Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
ReLIFE
8.0/10
Recensione di AnthonySoma-sensei
-
"ReLIFE" è un istituto di ricerca avanzato che conduce esperimenti sui NEET (individui disoccupati), ai quali viene concessa l'occasione d'oro di ritornare alle scuole superiori, attraverso l'assunzione di una "pillola" che permette loro di regredire, dal punto di vista fisico, all'aspetto di un liceale.
L'obbiettivo dell'esperimento, dalla solita durata di un anno, è quello di valutare il comportamento e le decisioni prese dai "candidati" all'interno di una realtà che oramai non gli appartiene più; essi sono tenuti sotto controllo da alcuni membri della ReLIFE, che hanno il compito di osservare i candidati e inviare periodicamente delle relazioni sul loro operato.
Si tratta di un approccio piuttosto congeniale e innovativo utilizzato dall'autore, il quale gli consente di mettere a confronto sotto più tematiche due generazioni con stili di vita e modus operandi quasi diametralmente opposti; non dimentichiamoci che il profondo avanzamento tecnologico e scientifico è riuscito nell'intento di sconvolgere qualsiasi tipo di ambito nell'ultimo decennio. Lo scopo, dunque, si direbbe essere quello di rivitalizzare tali soggetti, poco esperti nelle relazioni sociali e con scarsi risultati in ambito lavorativo, per poi inserirli nuovamente all'interno della società più decisi che mai a recuperare il tempo andato perduto.
Le vicende ruotano attorno ad Arata, un giovane laureato dimessosi dal proprio incarico a causa delle continue ingiustizie che continuavano a presentarsi all'interno della azienda nella quale lavorava; inizialmente il protagonista è entusiasta alla notizia di poter accedere a nuove possibilità lavorative, partecipando a un semplice e "banale" esperimento, tuttavia, con il trascorrere delle settimane e anche con la maturazione acquisita nel corso del periodo scolastico, Arata deve affrontare con profonda consapevolezza e dispiacere il fatto che non potrà continuare a condurre una vita spensierata da semplice liceale insieme ai suoi nuovi amici. Questo dissidio interiore permette al protagonista di riflettere molto sulle sue scelte, soprattutto se riguardano le persone a lui più care... ed è proprio sullo sfondo di questa triste premessa che si poggiano le interessanti relazioni tra i personaggi. I dialoghi sono molto scorrevoli e piacevoli, lo spettatore rimane catturato dalla naturalezza e tranquillità delle conversazioni, senza rendersi conto della rapida velocità con la quale si susseguono gli episodi! Naturalmente l'anime non è riuscito sempre a mantenere questi ritmi intensi, ma per il semplice fatto che l'autore ha voluto dare spazio anche ad approfondimenti su alcune sfaccettature dei protagonisti, i quali sono riusciti nell'intento di caratterizzarli e inquadrarli meglio all'interno del contesto di riferimento. Un altro punto di forza delle serie sono sicuramente le gag e le scene divertenti che riescono a intervallarsi bene con le vicende narrate, accompagnate dall'utilizzo di una grafica a livello espressivo (volti dei personaggi) buffa, ma allo stesso tempo esilarante.
Il comportato grafico l'ho ritenuto sempre più che sufficiente durante quasi tutto il corso dell'anime, tuttavia quando durante gli ultimi episodi (OAV), forse a causa di problemi nel budget, i produttori hanno dovuto obbligatoriamente (lo spero) sostituire gran parte dei personaggi di contorno con delle strambe e orribili figure (non so neanche quale epiteto utilizzare per definirle), addirittura celesti e rosa per distinguere maschi e femmine, la questione è diventata piuttosto imbarazzante, tanto da dover necessariamente valutare il comporto grafico come un elemento negativo che ha danneggiato irrimediabilmente l'immagine dell'anime. Il doppiaggio mi è piaciuto molto, interpretazione corretta e impeccabile da parte del cast, con anche un'ottima opening ed ending sullo sfondo.
Che dire? "ReLIFE" è uno di quegli anime che ti conduce a riflettere su alcune questioni della vita molto importanti, come ad esempio le scelte che si maturano durante l'adolescenza e le loro ovvie conseguenze sia negative che positive. Arata ha avuto la possibilità di tornare indietro, poiché ci ritroviamo all'interno di una vicenda surreale, tuttavia noi che viviamo nella realtà dovremmo dare molto più peso alle decisioni che prendiamo ogni giorno e al percorso che decidiamo di intraprendere, perché molto spesso capita che scelte sbagliate non condizionano negativamente soltanto noi, ma anche chi è al nostro fianco.
Voto finale: 8
L'obbiettivo dell'esperimento, dalla solita durata di un anno, è quello di valutare il comportamento e le decisioni prese dai "candidati" all'interno di una realtà che oramai non gli appartiene più; essi sono tenuti sotto controllo da alcuni membri della ReLIFE, che hanno il compito di osservare i candidati e inviare periodicamente delle relazioni sul loro operato.
Si tratta di un approccio piuttosto congeniale e innovativo utilizzato dall'autore, il quale gli consente di mettere a confronto sotto più tematiche due generazioni con stili di vita e modus operandi quasi diametralmente opposti; non dimentichiamoci che il profondo avanzamento tecnologico e scientifico è riuscito nell'intento di sconvolgere qualsiasi tipo di ambito nell'ultimo decennio. Lo scopo, dunque, si direbbe essere quello di rivitalizzare tali soggetti, poco esperti nelle relazioni sociali e con scarsi risultati in ambito lavorativo, per poi inserirli nuovamente all'interno della società più decisi che mai a recuperare il tempo andato perduto.
Le vicende ruotano attorno ad Arata, un giovane laureato dimessosi dal proprio incarico a causa delle continue ingiustizie che continuavano a presentarsi all'interno della azienda nella quale lavorava; inizialmente il protagonista è entusiasta alla notizia di poter accedere a nuove possibilità lavorative, partecipando a un semplice e "banale" esperimento, tuttavia, con il trascorrere delle settimane e anche con la maturazione acquisita nel corso del periodo scolastico, Arata deve affrontare con profonda consapevolezza e dispiacere il fatto che non potrà continuare a condurre una vita spensierata da semplice liceale insieme ai suoi nuovi amici. Questo dissidio interiore permette al protagonista di riflettere molto sulle sue scelte, soprattutto se riguardano le persone a lui più care... ed è proprio sullo sfondo di questa triste premessa che si poggiano le interessanti relazioni tra i personaggi. I dialoghi sono molto scorrevoli e piacevoli, lo spettatore rimane catturato dalla naturalezza e tranquillità delle conversazioni, senza rendersi conto della rapida velocità con la quale si susseguono gli episodi! Naturalmente l'anime non è riuscito sempre a mantenere questi ritmi intensi, ma per il semplice fatto che l'autore ha voluto dare spazio anche ad approfondimenti su alcune sfaccettature dei protagonisti, i quali sono riusciti nell'intento di caratterizzarli e inquadrarli meglio all'interno del contesto di riferimento. Un altro punto di forza delle serie sono sicuramente le gag e le scene divertenti che riescono a intervallarsi bene con le vicende narrate, accompagnate dall'utilizzo di una grafica a livello espressivo (volti dei personaggi) buffa, ma allo stesso tempo esilarante.
Il comportato grafico l'ho ritenuto sempre più che sufficiente durante quasi tutto il corso dell'anime, tuttavia quando durante gli ultimi episodi (OAV), forse a causa di problemi nel budget, i produttori hanno dovuto obbligatoriamente (lo spero) sostituire gran parte dei personaggi di contorno con delle strambe e orribili figure (non so neanche quale epiteto utilizzare per definirle), addirittura celesti e rosa per distinguere maschi e femmine, la questione è diventata piuttosto imbarazzante, tanto da dover necessariamente valutare il comporto grafico come un elemento negativo che ha danneggiato irrimediabilmente l'immagine dell'anime. Il doppiaggio mi è piaciuto molto, interpretazione corretta e impeccabile da parte del cast, con anche un'ottima opening ed ending sullo sfondo.
Che dire? "ReLIFE" è uno di quegli anime che ti conduce a riflettere su alcune questioni della vita molto importanti, come ad esempio le scelte che si maturano durante l'adolescenza e le loro ovvie conseguenze sia negative che positive. Arata ha avuto la possibilità di tornare indietro, poiché ci ritroviamo all'interno di una vicenda surreale, tuttavia noi che viviamo nella realtà dovremmo dare molto più peso alle decisioni che prendiamo ogni giorno e al percorso che decidiamo di intraprendere, perché molto spesso capita che scelte sbagliate non condizionano negativamente soltanto noi, ma anche chi è al nostro fianco.
Voto finale: 8
Kanashimi no Belladonna
8.5/10
Recensione di DarkSoulRead
-
“Kanashimi no Belladonna” è un esercizio di stile che può rivelarsi tanto efficace quanto disturbante, in base all’esigenze del fruitore. Che visivamente l’opera sia quanto di più avanguardisticamente artistico mente umana potesse concepire lo si capisce da subito. L’immensurabile estro creativo di Eiichi Yamamoto si agita tra le sinuose forme di una donna depredata della sua verginità, tra gemiti soffocati e badiali forme falliche. La cromatura è un mosaico di vividi colori acquerellati, un mare rosso sangue dai cui abissi una sirena canta il suo dolore più profondo. Tralasciando l’opera d’arte che esteticamente “Kanashimi no Belladonna” innegabilmente è, ci accorgeremo subito di quanto poco convenzionale e atipica sia la narrativa di questo gioiellino. Il film si presenta come una sorta di fiaba illustrata, con immagini ferme accompagnate da testo che si susseguono in uno sbalorditivo climax visivo. Le poche animazioni riescono ad onorare le scene più significative, catapultandoci in un inferno di carne pulsante dannatamente ispirato.
Nel periodo più buio del Medioevo francese, Jeanne e Jean sono una modesta coppia di novelli sposi. Durante la prima notte di nozze, Jeanne viene stuprata dal barone del posto, che abusa di lei insieme ai suoi sudditi in nome dello “ius primae noctis”, diritto che consente al signore feudale di trascorrere la prima notte di nozze con la sposa in caso di mancato pagamento dell’imposta. L’orgia avrà serie ripercussioni sulla fanciulla (che prima del fatto era vergine), tanto da farla sprofondare in un tunnel onirico di struggente tristezza ove a consolarla vi sarà uno spirito demoniaco falliforme. Inizia per Jeanne un viaggio interiore alla ricerca del piacere primordiale, animalesco, del godimento ferale che fino a prima giaceva represso nel substrato delle sue carni. L’erotismo in “Kanashimi no Belladonna” è il mezzo attraverso il quale Jeanne trascende. Privata della sua purezza la donna riscopre il proprio corpo, l’abuso diventa per lei oggetto di eccitazione sessuale, tanto da assumere nella sua testa le sembianze di un fallo gigante pronto a soddisfarla ogni qualvolta lo desidera.
La storia, che sembra scappata dai quaderni di Lars Von Trier e inscenata dal più visionario Jodorowsky, con un tocco di Murakami, è in realtà liberamente ispirata al saggio “La strega” di Michelet, e forma insieme a “Le mille e una notte” e “Cleopatra” la trilogia sperimentale Animerama. L’opera in questione è in realtà l’unica della trilogia a non essere stata scritta dal celeberrimo Osamu Tezuka, che lasciò la Mushi Production poco prima la realizzazione del film. Arduo stabilire se questo abbia giovato o meno al prodotto finale, visto il calibro dell’autore citato, tuttavia è difficile pensare a un “Kanashimi no Belladonna” migliore in un’essenza diversa da quella che conosciamo.
Cos’è il male? È facile e troppo spesso scontato dare una accezione negativa al concetto che incarna il deplorevole, ma talvolta urgerebbe essere meno superficiali.
La vita è per il 10% cosa ti accade e per il 90% come reagisci a quello che ti accade. Preso per buono questo concetto, possiamo dire che la violenza subita dalla protagonista, quindi il suo male, le schiuda i chakra, proiettandola in un eden sensoriale che solo chi ha subito le angherie più atroci può raccontare di aver visto. Jeanne è una martire, non a caso il nome è stato preso da Giovanna D’arco (Jeanne d’Arc in francese), e la sua metamorfosi, quasi kafkiana, incarna in toto l’emancipazione femminile. La donna, libera dal bigottismo e da quella verecondia tipicamente clericale, si spoglia di ogni forma di pudore, attraversando lidi di piacere altrimenti irraggiungibili. “Innamorati del tuo stupratore perché ti ha fortificato”, la citazione a “Dove siete spiriti” di Rancore qua calza a pennello.
Il film è Jeanne-centrico, la storia viene raccontata mediante gli occhi della protagonista, e sarà quella l’unica prospettiva attraverso la quale lo spettatore vedrà il mondo di “Belladonna of Sadness”. Un mondo decadente dal simbolismo esoterico e marcatamente libidinoso.
I fotogrammi fissi si alternano a tempo di rockeggianti e psichedeliche melodie, senza le quali lo spettatore non si immergerebbe in modo cosi travolgente nei deliri di Yamamoto. La preponderanza di toccanti pezzi malinconici (cantati tra l’altro da una soave voce femminile) aiuta lo spettatore a carpire la mestizia di Jeanne. La colonna sonora è eccezionale, in perfetta sinergia con la potenza delle immagini, per un’esperienza sensoriale che non teme confronti.
“Kanashimi no Belladonna” è un piccolo capolavoro targato 1973; sperimentalista, rivoluzionario e dallo stile molto più occidentale di quanto il titolo possa suggerire, saprà rivelarsi portatore di un messaggio femminista contro una repressione incredibilmente attuale. Un cult giapponese eterno e ingiustamente obliato a cui speriamo la riedizione in 4k del 2015 doni nuova linfa, perché in fondo tutti siamo un po’ Jeanne.
“Je suis Jeanne”.
Nel periodo più buio del Medioevo francese, Jeanne e Jean sono una modesta coppia di novelli sposi. Durante la prima notte di nozze, Jeanne viene stuprata dal barone del posto, che abusa di lei insieme ai suoi sudditi in nome dello “ius primae noctis”, diritto che consente al signore feudale di trascorrere la prima notte di nozze con la sposa in caso di mancato pagamento dell’imposta. L’orgia avrà serie ripercussioni sulla fanciulla (che prima del fatto era vergine), tanto da farla sprofondare in un tunnel onirico di struggente tristezza ove a consolarla vi sarà uno spirito demoniaco falliforme. Inizia per Jeanne un viaggio interiore alla ricerca del piacere primordiale, animalesco, del godimento ferale che fino a prima giaceva represso nel substrato delle sue carni. L’erotismo in “Kanashimi no Belladonna” è il mezzo attraverso il quale Jeanne trascende. Privata della sua purezza la donna riscopre il proprio corpo, l’abuso diventa per lei oggetto di eccitazione sessuale, tanto da assumere nella sua testa le sembianze di un fallo gigante pronto a soddisfarla ogni qualvolta lo desidera.
La storia, che sembra scappata dai quaderni di Lars Von Trier e inscenata dal più visionario Jodorowsky, con un tocco di Murakami, è in realtà liberamente ispirata al saggio “La strega” di Michelet, e forma insieme a “Le mille e una notte” e “Cleopatra” la trilogia sperimentale Animerama. L’opera in questione è in realtà l’unica della trilogia a non essere stata scritta dal celeberrimo Osamu Tezuka, che lasciò la Mushi Production poco prima la realizzazione del film. Arduo stabilire se questo abbia giovato o meno al prodotto finale, visto il calibro dell’autore citato, tuttavia è difficile pensare a un “Kanashimi no Belladonna” migliore in un’essenza diversa da quella che conosciamo.
Cos’è il male? È facile e troppo spesso scontato dare una accezione negativa al concetto che incarna il deplorevole, ma talvolta urgerebbe essere meno superficiali.
La vita è per il 10% cosa ti accade e per il 90% come reagisci a quello che ti accade. Preso per buono questo concetto, possiamo dire che la violenza subita dalla protagonista, quindi il suo male, le schiuda i chakra, proiettandola in un eden sensoriale che solo chi ha subito le angherie più atroci può raccontare di aver visto. Jeanne è una martire, non a caso il nome è stato preso da Giovanna D’arco (Jeanne d’Arc in francese), e la sua metamorfosi, quasi kafkiana, incarna in toto l’emancipazione femminile. La donna, libera dal bigottismo e da quella verecondia tipicamente clericale, si spoglia di ogni forma di pudore, attraversando lidi di piacere altrimenti irraggiungibili. “Innamorati del tuo stupratore perché ti ha fortificato”, la citazione a “Dove siete spiriti” di Rancore qua calza a pennello.
Il film è Jeanne-centrico, la storia viene raccontata mediante gli occhi della protagonista, e sarà quella l’unica prospettiva attraverso la quale lo spettatore vedrà il mondo di “Belladonna of Sadness”. Un mondo decadente dal simbolismo esoterico e marcatamente libidinoso.
I fotogrammi fissi si alternano a tempo di rockeggianti e psichedeliche melodie, senza le quali lo spettatore non si immergerebbe in modo cosi travolgente nei deliri di Yamamoto. La preponderanza di toccanti pezzi malinconici (cantati tra l’altro da una soave voce femminile) aiuta lo spettatore a carpire la mestizia di Jeanne. La colonna sonora è eccezionale, in perfetta sinergia con la potenza delle immagini, per un’esperienza sensoriale che non teme confronti.
“Kanashimi no Belladonna” è un piccolo capolavoro targato 1973; sperimentalista, rivoluzionario e dallo stile molto più occidentale di quanto il titolo possa suggerire, saprà rivelarsi portatore di un messaggio femminista contro una repressione incredibilmente attuale. Un cult giapponese eterno e ingiustamente obliato a cui speriamo la riedizione in 4k del 2015 doni nuova linfa, perché in fondo tutti siamo un po’ Jeanne.
“Je suis Jeanne”.
Air Gear
8.0/10
Niente da fare, Oh!Great non so proprio se amarlo o odiarlo.
E’ un autore che non posso fare a meno di stimare visto l’estro e il virtuosismo spropositati che lo caratterizzano, ma allo stesso tempo lo ritengo vittima della sua genialità.
Probabilmente tutti abbiamo avuto modo di apprezzarlo innanzitutto con “Inferno e Paradiso”, manga in cui lo si è visto maturare in maniera mostruosa, in un crescendo di virtuosismi grafici, ma anche di altrettanti inciampi narrativi. E questo è un esempio lampante del suo modo di essere mangaka; infatti l’autore stesso ammise, ad esempio, di aver dovuto ridisegnare ed aggiungere svariate tavole in un determinato capitolo di Inferno e Paradiso (dalla pubblicazione su rivista a quella su volume) per mettere una pezza alle tante incongruenze nella storia che si erano poi generate nel frattempo col procedere della pubblicazione su rivista. Questo a causa del suo vizio di procedere improvvisando o, ancor peggio, facendosi prendere la mano dal suo estro.
In Air Gear tale problema è meno evidente, nel senso che la storia ogni tanto pare sì prendere delle svolte che fanno alzare il sopracciglio, proponendo dei colpi di scena che suonano improvvisati lì sul momento; ma è anche palese come molte cose siano state studiate dall’inizio, ed anzi è bello notare come avvenimenti apparentemente irrilevanti raccontati nei primi capitoli, si rivelino più avanti di capitale importanza. Quindi c’è una struttura di fondo che pare avere una certa solidità, ma la cosa non evita alla storia di perdersi da un certo punto in poi.
Sin dall’inizio Air Gear è un manga che ha la sua forza in elementi che personalmente ricordo di aver trovato e apprezzato in maniera così forte e marcata solo in Slam Dunk. E’ un manga che può fregiarsi di personaggi davvero grandiosi, dalla personalità vivida, che soprattutto danno vita a delle gags che a me han fatto spanciare genuinamente dalle risate come mi è capitato raramente. E ci riesce facendo leva su una marea di passaggi spassosi, di dialoghi e citazioni al mondo di anime, manga, videogame, wrestling e la cultura pop/otaku in genere. Allo stesso tempo sa essere davvero galvanizzante e coinvolgente con le sue sfide, i suoi colpi di scena o gli exploit che definire figherrimi sarebbe riduttivo. Terminare certi volumi di Air Gear mi ha lasciato davvero un sorriso ebete stampato in faccia e una spropositata voglia di leggere il successivo.
Il problema è che tutto ciò si viene a perdere gradualmente, più o meno da metà serie, e cioè dall’inizio del torneo. Fin qui la storia resta più o meno coi piedi per terra, ma poi vola via in groppa alle AirTrek di Ikki verso il cielo, allontanandosi sempre più e perdendosi dietro le nuvole.
Questo principio è lampante anche/soprattutto nei combattimenti: se dapprincipio l’autore ci mette un fondo di fisica nelle tecniche speciali esibite (che risultano sempre ovviamente esageratissime e inverosimili, ma diciamo che tutto sommato son giustificabili e coerenti nell’economia generale dell’opera), da un certo punto le cose sfuggono di mano e pare quasi di assistere a dei combattimenti alla DragonBall Z, con tecniche in grado di distruggere il pianeta intero.
Nei volumi finali infatti non potevo fare a meno di ripetermi “ma questo una volta non era un manga di teppisti che si sfidavano su pattini a rotelle? T_T ”.
Riguardo l’aspetto grafico, come già accennato, Oh! Great è un mostro. Davvero, quanti altri fumettisti sono capaci di realizzare tavole dinamiche e complesse come le sue? Che abbiano uno stile potenzialmente simile al suo mi vengono in mente subito (per citare due nomi noti) Takeshi Obata e Yūsuke Murata, ma lui sa eccellere e trascendere i limiti della tavola come pochissimi altri, esibendosi in un tripudio di prospettive estremizzate, curve, ingranaggi e marchingegni inverosimili spaccamascella. Qui però c’è paradossalmente anche il suo grosso difetto: “esagerando” l’autore ottiene puntualmente un effetto controproducente. Infatti la lettura si incasina e, cosa più grave, dopo un po’ si prova solo assuefazione. Così come avviene parallelamente nelle sue trame, strapiene di colpi di scena che col tempo non stupiscono più.
Ciò che invece non mi ha mai creato assuefazione, son le fanciulle sinuose create da Oh!Great: vestite, semi(s)vestite, formose, piatte, sfacciate, imbarazzate, toste, fragili, argute, ambiziose, inquadrate da ogni angolazione… semplicemente grandiose in ogni tavola singola vignetta.
Concludendo, Air Gear è nel bene e nel male un’opera al 100% fedele all’indole del suo autore, vittima paradossalmente dei suoi pregi. Un esempio lampante della locuzione “il troppo stroppia”.
Detto ciò, non posso fare a meno di provare una certa affezione per questo manga (da qui il voto alto che gli assegno, nonostante le critiche che gli muovo), soprattutto per i suoi primi 15/20 volumi che ritengo eccezionali. Per i successivi, un massiccio snellimento contenutistico, avrebbe solo giovato. Ma tant’è.
Davvero un gran peccato.
E’ un autore che non posso fare a meno di stimare visto l’estro e il virtuosismo spropositati che lo caratterizzano, ma allo stesso tempo lo ritengo vittima della sua genialità.
Probabilmente tutti abbiamo avuto modo di apprezzarlo innanzitutto con “Inferno e Paradiso”, manga in cui lo si è visto maturare in maniera mostruosa, in un crescendo di virtuosismi grafici, ma anche di altrettanti inciampi narrativi. E questo è un esempio lampante del suo modo di essere mangaka; infatti l’autore stesso ammise, ad esempio, di aver dovuto ridisegnare ed aggiungere svariate tavole in un determinato capitolo di Inferno e Paradiso (dalla pubblicazione su rivista a quella su volume) per mettere una pezza alle tante incongruenze nella storia che si erano poi generate nel frattempo col procedere della pubblicazione su rivista. Questo a causa del suo vizio di procedere improvvisando o, ancor peggio, facendosi prendere la mano dal suo estro.
In Air Gear tale problema è meno evidente, nel senso che la storia ogni tanto pare sì prendere delle svolte che fanno alzare il sopracciglio, proponendo dei colpi di scena che suonano improvvisati lì sul momento; ma è anche palese come molte cose siano state studiate dall’inizio, ed anzi è bello notare come avvenimenti apparentemente irrilevanti raccontati nei primi capitoli, si rivelino più avanti di capitale importanza. Quindi c’è una struttura di fondo che pare avere una certa solidità, ma la cosa non evita alla storia di perdersi da un certo punto in poi.
Sin dall’inizio Air Gear è un manga che ha la sua forza in elementi che personalmente ricordo di aver trovato e apprezzato in maniera così forte e marcata solo in Slam Dunk. E’ un manga che può fregiarsi di personaggi davvero grandiosi, dalla personalità vivida, che soprattutto danno vita a delle gags che a me han fatto spanciare genuinamente dalle risate come mi è capitato raramente. E ci riesce facendo leva su una marea di passaggi spassosi, di dialoghi e citazioni al mondo di anime, manga, videogame, wrestling e la cultura pop/otaku in genere. Allo stesso tempo sa essere davvero galvanizzante e coinvolgente con le sue sfide, i suoi colpi di scena o gli exploit che definire figherrimi sarebbe riduttivo. Terminare certi volumi di Air Gear mi ha lasciato davvero un sorriso ebete stampato in faccia e una spropositata voglia di leggere il successivo.
Il problema è che tutto ciò si viene a perdere gradualmente, più o meno da metà serie, e cioè dall’inizio del torneo. Fin qui la storia resta più o meno coi piedi per terra, ma poi vola via in groppa alle AirTrek di Ikki verso il cielo, allontanandosi sempre più e perdendosi dietro le nuvole.
Questo principio è lampante anche/soprattutto nei combattimenti: se dapprincipio l’autore ci mette un fondo di fisica nelle tecniche speciali esibite (che risultano sempre ovviamente esageratissime e inverosimili, ma diciamo che tutto sommato son giustificabili e coerenti nell’economia generale dell’opera), da un certo punto le cose sfuggono di mano e pare quasi di assistere a dei combattimenti alla DragonBall Z, con tecniche in grado di distruggere il pianeta intero.
Nei volumi finali infatti non potevo fare a meno di ripetermi “ma questo una volta non era un manga di teppisti che si sfidavano su pattini a rotelle? T_T ”.
Riguardo l’aspetto grafico, come già accennato, Oh! Great è un mostro. Davvero, quanti altri fumettisti sono capaci di realizzare tavole dinamiche e complesse come le sue? Che abbiano uno stile potenzialmente simile al suo mi vengono in mente subito (per citare due nomi noti) Takeshi Obata e Yūsuke Murata, ma lui sa eccellere e trascendere i limiti della tavola come pochissimi altri, esibendosi in un tripudio di prospettive estremizzate, curve, ingranaggi e marchingegni inverosimili spaccamascella. Qui però c’è paradossalmente anche il suo grosso difetto: “esagerando” l’autore ottiene puntualmente un effetto controproducente. Infatti la lettura si incasina e, cosa più grave, dopo un po’ si prova solo assuefazione. Così come avviene parallelamente nelle sue trame, strapiene di colpi di scena che col tempo non stupiscono più.
Ciò che invece non mi ha mai creato assuefazione, son le fanciulle sinuose create da Oh!Great: vestite, semi(s)vestite, formose, piatte, sfacciate, imbarazzate, toste, fragili, argute, ambiziose, inquadrate da ogni angolazione… semplicemente grandiose in ogni tavola singola vignetta.
Concludendo, Air Gear è nel bene e nel male un’opera al 100% fedele all’indole del suo autore, vittima paradossalmente dei suoi pregi. Un esempio lampante della locuzione “il troppo stroppia”.
Detto ciò, non posso fare a meno di provare una certa affezione per questo manga (da qui il voto alto che gli assegno, nonostante le critiche che gli muovo), soprattutto per i suoi primi 15/20 volumi che ritengo eccezionali. Per i successivi, un massiccio snellimento contenutistico, avrebbe solo giovato. Ma tant’è.
Davvero un gran peccato.
Primo appunto: mi fa un pò sorridere la premessa di un'azienda che inventa una pillola in grado di far tornare giovani le persone e piuttosto che rivenderla alle case farmaceutiche di bellezza, rivenderla nel campo della moda e del cinema, fare i fantastiliardi, essere leader economici a livello mondiale per tutta la vita, decida invece di aiutare 4 sfigati neet a trovare lavoro.
Secondo appunto:
" Che dire? "ReLIFE" è uno di quegli anime che ti conduce a riflettere su alcune questioni della vita molto importanti, come ad esempio le scelte che si maturano durante l'adolescenza e le loro ovvie conseguenze sia negative che positive. Arata ha avuto la possibilità di tornare indietro, poiché ci ritroviamo all'interno di una vicenda surreale, tuttavia noi che viviamo nella realtà dovremmo dare molto più peso alle decisioni che prendiamo ogni giorno e al percorso che decidiamo di intraprendere, perché molto spesso capita che scelte sbagliate non condizionano negativamente soltanto noi, ma anche chi è al nostro fianco"
Apprezzo quando negli anime e manga, viene mostrata l'adolescenza in maniera più realistica, quindi più negativa che positiva, come avviene nei manga di Masakazu Katsura.
@Kazuya hatta1990 In quanto autore della recensione, posso dirti che si tratta di una delle tematiche forti dell'anime che ho profondamente apprezzato. Nel momento in cui un anime riesce a descrivere piuttosto bene la realtà, con l'aggiunta di qualche elemento per così dire un po' più surreale, è il connubio perfetto ^^
@S.O.X. Ma il problema non è tanto "l'evitare i problemi", altrimenti avrebbe senso il tuo discorso, ma il semplice fatto che, nel momento in cui devi prendere delle decisioni importanti, innanzitutto devi riflettere e valutare bene e dettagliatamente la situazione, poiché in futuro potresti pentirtene amaramente...
Il tema proposto da ReLIFE ti aiuta a riflettere proprio su questa condizione, soggetti non soddisfatti della propria vita a causa di tutti gli errori commessi durante l'adolescenza e in ambito universitario.
Merito della Third Window l'aver riproposto l'intera trilogia "sexy" Animerama completamente restaurata.
Devi eseguire l'accesso per lasciare un commento.