Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

9.0/10
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“Quando penso alla città in cui manco solo io mi sento molto leggera”.

"Erased", celebre trasposizione animata dell’omonimo manga di Kei Sanbe, serie targata A-1 Pictures, mandata in onda nel 2016, è una vera e propria lezione di vita, che ci insegna ad apprezzare un grande valore come l’amicizia e che essere soli a questo mondo, è la cosa peggiore che ci possa mai capitare.

Satoru Fujinuma è un ventinovenne mangaka fallito, che tira avanti lavorando come fattorino per una pizzeria. La vita non è stata molto gentile nei suoi confronti, eppure, anche a lui, come a tutti noi è stato dato un talento, che lo rende, in qualche modo, speciale. Il suo è quello di poter tornare, senza volerlo, indietro nel tempo fino ad un massimo di cinque minuti e rivivere sempre la stessa scena fino a quando non scopre l’anomalia che lo costringe in questo loop infinito. Satoru ha ribattezzato questi eventi con il nome di revival e, grazie a questo “superpotere”, è riuscito a salvare numerose vite umane. Tuttavia, proprio dopo uno dei suoi revival, Satoru si ritrova al centro di un delitto che non ha commesso, quello della madre. A questo punto, scoprire l’identità del vero assassino e fuggire dalla polizia, diventano le sue priorità, fino a quando un nuovo revival non lo riporta indietro nel tempo di diciotto anni, quando andava ancora alle elementari e un pedofilo serial killer, che di lì a poco si sarebbe macchiato di tre gravi delitti, imperversava nella tranquilla Hokkaido. L’intuizione è immediata. Tra l’omicidio della madre e i tre rapimenti deve esserci un collegamento e, forse, quest’ultimo, sta proprio nella figura del serial killer.
Come scoprire, dunque, la sua identità?
Magari, evitare che i delitti si compiano, potrebbe essere un buon punto di partenza. Tutto questo, però, richiederà un grande impegno e una volontà di ferro.

Il viaggio nel tempo offre a Satoru una possibilità unica: rivivere una fetta della sua vita, con una consapevolezza e una determinazione, che gli mancavano diciotto anni prima, ma non gli mancano ora. Satoru veste i panni del vero e proprio viaggiatore nel tempo che, conoscendo il futuro, fa di tutto per cambiarlo. E il suo scopo primario è evitare che il serial killer commetta quegli efferati delitti, compreso quello della madre. Ricomporre con tante schegge sparse lo specchio rotto della memoria sarà impresa ardua, anche perché Satoru, di quel periodo buio, ha ben pochi ricordi. Bisogna quindi partire da zero, ovvero dalla prima bambina che fu presa di mira e di lì a poco rapita, Hinazuki Kayo, co-protagonista insieme a Satoru per buona parte della serie, di cui è perno centrale.

Kayo vive una situazione familiare alquanto complicata. La madre era vittima di violenze sessuali da parte dell’ex-marito. Ora, però, insieme al suo nuovo compagno, si macchia degli stessi spregevoli orrori con la figlia, che viene ripetutamente maltrattata. Ad aggravare tutto ciò, c’è il grande vuoto costruitosi intorno alla ragazza, che non ha amici e passa buona parte delle sue giornate al parco da sola. L’obiettivo di Satoru è quello di salvare la ragazza e l’unico modo per farlo, è avvicinarlesi. Da qui inizia a tessersi il filo rosso del racconto, quello che vedrà due bambini, fino ad allora estranei, diventare buoni amici. Ed è qui che si snodano i temi più importanti di "Erased".

Innanzitutto, quello legato alla violenza domestica, di cui l’autore ci propone un ritratto chiaro e reale, che suona come una vera e propria denuncia. Una denuncia contro tutti quei genitori che maltrattano i propri figli, il sangue del loro sangue. Una denuncia, che spesso e volentieri resta impunita, ma non in questo caso, insegnandoci che, a volte, la giustizia può avere la meglio. Alla violenza domestica, si somma per Kayo, la solitudine. Essere soli significa anche essere i bersagli più facili per i malintenzionati. Ma il messaggio che ci vuole lasciare l’autore è molto più profondo. La solitudine viene dipinta come uno dei mali peggiori, uno di quelli che non augureresti neanche al tuo peggior nemico, perché non c’è niente di più brutto di sapere che al mondo non c’è nessuno pronto a tenderti la sua mano nei momenti di difficoltà. Ecco perché bisogna circondarsi di poche, ma giuste persone, quelle su cui sai di poter fare affidamento nel momento del bisogno, insomma, degli amici. E non c’è stata una singola volta, nel corso dell’intero anime, che Kenya non abbia prestato il proprio aiuto a Satoru o che quest’ultimo non abbia teso la mano a Kayo, perché tra amici funziona così, ci si sostiene incondizionatamente e, a mio avviso, non c’è messaggio più bello che si potesse trasmettere. Infine, il comportamento di Satoru ci impartisce un’ultima importante lezione, che si può essere eroi anche senza indossare una maschera e che, per salvare qualcuno, non servono i superpoteri di Spiderman, ma bastano azioni semplici, anche quelle per noi più insignificanti, come un saluto o una parola di conforto.

Poco da dire sul comparto grafico, che segue alla perfezione il tratto di Kei Sanbe e ho particolarmente apprezzato, così come il comparto musicale, che con le sue melodie drammatiche, si adatta perfettamente al mood dell’intera opera.

Adesso, per chiudere il cerchio, torniamo alla frase iniziale, quella che apre la recensione. E vi chiedo: ma voi, vi siete mai chiesti come sarebbe la città in cui voi non ci siete? Manchereste a qualcuno o credete che le persone, amici e parenti, andrebbero avanti anche senza di voi?
Io dopo aver visto "Erased" me lo sono chiesto, d’altronde questa è un’opera che ti spinge a riflettere, e una risposta me la sono pure data, ma, magari, ne parliamo un’altra volta.

7.5/10
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Buongiorno, siamo qui con il rappresentante dello staff del film "Fireworks". Intanto grazie per il tempo che ci sta dedicando. Iniziamo con la prima domanda: "Da dove nasce l'idea del film?"
- Grazie a voi per l'intervista.
Beh, l'idea è nata molto spontaneamente durante un pomeriggio di primavera inoltrata. Eravamo tutti indecisi su che film fare, e non avevamo una vera direzione. Poi qualcuno ha acceso la TV, dove stavano dando il primo film di Hosoda (n.d.r. "La ragazza che saltava nel tempo"). Tutto ci è apparso subito più chiaro e brillante, e così abbiamo deciso che il nostro film sarebbe stato proprio così. Chiaro e brillante.

"Si nota subito la grande attenzione alla parte grafica molto cristallina e minuziosa, come avete fatto a realizzarla?"
- Abbiamo dato molta attenzione all'acqua. Essendo che era estate, faceva molto caldo e di conseguenza bevevamo molta acqua. Poi il periodo delle piogge, un casino, guardi; e ancora acqua. Insomma, ogni volta che giravamo per strada con i disegni, tornavamo in ufficio che erano umidi; quindi, quando abbiamo portato tutto su PC, è venuto fuori quello che avete visto anche voi.

"Parliamo della storia, l'idea dei piani temporali da dove è arrivata?"
- Abbiamo scoperto che questa trovata dei piani temporali è stata usata in molte produzioni, per cui ci siamo semplicemente domandati: "Perché non lo possiamo fare anche noi?" Insomma, anche "Steins;Gate" volendo assomiglia un po' all' "Endless Eight", ma non mi pare che nessuno abbia contestato per questo.
Sull'uso della parola 'se' e dei vari scenari probabili, una persona ci ha fatto notare come la vita sia fatta di scelte, ma che la storia non si scriva con i se. E soprattutto che con i se e con i ma non si va da nessuna parte. In fin dei conti non volevamo davvero finire nel lato della storia in cui non realizziamo questo film.

"Lo svolgimento della storia può sembrare caotico nella prima parte, e anche i dialoghi sono molto vaghi. Cosa vi ha portato a questo risultato?"
- Grazie per questa domanda. Ci tengo a precisare che i doppiatori sono stati pagati adeguatamente con regolare fattura e quindi credo di poter esternare il mio pensiero dicendo che, a onore del vero, non erano molto preparati. Questo senso di vago è proprio dovuto a una mancanza dei doppiatori, che arrivavano in sala con i fogli bagnati dalla pioggia. Di conseguenza tutti i copioni risultavano quasi illeggibili. I dialoghi che sentite sono quello che sono riusciti a salvare dalle loro copie. Purtroppo a volte risultano ripetitivi. Ma di comune accordo abbiamo pensato di rispondere a questo problema con una motivazione molto pertinente.

"Sentiamo, sono davvero curioso."
- Mi fa piacere avere stimolato la sua curiosità.
Siccome il film in alcune parti è, quasi necessariamente, ripetitivo, abbiamo pensato che battute ripetitive fossero in qualche modo rappresentative delle sequenze che venivano mostrate. Insomma, aiutano a dare questo senso di ciclico.

"Le ruote delle bici, le pale eoliche, le gocce, i fuochi, la sfera su cui ruota il perno dell'intreccio... la figura del cerchio è stata molto d'ispirazione."
- Sì, esatto. Abbiamo usato molto quella figura. È un leitmotiv nel film. All'inizio doveva intitolarsi "Ring of Fire" il film, ma, per motivi di copyright che ancora non ho ben capito, non si è potuto fare.

"Un'ultima domanda, se permette. Vedendo il film, mi è sembrato che alcuni passaggi/scelte dei personaggi siano forzati, non sempre credibili insomma..."
- Esatto. È una scelta stilistica precisa che abbiamo adottato.
Può immaginare anche lei che i ragazzi di dodici/tredici anni sono individui ancora estremamente volubili. Ora sono chiusi e riservati, ma basta che voltino l'angolo e con la persona giusta possono diventare espansivi; più di quanto loro stessi immaginino. Ecco perché a volte sembra che i personaggi agiscano un po' come schegge incontrollabili, è davvero dura tener loro testa.

"La ringrazio molto per il tempo concesso, buon proseguimento con i vostri progetti futuri."
- Grazie mille, anche se a dire il vero non abbiamo le idee ancora chiare su quale sarà il nostro prossimo soggetto. Lei per caso, ha un film da consigliarci?

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Si intende che quello scritto sopra è una fantasia, un'estremizzazione umoristica delle impressioni che ho ricevuto dalla pellicola. E di alcune risposte goliardiche che mi sono dato.
Tuttavia, il film è carino. Anche in pieno inverno mi ha trasportato per un po' in una giornata estiva in riva al mare. Dolcino e ingenuo. Quasi mai davvero serio, ma nemmeno così scanzonato e leggero.
Lo rivedrei? Mah, perché no, quasi quasi...

7.0/10
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L’anime è tratto dall’omonimo manga seinen pubblicato tra il 2009 e il 2013 e scritto da Seita Horio, ancora inedito in Italia. L’anime si compone di dodici episodi, è stato prodotto dallo Studio Geno e diretto da Yoshimitsu Ohashi, ed è uscito nel 2018. L’ho scoperto su una nota piattaforma e, dopo aver letto la sommaria descrizione, l’ho visto.

Non nascondo che ho fatto un po’ fatica a concluderlo: è un prodotto atipico e per certi versi anche innovativo o unico (per quella che è la mia modesta esperienza), perché basa la storia sul viaggio di un gruppo di persone nel tempo “fermo” (chiamato “stasi”). Nessun salto temporale in avanti o indietro per modificare il corso degli eventi, ma le azioni di un gruppo di “eletti” in un mondo sospeso nel tempo dove persone, cose, animali, ecc. sono bloccati in un “fermo immagine” senza limiti.

Il mondo dei manga e degli anime è pieno di prodotti che si fondano sul viaggio nel tempo, invece “Kokkoku” utilizza lo “stand still” per raccontare una storia un po’ thiriller, un po’ fantasy, un po’ survival, un po’ horror, un po’ azione, un po’ dramma e un po’ commedia, con un pizzico di psicologia.

E allora mi chiederete del perché avrei fatto fatica a terminarlo. Potrei rispondere: «Proprio perché, partendo da premesse non “convenzionali”, sviluppa una storia dove la componente di lotta tra le due opposte fazioni (che pressappoco corrispondono al “bene” e al “male”) prende il sopravvento rispetto al soprannaturale e alla sua spiegazione, diventando quest’ultimo esclusivamente funzionale al disegno finale del ritorno al tempo che riprende a scorrere, e quindi alla vita “normale”».

Il ritmo è molto discontinuo nella parte centrale e, ahimè, quello che sembrava un thriller un po’ fantascientifico diventa un esercizio di “sincretismo” di stili senza che uno che prevalga sugli altri, con una parte centrale un po’ lenta e sempre più prevedibile che poi sfocia in un finale un po’ troppo frettoloso, con annesso happy ending e relativa “morale”, dove la protagonista e i suoi famigliari risultano essere i “guardiani” di un potere che li potrebbe rendere onnipotenti ma di cui non si avvalgono in modo improprio per il loro senso di innata rettitudine...

Ciò che resta abbastanza oscuro è proprio il senso di questo potere di fermare il tempo, la sua origine, il perché solo alcuni umani ne siano i depositari più o meno consapevoli, perché la famiglia della protagonista, povera e umile, non ne abbia mai approfittato per arricchirsi, quando ha avuto origine, ecc. Nel corso degli episodi lo spettatore non è in grado di apprendere o immaginare qualche aspetto di questa facoltà, se non per quel poco che sperimentano i personaggi che si muovono nel tempo “fermo”.

Scritto degli aspetti che ho apprezzato meno, tuttavia riconosco che sia un anime “coraggioso”, costruito bene, con personaggi ben delineati che si evolvono nel corso degli eventi a causa della consapevolezza del loro status che maturano step by step. Il plus è anche rappresentato dal fatto che i personaggi siano costruiti come persone “normali”, con i loro pregi e difetti che li caratterizzano e, soprattutto all’inizio, è molto coinvolgente lo stupore e il disagio che trasmettono allo spettatore quando si ritrovano ad operare nel mondo sospeso, senza la consapevolezza dei loro poteri nel mondo sospeso... Stesso disagio misto a terrore e ansia anche al termine, quando la protagonista si ritroverà da sola nel mondo sospeso, senza trovare il modo di ritornare alla realtà normale e ricongiungersi ai suoi...

A livello grafico ritengo che sia molto ben resa l’immobilità della realtà rispetto ai personaggi che si muovono all’interno di un ambiente “freezato”, ed è spiazzante il fatto che, essendo bloccato il tempo alle 18:59 di una giornata serena, fino a quando la trama non ritorna alla realtà normale, la luce della giornata è realmente bloccata alla sera del momento in cui si è fermato il tempo, con la classica tonalità morbida della luce del tramonto e un senso di pace e tranquillità che stride ancor di più con le ansie delle vicissitudini vissute dai protagonisti.
Altrettanto originale la sospensione dei corpi delle persone bloccate all’improvviso nelle loro attività quotidiane e gesti, inclusi oggetti in volo, che stanno cadendo, uccelli e insetti, le gocce d’acqua o di liquidi sospesi in volo, ecc. Anche il character design mi è piaciuto, e le animazioni con il giusto mix tra 2D e CG.

Anche il comparto musicale è originale e bello, in particolare l’opening “Flashback”, molto trendy.

In conclusione: una serie intrigante e originale, non del mio genere preferito, ma non per questo non degna di menzione e lode... anzi, credo che sia una serie un po’ “underrated” nel panorama degli anime più recenti.