In occasione della 27° edizione del Far East Film Festival, la kermesse udinese dedicata al cinema asiatico a tutto tondo, abbiamo avuto la possibilità di partecipare agli incontri organizzati per la stampa con gli autori, registi e attori di determinate pellicole.

Per l'interessante co-produzione internazionale Diamonds in the sand sono giunti a Udine il celeberrimo attore giapponese Lily Franky, protagonista della pellicola, accanto alla regista filippina Janus Victoria e alla produttrice malese Lorna Tee. Li abbiamo incontrati in privato, per sviscerare i dettagli dell'opera attraverso la duplice intervista che segue.
Diamonds in the sand ~ Trailer completo
con sottotitoli in lingua inglese

**
Prima parte dell'intervista, con la regista Janus Victoria e la produttrice Lorna Tee
Animeclick: buongiorno, sono Lara di Animeclick, testata online dedicata a manga, anime, drama e cinematografia nipponica e asiatica.
Janus Victoria e Lorna Tee: buongiorno, molto piacere.
AC: ci teniamo innanzitutto a farvi i complimenti per il bel progetto dedicato a Diamonds in the sand; ci auguriamo che vi possano essere ulteriori co-produzioni tra il Giappone, le Filippine e altri Paesi dell'Asia, perché si tratta di opportunità davvero molto interessanti.
J. Victoria / L. Tee: grazie davvero.
AC: iniziamo con uno dei dettagli che si notano in una scena del film: vi è un addetto che serve dietro il banco di un convenience store (i cosiddetti 'conbini', ndr) di Tokyo dove il protagonista Yoji va ad acquistare dei prodotti. Il lavoratore non è giapponese, bensì proveniente dal sud-est asiatico.
J. Victoria / L. Tee: esattamente, però lui non è un filippino.
AC: non ce n'erano molti fino a pochi anni fa, ma ci è capitato di notare come il loro numero sia cresciuto davvero esponenzialmente in Giappone di anno in anno, nel giro di breve tempo.
L. Tee: davvero, in pochissimi anni praticamente tutti i conbini hanno finito per adottare lavoratori stranieri, non giapponesi. Persino nell'isola di Okinawa si può osservare il medesimo schema.
J. Victoria: vengono impiegati soprattutto nei convenience store, oppure come camerieri. Mentre invece per quanto riguarda i filippini, essi vengono assunti essenzialmente nei lavori di caregiving, ovvero come badanti di anziani o persone non autosufficienti.

AC: ci chiedevamo quindi se potesse essere interessante in futuro portare alla luce in un film anche questa situazione, ovvero quella dei lavoratori asiatici dei conbini, perché è piuttosto peculiare.
J. Victoria: sono certa che qualcuno lo farà.
L. Tee: per quanto riguarda i filippini, essi vengono impiegati primariamente nel settore del caregiving e degli hotel, perché la loro caratteristica è di saper parlare bene l'inglese, dunque sono in grado di interagire perfettamente con i clienti e con le persone a loro affidate, anche in ambito internazionale.
AC: mentre invece nel caso dei lavoratori dei conbini, si tratta di una tipologia di lavoro che perlopiù non richiede di parlare.
L. Tee: esattamente, per la maggior parte del tempo quello è un lavoro che non richiede l'interazione attiva con il cliente.
AC: per quanto riguarda invece l'ambiente, inteso come i paesaggi, gli sfondi e le location: visionando il film abbiamo avuto la percezione che esso sembrasse quasi divenire un personaggio a sé stante, riflettendo le emozioni e i conflitti interiori dei vari personaggi, oltre che del protagonista.
Ci piacerebbe chiedervi pertanto come avete lavorato con la cinematografia per creare questa relazione tra i personaggi e il paesaggio circostante e veicolarla allo spettatore.
Ci sono specifiche scelte visive che avete voluto utilizzare per enfatizzare questa connessione?
L. Tee: per questo film abbiamo potuto contare su una cinematografa molto rinomata. Si tratta di Akiko Ashizawa, lei ha lavorato a lungo a fianco di Kiyoshi Kurosawa in molti dei suoi film, tra cui anche Tokyo Sonata che sia io che Janus amiamo così tanto.
Akiko e Janus hanno stretto una profonda amicizia, adorano trascorrere del tempo assieme qualche volta; per quanto concerne il film, Akiko ci ha aiutate tantissimo nel strutturarlo secondo la forma che avrebbe dovuto avere. Ci ha aiutate anche a osservare le prospettive secondo le quali i giapponesi guardano, al modo in cui invece lo fanno i filippini; ne abbiamo parlato a lungo, del modo in cui curare i dettagli, ed ecco, sono davvero merito suo.

J. Victoria: a entrambe era chiaro che la prospettiva che intendevamo mostrare nel film era quella di Yoji, ovvero il suo modo di vedere il mondo. Girare un film in due nazioni diverse, come in questo caso, implica il dover tenere conto di una serie di sfaccettature delicate, come ad esempio il modo in cui si osserva o filtra la luce del sole; su questo aspetto vi è una differenza enorme tra Giappone e Filippine, è come pensare di guardare a due film completamente diversi. Specialmente perché è un contrasto che appare così ovvio. Ma ciò che desideravamo noi non era semplicemente di far pensare "toh guarda, come è diverso", bensì di far intuire allo spettatore "in che modo lo vedrà Yoji?"
AC: e dunque la percezione che di tutto questo ha il personaggio, dettagli compresi.
J. Victoria: esattamente. E quando ho capito questo aspetto, abbiamo anche deciso di propendere per molte scene che enfatizzassero il filtrare della luce negli ambienti, piuttosto che il movimento dei personaggi al loro interno di per sé. Perché alla fine è come se si trattasse di un ritratto di due città.
L. Tee: in una precedente intervista Janus aveva anche citato che le riprese miravano a mostrare lo spostarsi delle persone in uno spazio, e come tutto ciò definisse -a ben guardare- la cultura delle persone e di un Paese.
Nel film abbiamo cercato di fare anche questo, nel senso di far intuire i movimenti delle persone unitamente all'energia che inducono in un determinato spazio e ambiente.

AC: il risultato in effetti appare evidente e completamente diverso, a seconda degli spazi, perché Tokyo appare quasi "vuota" se osservata dal punto di vista di Yoji, a causa della sua solitudine. E, al contrario, le Filippine appaiono vibranti, cariche di energia.
J. Victoria: come ci muoviamo? Come usiamo lo spazio attorno a noi? Come usiamo il suono?
L. Tee: esattamente.
J. Victoria: questo è ciò che definisce il modo di vivere. Il Giappone appare molto silenzioso, ma perché?
AC: in effetti, la sensazione che se ne ricava visitandolo è questa.
J. Victoria: sì, ma ci chiediamo "come mai? Che cosa significa?" E perché le Filippine invece sono così rumorose? Di certo significa qualcosa. Serve a un qualche scopo, e la modalità del vivere si ricava anche attraverso questo.
AC: è vero.
AC: per quanto riguarda invece il concetto del "kodokushi", chiave e tema del film. La pellicola inizia da questo ma poi il focus si sposta, osservando Yoji e i suoi tentativi di ricercare la felicità, quel tipo di felicità più adatta a lui.
A riguardo del kodokushi, sappiamo che in precedenza avevate realizzato un documentario, un cortometraggio, per approfondire questo tema. Intendete svilupparlo ulteriormente in futuro, considerando quanto la scena iniziale del film lasci un impatto così forte sullo spettatore?
J. Victoria: ora come ora direi di no, non ancora. Perché questo film ha richiesto così tanti anni di lavorazione, puoi immaginarlo? Ho vissuto su questo progetto per ben dieci anni. Sai, quando si sta lavorando a qualcosa, ci si scrive sopra, cercando di definire la storia e raccontarla. Ci penso ogni giorno, tutti i giorni, con un impegno e una focalizzazione assoluta, finché alla fine non è completa. Penso pertanto che per il momento tutto questo me lo lascerò beatamente alle spalle *ride*.

AC: e dunque, preferibilmente, cambiare anche argomento.
L. Tee: penso che quello che stiamo cercando di fare, usando come soggetto il kodokushi in questo film, non sia di raccontarlo più diffusamente, perché non è questa l'intenzione del film. L'obiettivo è di parlare di come viviamo, piuttosto di come moriamo. Nella scena all'inizio, apprendiamo la notizia, scopriamo come la persona muore, dal punto di vista visivo; lo stato emozionale rimane però a livello "informativo". E questo non è ciò a cui punta Janus.
L'intento è di esplorare come le persone hanno vissuto e come potranno vivere in futuro, così da non finire in quel modo, nel kodokushi.
J. Victoria: Per Yoji, inoltre, non si tratta tanto del trasferirsi in un'altra nazione, quanto piuttosto di scoprire, all'interno di sé stesso, ciò che ha bisogno di fare. Accade semplicemente che scopra tutto ciò in un altro luogo, ma tale "altro luogo" non è la soluzione, perché la risposta deve potersi trovare dentro di noi.
AC: durante il film viene infatti da chiedersi, ad esempio, il perché del trasferirsi proprio nelle Filippine. Dopotutto Tokyo non rappresenta tutto ciò che il Giappone è. Perché non cambiare vita trasferendosi in campagna, o a sud nel Kyushu, dove il tran tran della quotidianità è più calmo e sereno?
L. Tee: e dove le persone sono più calorose, mentre a Tokyo appaiono così tanto distanti e distaccate.
J. Victoria: beh, sai, penso che Yoji non abbia "deciso" di trasferirsi, è più il fatto che è successo così. Ha trovato una connessione con qualcosa cui ha deciso di volersi aggrappare con forza. E quando ti senti perduto, quando non sai dove vorresti o avresti bisogno di andare, qualche volta, semplicemente, segui il corso delle cose, dove ritrovi quella connessione.
AC: Yoji ha percepito una traccia, e l'ha seguita.
J. Victoria: esattamente.
AC: è molto vero, in effetti.
Desideriamo ringraziarvi infinitamente ancora, per il vostro tempo e la disponibilità.
L. Tee: Grazie. (l'intervista si è tenuta in lingua inglese, ma Tee ha pronunciato il "grazie" in italiano, ndr)
AC: grazie mille. E abbiamo piacere di lasciarvi anche un piccolo omaggio.

**
Ricordiamo che Lily Franky è un attore, illustratore, scrittore, saggista e compositore originario di Fukuoka che viene premiato come Miglior Attore non Protagonista ai Japan Academy Prize del 2014. E' noto anche in Occidente al grande pubblico grazie ai tanti ruoli nei film del celeberrimo cineasta Hirokazu Kore'eda, come Father and Son, Little Sister, Ritratto di Famiglia con Tempesta e Un affare di famiglia; diviene poi protagonista nell'ambiziosa produzione anglo-nipponica Cottontail, presentata al Festival del Cinema di Roma nel 2023. Di recente, infine, sono approdate su Netflix in streaming per l'Italia le serie Jimenshi - I maghi della truffa e Who Saw the Peacock Dance in the Jungle?, in cui Lily Franky ha ruoli di notevole rilievo.

AC: innanzitutto mi scuso se personalmente appaio molto, molto, molto emozionata.
Lily Franky: *ride* Perché?
AC: perché ho visto molti dei film e dei drama che lei ha interpretato.
L. Franky: oh... grazie.
AC: cominciamo con le domande. Lei era presente alla proiezione di Teki Cometh del regista Yoshida l'altro giorno qui a Udine, che tratta un tema simile (il timore della morte in solitudine in età senile in Giappone, ndr) con protagonisti di età simile. Naturalmente, però, le risposte che cercano di fornire i due film sono completamente diverse. Vorremmo chiederle che tipo di reazioni e di emozioni le ha suscitato la visione del film. Inoltre, che tipo di risposta si aspetterebbe lei di vedere nel futuro del Giappone?
L. Franky: quelle che sono state trattate -soprattutto in Diamonds in the sands, ma in realtà anche in Teki Cometh-, sono tematiche che condividono il tema che potremmo definire la "morte per solitudine".
In realtà non si tratta di qualcosa che necessariamente si limita al Giappone; potrebbe succedere anche in Italia, in Francia, in Inghilterra o altrove. Quello che voglio dire è che nei Paesi che sono economicamente più ricchi capita più spesso che ci siano questo tipo di morti, soprattutto nella categoria della terza età, degli anziani.
In Giappone questo tipo di morti non sono per niente un evento raro; confrontandomi con la regista Janus di questo film, lei mi diceva invece di come questo non accada nelle Filippine, perché lì si vive soprattutto insieme, in famiglia. Lei ha mostrato bene nel film le differenze dello stile di vita fra Giappone e Filippine.
Però alla fine credo che tutto voglia arrivare al sapere che cosa può costituire la felicità per una persona. E quindi, secondo me, anche un giapponese che possa vedere questo film, potrebbe ricavarne delle percezioni e delle sensazioni che gli potrebbero essere di aiuto per il futuro.
L. Franky: Ora chiedo io a voi: in Italia si verificano questi tipi di morti?
AC: finora non con così tanta frequenza, ma è un problema che si presenterà sempre più spesso.
L. Franky: sì, soprattutto con l'avanzamento della società senile. Questo potrebbe succedere poi in qualunque società.
AC: e derivante anche poi dalla vita in solitaria. Anche in Italia il concetto di famiglia una volta era un po' come nelle Filippine, nell'avere dunque tante persone in un medesimo nucleo familiare. Adesso ciò è sempre meno frequente, la tendenza è verso una vita con nuclei ben più ridotti o mononucleari, in cui il rischio della solitudine e della relativa morte in solitudine è ben più elevato.

AC: nella corso della sua carriera, lei ha avuto modo di interpretare tanti ruoli diversi e sfumati in film piuttosto variegati, da commedie leggere a opere drammatiche e complesse. Ha sempre saputo conferire loro molta profondità e numerose sfaccettature.
Durante il FEFF talk proposto al festival, ci ha raccontato inoltre che il personaggio di Yoji era già un personaggio perfetto in partenza sulla sceneggiatura. Vorremmo chiederle come ha lavorato per mantenere la coerenza emotiva di Yoji nel percorso di trasformazione che lui compie durante il film.
L. Franky: diciamo soprattutto che per quello che concerne la parte iniziale, ovvero lo Yoji che si osserva all'inizio del film, egli si ritrova a vivere una vita in cui ha ancora un'attività lavorativa all'interno di un'azienda, pur se all'interno di quell'ambiente ha perso notevolmente la sua posizione, cadendo proprio in basso. Yoji non intende parlare di questo con gli amici, cerca proprio di evitare la comunicazione in generale; non vuole fare sapere praticamente a nessuno che lui è un cosiddetto "drop out", cioè una persona che in pratica ha perso tutto. Da questo punto di vista possiamo dire che lui è anche una persona che discrimina.
E in più c'è un altro elemento che va preso in considerazione: la storia delicata che intercorre fra il Giappone e le Filippine.
Come si può vedere nel film, c'è tutta una serie di relazioni che intercorrono tra i due Paesi, che hanno intessuto rapporti reciproci, dai quali emerge però che alla fine il Giappone si trova sempre in una situazione di superiorità. Dalle Filippine i giapponesi pescano le persone per farle lavorare come badanti, e in passato c'era stato anche un periodo in cui da lì provenivano anche le cosiddette operatrici sessuali.
Questo fa sì che, inizialmente, nei confronti di Minerva Yoji adotti la posizione di guardarla dall'alto verso il basso, soprattutto a livello sociale. Col passare del tempo che egli trascorre nelle Filippine, però, e man mano che vede quella che è la situazione nelle Paese, Yoji inizia a sviluppare un suo senso di umanità. Il sapore della sua umanità di oggi comincia a fiorire, a espandersi di più.
Probabilmente si iniziano a notare anche alcuni aspetti caratteriali che lui ha sempre avuto, ovvero che probabilmente non è una persona che riesce a farsi degli amici, non è una persona sincera, e non si capisce nemmeno bene se sia un timido o meno. Oltre comunque al fatto che lui sembra una persona, come dire, un po' detestabile, ecco. Se ci pensiamo bene, queste sono anche delle caratteristiche molto comuni a persone -soprattutto uomini- di quell'età. Tutti questi aspetti della sua personalità c'erano già dall'inizio, e ho voluto rispettarli fino alla fine.

AC: c'è stata una scena che per lei in particolare rappresenta il culmine di questo viaggio, il climax del percorso di Yoji?
L. Franky: non credo che il climax dell'esistenza di Yoji si rinvenga all'interno in questo film, quindi in quel senso non c'è una scena del genere. Però ci sono senza dubbio delle scene che rappresentano bene quello che è il suo aspetto caratteriale. Ad esempio, uno di questi momenti è quando lui prepara il bento (pranzo al sacco collocato all'interno di una scatolina, ndr) per la madre: quello ci mostra il lato gentile della personalità di Yoji.
Un altro è invece quello in cui lui tiene la testa appoggiata sulle ginocchia di Minerva. Io là mi sono chiesto: "ma chi è questo Yoji? Chi è questa persona? Quanto è spiacevole? Quanto è sgradevole vederlo così? Tutto è a malapena cominciato, e lui già si sente in dovere di fare questo genere di cose?" Nonostante si prenda quindi questo tipo di confidenza, non appena arriva Toto, invece, nei suoi confronti Yoji è molto crudele e molto diretto.
Quindi possiamo dire che Yoji ha due personalità, ma non è solo lui ad averle: in fin dei conti, molte persone al mondo presentano questi due elementi in quantità diverse, che sono la gentilezza e la parte più brutta dell'essere umano.
AC: la ringraziamo davvero tanto. Con le domande abbiamo finito, tuttavia avremmo piacere di lasciarle un regalo, ovvero una borsa con all'interno anche la nostra spilletta. Animeclick è infatti un sito di manga e anime che è al contempo web media partner del Far East Film Festival.
L. Franky: grazie. Allora anch'io qui ho qualcosa per voi (l'attore ha donato ai presenti della stampa un piccolo omaggio, ndr).
Fonti consultate:
Si ringrazia l'ufficio stampa del Far East Film Festival per la disponibilità

Per l'interessante co-produzione internazionale Diamonds in the sand sono giunti a Udine il celeberrimo attore giapponese Lily Franky, protagonista della pellicola, accanto alla regista filippina Janus Victoria e alla produttrice malese Lorna Tee. Li abbiamo incontrati in privato, per sviscerare i dettagli dell'opera attraverso la duplice intervista che segue.
Diamonds in the sand ~ Trailer completo
con sottotitoli in lingua inglese
**
DIAMONDS IN THE SAND: recensione breve

Quello del "Kodokushi", ovvero della morte in solitaria, è lo spunto attraverso il quale la regista filippina Janus Victoria e la produttrice malese Lorna Tee fanno intraprendere al protagonista della storia un percorso alla ricerca di un possibile frammento di felicità. Un "diamante tra la sabbia", per l'appunto.
Yoji è un giapponese di mezza età che vive a Tokyo, interpretato con misurata compostezza dall'attore di fama internazionale Lily Franky: uno sgradevole incidente con l'anziano vicino di casa, morto in solitudine da mesi, conduce Yoji a chiedersi che ne è della propria esistenza e della direzione che essa potrà prendere nell'immediato futuro e oltre.
Toccherà anche a lui subire quella stessa triste tipologia di morte, dopo essersi ritrovato senza un lavoro e privo di affetti a vincolarlo nella sua madrepatria?
L'interessante confronto con l'ex badante filippina della madre, una donna affabile ed elegante, colta e intelligente, diviene così per l'uomo l'occasione per un viaggio in quelle terre vibranti di colori, tanto rumorose quanto accoglienti.
Nelle Filippine "non si muore soli nemmeno volendolo", si cita nel film; l'opera pone interrogativi di rilievo su temi di estrema attualità, che non rimangono confinati al solo Giappone, ma che possono dirsi comuni a molti dei Paesi più civilizzati al mondo.
Nel racconto, anche i suggestivi ambienti e panorami si fanno parte integrante della personalità del film; essi appagano l'attenzione e solleticano la curiosità dello spettatore al tempo stesso, il quale si sente viaggiatore e attento osservatore almeno al pari di Yoji, nel guardarsi attorno.
E' una co-produzione ambiziosa, quella di Diamonds in the sand, che ha richiesto un quantitativo di anni non indifferente, dietro le quinte, prima di poter vedere la luce; il risultato, tuttavia, ripaga di tutto il tempo e le difficoltà riscontrate durante il lungo percorso.
Yoji è un giapponese di mezza età che vive a Tokyo, interpretato con misurata compostezza dall'attore di fama internazionale Lily Franky: uno sgradevole incidente con l'anziano vicino di casa, morto in solitudine da mesi, conduce Yoji a chiedersi che ne è della propria esistenza e della direzione che essa potrà prendere nell'immediato futuro e oltre.
Toccherà anche a lui subire quella stessa triste tipologia di morte, dopo essersi ritrovato senza un lavoro e privo di affetti a vincolarlo nella sua madrepatria?
L'interessante confronto con l'ex badante filippina della madre, una donna affabile ed elegante, colta e intelligente, diviene così per l'uomo l'occasione per un viaggio in quelle terre vibranti di colori, tanto rumorose quanto accoglienti.
Nelle Filippine "non si muore soli nemmeno volendolo", si cita nel film; l'opera pone interrogativi di rilievo su temi di estrema attualità, che non rimangono confinati al solo Giappone, ma che possono dirsi comuni a molti dei Paesi più civilizzati al mondo.
Nel racconto, anche i suggestivi ambienti e panorami si fanno parte integrante della personalità del film; essi appagano l'attenzione e solleticano la curiosità dello spettatore al tempo stesso, il quale si sente viaggiatore e attento osservatore almeno al pari di Yoji, nel guardarsi attorno.
E' una co-produzione ambiziosa, quella di Diamonds in the sand, che ha richiesto un quantitativo di anni non indifferente, dietro le quinte, prima di poter vedere la luce; il risultato, tuttavia, ripaga di tutto il tempo e le difficoltà riscontrate durante il lungo percorso.
**
Prima parte dell'intervista, con la regista Janus Victoria e la produttrice Lorna Tee
Janus Victoria e Lorna Tee: buongiorno, molto piacere.
AC: ci teniamo innanzitutto a farvi i complimenti per il bel progetto dedicato a Diamonds in the sand; ci auguriamo che vi possano essere ulteriori co-produzioni tra il Giappone, le Filippine e altri Paesi dell'Asia, perché si tratta di opportunità davvero molto interessanti.
J. Victoria / L. Tee: grazie davvero.
AC: iniziamo con uno dei dettagli che si notano in una scena del film: vi è un addetto che serve dietro il banco di un convenience store (i cosiddetti 'conbini', ndr) di Tokyo dove il protagonista Yoji va ad acquistare dei prodotti. Il lavoratore non è giapponese, bensì proveniente dal sud-est asiatico.
J. Victoria / L. Tee: esattamente, però lui non è un filippino.
AC: non ce n'erano molti fino a pochi anni fa, ma ci è capitato di notare come il loro numero sia cresciuto davvero esponenzialmente in Giappone di anno in anno, nel giro di breve tempo.
L. Tee: davvero, in pochissimi anni praticamente tutti i conbini hanno finito per adottare lavoratori stranieri, non giapponesi. Persino nell'isola di Okinawa si può osservare il medesimo schema.
J. Victoria: vengono impiegati soprattutto nei convenience store, oppure come camerieri. Mentre invece per quanto riguarda i filippini, essi vengono assunti essenzialmente nei lavori di caregiving, ovvero come badanti di anziani o persone non autosufficienti.

AC: ci chiedevamo quindi se potesse essere interessante in futuro portare alla luce in un film anche questa situazione, ovvero quella dei lavoratori asiatici dei conbini, perché è piuttosto peculiare.
J. Victoria: sono certa che qualcuno lo farà.
L. Tee: per quanto riguarda i filippini, essi vengono impiegati primariamente nel settore del caregiving e degli hotel, perché la loro caratteristica è di saper parlare bene l'inglese, dunque sono in grado di interagire perfettamente con i clienti e con le persone a loro affidate, anche in ambito internazionale.
AC: mentre invece nel caso dei lavoratori dei conbini, si tratta di una tipologia di lavoro che perlopiù non richiede di parlare.
L. Tee: esattamente, per la maggior parte del tempo quello è un lavoro che non richiede l'interazione attiva con il cliente.
AC: per quanto riguarda invece l'ambiente, inteso come i paesaggi, gli sfondi e le location: visionando il film abbiamo avuto la percezione che esso sembrasse quasi divenire un personaggio a sé stante, riflettendo le emozioni e i conflitti interiori dei vari personaggi, oltre che del protagonista.
Ci piacerebbe chiedervi pertanto come avete lavorato con la cinematografia per creare questa relazione tra i personaggi e il paesaggio circostante e veicolarla allo spettatore.
Ci sono specifiche scelte visive che avete voluto utilizzare per enfatizzare questa connessione?
L. Tee: per questo film abbiamo potuto contare su una cinematografa molto rinomata. Si tratta di Akiko Ashizawa, lei ha lavorato a lungo a fianco di Kiyoshi Kurosawa in molti dei suoi film, tra cui anche Tokyo Sonata che sia io che Janus amiamo così tanto.
Akiko e Janus hanno stretto una profonda amicizia, adorano trascorrere del tempo assieme qualche volta; per quanto concerne il film, Akiko ci ha aiutate tantissimo nel strutturarlo secondo la forma che avrebbe dovuto avere. Ci ha aiutate anche a osservare le prospettive secondo le quali i giapponesi guardano, al modo in cui invece lo fanno i filippini; ne abbiamo parlato a lungo, del modo in cui curare i dettagli, ed ecco, sono davvero merito suo.

J. Victoria: a entrambe era chiaro che la prospettiva che intendevamo mostrare nel film era quella di Yoji, ovvero il suo modo di vedere il mondo. Girare un film in due nazioni diverse, come in questo caso, implica il dover tenere conto di una serie di sfaccettature delicate, come ad esempio il modo in cui si osserva o filtra la luce del sole; su questo aspetto vi è una differenza enorme tra Giappone e Filippine, è come pensare di guardare a due film completamente diversi. Specialmente perché è un contrasto che appare così ovvio. Ma ciò che desideravamo noi non era semplicemente di far pensare "toh guarda, come è diverso", bensì di far intuire allo spettatore "in che modo lo vedrà Yoji?"
AC: e dunque la percezione che di tutto questo ha il personaggio, dettagli compresi.
J. Victoria: esattamente. E quando ho capito questo aspetto, abbiamo anche deciso di propendere per molte scene che enfatizzassero il filtrare della luce negli ambienti, piuttosto che il movimento dei personaggi al loro interno di per sé. Perché alla fine è come se si trattasse di un ritratto di due città.
L. Tee: in una precedente intervista Janus aveva anche citato che le riprese miravano a mostrare lo spostarsi delle persone in uno spazio, e come tutto ciò definisse -a ben guardare- la cultura delle persone e di un Paese.
Nel film abbiamo cercato di fare anche questo, nel senso di far intuire i movimenti delle persone unitamente all'energia che inducono in un determinato spazio e ambiente.

AC: il risultato in effetti appare evidente e completamente diverso, a seconda degli spazi, perché Tokyo appare quasi "vuota" se osservata dal punto di vista di Yoji, a causa della sua solitudine. E, al contrario, le Filippine appaiono vibranti, cariche di energia.
J. Victoria: come ci muoviamo? Come usiamo lo spazio attorno a noi? Come usiamo il suono?
L. Tee: esattamente.
J. Victoria: questo è ciò che definisce il modo di vivere. Il Giappone appare molto silenzioso, ma perché?
AC: in effetti, la sensazione che se ne ricava visitandolo è questa.
J. Victoria: sì, ma ci chiediamo "come mai? Che cosa significa?" E perché le Filippine invece sono così rumorose? Di certo significa qualcosa. Serve a un qualche scopo, e la modalità del vivere si ricava anche attraverso questo.
AC: è vero.
AC: per quanto riguarda invece il concetto del "kodokushi", chiave e tema del film. La pellicola inizia da questo ma poi il focus si sposta, osservando Yoji e i suoi tentativi di ricercare la felicità, quel tipo di felicità più adatta a lui.
A riguardo del kodokushi, sappiamo che in precedenza avevate realizzato un documentario, un cortometraggio, per approfondire questo tema. Intendete svilupparlo ulteriormente in futuro, considerando quanto la scena iniziale del film lasci un impatto così forte sullo spettatore?
J. Victoria: ora come ora direi di no, non ancora. Perché questo film ha richiesto così tanti anni di lavorazione, puoi immaginarlo? Ho vissuto su questo progetto per ben dieci anni. Sai, quando si sta lavorando a qualcosa, ci si scrive sopra, cercando di definire la storia e raccontarla. Ci penso ogni giorno, tutti i giorni, con un impegno e una focalizzazione assoluta, finché alla fine non è completa. Penso pertanto che per il momento tutto questo me lo lascerò beatamente alle spalle *ride*.

AC: e dunque, preferibilmente, cambiare anche argomento.
L. Tee: penso che quello che stiamo cercando di fare, usando come soggetto il kodokushi in questo film, non sia di raccontarlo più diffusamente, perché non è questa l'intenzione del film. L'obiettivo è di parlare di come viviamo, piuttosto di come moriamo. Nella scena all'inizio, apprendiamo la notizia, scopriamo come la persona muore, dal punto di vista visivo; lo stato emozionale rimane però a livello "informativo". E questo non è ciò a cui punta Janus.
L'intento è di esplorare come le persone hanno vissuto e come potranno vivere in futuro, così da non finire in quel modo, nel kodokushi.
J. Victoria: Per Yoji, inoltre, non si tratta tanto del trasferirsi in un'altra nazione, quanto piuttosto di scoprire, all'interno di sé stesso, ciò che ha bisogno di fare. Accade semplicemente che scopra tutto ciò in un altro luogo, ma tale "altro luogo" non è la soluzione, perché la risposta deve potersi trovare dentro di noi.
AC: durante il film viene infatti da chiedersi, ad esempio, il perché del trasferirsi proprio nelle Filippine. Dopotutto Tokyo non rappresenta tutto ciò che il Giappone è. Perché non cambiare vita trasferendosi in campagna, o a sud nel Kyushu, dove il tran tran della quotidianità è più calmo e sereno?
L. Tee: e dove le persone sono più calorose, mentre a Tokyo appaiono così tanto distanti e distaccate.
J. Victoria: beh, sai, penso che Yoji non abbia "deciso" di trasferirsi, è più il fatto che è successo così. Ha trovato una connessione con qualcosa cui ha deciso di volersi aggrappare con forza. E quando ti senti perduto, quando non sai dove vorresti o avresti bisogno di andare, qualche volta, semplicemente, segui il corso delle cose, dove ritrovi quella connessione.
AC: Yoji ha percepito una traccia, e l'ha seguita.
J. Victoria: esattamente.
AC: è molto vero, in effetti.
Desideriamo ringraziarvi infinitamente ancora, per il vostro tempo e la disponibilità.
L. Tee: Grazie. (l'intervista si è tenuta in lingua inglese, ma Tee ha pronunciato il "grazie" in italiano, ndr)
AC: grazie mille. E abbiamo piacere di lasciarvi anche un piccolo omaggio.

**
Seconda parte dell'intervista, con l'attore protagonista Lily Franky
Ricordiamo che Lily Franky è un attore, illustratore, scrittore, saggista e compositore originario di Fukuoka che viene premiato come Miglior Attore non Protagonista ai Japan Academy Prize del 2014. E' noto anche in Occidente al grande pubblico grazie ai tanti ruoli nei film del celeberrimo cineasta Hirokazu Kore'eda, come Father and Son, Little Sister, Ritratto di Famiglia con Tempesta e Un affare di famiglia; diviene poi protagonista nell'ambiziosa produzione anglo-nipponica Cottontail, presentata al Festival del Cinema di Roma nel 2023. Di recente, infine, sono approdate su Netflix in streaming per l'Italia le serie Jimenshi - I maghi della truffa e Who Saw the Peacock Dance in the Jungle?, in cui Lily Franky ha ruoli di notevole rilievo.

AC: innanzitutto mi scuso se personalmente appaio molto, molto, molto emozionata.
Lily Franky: *ride* Perché?
AC: perché ho visto molti dei film e dei drama che lei ha interpretato.
L. Franky: oh... grazie.
AC: cominciamo con le domande. Lei era presente alla proiezione di Teki Cometh del regista Yoshida l'altro giorno qui a Udine, che tratta un tema simile (il timore della morte in solitudine in età senile in Giappone, ndr) con protagonisti di età simile. Naturalmente, però, le risposte che cercano di fornire i due film sono completamente diverse. Vorremmo chiederle che tipo di reazioni e di emozioni le ha suscitato la visione del film. Inoltre, che tipo di risposta si aspetterebbe lei di vedere nel futuro del Giappone?
L. Franky: quelle che sono state trattate -soprattutto in Diamonds in the sands, ma in realtà anche in Teki Cometh-, sono tematiche che condividono il tema che potremmo definire la "morte per solitudine".
In realtà non si tratta di qualcosa che necessariamente si limita al Giappone; potrebbe succedere anche in Italia, in Francia, in Inghilterra o altrove. Quello che voglio dire è che nei Paesi che sono economicamente più ricchi capita più spesso che ci siano questo tipo di morti, soprattutto nella categoria della terza età, degli anziani.
In Giappone questo tipo di morti non sono per niente un evento raro; confrontandomi con la regista Janus di questo film, lei mi diceva invece di come questo non accada nelle Filippine, perché lì si vive soprattutto insieme, in famiglia. Lei ha mostrato bene nel film le differenze dello stile di vita fra Giappone e Filippine.
Però alla fine credo che tutto voglia arrivare al sapere che cosa può costituire la felicità per una persona. E quindi, secondo me, anche un giapponese che possa vedere questo film, potrebbe ricavarne delle percezioni e delle sensazioni che gli potrebbero essere di aiuto per il futuro.
L. Franky: Ora chiedo io a voi: in Italia si verificano questi tipi di morti?
AC: finora non con così tanta frequenza, ma è un problema che si presenterà sempre più spesso.
L. Franky: sì, soprattutto con l'avanzamento della società senile. Questo potrebbe succedere poi in qualunque società.
AC: e derivante anche poi dalla vita in solitaria. Anche in Italia il concetto di famiglia una volta era un po' come nelle Filippine, nell'avere dunque tante persone in un medesimo nucleo familiare. Adesso ciò è sempre meno frequente, la tendenza è verso una vita con nuclei ben più ridotti o mononucleari, in cui il rischio della solitudine e della relativa morte in solitudine è ben più elevato.

AC: nella corso della sua carriera, lei ha avuto modo di interpretare tanti ruoli diversi e sfumati in film piuttosto variegati, da commedie leggere a opere drammatiche e complesse. Ha sempre saputo conferire loro molta profondità e numerose sfaccettature.
Durante il FEFF talk proposto al festival, ci ha raccontato inoltre che il personaggio di Yoji era già un personaggio perfetto in partenza sulla sceneggiatura. Vorremmo chiederle come ha lavorato per mantenere la coerenza emotiva di Yoji nel percorso di trasformazione che lui compie durante il film.
L. Franky: diciamo soprattutto che per quello che concerne la parte iniziale, ovvero lo Yoji che si osserva all'inizio del film, egli si ritrova a vivere una vita in cui ha ancora un'attività lavorativa all'interno di un'azienda, pur se all'interno di quell'ambiente ha perso notevolmente la sua posizione, cadendo proprio in basso. Yoji non intende parlare di questo con gli amici, cerca proprio di evitare la comunicazione in generale; non vuole fare sapere praticamente a nessuno che lui è un cosiddetto "drop out", cioè una persona che in pratica ha perso tutto. Da questo punto di vista possiamo dire che lui è anche una persona che discrimina.
E in più c'è un altro elemento che va preso in considerazione: la storia delicata che intercorre fra il Giappone e le Filippine.
Come si può vedere nel film, c'è tutta una serie di relazioni che intercorrono tra i due Paesi, che hanno intessuto rapporti reciproci, dai quali emerge però che alla fine il Giappone si trova sempre in una situazione di superiorità. Dalle Filippine i giapponesi pescano le persone per farle lavorare come badanti, e in passato c'era stato anche un periodo in cui da lì provenivano anche le cosiddette operatrici sessuali.
Questo fa sì che, inizialmente, nei confronti di Minerva Yoji adotti la posizione di guardarla dall'alto verso il basso, soprattutto a livello sociale. Col passare del tempo che egli trascorre nelle Filippine, però, e man mano che vede quella che è la situazione nelle Paese, Yoji inizia a sviluppare un suo senso di umanità. Il sapore della sua umanità di oggi comincia a fiorire, a espandersi di più.
Probabilmente si iniziano a notare anche alcuni aspetti caratteriali che lui ha sempre avuto, ovvero che probabilmente non è una persona che riesce a farsi degli amici, non è una persona sincera, e non si capisce nemmeno bene se sia un timido o meno. Oltre comunque al fatto che lui sembra una persona, come dire, un po' detestabile, ecco. Se ci pensiamo bene, queste sono anche delle caratteristiche molto comuni a persone -soprattutto uomini- di quell'età. Tutti questi aspetti della sua personalità c'erano già dall'inizio, e ho voluto rispettarli fino alla fine.

AC: c'è stata una scena che per lei in particolare rappresenta il culmine di questo viaggio, il climax del percorso di Yoji?
L. Franky: non credo che il climax dell'esistenza di Yoji si rinvenga all'interno in questo film, quindi in quel senso non c'è una scena del genere. Però ci sono senza dubbio delle scene che rappresentano bene quello che è il suo aspetto caratteriale. Ad esempio, uno di questi momenti è quando lui prepara il bento (pranzo al sacco collocato all'interno di una scatolina, ndr) per la madre: quello ci mostra il lato gentile della personalità di Yoji.
Un altro è invece quello in cui lui tiene la testa appoggiata sulle ginocchia di Minerva. Io là mi sono chiesto: "ma chi è questo Yoji? Chi è questa persona? Quanto è spiacevole? Quanto è sgradevole vederlo così? Tutto è a malapena cominciato, e lui già si sente in dovere di fare questo genere di cose?" Nonostante si prenda quindi questo tipo di confidenza, non appena arriva Toto, invece, nei suoi confronti Yoji è molto crudele e molto diretto.
Quindi possiamo dire che Yoji ha due personalità, ma non è solo lui ad averle: in fin dei conti, molte persone al mondo presentano questi due elementi in quantità diverse, che sono la gentilezza e la parte più brutta dell'essere umano.
AC: la ringraziamo davvero tanto. Con le domande abbiamo finito, tuttavia avremmo piacere di lasciarle un regalo, ovvero una borsa con all'interno anche la nostra spilletta. Animeclick è infatti un sito di manga e anime che è al contempo web media partner del Far East Film Festival.
L. Franky: grazie. Allora anch'io qui ho qualcosa per voi (l'attore ha donato ai presenti della stampa un piccolo omaggio, ndr).

Si ringrazia l'ufficio stampa del Far East Film Festival per la disponibilità
Spero trovi presto una distribuzione italiana: lo vedrei benissimo sia al cinema che in streaming. Capisco l'autrice che vuol staccare un po' da questi temi dopo una full immersion di ben 10 anni.
Devi eseguire l'accesso per lasciare un commento.