Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

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Diciamocelo chiaramente, la mediocrità non piace a nessuno, eppure col tempo abbiamo imparato a farci l’abitudine. Per essere più precisi, la gigante industria dell’animazione giapponese sforna decine e decine di anime nuovi ogni anno. Alcuni tratti da manga celeberrimi che hanno successo anche nelle parti più sperdute del globo e altri che, invece, vogliono far conoscere qualcosa di nuovo al pubblico, in modo da invogliarlo a leggerne la controparte cartacea. Ma fermiamoci un attimo a riflettere e chiediamoci: “Cosa c’è di veramente nuovo e originale oggigiorno?”. Le opere di questo tipo, molto probabilmente, si contano sulle dita di una sola mano. Questo discorso, però, non va inteso come un attacco alla moderna industria dell’animazione, perché può essere tranquillamente esteso anche a tutti gli anime usciti negli anni addietro. Penso a shonen con la solita trama incentrata sul viaggio dell’eroe, con un protagonista ‘cazzutissimo’, in grado di sconfiggere il più forte degli antagonisti, anche se quest’ultimo è palesemente più forte di lui. Penso a romantic-comedy che fanno dei soliti cliché del genere il loro punto di forza, dal festival culturale alla giornata a mare, per mostrare le oppai a dei nerdoni nel pieno dell’adolescenza come me. Per l’amor del cielo, tutte opere belle, che riguarderei pure volentieri, perché, come dicevo prima, alla mediocrità, o meglio, alla banalità, almeno io ci ho fatto il callo. Proprio per questo motivo, quindi, credo che il momento in cui ti imbatti in un’opera originale, che magari ricorre comunque a qualche cliché, ma riesce a catturarti in un modo del tutto nuovo e inaspettato, sia indimenticabile. Per me, questo momento è arrivato alla visione di “Yahari Ore no Seishun Rabukome wa Machigatte Iru”, meglio conosciuto come “Oregairu”, anime mandato in onda per la prima volta nel 2013 e prodotto dallo studio d’animazione giapponese Brain’s Base.

“Oregairu” è una romcom a tutti gli effetti. Però, almeno in questa prima stagione, di romantic ha davvero poco. Un anime atipico, che punta molto sul lato comico e invita i giovani a riflettere su cosa sia veramente importante nella propria vita e che, come protagonista, non può che avere un personaggio altrettanto atipico.
Hachiman Hikigaya è un liceale solitario, senza amici e vita sociale. L’unica persona con cui sembra andare d’accordo e che gli vuole bene è Komachi, la loli-sorellina che frequenta ancora le medie. Un po’ per scelta personale, un po’ perché il fato ha voluto così, Hachiman si è ritrovato solo e senza uno straccio di amicizia, ma, invece che piangere della propria situazione, se ne vanta. Nella sua testa, non avere amici equivale a non avere problemi di nessun tipo. Hikki è un vero e proprio luminare, che ama la sua condizione di eterno solitario. Per questo motivo, nessuno dei compagni di classe lo guarda di buon occhio. Figurarsi, siamo negli anni clou dell’adolescenza e non avere amici significa essere un recluso. Lui, invece, si definisce più un lupo solitario dalla vita monotona, ma tranquilla. Questo suo atteggiamento viene, però, notato da una delle sue insegnanti, tale Shizuka Hiratsuka, che costringe il ragazzo a iscriversi al club di volontariato della scuola e rendersi finalmente utile nella sua vita. Qui, fa la conoscenza di Yukino Yukinoshita, la ragazza più bella della scuola e, contro ogni previsione, solitaria come Hachiman. Tra i due, un poco alla volta, si costruirà un importante legame di amicizia, che permetterà ad entrambi di guardare il mondo che li circonda con occhi diversi.

“Oregairu” è, senza ombra di dubbio, un anime lento, in cui i personaggi e i rispettivi percorsi di crescita conoscono dei risvolti altrettanto lenti. È un anime che non parla di una storia d’amore da capogiro, anzi, d’amore parla molto poco. Al centro dei riflettori, infatti, non ci sono le solite amorose paturnie adolescenziali, nondimeno l’anime si concentra anche su queste ultime. Di conseguenza, evita molti dei grandi cliché del caso, nonostante non manchino il matsuri e il festival culturale. Il vero fulcro dell’opera è indubbiamente il percorso di crescita dei suoi protagonisti che, un poco alla volta, iniziano ad uscire dalla propria bolla, per scoprire che non tutto del mondo esterno è da buttare. Come potete ben immaginare, dunque, i discorsi filosofici si sprecano, sin dalla prima puntata. Da questo punto di vista, l’anime ha un inizio shock, che ti catapulta subito nel vivo della storia. Una storia che, spesso e volentieri, sembra toccare le note di un giallo, con i membri del club di volontariato intenti a risolvere dei casi, come nel miglior romanzo di Conan Doyle. Il tutto accompagnato da una opening stupenda e da grafiche buone, ma non eccellenti.

Per concludere, “Oregairu” è un anime profondo, che invita a riflettere e merita tutta l’attenzione del caso. Consigliato a chi cerca qualcosa di inusuale e può fare a meno della solita storia d’amore.

"La verità è una strada a senso unico. Il sipario calerà anche su questa piccola e sciocca recita. Quando verrà quel giorno, sono certo che ne compiangeremo la fine".

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Premetto subito che non ho letto il manga uscito nel 2019 e realizzato da Keigo Maki, e pertanto, limitandomi a questa serie di dodici episodi (più due inutili, in quanto i doppiatori fanno un po' di intrattenimento abbastanza puerile), sono rimasto un po' perplesso da questo anime cui riconosco alcuni elementi di originalità ma anche troppe banalità e deja vu scontati.
Il risultato dal mio modesto punto di vista? una melassa melliflua con personaggi un po' troppo piatti e una storia molto ridondante.

Ma partiamo dai cosiddetti elementi di originalità: i classici ruoli maschio/femmina dei protagonisti sembrano in apparenza "invertiti".
Il protagonista maschile (Izumi) è un povero ragazzo sensibile, gentile, generoso, altruista, premuroso e anche belloccio... e quindi? Dove starebbe la novità rispetto ad altre storie? Purtroppo è afflitto da una sfortuna patologica che lo espone a situazioni che mettono a repentaglio la sua incolumità, e quindi viene protetto dalla fidanzata (e protagonista) Shikimori, che nell'anime è una specie di Jason Bourne in gonnella. In pratica è una ragazza "perfetta": bella, graziosa, aggraziata, sportiva, dolce e... capace di trasformarsi in una sorta di agente da combattimento, qualora i suoi affetti (vedi Izumi) siano in situazioni di pericolo (e Izumi si trova spesso in tale situazione), o in una estrema competitiva cui non piace perdere, qualsiasi sia la sfida (sport, gioco, ecc.), facendosi sempre valere.
Con questa configurazione di coppia è lei a rappresentare il punto di forza non solo a livello morale ma anche e soprattutto "fisico", con la sua abilità fuori dal comune di difendere il fidanzato dai pericoli più disparati che gli accadono, mentre Izumi è una specie di bambolotto imbelle e incapace di difendersi se non grazie agli interventi della vigile fidanzata.

E così i dodici episodi scivolano via sulle solite situazioni: primo giorno di scuola, vacanze estive (con l'immancabile matsuri), il festival scolastico, quello sportivo con l'apoteosi finale del primo appuntamento (salvo scoprire con i vari flashback che sono assieme da un anno e non si sono mai baciati...).
Gli unici episodi in cui si intravede un minimo di introspezione (e non dei protagonisti) e sano realismo sono quelli in cui compare Kamija, una ragazza segretamente innamorata di Izumi che con un atteggiamento molto "nipponico" (di dolorosa dignità) accetta la relazione tra i due e cerca di farsene una ragione, diventando poi anche amica di Shikimori (come rendere positiva una situazione di potenziale conflitto...).
L'inversione dei ruoli tra Shikimori e Izumi tuttavia non è portata all'estremo e, valutando i personaggi nell'anime, ne viene fuori un quadro un pochino più sfumato in cui Izumi dimostra un ottimismo e una forza di volontà contro le avversità fuori del comune e superiore a quella di Shikimori. Ogni volta che è colpito da un evento sfortunato, metaforicamente si rialza e riesce a sorridere e superare il momento sfortunato dimostrando un indole "buddista". Shikimori, sotto la scorza da sicura del fatto suo e dura (enfatizzata molto bene anche dal cambiamento di espressione e sguardo), è invece una ragazza molto "insicura" e "iper-protettiva", non solo nei confronti dell'amato Izumi, e il suo spiccato senso di competizione le serve proprio per affermare il proprio ego nei confronti degli altri.
Gli altri personaggi servono solo a fare da contorno per reggere il leit motiv dell'anime.

Mentre la trama soffre, il comparto tecnico mi è sembrato di livello: colori tenui e coerenti con i numerosi momenti di romanticismo della storia. Una particolare menzione va alla caratterizzazione degli occhi e degli sguardi, veramente curati ed espressivi (un po' come in "Akebi’s Sailor Uniform").

Per terminare: ne vale la pena? Dipende da cosa ci si aspetta dall'opera. Io ne sono rimasto deluso per la trama troppo ripetitiva e per la comicità puerile e lo scarso/nullo sviluppo dei personaggi principali. Ma non lo sconsiglio né lo "casso" a priori... Come si diceva in una nota pubblicità degli anni 80: "Provare per credere"...

8.0/10
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Voglio spezzare una lancia a favore di "Koikimo", un anime che in qualche modo mi ha fatto tornare la voglia di dare fiducia anche a quelle storie che sulla carta, da un piccolo riassunto, non sanno catturare il mio interesse.

Disclaimer dovuto, anzi, dovutissimo: la differenza di età dei protagonisti è tanta (dieci anni), ed è ancora più pesante vista l'età di Ichika, la protagonista diciassettenne. Se un "age gap" così importante non è cosa per voi, allora probabilmente potete (e dovete) accantonare la visione di "Koikimo".

Eppure, sebbene nella vita reale una differenza simile farebbe storcere ben più di un naso, in un universo dove i bellocci giapponesi sono biondi con gli occhi azzurri, e con un colpo di manico d'ombrello puoi salvare qualcuno da un ruzzolone mortale giù per le scale della metropolitana, la relazione tra Ichika e Ryo funziona. Forse anche perché, a parte il completo elegante e l'andare in ufficio, Ryo non è poi così diverso da quanto sarebbe se avesse una manciata di anni di meno, e nella loro relazione il coltello dalla parte del manico ce l'ha decisamente Ichika.

La trama è semplice, e che la storia andrà a parare dove andrà a parare è senza dubbio palese: e io ne sono incredibilmente contenta, mi sarei sentita indignata e in qualche modo tradita se così non fosse stato. Il bello è proprio farsi accompagnare lungo la via da "Koikimo" e dal suo cast, da un inizio più divertente e scherzoso, con Ichika che faticosamente sopporta le esplicite dichiarazioni d'amore del bel Ryo, fino a un finale in cui i sentimenti dei due protagonisti sono messi a dura prova, principalmente proprio da loro stessi.

Ci sono i rivali in amore e ci sono le incomprensioni che ci si aspetta in una storia romantica, ma, anche grazie alla breve durata dell'anime, il tutto scorre molto in fretta, non lasciando quel tipico sapore pesante di triangolo/quadrangolo/ottusangolo amoroso, più tipico forse degli shoujo di una volta. E da amante delle ciclicità e dei parallelismi, se così si può dire, ho apprezzato moltissimo che l'ultimo episodio si concluda, in sostanza, là dove è iniziato il primo.

Menzione d'onore alla sigla di apertura, "Monochrome City" degli ACE COLLECTION, che, oltre ad essermi piaciuta un sacco come canzone, visualmente è anche un'ottima e perfetta sintesi di tutto l'anime: se, guardandola, vi viene da pensare che non vi dispiacerebbe se il tutto durasse dodici episodi invece di un paio di minuti scarsi, allora siete a cavallo, e "Koikimo" fa per voi!

In breve: una volta passato lo scoglio dell'improbabile differenza di età dei protagonisti, "Koikimo" è esattamente quello che si propone di essere. Una storia d'amore semplice ma emozionante, con un lieto fine tanto annunciato quanto meritato. Consigliato a chi ogni tanto non ne può più dei colpi di scena e delle cose troppo complicate e apprezza i cavalier serventi innamorati e le loro dame un po' disgustate.