Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

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Se "Sayonara Zetsubou Sensei" fosse un film, sarebbe la versione disfunzionale de "L'attimo fuggente". Il professore di Liceo Nozoumu Itosshiki, al contario di Robin Williams, è infatti un pessimista incallito, assolutamente indisciplinato, pronto a cadere nella disperazione per ogni cosa e ad ingigantire ogni piccolo dubbio, fino a renderlo una condanna già scritta. Il professore Disperazione sarà pronto in ogni episodio a fare da cattivo esempio per le sue studentesse e ad abbattare il morale della classe, sviscerando ogni argomento dal suo lato peggiore.

Gli episodi trattano degli atteggiamenti tipici dei Giapponesi, oppure sono espedienti per analizzare alcune studentesse della classe. Ognuna di esse è una maschera monodimensionale con un'unica caratteristica prominente, e ad ogni argomento noteremo come l'apprendimento e l'interesse nella lezione del sensei varia sensibilmente a seconda delle varie maschere che le ragazze interpretano. Ogni episodio è diviso in due mini-storie, e le due parti trattano spesso argomenti opposti uno all'altro, aumentando la percezione del ridicolo. Avremo infatti la presentazione della studentessa che ritorna dall'estero seguita da quella dell'immigrata clandestina, oppure della studentessa che crede di essere fonte di ogni problema per gli altri, accostata alla studentessa la cui cattiveria le si legge in faccia, ma che viene sempre scagionata perché è buona norma non giudicare le persone dalle apparenze.

L'umorismo di "Sayonara Zetsubou Sensei" è quello di una commedia demenziale, condito però da un'arguta satira sociale; purtroppo con l'avanzare della storia si avverte nella commedia un calo notevole: seguendo quasi tutti gli episodi sempre lo stesso canovaccio, le prime puntate risultano originali e assolutamente esilaranti, mentre le ultime rimangono sì divertenti, ma senza alcuna sorpresa. La parte satirica è invece sempre interessante e autoironica, in un modo che è difficile vedere all'interno di un anime giapponese. Una delle pecche di questo show invece è il procedere lineare degli episodi: ci si aspetterebbe un'evoluzione della trama che invece non arriva mai; ogni mezzo episodio conserva infatti praticamente intatta la situazione di partenza, contaminando parzialmente l'anime con la noia; non mancano infine un paio di puntate completamente nonsense, che sinceramente non ho apprezzato.

Lo stile grafico è molto stilizzato e colorato, ricordando "The Tatami Galaxy", ma, al contrario delle opere di Yuasa, le animazioni sono a volte molto legnose. Sempre ottima invece la regia autorale di Akiyuki Shinbō, che è in grado di valorizzare al massimo certe situazioni e rendere comunque gradevole una visione piena zeppa di scritte da leggere ovunque e cambi veloci di fotogramma.

In definitiva, suggerisco questo anime agli amanti dello humor nero e della satira, mentre lo sconsiglio a chi cerca una buona trama che ahimè non è fin qui pervenuta. Non mi esprimo invece sulle due stagioni successive, di cui devo ancora prendere visione e che spero contengano qualche svolta nella storia.


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Cosa di Baudelaire può aver influenzato il titolo di questa opera? In un certo frangente si fa riferimento alla musa del poeta, la Duval, ma è la musa il concetto di base di quest'opera? Sì, ma non solo. Banalmente da Baudelaire Oshimi ha tratto anche il concetto più basilare, ma fondamentale nella sua poetica e nella poetica di intere generazioni moderne: lo spleen, il torpore desolante dell'uomo moderno, dell' "ultimo uomo" nietzschiano conscio della morte di Dio e dei valori morali della società borghese, incapace di incunearsi nei nuovi non-valori, nella liquidità della società moderna capitalistica, oppresso dal plumbeo cielo.
"Aku no hana" è un manga di formazione nichilistico, essenzialmente, il cui protagonista è Kasuga. Kasuga viene descritto come un adolescente schivo ed interessato a Baudelaire. Baudelaire è meramente una icona, un totem che Kasuga adopera per dare una consistenza a sé stesso. Non sa perché lo legge, non lo comprende, ma se ne renderà conto solamente col finire dell'adolescenza.
Quando Kasuga legge Baudelaire dà a sé stesso un valore, ergendosi oltre la massa, ma dandole un valore definito cui paragonarsi.
Nakamura, al contrario, ha superato ciò, è oramai una monade singola che si pone nei confronti del circostante in modo totalmente dissacrante e conflittuale, rifiutandolo senza mezzi termini, dileggiandolo violentemente, ma pur sempre vivendo in sé un conflitto interiore dovuto alla solitudine.
Mentre, però, Kasuga in un qualche modo cerca l'altro come 'proxy' per avvicinarsi al mondo tutto, Nakamura vorrebbe semplicemente un altro, un vero e proprio singolo con cui condividere la da lei definita "perversione" (hentai), che non va concepita in senso sessuale, per quanto le vicende roteino attorno a tale ambito. In tal senso è incredibile come entrambe le lingue abbiano mantenuto un senso etimologico simile: così come "perversione" in italiano/latino semplicemente significa "mutamento/cambiamento/(in)versione (rispetto il normale)", similmente "hentai" significa "condizione di cambiamento/stranezza". Il "pervertito" è colui che cambia la realtà, la propria realtà, ne produce e ne vive una nuova non sentendosi adatto a quella già confezionata che ritrova alla nascita.
Ciò che è stato davvero ben caratterizzato da Oshimi è la forza attrattiva che un individuo come Nakamura crea per coloro che già di per sé tendono alla devianza. Kasuga idolatra - seguendo i suoi maestri poeti - Saeki, una ragazza bellissima, ma comune. Quanto può una tale passione, oltretutto inverosimilmente e improvvisamente ricambiata per necessità di trama, sopportare la trazione che il buco nero chiamato Nakamura esercita nei confronti del cuore e della mente di Kasuga? Non può. "Aku no hana" è per l'appunto un romanzo di formazione, non tanto di Kasuga come individuo, ma della formazione e dell'evolvimento della sua morbosità, che diviene talmente grande da inglobarlo, come un cancro, sino a digerire i restanti tratti della sua personalità, conquistando il trono.
Questa morbosità veemente e tossica arriva al suo parossismo per il fatto che non riesce a scatenarsi in modo benigno. Distrugge Kasuga ed i suoi genitori, distrugge Saeki (ripeto, unico personaggio inverosimile che pare sviluppare una specie di sindrome simile a quella di Kasuga, ma che non dovrebbe non avendone i presupposti; ma era necessario per mantenere viva la tensione del triangolo), distrugge persino Nakamura.

Il resto dell'opera non è altro che la descrizione della quiete dopo la tempesta. Quella quiete così dolce, ma così amara, latrice di un nuovo sole, ma di un sole più tiepido e meno avvolgente. Forse troppa energia era stata sprigionata nell'incontro fra quei trei individui, tanto da provocare il loro sfiorimento, il prosciugamento - la normalizzazione. Il fiore del male redoniano, che apre il suo occhio allorquando Kasuga decide di seguire la sua vera e unica musa e di chiudersi a tutto il resto, lo richiude stracco e sfibrato quando tre anni dopo Kasuga ricomincia a leggere, ritornando al suo vecchio io, al suo anelare il mondo.

Trovo l'ultima parte del manga di una tristezza infinita. Vedere come persino i rapporti fra individui così profondamente interrelazionatisi vadano morendo, un po' nell'indifferenza, un po' nell'odio, un po' nel mero flusso del tempo - è stato d'impatto, è stato così realistico. Il tempo lima gli spigoli dei caratteri più aspri, raffredda le calde acque del risentimento e dell'antagonismo. Nakamura non è più Nakamura, Kasuga cerca di non essere più Kasuga - eppure il loro amore non muta, sino all'ultima pagina sino all'ultimo capitolo, vero e proprio prologo che non solo dona a Nakamura una maggiore umanità, ma ci ricorda che nulla è finito, che quell'amore e quella solitudine su cui verte tutto rimane e deve rimanere il soggetto. L'ossessione di due spiriti così simili, che han visto l'uno nell'altro la salvezza dalla valle di lacrime in cui ci ritroviamo senza averlo chiesto, non può morire. Il mondo, però, il tempo, ti disidratano così tanto dopo così tanti salassi disilludenti da non permettere più a questa forza attrattiva di esplicarsi, ma al massimo di essere raccontata con distacco e anche con una lacrima di malinconia e di impotenza. Kasuga, che sudato e fremente dopo un sogno che descrive i loro eventi futuri, di individui oramai normali, chi più chi meno, disingannati, forse felici, speriamo felici, si siede di fronte al foglio bianco pronto a scrivere - cosa scriverà, se non proprio "Aku no hana"...?


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Haruhi Suzumiya è una serie di light novel scritta da Nagaru Tanigawa accompagnata dalle tavole disegnate da Noizi Ito. L'opera è composta (per ora) da undici volumi in tutto, pubblicati in Giappone dal 2003 al 2011, ed è edita in Italia dalla Jpop (o almeno così vuole la leggenda). In teoria, la serie non è conclusa ma, considerato che l'unico spunto di trama decente introdotto si chiude con la fine dell'undicesimo volume, potremmo anche metterci una pietra sopra e considerarla finita. In ogni caso non possiamo sapere cosa frulla nella testa di Tanigawa quindi, per correttezza, continuiamo pure a dire che la serie è semplicemente in pausa.

Kyon è un normalissimo ragazzo annoiato dalla monotona normalità della sua vita. Sarebbe eccitante se si possedessero poteri sovrannaturali per combattere contro alieni, fantasmi, mostri o cose di questo genere per, magari, riuscire a fare colpo sulle ragazze. Ma aspettate! Essere al centro dell'attenzione, in questi casi, non è poi così bello: non sai mai quando il nemico ti attaccherà, troppo seccante! Allora forse è meglio restare delle persone normali, ma conoscere l'eroe di turno, in modo da potersi far coinvolgere in questa vita spericolata e godersi lo spettacolo per lo meno dalla seconda fila. Ma la realtà non è fantasia, e di certo non asseconda i desideri di un ragazzo qualsiasi. Ormai disilluso e senza alcuna speranza di poter vivere una vita fuori dal comune, Kyon si appresta a cominciare il primo anno di superiori. Ed è proprio qui che farà l'incontro che gli cambierà la vita: Haruhi Suzumiya. Una ragazza che, a differenza di Kyon, non si è rassegnata a vivere una vita banale ed è alla continua ricerca di eventi interessanti. I due formeranno la Brigata SOS, un club dallo scopo non ben definito, e grazie agli altri tre membri del gruppo Kyon verrà coinvolto in strane situazioni.

Le premesse per una storia affascinante, divertente e coinvolgente c'erano tutte ma, secondo me, il risultato finale può essere definito, al più, decisamente mediocre.
La serie, con La malinconia di Haruhi Suzumiya, comincia davvero con il piede giusto. Un protagonista, Kyon, che, per una volta, è davvero un normalissimo liceale, privo di qualsivoglia talento o particolarità (se non l'interesse provato verso ragazze un po' strambe), annoiato dalla normalità e sempre incline al sarcasmo. Ecco, forse è proprio questo il punto forte di Kyon, cioè il fatto che vada a dire (o pensare, non si capirà mai bene) proprio quello che, in genere, pensa il lettore stesso. Una protagonista, Haruhi, decisamente fuori dagli schemi. Anche lei, come Kyon, è annoiata dalla banalità della vita reale ma, a differenza del ragazzo, ha il coraggio di inseguire a testa bassa i propri sogni anche se ciò implica la totale emarginazione sociale (in questo caso autoimposta, data la sua incapacità ad adeguarsi). Gli altri tre membri della Brigata SOS (Koizumi, Nagato e Asahina) sono tutti caratterizzati in modo ottimale e diversi tra loro. In questo caso, la cosa che colpisce di più è la visione completamente diversa che i tre ragazzi hanno sullo stesso evento, avvenuto tre anni prima dell'inizio della storia, e su Haruhi.
Insomma una storia accattivante, fresca e ricca di colpi di scena, almeno nel primo volume. Il secondo e il terzo, purtroppo, non sono all'altezza del primo ("carini" sarebbe la definizione più adeguata) ma riescono comunque ad intrattenere senza risultare troppo pesanti. Il terzo, in particolare, nonostante la sua struttura episodica a capitoli "autoconclusivi", presenta alcuni elementi davvero interessanti, come la fusione tra passato e presente. Ma è con il quarto libro, La scomparsa di Haruhi Suzumiya, che la serie raggiunge il suo apice narrativo. In questo volume Tanigawa mette in bella mostra tutta la sua (indubbia) abilità narrativa ri-cominciando a mescolare, nella stessa storia, presente, passato, futuro e realtà alternative (il processo, come accennato in precedenza, era già cominciato nel secondo capitolo di La noia di Haruhi Suzumiya, "Sasa no Ha Rapusodi" - La rapsodia delle foglie di bambù -).
Ma è proprio a questo punto che cominciano i veri problemi! L'alternanza romanzi-storie brevi si fa sentire parecchio, spezzando brutalmente il ritmo della narrazione dato che la gran parte delle storie brevi è (quasi) completamente scollegata dal filone principale. Il risultato è che si hanno parti davvero interessanti (cioè quelle che portano avanti la trama) e altre che hanno l'unico effetto di rallentare la storia e quindi risultano vuote e noiose a prescindere dal fatto che siano belle o meno (e alcune parti - poche, in realtà - effettivamente interessanti lo sono).
Per fortuna il livello torna ad alzarsi negli ultimi tre volumi. Molto accattivante l'idea di svolgere il "finale" attraverso due piani temporali distinti narrati simultaneamente. Tutto ha inizio a metà del nono volume, momento in cui Kyon riceve una telefonata; da qui in poi avviene una sorta di scissione e vedremo la stessa settimana, giorno per giorno, vissuta in due realtà temporali diverse. Questa struttura "doppia" andrà avanti fino alla metà dell'undicesimo volume, quando i due piani convergeranno, in qualche modo, verso un unico finale. Come dicevo, idea davvero interessante e con un potenziale notevole, almeno in teoria. Perché nella pratica, purtroppo, le cose non stanno proprio così. Il piano temporale α è di una vuotezza sconvolgente, e non solo se paragonato al ben più interessante e coinvolgente piano β. Come quindi avrete capito, anche questa parte, come il resto dell'opera, è caratterizzata dall'evidentissimo contrasto tra alcune parti terribilmente interessanti che finirete di leggere in pochi minuti (piano temporale β) e altre parti che invece sembreranno non finire mai (piano temporale α). Bisogna però ammettere che la "fusione" delle due "storie" è stata gestita in modo a dir poco perfetto da Tanigawa, che è riuscito a rendere il tutto davvero stupefacente: onestamente non mi sarei mai aspettato un simile sviluppo.

La caratterizzazione dei personaggi, come detto, è davvero ben fatta ma, alla lunga piuttosto noiosa. La battute di Kyon perdono rapidamente di freschezza, diventando piuttosto ripetitive e scontate. L'inutilità di Asahina è davvero imbarazzante: il fatto che lei non sappia nulla del futuro (almeno quello imminente della Brigata) è strano, ma ha una motivazione convincente. Questo però le impedisce di assumere una posizione importante nella storia, relegandola quindi nel ruolo di una mascotte moe terribilmente irritante (non che le due cose siano necessariamente correlate) il cui unico scopo nella vita è preparare il te per il nostro eroe o farsi molestare da Haruhi. Il fatto che poi venga inserita anche una Asahina (grande) non cambia di molto la sua condizione. Per non dilungarmi troppo, della Brigata, personalmente, salvo solo Koizumi, la cui figura è sempre un po' ambigua (anche se questo è dovuto semplicemente al complesso d'inferiorità che Kyon nutre nei suoi confronti). Devo però ammettere che la crescita psicologica di Haruhi, per quanto affrontata dal punto di vista di Kyon, è davvero interessante (anche se, il personaggio in sé non è che mi sia piaciuto moltissimo). A conti fatti, alla lunga, i personaggi secondari sono quasi più interessanti di quelli principali, in particolar modo Tsuruya e Sasaki. Anzi, personalmente trovo che Sasaki sia il personaggio più riuscito di tutta la serie (forse non ha avuto fisicamente il tempo di diventare ripetitiva?) e avrei preferito vederla al posto di Haruhi come protagonista.

Per quanto riguarda i disegni di Noizi Ito, questi non mi sono piaciuti molto, sembrano quasi delle bozze da quanto sono approssimativi. Però c'è un evidentissimo miglioramento dal primo all'ultimo volume, e devo ammettere che gli ultimi disegni sono davvero carini, soprattutto quello in cui Sasaki saluta Kyon.

Credo di essermi dilungato fin troppo, quindi la chiudo qui. Haruhi Suzumiya è una serie con degli spunti magnifici diluiti in un oceano di nulla. Se dovessi dare un voto ai soli volumi che portano avanti la storia (primo, quarto, nono, decimo e undicesimo) il voto sarebbe un 8 pieno, ma considerando l'opera nella sua totalità, un 6 striminzito è il massimo che mi sento di assegnare.