Sono già passati due anni da quando l’annuncio di un nuovo anime di Fruits Basket ha portato panico, gioia e speranza tra i fan dell’omonimo manga di Natsuki Takaya. Proprio in quell'anno, l’opera più famosa della sensei compiva il suo ventesimo anniversario, e i festeggiamenti erano iniziati già nel 2015 con l’avvio della pubblicazione del sequel, Fruits Basket Another.

Il "presunto" remake viene pubblicizzato alla grande, anche dagli americani, che mai hanno smesso di amare l’opera della Takaya, basti ricordare la teaser visual apparsa a tutto schermo addirittura a Times Square a New York.
L’attesa è febbrile, non si sa ancora di quanti episodi si comporrà la serie, ma tutti sperano una sola cosa: che sia un remake che copra il manga per intero. La serie del 2001, seppur abbastanza ben fatta, si era fermata circa al sesto volumetto del manga, quello che potremmo definire il primo, vero punto di svolta nella trama di Furuba.
Svelati cast e staff, è il momento di (ri)partire: il 5 aprile 2019 è la data in cui inizia Fruits Basket Shin.
A un passo dall'inizio della seconda stagione, facciamo il punto sulla prima porzione di storia e su un remake riuscito, finora, al 100%.
 
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La dolce Tohru Honda, già orfana di padre, dopo la morte della madre è costretta ad andare a vivere col nonno, poiché nessun altro parente si vuol prendere "il fastidio". A causa di alcuni problemi ben presto però si trova costretta a lasciare l'abitazione, e decisa ad andare avanti con le sue forze, inizia a vivere in una tenda in un bosco. La positività della ragazza non basta e sciagure si susseguono: un tifone spazza via la sua "casa-tenda". Nel momento di maggior sconforto è Yuki Sohma ad aiutarla, un compagno di scuola detto "principe" per via del suo bell'aspetto e i modi raffinati. Yuki le propone di trovare sistemazione nella casa in cui vive con dei parenti: Shigure, romanziere brillante, e Kyo, un ragazzo introverso con il quale ha un pessimo rapporto. Tohru accetta l'invito estesole da Yuki e Shigure e scopre ben presto il segreto di casa Sohma: quando i membri della famiglia vengono abbracciati da una persona di sesso opposto, si trasformano in uno dei dodici animali dello zodiaco cinese! A vista la cosa potrebbe apparire divertente, si tratta in realtà di un'oscura maledizione a cui sembra impossibile sottrarsi.

Iniziano così, in maniera un po’ surreale le vicende di Tohru e della famiglia Sohma; un’avventura che potrebbe apparire banale, scontata e indirizzata fondamentalmente a chi cerca una classica storia d’amore. Quella di Furuba invece è una storia che sorprende gradevolmente per i temi su cui decide invece di focalizzarsi in maniera preponderante, ossia, la famiglia, i legami e i rapporti genitore-figlio, anche e soprattutto nell'ottica di situazioni tutt'altro che desiderabili.

Nell'arco delle 26 puntate abbiamo conosciuto per bene Tohru, le sue migliori amiche e quasi tutti i componenti della famiglia Sohma. Ciò che ci è stato mostrato è stato il travagliato rapporto dei membri dello zodiaco con i loro genitori, o in alcuni casi, con persone esterne entrate nella vita della famiglia maledetta.

Tohru è invece l’intoppo nell’ingranaggio dell’immutabilità di casa Sohma, colei che smuove in qualche modo quell’immobilismo fatalistico che caratterizza coloro che hanno subito la maledizione dello zodiaco cinese. Della nostra protagonista sappiamo poco invero, carpiamo solo il suo immenso amore per la madre defunta, ma questa prima parte di storia non ci ha raccontato tutta la storia di Tohru e Kyoko, né del misterioso papà Honda. Se madre e figlia possono superficialmente apparire come la perfezione incarnata nelle categorie di appartenenza, ci sono in realtà ancora mille sfumature, tanta dolcezza e altrettanto dolore da affrontare insieme per conoscere e capire al meglio la famiglia Honda.

Gli episodi ci hanno mostrato i rapporti che i membri dello zodiaco intrattengono con i familiari, con le persone care ma anche con se stessi, nell’intima profondità di chi vive una condizione che definire "anomala" sarebbe riduttivo. I genitori dei membri dello zodiaco dimostrano quanto sia difficile, anche per le persone che dovrebbero amare i figli più di chiunque altro, accettare la condizione in cui versa chi è affetto dalla maledizione: qualcuno li ha ignorati, qualcuno ha subito rinunciato a comunicarci, qualcuno ha addirittura scelto di morire piuttosto che reggere quel peso insieme al proprio figlio.
L’effetto peggiore di queste debolezze è stato senza dubbio far sentire in colpa i propri figli per il solo fatto di essere venuti al mondo, come se quella loro unicità fosse una scelta e non invece un pesante fardello per loro stessi in primis. I membri dello zodiaco, in particolare i più giovani, non riescono quindi a trovare la loro ragion d’essere, quasi come se, privi del "consenso" ad essere ed esistere dei loro familiari, cercassero disperatamente e inconsciamente qualcuno che li autorizzi a vivere come le altre persone.
 

Servendosi dell'espediente della maledizione, Furuba fa sua l’occasione di parlare di tante cose che riguardano l’essere umano, ed oltre alla difficoltà del rapporto con i genitori ci parla anche dell’accettazione di se stessi, del coraggio di affrontare le difficoltà, ma senza azioni supereroistiche bensì a piccoli passi, ogni giorno, così come fa la piccola Kisa, che insegna a chi è più grande di lei ad affrontare la vita quotidiana con coraggio. E se il titolo di questa bella storia è Fruits Basket, un motivo c’è e ce lo spiega Tohru sin dall’inizio: un onigiri può stare in un cesto di frutta? Ognuno di noi, con le proprie unicità, può stare tra chi è diverso da se stessi? È possibile vivere, convivere, amare ed essere amati anche in virtù delle nostre peculiarità personali? Nell’incedere della storia vediamo come tutti i personaggi cerchino il loro posto nel cesto della frutta, palesando l’esplicito bisogno di ognuno di trovare un posto nel mondo.

Ma cos’è davvero la maledizione? Se lo chiede Tohru e noi con lei, intenti a cercare di capire come e perché sia nata ma soprattutto se sia possibile spezzarla. E mentre qualcuno ha in una certa misura accettato, seppur con remissività, la propria condizione, quello che sembra non riuscirci affatto è Kyo, colui che è posseduto dallo spirito del gatto, l’unico Sohma che in realtà è sì maledetto ma non un membro dello zodiaco. Se il resto dei Sohma può quindi sentire un senso di “familiarità” stando all’interno della cerchia degli animali dello zodiaco, Kyo non ha neanche questo piccolo appiglio, poiché il gatto, escluso dal banchetto del Dio, è destinato forse a qualcosa di ben peggiore della “semplice” trasformazione in animale.

È in questo modo di pensare che Kyo si scontra violentemente con Yuki: il primo vuole entrare nello zodiaco, il secondo vorrebbe uscirne, e nessuno dei due può realizzare il proprio desiderio. Non si tratta semplicemente dell’inganno del topo al danno del gatto nella leggenda, dopotutto anche la "sfruttata" mucca è riuscita a riappacificarsi con il topo, il problema tra Kyo e Yuki non si lega allo zodiaco quanto a motivazioni più intime, personali, ed estremamente umane.

La prima stagione si chiude concentrandosi su Kyo, con una triade di bellissimi episodi che aprono anche per il gatto uno spiraglio di apparente speranza. Quasi tutti i membri dello zodiaco hanno avuto, grazie a Tohru, la spinta per poter credere di cambiare, di poter rinascere o semplicemente di poter accettare la propria stessa esistenza. Il terzetto protagonista si ripromette di cambiare e migliorare, ma nonostante questo, mentre Kyo e Yuki non sembrano neanche lontanamente pensare di poter sciogliere la maledizione, altri membri dello zodiaco ci credono fermamente, e forse in maniera poco pulita, organizzano le loro mosse.
 

L'anime è finora una palese e riuscitissima dichiarazione d’amore all’opera della Takaya, a un manga che è entrato nel cuore di milioni di persone nel mondo e che ha lasciato un segno indelebile in ognuno di essi. La trasposizione dal cartaceo è fedelissima, a parte qualche dettaglio insignificante, anche nei tempi narrativi. L’elemento che più si discosta dal manga, o anche dalla precedente serie, è certamente il character design dei personaggi, più addolcito rispetto a quello della Takaya dei tempi, più moderno ma, a mio dire, anche meno personale. Se è vero che la mangaka stessa ha chiesto che il character design venisse modificato, poiché non soddisfatta del proprio stile di allora, resto dell’idea che quello mostrato in questa serie non sia un tratto identificabile come della Takaya; personalmente avrei trovato migliore la scelta di svecchiarne lo stile utilizzando quello più moderno dell’autrice, che è più morbido e attuale ma non per questo privo di rimandi all’originale.

Il lavoro dello staff è comunque attento, certosino e rispettoso del prodotto originale, e in confronto alla vecchia serie mostra una regia più attenta e una maggiore cura dei dettagli. Mentre in America è stato riconvocato il vecchio cast di doppiaggio, in Giappone esso cambia completamente, affidandosi ad un gruppo che mischia nuove leve a veterani del settore, con un risultato più che soddisfacente.
L'attenzione al dettaglio si nota anche nella cura della colonna sonora e nelle immagini scelte per le sigle, semplici ma azzeccatissime e con vari rimandi anche a scene di eventi futuri.

La prima stagione del remake di Fruits Basket si è conclusa lasciando nel cuore degli spettatori gioia e speranza, ma in realtà, c’è ancora molto da dire e moltissimo da mostrare. Nell’ultimo episodio possiamo già notare tre personaggi che saranno fondamentali per il prosieguo della storia e abbiamo ancora molte domande a cui rispondere: qual è il destino del gatto? Quali sono gli scopi del capofamiglia? Cosa trama Shigure? Mamma Kyoko era davvero la madre inverosimilmente perfetta che abbiamo conosciuto in questi episodi? Riusciranno i nostri bimbi dello zodiaco a cambiare e crescere come si sono promessi di fare? Riusciranno ad accettarsi e farsi accettare?  Ma soprattutto, esiste un modo per sciogliere la maledizione?
 

Fruits Basket è un'opera delicata, forte e profonda, che tra una risata e una lacrima, con un linguaggio semplice ma d'impatto, accoglie lo spettatore in un caldo abbraccio, facendogli provare un turbinio di sentimenti che probabilmente non si sarebbe aspettato. La forza di questa storia sta sì nella sua semplicità ma anche nella profondità dei temi che affronta, in un maniera al contempo forte e gentile che può toccare chiunque.

Non sappiamo di quanti episodi consterà la seconda stagione in partenza il 6 aprile 2020 in Giappone, né se continuerà a seguire il manga in maniera tanto fedele. La speranza è che si continui sull’ottima scia della prima serie, per regalare ai fan vecchi e nuovi un’altra stagione piena di emozioni e sentimenti, anche quelli non propriamente belli, perché come ci insegna Momiji, tutti i momenti che viviamo, anche quelli che vorremmo dimenticare, vanno ricordati e fatti propri, per poterli un giorno affrontare con serenità lungo la strada della vita.

Buona visione a tutti!