Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

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Il mio approccio a "Tenki no Ko" non è stato sicuramente dei migliori, essendo arrivato con circa venti minuti di ritardo dall'inizio della trasposizione cinematografica. In effetti, durante la visione, mi domandavo se quella assenza di emotività e attrattiva fosse dovuta proprio a questo piccolo inconveniente o se, invece, si trattasse di un problema radicato all'interno della strutturazione della storia. Ebbene, ho avuto modo di apprezzare per una seconda volta il film, e devo ammettere che non è scattata quella scintilla, quella chimica, le quali solitamente sorgono quando guardo le opere di Shinkai.
Non metto in dubbio che la trasposizione tratti un'infinità di tematiche le quali spaziano sia su argomenti di carattere generale, come la questione ambientale, sia su aspetti più specifici e contestualizzati, come l'esaltazione delle scelte individuali a discapito della collettività; tuttavia è la storia in sé a non avermi pienamente convinto, lenta e soprattutto inesauribilmente prevedibile ogni secondo che passava. Deduco sia dovuto a tale analisi l'assenza, almeno per quanto mi riguarda, di qualsiasi sorta di empatia o immedesimazione all'interno dei personaggi. Al di là di semplici sorrisi, non ho provato nulla di così particolare o eccezionale, magari hanno influito nel giudizio anche le grandi aspettative createsi dopo la visione di un'opera del calibro di "Kimi no Na wa".

Ed ecco che arriviamo al nocciolo della situazione: da come la trasposizione è stata impostata, sembra quasi che Shinkai abbia voluto far intendere, implicitamente, che "Tenki no Ko" dovesse raccogliere il grande patrimonio e l'immensa eredità lasciatici per l'appunto dal suo predecessore... non credo bisogni neanche fare degli spoiler al riguardo per dimostrare la veridicità della mia affermazione, i riferimenti e i chiari segni in alcune parti della storia, seppur brevi e simbolici, non lasciano adito ad altre interpretazioni. Sfortunatamente, però, le cose non vanno sempre per il verso giusto, e penso che Shinkai fosse consapevole del fatto che sarebbe stato tremendamente difficile ideare una nuova opera che superasse in tutto e per tutto la precedente, o almeno che provasse a stare al suo passo. Il risultato? Un compitino. Qualcosa né di così eccessivamente semplice né di così eccessivamente complesso, qualcosa che sta esattamente nel mezzo e che non avrebbe permesso a nessuno di rischiare il fallimento o le critiche negative. Dunque ritengo che la sensazione di vuoto provata in questo momento sia proprio dovuta al fatto che Shinkai non abbia voluto rischiare e si sia limitato semplicemente a svolgere il "compitino", per timore della realizzazione di un prodotto al di sotto delle aspettative... e come se "Kimi no Na wa" rappresentasse quella soglia di confine così impossibile da raggiungere, da spegnere qualsiasi speranza esistente.

Ebbene, signori, l'esito di "Tenki no Ko" è uno Shinkai indeciso e ancora nascosto dietro l'ombra del suo precedente capolavoro, la dimostrazione è riscontrabile all'interno dei personaggi tipici e scialbi, una narrazione che non trasmette assolutamente nulla, rimanendo fine a sé stessa, e soprattutto la completa assenza di uno "sfondo", di un "contorno", che possa cambiare o esaltare in termini qualitativi l'opera. Onestamente non mi ero prefissato una tale durezza all'interno della recensione, tanto che all'inizio avevo pensato di attribuire un 8 alla trasposizione cinematografica, tuttavia scrivere mi ha aiutato ad esplicitare ancora di più la mia tremenda delusione nei confronti del film, e soprattutto di aver raggiunto la seguente conclusione: il finale scelto da Shinkai è la chiara dimostrazione di come Hodaka e Hino non siano altro che una fotocopia venuta male rispettivamente di Taki e Mitsuha!

Naturalmente ci sono alcuni aspetti su cui il Maestro non si può in nessun modo criticare, la sua padronanza delle arti visive è qualcosa di assurdo! Le inquadrature, l'esaltazione degli elementi anche più banali all'interno dei vari scenari, per non parlare poi dei maestosi paesaggi e degli effetti cromatici pazzeschi, rendono il comparto grafico uno dei più grandi punti di forza della trasposizione cinematografica, insieme alla scelta sempre sublime e meticolosa delle varie OST che accompagnano la sceneggiatura.

Adesso potrei iniziare ad argomentare, come solitamente faccio, delle molteplici tematiche che contraddistinguono il film, tuttavia, se dovessimo trattare nello specifico le singole tematiche, ci vorrebbe una recensione a parte per ognuna di esse, data la profonda complessità. Dovendone selezionare una fra tutte, mi piacerebbe discutere dell'esaltazione della potenza della natura: sebbene l'avanzamento tecnologico e le moderne strumentazioni scoperte dall'essere umano, quest'ultimo è ancora inerme di fronte alla forza maestosa dei fenomeni naturali. Basti pensare che la pioggia è riuscita a mettere in ginocchio Tokyo e un'intera popolazione. Pertanto, ne passerà di tempo prima che l'uomo possa imporsi e dire la sua, l'unico suo compito è quello di preservare il nostro pianeta ed evitare di conseguenza che cambiamenti climatici o altri fenomeni possano sconvolgere l'ordine naturale delle cose.

Sinceramente, per quanto il concept della trasposizione stessa non mi sia affatto piaciuto, non si possono ignorare elementi come le tematiche, le OST e la grafica nella valutazione complessiva dell'opera, le quali incidono positivamente e svolgono, almeno loro, alla perfezione il loro dovere.
Il mio voto corrisponde a quello che il professore attribuisce agli studenti quando realizzano un "compitino": 6!
Concludo il mio discorso affermando con triste certezza che "Tenki no Ko" non poteva, non può e non potrà mai essere definito come un degno erede per "Kimi no Na wa"!

8.0/10
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“Kokkoku” è una serie composta da dodici episodi, animata da Geno Studio e uscita nell’inverno 2018. Si tratta dell’adattamento di un manga inedito in Italia: non avendo letto l’opera originale, la mia recensione è relativa solamente alla versione animata.

La protagonista è Juri Yukawa, una ragazza poco più che ventenne che cerca lavoro per rendersi indipendente e lasciare una famiglia che le è di peso: vive infatti con il nonno pensionato, la madre (che non compare quasi negli episodi), il pessimo padre e il fratello che non lavorano, una sorella, che è una madre single, e suo nipote Makoto. La narrazione ha inizio il giorno in cui suo fratello Tsubasa e il suo nipotino vengono rapiti: i sequestratori chiedono un riscatto non troppo alto, ma minacciano gli ostaggi di morte se i soldi non verranno consegnati entro trenta minuti. Per fermare Juri, che vuole andare a salvarli armata di coltello, il nonno utilizza una strana pietra per fermare il tempo. Juri, suo nonno e suo padre possono così muoversi nella città immobile, per andare a salvare i propri cari. Contrariamente a quanto il nonno si aspetta, loro tre non sono gli unici a potersi muovere nella condizione che lui definisce “stasi”: parte quindi come un thriller fantascientifico, ma è difficile individuare un genere per questa serie.

L’elemento che ho apprezzato di più è che “Kokkoku” non sembra voler essere accattivante: l’impressione è quella di una narrazione rivolta più alla testa che alla pancia dello spettatore. Viene raccontata, con cura e grande attenzione alle scelte di regia, una storia: interessante, non edificante, non romantica, non iconica, non un capolavoro ma un’onesta buona storia, popolata da un buon numero di persone che si rivelano ragionevoli.

Il character design è incisivo: risulta facilissimo imparare a riconoscere i personaggi, la caratterizzazione è convincente e con una buona originalità, poco lo spazio dato a bellezza irrealistica, i volti appaiono segnati dal tempo, dagli “stravizi”, dalla pigrizia. Anche per quanto riguarda i rapporti fra i vari personaggi non ci vengono mostrati né grandi amicizie né eroismo o lealtà fuori dal comune, ma una sorta di partita per la sopravvivenza giocata da menti (più o meno) lucide e alleanze temporanee frutto di calcoli (non necessariamente in senso deleterio). Sono personaggi molto “veri”, non monolitici, e questo consente di empatizzare con (quasi) tutti, a seconda del momento. La protagonista però spicca su tutti: è una giovane donna determinata, attiva, dotata di senso civico e assennatissima.

Se le animazioni non sono sempre impeccabili, la grafica della “stasi” è piacevolmente ingentilita dalla luce del tramonto, momento in cui il tempo viene fermato, e i fondali sono curati e veramente efficaci (i particolari delle ombre e delle tracce di umidità sui muri sono degni di nota). Godibili le scelte adottate per rendere la fisica della “stasi”, come l’acqua dei catini che mantiene la forma della parte prelevata! Molto azzeccata l’invenzione dei Messaggeri, esseri prigionieri della stasi e guardiani a protezione delle persone “ferme”, che sono visivamente riuscitissimi. Anche i colori dominanti sono molto suggestivi: una tonalità “seppia-verde-oro-grigio” che rimane impressa.

Buona la colonna sonora, la ending non è sgradevole, ma poco legata al resto (come immagini e testo), la opening è invece qualcosa di significativo, per colori, ritmo e riferimenti simbolici (difficile interpretarli tutti).

L’opera è autoconclusiva, e questo è un grande pregio, ma la risoluzione è affidata a un “deus ex machina”, e questo è un modo banale di concludere una storia; il fatto però che la storia risulti in qualche modo circolare, e si comprendano nel finale alcune immagini del primo episodio, dà una certa eleganza a questa scelta narrativa.

Un anime purtroppo sottovalutato, ma che merita una visione soprattutto da parte di chi ama i gialli (anche se un giallo vero e proprio non è) e le storie “psicologiche”, per il gusto di vedere persone ordinarie catapultate in un contesto in cui le regole del gioco sono stravolte.

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"Genkaku Picasso" è un manga molto particolare, composto soltanto da tre volumi, cui è molto difficile dare un giudizio.

La trama è, per certi punti di vista, molto originale. Il protagonista della vicenda è un giovane ragazzo, Hikari Haruma, molto poco socievole e piuttosto bizzarro. La sua unica passione è il disegno, tanto che passa ogni momento libero a disegnare qualunque cosa, sognando di diventare un giorno un grande artista, motivo per il quale i suoi compagni l’hanno soprannominato Picasso.
L’unica persona che si è affezionata a lui è una sua compagna, Chiaki, la quale talvolta lo accompagna in riva al fiume, dove Hikari si ritira a disegnare.
Un giorno, però, un tragico evento sconvolge la vita dei due giovani, legandoli indissolubilmente in un destino che vedrà Hikari investito del potere di vedere ciò che risiede negli animi più disturbati delle persone e, soprattutto, di entrare in essi per aiutarli a risolvere i suoi problemi. Così, obbligato ad aiutare gli altri con questo potere da un patto fatto dall’amica, il ragazzo si ritroverà costretto ad incontrare molte persone e cercare di guidarle verso la salvezza

Sebbene l’idea sia piuttosto originale, inizialmente la trama stenta a decollare, presentando spesso situazioni molto simili tra loro e siparietti talvolta anche troppo demenziali. L’indagine psicologica nelle profondità dell’animo dei personaggi, pur affrontando temi spesso anche seri, viene troppo spesso interrotta da interventi comici mal riusciti e demenzialità gratuite che rendono la lettura molto pesante.
Dopo la prima metà dell’opera, però, i discorsi cominciano a farsi sempre più seri e le tematiche sempre più approfondite, dando finalmente grande spessore ai vari personaggi che s’incontrano, quasi a mostrare una sorta di crescita del protagonista.
Infine, la conclusione del manga si rivela essere davvero ispirata e ben realizzata, dando una spiegazione sensata a tutto quel che si è visto precedentemente e arrivando quasi a commuovere il lettore, che si ritrova spiazzato di fronte a quanto si riveli profondo quel ragazzo così apparentemente banale e frivolo.

In conclusione, il manga è una buona opera di carattere psicologico, da leggere sicuramente con attenzione e con la capacità di soprassedere ai momenti iniziali meno ispirati, per poter così arrivare a godersi un’ottima conclusione che salva letteralmente l’intera opera.