In un modo o nell’altro, praticamente tutte le serie di successo pubblicate negli anni ’80 su Shounen Jump hanno poi avuto, nel corso degli anni, un seguito di qualche tipo. Sfogliando le riviste seinen di Shueisha o di altri editori, infatti, non è affatto raro trovarvi pubblicati seguiti, spin-off o prequel di Kinnikuman, Captain Tsubasa, Sakigake! Otoko Juku, Saint Seiya, Ginga Nagareboshi Gin, City Hunter e via dicendo.
E’ una prassi ormai assodata in Giappone, che rinverdisce vecchi brand di successo puntando, stavolta, al pubblico adulto degli ex bambini che avevano in passato amato quelle storie e quei personaggi.

Mancava, tuttavia, all’appello un solo, importantissimo, nome, quello di Dragon Ball, probabilmente lo shounen più popolare di tutti i tempi, che ha cresciuto generazioni di appassionati in tutto il mondo.
Ma era solo una questione di tempo, dato che il terreno per il revival di Dragon Ball lo stavano preparando già da circa una decina d’anni, fra special celebrativi, manga spin-off, nuovi videogiochi, (discutibili) film americani a tema, repliche tirate a lucido, episodi crossover e nuovi film animati usciti al cinema. Quindi, in realtà, la produzione di Dragon Ball Super, “midquel” della serie Dragon Ball Z, non stupisce più di tanto.
C’è, però, un elemento abbastanza importante che differenzia Dragon Ball da tutti i suoi colleghi del Jump anni ’80: la sua natura fortemente giocosa, avulsa da qualsiasi precisa connotazione temporale. Questo fa sì che, magari, il pubblico delle nuove generazioni non riuscirebbe più di tanto ad affezionarsi, oggi, al mondo fortemente anni ’80 di un Hokuto no Ken o alla drammaticità vecchio stampo di un Saint Seiya, mentre invece continua ad appassionarsi al coloratissimo, fantasioso e ancora oggi fresco e moderno universo creato da Akira Toriyama. Al contrario, al pubblico di salaryman quarantenni che generalmente segue i seguiti dei manga Jump anni ’80 sulle riviste per adulti, Dragon Ball non piace, perché erano già grandi quando veniva pubblicato e non ne hanno apprezzato, appunto, l’aspetto troppo allegro e giocoso rispetto alla drammaticità degli altri manga a cui erano abituati.

Arriviamo, dunque, al paradosso secondo cui Dragon Ball Super, pur essendo il seguito di una serie anni ’80, è stato realizzato appositamente per i ragazzini di oggi, invece che per quelli di ieri. Se, in Occidente, gli spettatori della serie erano i vecchi nostalgici dello storico Dragon Ball Z ormai cresciuti, in Giappone si trattava generalmente di bambini interessati poi a comprare giocattoli o cancelleria dedicati come farebbero con uno Youkai Watch o un Pretty Cure (del resto, anche il manga correlato non è uscito su una rivista seinen, ma su V-Jump, rivista di videogiochi dedicata ad un pubblico abbastanza giovane).

E’ dunque difficile, per il sottoscritto, capire come prendere questo Dragon Ball Super, che fa la gioia dei bambini di oggi mentre, ogni tanto (ma non troppo), si ricorda anche di dare qualche contentino a noi bambini di ieri. Inevitabilmente, è con lo spirito del me “bambino di ieri”, che alle battaglie degli alieni coi caschi di banane in testa ha sempre preferito la parte umoristica, avventurosa e poetica della storia creata da Toriyama, che mi trovo ad affrontarlo.

C’era davvero bisogno di un seguito di Dragon Ball? Forse no, visto che, dopo averne cercato l’erede per decenni, sembra che lo si sia trovato in una popolare storia di pirati e frutti magici. O forse sì, visto che il successo di Dragon Ball non si è mai spento, in tutto il mondo, anche senza nuove produzioni animate a fargli da spot, e, vista la particolare struttura della storia (priva di una trama portante, che va avanti a braccio inventandosi di volta in volta nuove avventure), la vicenda di Goku e dei suoi compagni potrebbe davvero continuare all’infinito.

Eppure, inaspettatamente, questo Dragon Ball Super riesce ad avere un senso e ad acquisire tantissimo fascino anche per i fan più grandi, mostrando come l’universo narrativo di Dragon Ball si possa ancora ampliare, creando un azzeccatissimo pantheon di divinità della distruzione, angeli, universi paralleli tutti da scoprire, popolati da personaggi parecchio indovinati, che si incastrano alla perfezione con quanto già narrato in precedenza. Il capriccioso dio Bills e il suo assistente Whis che ne sa una più del diavolo, l’infantile Champa, il buffo poliziotto galattico Jaco, il Kaiohshin decaduto Zamas, il sacrale ma pedante “re di ogni cosa” Zenoh e un’infinita serie di nuovi personaggi provenienti da universi paralleli si rivelano intriganti, simpatici, capaci di bucare lo schermo e farsi amare.

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E i vecchi personaggi?
C’è, naturalmente, tanto spazio anche per loro, in molti casi anche più di quanto ne abbiano mai avuto in precedenza. Dragon Ball Super è pur sempre un seguito della serie storica, e per la gioia dei vecchi fan ormai cresciuti, che magari sono più interessati a seguire le vicende personali dei loro beniamini piuttosto che battaglie a suon di caschi di banane colorati, si è qui fatto un buon lavoro per rendere, finalmente, umani quelli che nella serie originale erano spesso e volentieri solo bambolotti che vivevano in funzione della lotta.
Fra un combattimento e l’altro, possiamo godere di azzeccatissimi episodi “slice of life” che ci mostrano, tra risate e un pizzico di poesia, cosa ne è dei nostri eroi quando non combattono e quando portano avanti le loro vite, alle prese con le famiglie che si sono creati nel corso della storia.

Il personaggio che ne esce meglio, incredibile ma vero, è Vegeta. L’ ex principe dei Saiyan si è finalmente (ogni tanto ha un ritorno di fiamma, ma fortunatamente lo tengono a freno) scrollato di dosso la sua immagine da disco rotto della serie Z, dove era capace solo di dire “Kakaroth!”, “Io sono il principe dei Saiyan!”, tirarsela a morte per poi rimediare figure barbine pestato dal nemico di turno. Il Vegeta di Dragon Ball Super è un personaggio finalmente cresciuto, molto umano, che si preoccupa della sua famiglia, rinuncia a partecipare ai tornei perché non vuole perdersi la nascita della figlia (Goku, prendi esempio!), trae forza e motivazione durante le lotte dal pensiero dei suoi cari che vuole salvare. Decisamente un grosso passo in avanti per il personaggio, che ci fa molto piacere.

Per un Freezer che ritorna, più cattivo e mellifluo che mai, anche il personaggio più insospettabile di tutti, l’androide #17, gode di una sorprendente rivalsa, ottenendo uno spazio nella narrazione ben maggiore rispetto ad altri personaggi più importanti e amati di lui. Se nella serie Z era un personaggio abbastanza insulso, in Super ci sorprende, acquistando più personalità e ottenendo una crescita personale che andrebbe a invalidare quanto narrato in Dragon Ball GT. Rimane, tuttavia, l’incognita: perché dare così tanta importanza a questo personaggio, dal design banale, che non fa trasformazioni fighe e non è neanche così interessante? Ma Super è riuscito a fare anche questo, dando a lui il ruolo di chiave di volta di tutta la vicenda, e la cosa ci sorprende e ci fa piacere, in un certo senso.
Dispiace, invece, per alcuni personaggi storici, come Gohan, Crilin, Piccolo o Tenshinhan, la cui psicologia dal lato umano è molto ben delineata, ma che poi, quando vengono fatti combattere, risultano inutili o insulsi.

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Quello che ne esce peggio, dispiace dirlo, è proprio Goku, involuto in uno scimunito a cui importa soltanto divertirsi a combattere, incurante del fatto che questo possa magari mettere in pericolo i suoi cari (che tanto possono essere resuscitati o salvati in corner da un qualche deus ex machina). Ci chiediamo ancora come abbia fatto a generare dei figli, dato che, a quanto pare, non sa cosa significhi baciare una ragazza.
L’eccessiva stupidità del nostro eroe protagonista appare particolarmente fastidiosa oggi, a trent’anni di distanza dal primo Dragon Ball, dopo che i manga ci hanno regalato tantissimi personaggi ben più eroici, e finiamo quasi per tifargli contro, quando i suoi avversari sono più “fighi” o hanno motivazioni migliori delle sue. Anche il messaggio finale della serie, che fa tanto "Se io posso cambiare e voi potete cambiare, allora tutto il mondo può cambiare" (cit.), risulta poco credibile, per quanto tutto sommato convincente, visto che il nostro eroe non è cambiato di una virgola e mostra ben poco interesse per i propri amici, quindi non avrebbe diritto di far la morale al nemico.
Ai giovani spettatori cui Super è diretto, forse, questo non importerà, ma al me trentenne che scrive queste righe sì, ed è uno dei motivi per cui non mi sono goduto Super quanto avrei voluto.

Sempre in bilico tra il classico e il moderno, il giovane e l’adulto, Super ci offre tantissimi combattimenti strabilianti, spettacolari, ricchi come al solito di trasformazioni coloratissime, onde energetiche, colpi iperveloci, urla e muscoli. Come nel caso del vecchio Dragon Ball Z, i personaggi blaterano tanto vantandosi di queste trasformazioni fighissime che aumenterebbero la loro potenza, ma poi non fanno altro che lanciarsi le solite, anonime, sfere di energia (e questo è un male). Ma, di tanto in tanto, c’è anche qualche scontro con una componente più strategica, più varia, o anche solo più approfondito dal lato emozionale (e questo è un bene).
I ritmi sono gli stessi del vecchio Dragon Ball Z, con una dilatazione dei tempi un po’ estenuante che porta un torneo di pochi (teorici) minuti a protrarsi per un anno di programmazione, con un sacco di episodi un po’ noiosi il cui contenuto è riassumibile solo in “botte”.

Fortunatamente, i nuovi personaggi introdotti sono assai carismatici e si prova un gran piacere a seguirne i combattimenti, tra un villain come Zamas che, per una volta, non è cattivo “perché lo disegnano così” (come i cattivi che lo hanno preceduto) ma ha delle motivazioni anche condivisibili; un’irresistibile squadra di superpaladini della giustizia usciti praticamente da un telefilm in costume (e che vedono Goku, che combatte per divertimento incurante degli altri, come il cattivo di turno, dagli torto); spassosissime prese in giro alla serie Pretty Cure e Saiyan “alternativi” di sesso femminile. In alcuni casi, questi personaggi ci sono piaciuti talmente tanto che forse ci aspettavamo di più da loro: un maggior approfondimento, più psicologia, più screen time, più dialoghi di confronto con altri personaggi. Ma, considerando il basso target a cui è rivolta la serie, va già bene così, in fondo. E’ pur sempre un grande passo avanti rispetto a Dragon Ball Z, il cui boss finale è una caramella rosa che sa solo urlare.

Ad impreziosire i combattimenti vi è anche una realizzazione tecnica tipica delle serie Toei Animation di lunga durata sin da sempre (faceva così Dragon Ball Z, faceva così Sailor Moon, faceva così Hokuto no Ken, e fa così, oggi, One Piece): diversi staff di animatori si alternano a realizzare i vari episodi, e dunque ci sono puntate realizzate meglio di altre e anche puntate abbastanza bruttine dal lato tecnico, ma alle puntate “clou” viene dedicata un’attenzione maggiore, realizzando dei veri e propri gioiellini. Questo fa sì che Super ci regali scene bellissime, come la trasformazione in Super Saiyan God accompagnata da sacrali cori o gli ultimi episodi pregni di combattimenti animati splendidamente e con una splendida canzone (“Kyuukyoku no battle”, by Akira Kushida, che ci riporta ai fasti di Kinnikuman) in sottofondo a rendere più epico il tutto.
Il lato musicale poteva assolutamente essere curato meglio (le due sigle d’apertura, messe insieme, non hanno il carisma di “Cha-La-Head-Cha-La”, e tra le millemila sigle di chiusura non ce n’è una che abbia la stessa forza emotiva di “Bokutachi wa tenshi datta”), ma anche queste sono lamentele da trentenne brontolone a cui manca la sua “Dan dan kokoro hikareteku” da cantare al karaoke.

Cosa ci rimane, dunque, quasi tre anni dopo il suo inizio, di questo Dragon Ball Super?
Una serie che, in un modo o nell’altro, ci ha riportato il nostro vecchio Dragon Ball Z, aggiungendovi nuovi personaggi interessanti, nuovi spunti narrativi, facendoci riabbracciare o rivalutare (vi sfido a non adorare la love story tra Trunks e Mai) vecchi amici e aprendo nuove, infinite, porte per future avventure che, pare, saranno già esplorate in un prossimo venturo film cinematografico.
Forse di questo nuovo Dragon Ball non ce n’era davvero bisogno, almeno per noi “grandi” che ormai abbiamo altri eroi, ma questo tuffo in un passato non poi così remoto non è stato malvagio e pare che, anche in Occidente, le nuove storie di Goku e compagni siano state accolte meglio di quanto si creda, con interi gruppi Facebook popolati da ragazzini che continuano ancora a inventarsi fanart, nuovi personaggi, nuove trasformazioni, nuovi eroi e a farli scontrare tra loro in stile “E’ più forte Hulk o La Cosa?”.
Non è una serie perfetta, certo. Personalmente, lo avrei voluto un po’ diverso, sacrificando qualche battaglia in favore di un maggior approfondimento di certi personaggi, ma questo è Dragon Ball, è sempre stato così e sempre lo sarà: il sempreverde successo che piace ai giovani di ogni tempo con i suoi combattimenti coloratissimi, incredibili e fantasiosi e col suo eroe che forse piace così tanto proprio perché è invincibile e spensierato.
Probabilmente non faranno mai il prequel sul maestro Muten e il padre di Chichi da giovani, l’unico “nuovo Dragon Ball” che realmente vorrei, ma questi personaggi continuano ancora ad avere una certa simpatia e, tutto sommato, continuiamo a restarci affezionati, perciò ben venga Dragon Ball Super e ben vengano anche le nuove produzioni, che regaleranno ancora fantastiche avventure a noi e alle generazioni a venire.
Certo, se poi nel frattempo mettete un po’ di sale in zucca anche a Goku, la cosa non ci dispiacerebbe troppo…