Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

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Recensisco questo breve OAV, della durata di soli dieci minuti, premettendo di essermi cimentata nella visione non conoscendo né il manga, da cui è tratto, né la trama, che non ho letto di proposito. Tuttavia, l'impatto visivo e sonoro è stato così efficace, da riempire queste mie lacune.

Due soli personaggi, una candida bambina e una creatura oscura che non sembra di questo mondo (il bene e il male? La luce e il buio?). Tra i due sembra svilupparsi un certo tipo di legame, nato dal semplice accudimento reciproco, e che pare sfociare in un tenero rapporto, fatto di affetto e gentilezza. Per chi avesse visto la serie "The Ancient Magus' Bride", vedrete che questo OAV ve la ricorderà.
I due si muovono in un'ambientazione fiabesca, resa tale dal tipo di disegno, molto semplice e lineare, dai colori acquerello e toni non troppo vivaci, a parte il colore nero, che appare quello più deciso e presente rispetto agli altri. L'animazione a volte risulta poco fluida, ma questo non va ad inficiare sulla resa del prodotto, anzi, questo aspetto amplifica l'effetto "fiaba". Azzardo a dire che da un punto di vista grafico questo corto mi ha ricordato "Kanashimi no Belladonna". Invece, "La canzone del mare" me lo ricorda per le atmosfere fiabesche e i rimandi alla cultura celtica (non a caso "Siúil, a Rún", il sottotitolo del manga corrispondente, è il titolo di una canzone tradizionale irlandese ben nota).

Infine, possiamo considerare un tocco di classe la scelta dell'assenza di dialoghi. Ebbene sì, non viene detta una singola parola. Quindi, tutto quello che ci viene trasmesso è comunicato tramite il linguaggio universale della musica e dei colori (luci e ombre), nonché delle gesta dei personaggi. Non sono quindi le parole a suscitarci emozioni, piuttosto è un buon comparto sonoro e visivo. Anzi, l'assenza completa di dialogo esalta e risalta questi due aspetti, che sono gli unici mezzi che abbiamo per seguire l'evoluzione di questa breve storia.
Prestate particolare attenzione alla scena notturna sulla barca. È magnifica.

Mi viene detto che il manga sia un piccolo capolavoro. Che l'OAV abbia avuto lo scopo di incentivare l'interesse del pubblico per spingerlo all'acquisto? Mah. Fatto sta che io un occhio glielo darò!

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Questo di cui vi accingete a leggere la recensione è il primo, il solo, l'unico, l'inimitabile anime sull'ASMR. Cos'è l'ASMR? Si tratta di un acronimo anglosassone che sta per Autonomous Sensory Meridian Response, che tradotto nella nostra lingua significa: risposta autonoma del meridiano sensoriale. In soldoni, ci sono certi stimoli sonori e visivi (chiamati trigger) in grado di provocare una piacevolissima sensazione, spesso accompagnata da brividi o formicolio, localizzata molto frequentemente nella zona della nuca, tanto che spesso l'ASMR viene rappresentato come una sorta di "orgasmo mentale".
Sebbene ciascuna persona abbia una sensibilità specifica a certi trigger, sembra che questa sensazione autonoma o automatica scatti in presenza soprattutto di specifiche situazioni. A titolo non esaustivo: ricevere attenzioni empatiche da parte di qualcuno, carezze, sussurri, stropiccii, graffi, fruscii, ecc.
Questa cosa che forse molti di voi hanno sperimentato senza saper darle un nome è stata come al solito scoperta, catalogata e monetizzata su Internet, soprattutto grazie alla produzione di video di youtuber. Talvolta, coinvolgendo il trigger che si basa sul sussurro, alcuni video hanno evidenziato anche un certo potenziale erotico: cosa scontata, vista l'intimità che il sussurro stesso presuppone.

Arriviamo così al nostro anime. Si tratta di una serie di otto corti da tre minuti (o 180 secondi, come recita il titolo) in cui vengono esplorati specifici trigger, con una impostazione che non disdegna di mettere in luce la carica erotica implicita nella ricerca dell'ASMR, specie per il grande ricorso alla pratica del sussurro.
Ciascun episodio ha come protagonista una o due ragazze alle prese con un microfono particolare simile a un cranio umano il quale, collegabile a delle cuffie, può restituire una serie di suoni trigger, come il cotton fiocc nelle orecchie (il cranio ha i lobi auricolari), il sussurro a uno specifico orecchio, il suono della crema spalmata, il sospiro, le voci sussurrate in contemporanea da due persone diverse.
Oltre ai trigger sopra accennati, nel corso degli episodi, ci sono anche il frizzare delle bibite gassate e i cubetti di ghiaccio che tintinnano contro il vetro di un bicchiere. Le protagoniste sono tutte femminili (qualche voce è più suadente e piacevole rispetto alle altre) e spaziano dalle classiche liceali giapponesi alla mammina amorevole, dalla sorellona prosperosa alle giovanissime gemelline pestifere. Unica eccezione: l'ultimo episodio, dove l'unico protagonista maschile fa sfoggio di una bella voce calda.

Come accennato, l'anime non disdegna piccole incursioni nell'erotico, tanto che con la scusa dell' "orgasmo mentale" varie protagoniste femminili si esibiscono in gemiti un po' fuori luogo con l'idea di relax che l'ASMR dovrebbe trasmettere, ma non con il piccolo business sexy che è scaturito dall'idea originaria legata al rilassamento. È in fondo azzeccata l'idea di adattare l'elemento roleplay tipico dell'ASMR a certe classiche figure dell'immaginario anime, e perfino la scelta di solleticare qualche istinto un po' pruriginoso.
Tuttavia, per chi scrive, rispondere alla domanda del titolo ("Riusciremo a far felici le tue orecchie in 180 secondi?") comporta il ricorso a un tiepido "ni". L'anime è sicuramente rilassante ed è un'esperienza sensoriale diversa dal solito, ma tre minuti sono pochi, e alla fin fine la volontà di inserire a tutti i costi un minimo di narrazione si traduce in un titolo un po' surreale e lontano dall'obiettivo di far raggiungere agli appassionati di questa nicchia l'agognato "orgasmo mentale". Infine, se escludiamo i curiosi del genere "ecchi" nelle sue varianti più bizzarre, si tratta di un anime sostanzialmente trascurabile.

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Nel luglio del 2005 il ricercatore Natsuki Matsumoto rinvenne in una residenza privata di Kyoto un frammento di pellicola vuota della durata di tre secondi composto da circa cinquanta fotogrammi in 35mm, sui quali erano direttamente stati tracciati dei disegni. Questo frammento, che avrebbe preso il nome del suo scopritore, consiste in una breve sequenza nella quale un ragazzino vestito alla marinara scrive in kanji sulla lavagna “katsudo shashin” (figure in movimento), e si tratta ad oggi del lavoro più datato di animazione giapponese giunto fino a noi.

Il primo capitolo della storia degli anime, quindi? No, e per una serie di motivi. In primo luogo, un’evidenza che dovrebbe condurci a non sopravvalutare l’importanza storica di questo lavoro consiste nel fatto che esso non ha avuto nessuna significativa influenza nello sviluppo dell’animazione giapponese. Allo stato attuale delle cose, rimane valida la ricostruzione storica per la quale i primi a realizzare delle animazioni fotograficamente impresse su pellicola furono Seitaro Kitayama, Oten Shimokawa e Jun’ichi Kouchi. Questi “pionieri” avrebbero dato il via a partire dal 1917 a una produzione di opere che si sarebbe protratta fino ai primi anni ‘20 e che avrebbe avuto delle conseguenze fondamentali. Motivo per cui, volendo per forza trovare una data di inizio nella storia dell’animazione made in Japan, il 1917 rimane l’anno più opportuno, mentre questo “frammento Matsumoto” appartiene più ad una preistoria della quale si sa ancora troppo poco.

Ad ogni modo, questo frammento di pellicola, databile al 1907, si inserisce in un altro dibattito, tra chi sostiene che l’animazione giapponese nacque tra le mura di casa e chi invece sostiene sia nata solo dopo l’importazione di lavori animati occidentali. Ci sono buone argomentazioni da entrambe le parti, anche se l’influenza straniera subita da molti artisti, compresi i sopracitati, non è oggetto di discussione. Il frammento di per sé non ha bisogno di ulteriori commenti, fa parte di un’epoca sperimentale e ad oggi è il lavoro animato giapponese più vecchio giunto fino a noi, ma chissà che le cose non possano cambiare ulteriormente e che altri ritrovamenti possano fare chiarezza su un periodo ancora avvolto da molti misteri.