le età dei due protagonisti sono distanti, una donna matura e un ragazzo alle prime esperienze. Molto spesso in Giappone la questione dell’infedeltà ci riporta alla tradizione del teatro kabuki di centinaia di anni fa, e qui viene trattata in modo molto brutale. Invece il personaggio maschile di Hirugao è molto più classico, è un bell’uomo, mite, un po’ debole di carattere, e in questo caso, come nel kabuki, la storia di infedeltà si trasforma in tragedia. L’infedeltà quindi, per essere trattata in due film, sembra avere un trend in aumento. Che ne pensate? Come mai avete deciso di approcciarvi a questo tema?

Daisuke Miura: Io volevo innanzitutto mostrare che cosa succede realisticamente e in modo diretto quando una persona tradisce il proprio compagno. Quando avviene il tradimento si pensa subito al male, invece non è così semplice, non è solo male, ci sono tutta una serie di sfaccettature e sentimenti, però fin’ora, guardando varie altre opere, mi sembrava che questi altri sentimenti non venissero trattati (quanto meno non in maniera soddisfacente per me) e quindi ho cercato di essere ancora più sensibile a questa tematica e a tutti i fattori che vi si possono sviluppare attorno.

Hiroshi Nishitani: Inizialmente c’è stata la serie televisiva, il dorama, e c’era, oltre al sentimento di amore tra uomo e donna, questo conflitto tra due donne che sempre e comunque andavano alla ricerca dello stesso uomo, ma in questo caso l’elemento del tradimento diventava un’aggiunta. C’è da dire che in Giappone questa tematica viene sempre trattata in un certo modo.
 
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Mark Shilling: Ora una domanda per Naoko Ogigami, regista di Close-Knit. Il suo film è basato sulla realtà odierna del Giappone. Io ho vissuto in Giappone per lungo tempo e ho visto molti transgender in TV, mi sembrava quindi che fosse una realtà accettata. In realtà le cose non stanno così. Forse, vedendo il suo film, si potrebbe pensare che le cose stanno cambiando rispetto a vent’anni fa. Lei ritiene che sia così? Che il Giappone si stia aprendo?

Naoko Ogigami: Allora, la risposta è sì e no. Guardando alla TV si accetta che ci siano dei transgender, però questi ci disturbano molto se abbiamo una persona omosessuale nella nostra famiglia o nel nostro vicinato, non è una cosa ben accetta. Quindi c’è un vero e proprio pregiudizio sociale. Ad esempio quando la mamma del ragazzino nel film vede Rinko e Tomo al supermercato che fanno la spesa insieme, normalmente, e improvvisamente lei ha una reazione avversa, negativa. Penso che sia abbastanza usuale una situazione del genere nella nostra società.

Mark Shilling: Quando ha pensato a questo film? quando Lei viveva in America? (Naoko Ogigami ha vissuto negli Stati Uniti per un certo periodo della sua vita, ndr)

Naoko Ogigami: No, mi è venuta quest’idea quando sono tornata in Giappone proprio perché mi sono sentita molto disturbata dal fatto di non trovare nessuna amicizia tra gli omosessuali, quindi sono tornata negli Stati Uniti e ne ho tratto la conclusione che il Giappone sia una società ancora molto conservatrice.

Vorrei chiedere a Daisuke Miura, nel suo film ho notato che le donne sono molto schive e nella mia percezione il Giappone appare come una società maschilista. È vero che le donne sono così sessualmente attive? Come mai avete scelto di mettere una donna più matura con un uomo molto più giovane di lei?

Daisuke Miura: Il fatto che le donne possano essere sembrate sessualmente molto attive non era fra i miei obiettivi inizialmente, quindi è stata forse una conseguenza di come il film si sia sviluppato, invece il fatto che ci sia stata una discrepanza di età fra i due è dovuta al fatto che il ragazzo ancora non lavora e la donna è una casalinga a tempo pieno, quindi si tratta di una situazione in cui entrambi sono molto liberi nel pomeriggio e hanno dunque la possibilità di incontrarsi in quel frangente della giornata. Mentre le altre persone normalmente lavorano a quell’ora, loro hanno l’occasione di incontrarsi e poi, tra l’altro, entrambi possono viverre una vita di ozio e cercano di giustificare l’ozio l’uno dell’altro. Da questo punto di vista ovviamente era molto complicato riuscire a sviluppare la tematica in una situazione di ambiguità e questa ambiguità non è sempre facile da esprimere cinematograficamente.

Alla regista Naoko Ogigami. Io studio a Venezia e ho molti amici LGBT mentre in Giappone sono pochi. Immagino che girando questa opera abbia avuto modo di incontrare vari gay. Ha percepito qualche differenza nella personalità fra giapponesi e americani nell’ambito di queste comunità?

Naoko Ogigami: Nella società giapponese ci sono ancora poche persone che fanno coming out. Rispetto ad Europa ed America Qui è abbastanza normale farlo perché c’è una mentalità più aperta, c’è un cuore e uno spirito più aperto perché si sa che si può diventare amici più facilmente. D’altro canto in Giappone questo ancora non avviene e c’è ancora la necessità di nascondersi. Ovviamente non è colpa loro se queste persone si ritrovano in queste “scarpe strette” in una vita di proibizioni, ed è qualcosa che ho percepito. Ho avvertito la loro necessità di nascondersi rispetto all’apertura che c’è in occidente.
 
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Al regista di Hirugao. Mi interessa la questione delle rotaie del treno e volevo sapere se c’è qualche riferimento ad Anna Karenina o ad altri film che contengono questo elemento delle rotaie e del suicidio.

Hiroshi Nishitani: Non ho avuto particolari riferimenti da parte di altre filmografie e quasto vale anche per tutte quante le altre mie opere. Spesso si basano specialmente sulle esperienze che ho vissuto quando vivevo la mia vita quotidiana, o parlando con gente che le aveva vissute in prima persona, e quindi da lì si viene a sviluppare la storia. Non ci sono altri punti di riferimento.

Una domanda per Naoko Ogigami: In questo film lei presenta una realtà molto idealizzata di una casa di riposo per anziani, cosa che mi fa addirittura pensare di stabilirmi in Giappone nella mia terza età. Mi sembra che ci sia in Giappone molta più cura per gli anziani sia all’interno delle famiglie che nelle strutture dedicate agli anziani anche se sembrerebbero relativamente poche.

Naoko Ogigami: Al momento in Giappone ci sono appunto situazioni limite in cui ci si deve prendere cura l’uno dell’altro ma ci sono stati anche casi in cui un coniuge ha ucciso l’altro perché non ce la faceva a reggere il peso, alla fine l’importante è riuscire a trovare un’equilibrio nelle cose in modo che tutto possa essere gestito nel migliore dei modi.

Come mai è stato scelto quel determinato attore per il ruolo di Rinko (Ikuta Toma ndr), avete fatto dei casting o avevate già in mente quel tipo di fisionomia?

Naoko Ogigami: Si tratta di un attore molto conosciuto, ovviamente è stato fatto un casting ed è stato scelto proprio per questi suoi lineamenti così belli, così che potesse facilmente essere trasformato in una bella donna.

Per quanto riguarda la sua recitazione nel film abbiamo notato che ha una voce molto naturale, non ha tentato di modificare la voce da farla sembrare più femminile.

Naoko Ogigami: Be’ diciamo che non è una voce normale. L’attore ha modificato la sua voce facendola diventare un po’ più dolce, più gentile. Abbiamo provato con diversi toni di voce e questo è alla fine quello che abbiamo scelto. Magari potrebbe sembrare un po’ strano, non è un transgender tipico, di fatto risulta molto difficile crearsi una voce artificiosamente per cui abbiamo deciso di mantenere la tonalità che lui aveva.

Domanda dal pubblico: Un’altra domanda alla regista di Close-Knit: Vorrei chiederle della rappresentazione dei transgender nel suo film, di solito i film LGBT sono molto popolari nel cinema e la raffigurazione mainstream e che più comunemente se ne ricava è quella di vittimizzazione. I film ci fanno vedere quasi sempe quanto difficile sia la vita di queste persone che magari arrivano al suicidio, ed è proprio quello che vediamo anche nel ragazzino del suo film, invece la sua rappresentazione di Rinko è molto più positiva. Ci trasferisce una realtà che si concentra sugli aspetti positivi: ha un ragazzo, si comporta in modo esemplare con Toma etc. Come mai ha scelto questo taglio invece che la vitimizzazione del personaggio?

Naoko Ogigami: Leggendo articoli sui giornali (ne ho letti parecchi) sempre sull’argomento dei transgender, sono venuta a conoscenza delle vite di molte persone, ed ho notato che in un caso un ragazzino verso i quattordici anni aveva detto alla mamma che si sentiva femmina e voleva diventare donna, addirittura voleva farsi un seno finto e la madre ha acconsentito. Allora io mi sono concentrata su questo caso e sono andata a trovare questa mamma e lei mi ha detto che da subito ha accettato le inclinazioni di suo figlio che poi è diventata sua figlia etc. e quindi questo ha contato molto per questo ragazzo. Mi è sembrata una cosa molto bella questo atteggiamento così aperto di accettazione e non è vero che le cose siano sempre così negative. Per questo ho scelto un taglio positivo.

Ancora una domanda per Ogigami: La ragazzina che fa Tomo mi è sembrata ottima come attrice. Il sistema dell’istruzione in Giappone non tocca questo argomento dell’LGBT. Quando le avete fatto recitare questo ruolo c’è stata una preparazione? È Stato difficile per lei?

Naoko Ogigami: Be’ ovviamente i ragazzini hanno avuto una certa preparazione. In realtà nell’ambito del sistema scolastico i ragazzi ricevono delle informazioni, però non sapevano che cosa significa ad esempio un seno artificiale e cose di questo genere, però lei è una ragazzina molto intelligente e ha capito tutto. L’attrice aveva undici anni quando abbiamo girato, incredibile.

 
The city of Betrayal - Trailer
 


Vorrei fare una domanda a Daisuke Miura: come decide per gli attori e come bilancia la sua carriera fra attore e regista?

Daisuke Miura: Inizialmente The city of betrayal era un’opera teatrale e quindi ovviamente c’è sempre questa base teatrale per me che rimarrà sempre molto forte. Però sarà anche possibile cercare di aumentare l’elemento cinematografico mantenendo questa base in cui comunque io rimango una persona che è nata nel teatro. Però utilizzando bene le caratteristiche che riesco a percepire nel mio mondo teatrale voglio cercare di far rivivere queste caratteristiche all’interno delle possibilità cinematografiche, tra l’altro dovo dire che ultimamente i lavori cinematografici tratti da opere teatrali stanno aumentando, quindi cercherò di integrare le due carriere nel miglior modo possibile.

Adesso una domanda a Hiroshi Nishitani. Lei ha curato la regia della serie televisiva dopo di che ha realizzato questo lungometraggio invece di continuare con questi episodi. Da un lato doveva rivolgersi a un pubblico che non conosceva la serie, dall’altro doveva anche accontentare i fan della serie, quindi aveva due target di pubblico da tener presente.

Hiroshi Nishitani: Diciamo che comunque l’ntenzione è quella di creare un’opera a sé stante però va anche detto che ovviamente si deve anche pensare che in Giappone quando si produce qualcosa che deriva da una serie tv non si riparte da zero. Quello che ho cercato di fare è stato dare una comunicazione che fosse tipica del film per le sale, quindi per quello che può essere il punto di vista delle persone che lo guardano c’è un punto di partenza che è rappresentato dalla serie tv e un punto di arrivo che è stato il film. Però sempre con un tono molto indipendente di un medium rispetto all’altro.
 
Hirugao - Trailer
 


Ancora una domanda per Hiroshi Nishitani: Dopo tre anni Sawa aveva un piccolo frigorifero e poi c’erano i panni che venivano stesi in questo piccolo appartamento. Ho avuto la percezione che Lei abbia cercato di riassumere tre anni in tanti piccoli dettagli. Tra l’altro questo tipo di tematica sta diventando molto complicata, soprattutto dopo gli ultimi eventi sociali. Volevo sapere se c’è qualche tipo di influenza nel film.

Hiroshi Nishitani: Innanzitutto grazie per aver fatto molta attenzione ai dettagli del film. Sono passati tre anni tra serie tv e film e quindi l’inizio del film serve come piccola sintesi per far capire come tre amnni siano passati e questo dava anche la possibilità di iniziare il film come un’opera asè stante e quindi appunto questo dettaglio del frigorifero, per quanto possa essere pieno c’è il fatto che la persona che ami stia vivendo una vita vuota, e poi in questi anni loro non hanno voluto scambiarsi alcun tipo di comunicazione. Dopo quando ad esempio lei inizia una nuova vita e dei rapporti con altre persone, le capita che non le esca la voce, tossisce, compie gesti che rivelano il suo stato d’animo. Invece io avevo fatto una domanda a Sabrina Baracetti su come sia andato il film qui, ad esempio in Italia non mi sembra che ci siano dei concordati matrimoniali a livello giuridico come quello che viene proposto all’inizio del film. Credo che alla fine gli esseri umani siano uguali in questi aspetti ovunque. Il personaggio di Kitano era molto debole ma dolce allo stesso tempo, ma a volte si dice che l’amore va rubato, e questo vale sia in Italia che in Giappone e in particolare per i giapponesi c’è anche l’elemento della morale comune e di ciò che dirà la gente. C’è sempre questa idea che se si viene scoperti si viene visti male e quindi, sì, da questo punto di vista devo dire che io stesso non so dare una buona risposta, anzi mi piacerebbe sapere da voi cosa avete percepito attraverso le mie immagini.

Mark Shilling: Nel ringraziarvi per essere intervenuti salutiamo i registi Naoko Ogigami, Hiroshi Nishitani e Daisuke Miura.

 
Close-Knit - Trailer
 


Vi ricordiamo che prossimamente AnimeClick.it pubblicherà altri speciali dal FEFF19, fra cui le interviste a Kenichi Matsuyama e Yoshitaka Mori, rispettivamente attore e regista di Satoshi: A Move for Tomorrow.