Dopo il samurai immortalato in una statua a Civitavecchia e la pittrice che sbarcò in Sicilia seguendo il suo amore italiano, ecco un'altra storia che racconta una vita fuori dal comune.
Oggi vi farò scoprire la figura di Felice Beato, fotografo e avventuriero che a cavallo fra 1800 e 1900 viaggiò per mezzo mondo e diventò una figura di riferimento nel mondo delle immagini. Fu uno dei primissimi a documentare la guerra attraverso le sue foto e il primo a immortalare molti paesi orientali, fra cui appunto il Giappone.

 

Sulle sue origini non ci sono certezze: l'anno di nascita oscilla fra il 1832 e il 1834, così come il luogo. Alcuni dicono che sarebbe nato a Venezia, altri a Corfù. Per questo Beato è stato nel tempo identificato come britannico, italiano, italo-corfiota o greco. La confusione risiede anche nel fatto che all'epoca Corfù era un protettorato britannico.
Dopo essere stato in India dove documentò le conseguenze della Ribellione Indiana del 1857 e aver immortalato i paesaggi della Cina assieme agli orrori della spedizione militare anglo-francese durante la seconda guerra dell'oppio, arrivò nel Sol Levante nel 1863.

Qui vi rimase fino al 1877, raccontando così uno dei periodi più importanti del paese, il passaggio cioè dall'epoca Edo a quella Meiji, che nel 1869 riconsegnò il potere all’imperatore sottraendolo agli Shōgun Tokugawa. Le sue foto sono doppiamente importanti perché l'accesso agli stranieri al Paese era controllato e limitato dallo shōgunato, quindi avere immagini del periodo Edo era davvero una rarità.

 

Questo fu il contesto in cui Felice Beato aprì uno studio, in società con Charles Wirgman, battezzato "Beato & Wirgman, Artists and Photographers"; in esso si fondevano l'occhio del documentarista dell’italo-britannico con quello artistico di Wirgman.
Particolarissimo fu il risultato di questa collaborazione: le foto erano infatti stampate su carta all’albumina, colorata poi a mano da artisti dell'acquerello locali. Questo stile così particolare verrà ricordato con il nome di "Scuola di Yokohama".
 

Le fotografie giapponesi di Beato avevano soggetti davvero vari: ritratti, panorami, vedute cittadine, scene di vita vissuta e scorci lungo la strada del Tokaido, con evidenti richiami alle ukiyo-e di Hiroshige e Hokusai. Ma non si limitò a questo: nel settembre 1864 fu fotografo ufficiale della spedizione militare a Shimonoseki, negli anni successivi immortalò Nagasaki e i suoi dintorni. Dal 1866 fu spesso caricaturato in maniera bonaria sul Japan Punch, fondato e curato dallo stesso Wirgman.

 

Nell'ottobre del 1866 durante un incendio che distrusse la maggior parte di Yokohama, Beato perse sia lo studio fotografico che buona parte della sua produzione e passò i due anni successivi a rimpiazzare il materiale andato in fumo. Da questo lavoro nacquero due volumi di fotografie: "Native Types", contenenti 100 ritratti di persone delle diverse classi sociali giapponesi, fra cui anche alcuni samurai e "Views of Japan", contenenti 98 foto di paesaggi sia urbani che rurali. I due libri furono poi riuniti assieme nel "Photographic Views of Japan with Historical and Descriptive Notes".

 

Esauritasi la collaborazione con Wirgman, dal 1869 al 1877 Beato gestì uno studio in proprio a Yokohama, il "F. Beato & Co., Photographers", assieme ad un assistente, tale H.Woolett, quattro fotografi e quattro artisti giapponesi che si dedicavano specificatamente alla colorazione delle immagini. Probabilmente Kusakabe Kinbei, prima di diventare fotografo in proprio, fu proprio fra questi assistenti. Beato inoltre collaborò anche con Ueno Hikoma.
Ma oltre che fotografo, Felice Beato fu anche imprenditore immobiliare, ebbe interessi finanziari nel Grand Hotel di Yokohama, commerciò in tappeti e in borsette da donna e comparve diverse volte in tribunale, nei vari ruoli di difensore, accusato e testimone. Inoltre il 6 agosto 1873 fu nominato console per la Grecia, grazie alla sua presunta nascita a Corfù.

 

Nel 1877 Beato vendette il suo studio a Stillfried & Andersen, che lo cederanno poi a Adolfo Fasari, uno dei maggiori divulgatori dell’arte fotografica nel Giappone di fine ottocento.
Nonostante ciò, il fotografo italo-britannico lasciò il Giappone solo 7 anni dopo, nel 1884, quando si trasferì in Egitto dove aprì nuovamente uno studio fotografico. Seguì altre spedizioni militari britanniche che lo portarono prima in Sudan e poi in Birmania, dove si stabilì sino al 1907, anno in cui decise di andare a vivere a Firenze, città in cui morì nel 1909.
La sua tomba si trova nel cimitero delle Porte Sante a Firenze, scoperta soltanto nel 2014 grazie a due ricercatrici italiane, Rossella Menegazzo e Sara Ragazzini, e l’impegno di alcuni ragazzi del Japan Camera Industry Institute (JCII) di Tokyo.

Fonti consultate
VanillaMagazine
Wikipedia