Titoli poco conosciuti, passati in sordina all'epoca dell'uscita o dimenticati col tempo... su AnimeClick.it abbiamo migliaia di schede anime e manga senza alcuna recensione, privando quindi i lettori di uno dei principali punti di forza delle stesse.
Per cui, ad ogni appuntamento di questa rubrica vi proporremo alcuni di questi titoli, con la preghiera di recensirli qualora li conosciate. Tutti gli utenti che recensiranno le opere proposte entro la scadenza assegnata riceveranno l'icona premio Scheda adottata. Per le regole da seguire nella stesura delle recensioni rimandiamo al blog apposito, che vi preghiamo di utilizzare anche per commenti, domande o tenere traccia dei premi (non commentate l'iniziativa in questa news).
I titoli al momento disponibili sono:
[MANGA] Last Exile - Travelers from the Hourglass (Scadenza: 28/12/2014)
[ANIME] Jenny la tennista - Il film (Scadenza: 28/12/2014)
[MANGA] Ressentiment (Scadenza: 28/12/2014)
[ANIME] Dokidoki Precure (Scadenza: 4/1/2015)
[ANIME] Madonna (Scadenza: 7/1/2015)
Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Oggi ci dedichiamo a titoli recenti, con gli anime Insufficient Direction, Space Dandy e Samurai Flamenco.
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
Kantoku Fuyuki Todoki
7.0/10
"TUTTE abbiamo sposato un deficiente, perché dopo un paio d'anni di convivenza, alcuni anche prima, i mariti sono tutti deficienti di qualcosa e noi mogli, ugualmente... tutte carenti, cerchiamo di farcene una ragione ridendoci su; con loro ridiamo di noi stesse... che mal li abbiamo allevati!"
(Carla Signoris, "Ho sposato un deficiente")
In un episodio di "Neon Genesis Evangelion" Shinji si lamenta con Kensuke e Tōji di come in privato Misato sia sciatta, gretta e pigra. Loro ribattono che dovrebbe sentirsi onorato di conoscere questo suo lato più oscuro, perché la sua mancanza di riguardi nei suoi confronti sta a significare che lo considera a tutti gli effetti la sua famiglia.
La famiglia di Hideaki Anno, tormentato "papà", tra i tanti, di Shinji e compagni, è la mangaka Moyoco Anno, con la quale è convolato a nozze nel 2002; i rispettivi cognomi sono omofoni ma non omografi. Un'altra cosa che i due hanno in comune, e che in qualche modo spiega come sono finiti a intraprendere quelle specifiche carriere, è la passione per i manga e gli anime: lei da ragazzina si struggeva per il fragile e sfortunato Garma Zabi, mentre lui si imbottiva di tokusatsu. Solo che poi una si è data una calmata, mentre l'altro no. Tratto dall'omonimo manga autobiografico, conosciuto anche come "Insufficient Direction", "Kantoku Fuyuki Todoki" è uno sfizioso spaccato della loro vita di coppia, che com'è facile intuire ruota in gran parte attorno al peculiare hobby di lui. Ma siamo davvero sicuri che l'otaku che è in Moyoco non sia soltanto quiescente?
L'anime si compone di tredici episodi autoconclusivi da tre minuti circa, e spiace constatare che anche così riesce ad avvitarsi più volte su sé stesso, ritornando sullo stesso argomento senza tuttavia ricavarne nuovi spunti. Di questo sembra essere consapevole anche Moyoco Anno, il cui alter ego in 2D è una neonata di nome Rompers; la spiegazione che viene data in-universe è che, essendo ella stessa un po' otaku, col passare del tempo le stramberie del marito, che è il Kantoku del titolo (vale a dire "regista" in giapponese), la colpiscono sempre meno, al punto che spesso si ritrova senza rendersene conto a incoraggiarlo o a far proprio il suo modo di pensare. Anno/Kantoku, da parte sua, si diverte un mondo a rigirare il coltello nella piaga, e per come viene ritratto - grasso, lercio, neghittoso, alienato, immaturo, inaffidabile - un po' c'è da capirlo. Parte del divertimento, ça va sans dire, deriva proprio dalla consapevolezza che l'adorabile cinghialotto mezzo impedito in questione è considerato un peso massimo (ops!) del suo campo, e anche se si potrebbe fare a meno di certe informazioni, tipo la frequenza con cui si cambia le mutande quando la moglie lo lascia solo per qualche giorno, è chiaro che l'opera non intende affatto coprirlo di ridicolo, quanto, semmai, di arricchire il suo "personaggio" di genio insofferente conferendogli delle caratteristiche più umane. Allo stesso modo appare evidente che non è desiderio di nessuno fomentare un dibattito, quello sul fenomeno degli otaku, per il quale esistono senz'altro sedi più adatte, e comunque attenzione a non confondere lo sdrammatizzare col minimizzare.
Una grafica semplicissima ma tirata a lucido come la casetta "parva sed apta mihi" di una sposina assolve il suo compito senza particolari problemi; le animazioni sono in Flash, ma comunque abbastanza curate. Per volere dello stesso Anno, Kantoku è doppiato da Kōichi Yamadera, mentre la voce di Rompers è quella di Megumi Hayashibara, che in "Neon Genesis Evangelion" interpretano rispettivamente Kaiji e Rei (e nel caso della Hayasbhibara anche PenPen e Yui). L'anime non possiede un'opening, e anche l'OST è, per forza di cose, estremamente limitata; i credits finali sono invece accompagnati da temi di anime e telefilm famosi reinterpretati dal gruppo delle AŌP.
Fan d(egl)i Anno o meno, casomai vi avanzassero quaranta minuti ora sapete come potete riempirli. Che la caccia alle citazioni vi sia propizia!
(Carla Signoris, "Ho sposato un deficiente")
In un episodio di "Neon Genesis Evangelion" Shinji si lamenta con Kensuke e Tōji di come in privato Misato sia sciatta, gretta e pigra. Loro ribattono che dovrebbe sentirsi onorato di conoscere questo suo lato più oscuro, perché la sua mancanza di riguardi nei suoi confronti sta a significare che lo considera a tutti gli effetti la sua famiglia.
La famiglia di Hideaki Anno, tormentato "papà", tra i tanti, di Shinji e compagni, è la mangaka Moyoco Anno, con la quale è convolato a nozze nel 2002; i rispettivi cognomi sono omofoni ma non omografi. Un'altra cosa che i due hanno in comune, e che in qualche modo spiega come sono finiti a intraprendere quelle specifiche carriere, è la passione per i manga e gli anime: lei da ragazzina si struggeva per il fragile e sfortunato Garma Zabi, mentre lui si imbottiva di tokusatsu. Solo che poi una si è data una calmata, mentre l'altro no. Tratto dall'omonimo manga autobiografico, conosciuto anche come "Insufficient Direction", "Kantoku Fuyuki Todoki" è uno sfizioso spaccato della loro vita di coppia, che com'è facile intuire ruota in gran parte attorno al peculiare hobby di lui. Ma siamo davvero sicuri che l'otaku che è in Moyoco non sia soltanto quiescente?
L'anime si compone di tredici episodi autoconclusivi da tre minuti circa, e spiace constatare che anche così riesce ad avvitarsi più volte su sé stesso, ritornando sullo stesso argomento senza tuttavia ricavarne nuovi spunti. Di questo sembra essere consapevole anche Moyoco Anno, il cui alter ego in 2D è una neonata di nome Rompers; la spiegazione che viene data in-universe è che, essendo ella stessa un po' otaku, col passare del tempo le stramberie del marito, che è il Kantoku del titolo (vale a dire "regista" in giapponese), la colpiscono sempre meno, al punto che spesso si ritrova senza rendersene conto a incoraggiarlo o a far proprio il suo modo di pensare. Anno/Kantoku, da parte sua, si diverte un mondo a rigirare il coltello nella piaga, e per come viene ritratto - grasso, lercio, neghittoso, alienato, immaturo, inaffidabile - un po' c'è da capirlo. Parte del divertimento, ça va sans dire, deriva proprio dalla consapevolezza che l'adorabile cinghialotto mezzo impedito in questione è considerato un peso massimo (ops!) del suo campo, e anche se si potrebbe fare a meno di certe informazioni, tipo la frequenza con cui si cambia le mutande quando la moglie lo lascia solo per qualche giorno, è chiaro che l'opera non intende affatto coprirlo di ridicolo, quanto, semmai, di arricchire il suo "personaggio" di genio insofferente conferendogli delle caratteristiche più umane. Allo stesso modo appare evidente che non è desiderio di nessuno fomentare un dibattito, quello sul fenomeno degli otaku, per il quale esistono senz'altro sedi più adatte, e comunque attenzione a non confondere lo sdrammatizzare col minimizzare.
Una grafica semplicissima ma tirata a lucido come la casetta "parva sed apta mihi" di una sposina assolve il suo compito senza particolari problemi; le animazioni sono in Flash, ma comunque abbastanza curate. Per volere dello stesso Anno, Kantoku è doppiato da Kōichi Yamadera, mentre la voce di Rompers è quella di Megumi Hayashibara, che in "Neon Genesis Evangelion" interpretano rispettivamente Kaiji e Rei (e nel caso della Hayasbhibara anche PenPen e Yui). L'anime non possiede un'opening, e anche l'OST è, per forza di cose, estremamente limitata; i credits finali sono invece accompagnati da temi di anime e telefilm famosi reinterpretati dal gruppo delle AŌP.
Fan d(egl)i Anno o meno, casomai vi avanzassero quaranta minuti ora sapete come potete riempirli. Che la caccia alle citazioni vi sia propizia!
Space Dandy
8.0/10
"Space Dandy" è un anime di ventisei episodi, composto da due stagioni senza soluzione di continuità. Non esiste una vera e propria storia che si dipana lungo l'arco delle puntate. Solo poche cose restano fisse durante l'intera serie: Dandy è un cacciatore di alieni rari, assieme a lui viaggiano Meow (sostanzialmente un gatto antropomorfo) e QT (un robot-aspirapolvere), amano andare da Boobies, una specie di "Hooters spaziale", e vengono inseguiti senza saperlo e senza un apparente motivo dall'impero Gogol. Solo sporadicamente si trovano dei riferimenti a eventi già visti in precedenza, per il resto ogni episodio è a sé. La bellezza di questo anime risiede proprio in questa particolarità. Sì, perché ogni puntata è diversa dalle altre, non solo nel tema trattato ma anche nello stile grafico e narrativo. Episodi grotteschi, epici, ironici, romantici, filosofici, fantascientifici o semplicemente caotici, con disegni che passano dal pastello ai colori più accesi e vivaci, e con immagini una volta ben delineate, un'altra fumose e ingarbugliate.
"Space Dandy" risulta perciò un anime assolutamente sperimentale, che sfrutta le possibilità infinte dell'universo in cui l'intera storia si ambienta, per dire la sua su tutti i generi narrativi. C'è la puntata zombie, quella musical, quella con i robottoni e le guerre galattiche, quella d'amore e perfino quella con ambientazione scolastica. Sono troppi i generi toccati per citarli tutti qui. Senza parlare poi dei rimandi e delle citazioni che riempiono ogni puntata; è impossibile riuscire a coglierle davvero tutte. Una ad esempio è incarnata dal Professor Ger, uno scienziato scimmia che guida una navicella spaziale a forma di Statua della Libertà (versione sadomaso tra l'altro), chiaro riferimento al Pianeta delle Scimmie. Un'altra si trova al termine dell'episodio zombie, con il cameo di George Romero.
Nello scorrere degli episodi si vede tutto l'influsso dei grandi artisti che hanno contribuito all'opera, alcuni dei quali sono sceneggiatori, registi o disegnatori di alcuni degli anime più belli degli ultimi anni ("Cowboy Bebop", "Samurai Champloo", "Gurren Lagan", "Afro Samurai", solo per citarne alcuni).
Alla fine guardare "Space Dandy" è quasi come vedere ventisei anime diversi, ma uguali, tutti con una forte carica emotiva rivolta verso gli ambiti più disparati.
Anche il protagonista, Dandy, è conforme a questa duplice caratteristica di pluralità racchiusa in un singolo elemento. In tutta la serie Dandy è lo stesso, con gli stessi atteggiamenti, lo stesso carattere, gli stessi modi di fare. E assurdamente il suo character design non è affatto strano o particolare, anzi è abbastanza comune nell'animazione giapponese, ricorda molto Onizuka di "GTO". È il classico protagonista che sembra sciocco, un po' burbero, sfacciato, nullafacente e buono a nulla, ma che in realtà mette sempre tutte le sue energie in ciò che fa, che ha un lato sentimentale non trascurabile, fortissimi valori, e un passato alle spalle che non si può dimenticare. Tutto questo permane da un episodio all'altro, rendendo Dandy unico per tutta la serie. Ma per ogni puntata viene approfondita, studiata e sviluppata una o più delle mille caratteristiche che lo contraddistinguono.
Anche gli altri protagonisti principali, come Meow o QT, vengono pian piano analizzati, e alcuni episodi sono interamente dedicati a loro. Nella seconda stagione, invece, iniziano a prendere corpo anche personaggi secondari, ma sempre presenti in tutto l'arco narrativo, come Honey, sexy cameriera di Boobies, e Scarlett, ispettrice del dipartimento registrazione alieni, che sarà tra l'altro protagonista, assieme a Dandy, di un bellissimo e commovente episodio romantico.
L'opening dell'anime, proprio come Dandy, sprizza energia da tutti i pori, è piacevole, vivace, coloratissima e mette il sorriso e il buonumore all'ascoltatore. Ho trovato questa sigla d'apertura così bella da ascoltarla ad ogni episodio, senza saltarla a piè pari come faccio spesso, e questo per me è un pregio non indifferente.
Per quanto riguarda i difetti di "Space Dandy", ritengo che il più evidente risieda proprio nella caratteristica di avere episodi indipendenti l'uno dall'altro. Infatti può capitare che non esistendo una trama da seguire lo spettatore tenda ad annoiarsi, non sente il pathos che una serie più convenzionale saprebbe dargli e che lo spingerebbe a seguire la serie con maggior interesse. Però a differenza degli anime con una storia ben delineata, in questo caso, non esistono episodi scialbi; alla fine di ognuno, si resta sempre seduti a guardare lo schermo con il sorriso sulle labbra.
Per concludere, "Space Dandy" è un anime assolutamente piacevole, ed è successo più volte che un episodio mi tirasse su di morale. Riuscire a cambiare lo stato d'animo dello spettatore in poco più di venti minuti è una cosa che solo pochi anime riescono a fare, e questo ci riesce benissimo.
"Space Dandy" risulta perciò un anime assolutamente sperimentale, che sfrutta le possibilità infinte dell'universo in cui l'intera storia si ambienta, per dire la sua su tutti i generi narrativi. C'è la puntata zombie, quella musical, quella con i robottoni e le guerre galattiche, quella d'amore e perfino quella con ambientazione scolastica. Sono troppi i generi toccati per citarli tutti qui. Senza parlare poi dei rimandi e delle citazioni che riempiono ogni puntata; è impossibile riuscire a coglierle davvero tutte. Una ad esempio è incarnata dal Professor Ger, uno scienziato scimmia che guida una navicella spaziale a forma di Statua della Libertà (versione sadomaso tra l'altro), chiaro riferimento al Pianeta delle Scimmie. Un'altra si trova al termine dell'episodio zombie, con il cameo di George Romero.
Nello scorrere degli episodi si vede tutto l'influsso dei grandi artisti che hanno contribuito all'opera, alcuni dei quali sono sceneggiatori, registi o disegnatori di alcuni degli anime più belli degli ultimi anni ("Cowboy Bebop", "Samurai Champloo", "Gurren Lagan", "Afro Samurai", solo per citarne alcuni).
Alla fine guardare "Space Dandy" è quasi come vedere ventisei anime diversi, ma uguali, tutti con una forte carica emotiva rivolta verso gli ambiti più disparati.
Anche il protagonista, Dandy, è conforme a questa duplice caratteristica di pluralità racchiusa in un singolo elemento. In tutta la serie Dandy è lo stesso, con gli stessi atteggiamenti, lo stesso carattere, gli stessi modi di fare. E assurdamente il suo character design non è affatto strano o particolare, anzi è abbastanza comune nell'animazione giapponese, ricorda molto Onizuka di "GTO". È il classico protagonista che sembra sciocco, un po' burbero, sfacciato, nullafacente e buono a nulla, ma che in realtà mette sempre tutte le sue energie in ciò che fa, che ha un lato sentimentale non trascurabile, fortissimi valori, e un passato alle spalle che non si può dimenticare. Tutto questo permane da un episodio all'altro, rendendo Dandy unico per tutta la serie. Ma per ogni puntata viene approfondita, studiata e sviluppata una o più delle mille caratteristiche che lo contraddistinguono.
Anche gli altri protagonisti principali, come Meow o QT, vengono pian piano analizzati, e alcuni episodi sono interamente dedicati a loro. Nella seconda stagione, invece, iniziano a prendere corpo anche personaggi secondari, ma sempre presenti in tutto l'arco narrativo, come Honey, sexy cameriera di Boobies, e Scarlett, ispettrice del dipartimento registrazione alieni, che sarà tra l'altro protagonista, assieme a Dandy, di un bellissimo e commovente episodio romantico.
L'opening dell'anime, proprio come Dandy, sprizza energia da tutti i pori, è piacevole, vivace, coloratissima e mette il sorriso e il buonumore all'ascoltatore. Ho trovato questa sigla d'apertura così bella da ascoltarla ad ogni episodio, senza saltarla a piè pari come faccio spesso, e questo per me è un pregio non indifferente.
Per quanto riguarda i difetti di "Space Dandy", ritengo che il più evidente risieda proprio nella caratteristica di avere episodi indipendenti l'uno dall'altro. Infatti può capitare che non esistendo una trama da seguire lo spettatore tenda ad annoiarsi, non sente il pathos che una serie più convenzionale saprebbe dargli e che lo spingerebbe a seguire la serie con maggior interesse. Però a differenza degli anime con una storia ben delineata, in questo caso, non esistono episodi scialbi; alla fine di ognuno, si resta sempre seduti a guardare lo schermo con il sorriso sulle labbra.
Per concludere, "Space Dandy" è un anime assolutamente piacevole, ed è successo più volte che un episodio mi tirasse su di morale. Riuscire a cambiare lo stato d'animo dello spettatore in poco più di venti minuti è una cosa che solo pochi anime riescono a fare, e questo ci riesce benissimo.
Samurai Flamenco
3.0/10
Da quando ho scoperto che i Power Rangers erano in realtà remake di telefilm giapponesi, mi sono chiesto più volte come mai non avessero dedicato loro dei cartoni animati invece di serie con attori in carne ed ossa.
Col tempo sono arrivato ad elaborare una risposta, che "Samurai Flamenco" sembra confermare in negativo, facendomi ritrattare il mio quesito iniziale e giungere alla conclusione che è meglio tenere i telefilm piuttosto che trasportare i supereroi nipponici in animazione, se i risultati sono questi.
Inizialmente, "Samurai Flamenco" si presenta una serie carinissima e molto gradevole, una simpatica commedia incentrata sul dualismo fra il protagonista idealista e sognatore ai limiti della stupidità e il coprotagonista più concreto, disilluso e pragmatico che viene reso complice delle sue stramberie.
Nulla che non si sia già visto altrove, ma si lascia guardare, strappa qualche sorriso e fa affezionare al duo di personaggi e, in particolare, allo smodato idealismo e senso di giustizia dell'impacciatissimo ma sincero Masayoshi, molto affine a quello che ammanta i personaggi dei telefilm supereroistici giapponesi. Fa molto piacere vedere su schermo dei personaggi che, come degli eterni bambinoni, collezionano pupazzetti, hanno le camere tappezzate di poster, conoscono a memoria le puntate dei telefilm e continuano ad amare quegli eroi, dai quali traggono importanti insegnamenti di vita, anche se li metteranno in pratica in modo tragicomico con costumi fatti in casa e imprese eroiche che finiscono per trasformarsi in assurdi casini.
Ci vuole poco, però, perché "Samurai Flamenco" mostri i suoi difetti, primo fra tutti una sceneggiatura incostante che non sa minimamente dove andare a parare, cambiando scopi, reazioni dei personaggi, risvolti ogni due o tre puntate in maniera rocambolesca e spesso casuale.
Quella che era partita come una simpatica commedia urbana in salsa supereroistica si trasforma ben presto in una storia d'azione e fantascienza che ci propone supercriminali malati di mente, esperimenti genetici, animali mutanti, minacce aliene, corpi di difesa della Terra, politici malvagi che combattono con un'armatura a metà fra Iron Man e Saint Seiya, robot giganti, dimensioni parallele, alieni vari, mostri 'pupazzosi' da telefilm, bambini psicopatici, psicodrammi, violenza e un confine fra immaginazione e realtà, fra serietà e parodia, da cui i personaggi fanno avanti e indietro così tante volte da non sapere più nemmeno loro cosa stiano facendo.
Non saranno rare le volte in cui, all'ennesima volta in cui la trama viene rivoltata a casaccio, lo spettatore rimarrà con gli occhi sbarrati, incredulo, chiedendosi se non sia stato tutto un sogno: il suo, quello dei personaggi, quello degli autori che hanno realizzato la serie. Un sogno di quelli insensati, dovuti al cocktail di cocco, sushi, pizza e cioccolato che ci si è fatti la sera prima. C'è chi ha premiato questa apparente insensatezza della trama, urlando al colpo di scena e al capolavoro ad ogni risvolto della trama. Personalmente, ci ho visto solo una gran confusione nella testa degli autori, che, dovendo riempire un determinato numero di puntate e non potendo continuare all'infinito con la buona idea di base, sono andati un po' troppo fuori dal seminato cercando di accontentare un po' tutte le tipologie di pubblico e finendo, invece, per scontentare molti.
Proprio perché "Samurai Flamenco" cerca di accontentare tutti, si fa ben presto ricettacolo di tutto ciò che piace agli spettatori moderni (e che il sottoscritto, invece, generalmente, detesta).
L'iniziale duo di protagonisti, così diversi sia caratterialmente che fisicamente, di sicuro avrà immediatamente acceso le fantasie delle spettatrici amanti delle relazioni omosessuali, ed ecco che, infatti, lungo le varie puntate queste fantasie sembrano, dal nulla, prendere forma concreta, soprattutto nella parte finale della storia, distruggendo la caratterizzazione del poliziotto Goto a furia di psicodrammi patetici ed esagerati.
Anche gli spettatori di sesso maschile hanno presto la loro parte, con l'introduzione del trio di idol MMM, che incarnano vari stereotipi delle ragazze amate dagli "otaku" giapponesi. Nell'ordine, una "matura" e insignificante, una piccolina (che si chiama Moe, di nome e di fatto) e frignona, una (quella che, ahinoi, ha più spazio nella narrazione) costantemente impegnata a mostrare le sue grazie e a 'sclerare' contro tutto e tutti. Ciliegina sulla torta, le ultime due hanno anche una relazione omosessuale, fatta di baci e di molestie, completamente casuale all'interno della storia, dal momento che, poi, una delle due è anche chiaramente attratta dal sesso maschile.
I fan più sfegatati dei telefilm di supereroi sono invece accontentati non solo dal protagonista, ma anche dal buon Joji Kaname, incarnazione animata del classico, virile, romantico e tutto d'un pezzo, eroe dei vecchi telefilm nipponici e probabilmente unico personaggio che esce in maniera decente da tutta la storia, e dal gruppo dei Flamengers, un quartetto di eroi in tutine di spandex a cui Masayoshi si unirà a un certo punto. Questi ultimi personaggi sono buttati lì senza approfondirli più di tanto e sono assai antipatici, oltre ad essere i classici bishounen senza arte né parte e la classica ragazzina sciacquetta che vanno di moda oggi. Ma di questo, agli autori, non si può fare eccessivamente una colpa, dato che i telefilm sentai odierni pullulano di attorucoli bishounen e di ragazzine sciacquette, e dunque non sorprende trovarne gli omologhi a cartoni animati.
Ogni tanto, ha i suoi momenti, "Samurai Flamenco", soprattutto quando il confine fra il cartone animato e il telefilm di supereroi si fa più labile e la narrazione ci fa riflettere sul ruolo dell'eroe, su ciò che esso rappresenta per chi ne guarda i telefilm, per chi ci crede, per chi vorrebbe mettere in pratica quell'eroismo anche nel mondo reale. Ma proprio quest'ultimo punto è uno dei più gravi difetti della serie.
Uno dei motivi per cui i telefilm di supereroi piacciono tanto, con i loro costumi di spandex, i loro mostri con costumi di gomma, le loro esplosioni realizzate con pochi effetti speciali, è perché chi li realizza si sforza di renderli quanto più simile possibile a un cartone animato, senza pretendere che siano realistici. Per lo spettatore è facile stare al gioco, ed ecco che un gigantesco pupazzo di gomma diventa facilmente un temibile mostro, e che uno stuntman con uno spartano costume di gomma diventa facilmente un incredibile eroe per cui tifare con tutta l'anima. Un eroe che, chiaramente, non esiste davvero, ma finisce per esistere nel cuore di chi ne guarda con passione ed entusiasmo le gesta, regalandogli sogni, speranze e messaggi positivi. "Samurai Flamenco" è, invece, il contrario: è un cartone animato che tenta in vari modi (peraltro fallendo, dato che non esita a ricorrere agli stereotipi e agli elementi dei cartoni animati che tanto piacciono agli spettatori otaku) di mettere in scena la realtà.
Ecco, quindi, che le mirabolanti armi dell'eroe Samurai Flamenco si rivelano essere semplici articoli di cancelleria modificata da uno strambo inventore; che la bella maghetta guerriera Flamenco Girl non evoca cuori di luce o attacchi magici ma punisce i criminali con un poco lusinghiero calcione nei gioielli di famiglia, non usa uno scettro incantato che lancia magiche scintille ma uno fatto a mano dal quale, con la pressione di un pulsante, escon fuori spuntoni e scosse elettriche da stun gun; che i costumi degli eroici Flamengers non si materializzano sul loro corpo con una trasformazione, ma semplicemente li indossano come vestiti qualunque.
Ciò che nei telefilm è magia, sogno, fantasia, incanto, qui diventa gretto, freddo, pragmatico, violento. La serie non lesina su momenti un po' forti o violenti o sui drammi, e l'idealismo di Masayoshi non basta a risolvere questi problemi, dato che alla fine della fiera rimane l'unico a crederci, ma viene anche lui sopraffatto dall'insensatezza della trama, che non sa mai se deve essere reale, fantastica, celebrazione o parodia, vera o falsa, se deve veicolare messaggi positivi o se la serie è solo una scusa per attrarre otaku e spettatori di vario tipo.
Certo, fa piacere vedere le più disparate citazioni ai telefilm tokusatsu e sentai, agli anime robotici, alle maghette, ma vedere che i propri sogni e beniamini animati sono trasformati in personaggi violenti, amorfi, psicopatici, fastidiosi non è bello, non è bello per niente.
A livello tecnico, "Samurai Flamenco" è una serie abbastanza impersonale, che continua nel suo stereotiparsi e conformarsi alle tendenze attuali anche nel disegno e nel doppiaggio. A parte l'ormai iconico caratterista Juurouta Kosugi, che con la sua voce sempre uguale e sempre possente e calorosa ci regala un simpatico e passionale eroe d'altri tempi, il resto dei personaggi ha sempre le solite voci fighette, basse ed effeminate (se maschi) o squittisce e sbraita con voci carucce e/o irritanti (se femmine), senza rinunciare agli ormai consueti monologhi lentissimi e ammorbanti tipici dei doppiaggi moderni.
Particolarmente fastidioso, ma, ahinoi, tendenza ormai affermata un po' dovunque, è l'uso della computer grafica per creare oggetti sullo sfondo... non siete più capaci di disegnare a mano un'automobile che corre sulla strada dove camminano i personaggi?
Altalenanti le musiche, che presentano pezzi ora gradevoli (la prima sigla d'apertura, qualche canzone d'accompagnamento alle puntate), ora anonimi (la seconda sigla d'apertura), ora fastidiosissimi (le due sigle di chiusura, orribile e modaiolo connubio di vocette moe ed effetti computerizzati di sottofondo).
A chi sia rivolto "Samurai Flamenco" è un mistero di cui probabilmente nemmeno gli autori, che hanno creato la sua storia completamente a casaccio, conoscono la risoluzione. Alla fine della fiera, la delusione è tanta, perché la storia non ha granché senso e i personaggi non sono mai stati il massimo della simpatia.
Gli appassionati di telefilm supereroistici gioiranno per le molte citazioni, ma potrebbero trovare fastidioso l'uso modaiolo e gretto che "Samurai Flamenco" fa dei loro amati eroi in costume. Tutti gli altri potrebbero esasperarsi per la storia apparentemente senza senso, oppure, chissà, giudicarla una 'genialata' ricca di colpi di scena e prese in giro allo spettatore. Io, da spettatore, non amo essere preso in giro, quindi non riesco proprio a premiare questa serie, che mi ha deluso più e più volte nel corso del suo svolgimento.
Le uniche a ricevere qualcosa di positivo in cambio da "Samurai Flamenco", probabilmente, saranno le spettatrici amanti delle storie omosessuali: state tranquille, una volta tanto, gli autori della serie sono dalla vostra parte e asseconderanno le vostre fantasie e le vostre aspettative sulla trama.
Col tempo sono arrivato ad elaborare una risposta, che "Samurai Flamenco" sembra confermare in negativo, facendomi ritrattare il mio quesito iniziale e giungere alla conclusione che è meglio tenere i telefilm piuttosto che trasportare i supereroi nipponici in animazione, se i risultati sono questi.
Inizialmente, "Samurai Flamenco" si presenta una serie carinissima e molto gradevole, una simpatica commedia incentrata sul dualismo fra il protagonista idealista e sognatore ai limiti della stupidità e il coprotagonista più concreto, disilluso e pragmatico che viene reso complice delle sue stramberie.
Nulla che non si sia già visto altrove, ma si lascia guardare, strappa qualche sorriso e fa affezionare al duo di personaggi e, in particolare, allo smodato idealismo e senso di giustizia dell'impacciatissimo ma sincero Masayoshi, molto affine a quello che ammanta i personaggi dei telefilm supereroistici giapponesi. Fa molto piacere vedere su schermo dei personaggi che, come degli eterni bambinoni, collezionano pupazzetti, hanno le camere tappezzate di poster, conoscono a memoria le puntate dei telefilm e continuano ad amare quegli eroi, dai quali traggono importanti insegnamenti di vita, anche se li metteranno in pratica in modo tragicomico con costumi fatti in casa e imprese eroiche che finiscono per trasformarsi in assurdi casini.
Ci vuole poco, però, perché "Samurai Flamenco" mostri i suoi difetti, primo fra tutti una sceneggiatura incostante che non sa minimamente dove andare a parare, cambiando scopi, reazioni dei personaggi, risvolti ogni due o tre puntate in maniera rocambolesca e spesso casuale.
Quella che era partita come una simpatica commedia urbana in salsa supereroistica si trasforma ben presto in una storia d'azione e fantascienza che ci propone supercriminali malati di mente, esperimenti genetici, animali mutanti, minacce aliene, corpi di difesa della Terra, politici malvagi che combattono con un'armatura a metà fra Iron Man e Saint Seiya, robot giganti, dimensioni parallele, alieni vari, mostri 'pupazzosi' da telefilm, bambini psicopatici, psicodrammi, violenza e un confine fra immaginazione e realtà, fra serietà e parodia, da cui i personaggi fanno avanti e indietro così tante volte da non sapere più nemmeno loro cosa stiano facendo.
Non saranno rare le volte in cui, all'ennesima volta in cui la trama viene rivoltata a casaccio, lo spettatore rimarrà con gli occhi sbarrati, incredulo, chiedendosi se non sia stato tutto un sogno: il suo, quello dei personaggi, quello degli autori che hanno realizzato la serie. Un sogno di quelli insensati, dovuti al cocktail di cocco, sushi, pizza e cioccolato che ci si è fatti la sera prima. C'è chi ha premiato questa apparente insensatezza della trama, urlando al colpo di scena e al capolavoro ad ogni risvolto della trama. Personalmente, ci ho visto solo una gran confusione nella testa degli autori, che, dovendo riempire un determinato numero di puntate e non potendo continuare all'infinito con la buona idea di base, sono andati un po' troppo fuori dal seminato cercando di accontentare un po' tutte le tipologie di pubblico e finendo, invece, per scontentare molti.
Proprio perché "Samurai Flamenco" cerca di accontentare tutti, si fa ben presto ricettacolo di tutto ciò che piace agli spettatori moderni (e che il sottoscritto, invece, generalmente, detesta).
L'iniziale duo di protagonisti, così diversi sia caratterialmente che fisicamente, di sicuro avrà immediatamente acceso le fantasie delle spettatrici amanti delle relazioni omosessuali, ed ecco che, infatti, lungo le varie puntate queste fantasie sembrano, dal nulla, prendere forma concreta, soprattutto nella parte finale della storia, distruggendo la caratterizzazione del poliziotto Goto a furia di psicodrammi patetici ed esagerati.
Anche gli spettatori di sesso maschile hanno presto la loro parte, con l'introduzione del trio di idol MMM, che incarnano vari stereotipi delle ragazze amate dagli "otaku" giapponesi. Nell'ordine, una "matura" e insignificante, una piccolina (che si chiama Moe, di nome e di fatto) e frignona, una (quella che, ahinoi, ha più spazio nella narrazione) costantemente impegnata a mostrare le sue grazie e a 'sclerare' contro tutto e tutti. Ciliegina sulla torta, le ultime due hanno anche una relazione omosessuale, fatta di baci e di molestie, completamente casuale all'interno della storia, dal momento che, poi, una delle due è anche chiaramente attratta dal sesso maschile.
I fan più sfegatati dei telefilm di supereroi sono invece accontentati non solo dal protagonista, ma anche dal buon Joji Kaname, incarnazione animata del classico, virile, romantico e tutto d'un pezzo, eroe dei vecchi telefilm nipponici e probabilmente unico personaggio che esce in maniera decente da tutta la storia, e dal gruppo dei Flamengers, un quartetto di eroi in tutine di spandex a cui Masayoshi si unirà a un certo punto. Questi ultimi personaggi sono buttati lì senza approfondirli più di tanto e sono assai antipatici, oltre ad essere i classici bishounen senza arte né parte e la classica ragazzina sciacquetta che vanno di moda oggi. Ma di questo, agli autori, non si può fare eccessivamente una colpa, dato che i telefilm sentai odierni pullulano di attorucoli bishounen e di ragazzine sciacquette, e dunque non sorprende trovarne gli omologhi a cartoni animati.
Ogni tanto, ha i suoi momenti, "Samurai Flamenco", soprattutto quando il confine fra il cartone animato e il telefilm di supereroi si fa più labile e la narrazione ci fa riflettere sul ruolo dell'eroe, su ciò che esso rappresenta per chi ne guarda i telefilm, per chi ci crede, per chi vorrebbe mettere in pratica quell'eroismo anche nel mondo reale. Ma proprio quest'ultimo punto è uno dei più gravi difetti della serie.
Uno dei motivi per cui i telefilm di supereroi piacciono tanto, con i loro costumi di spandex, i loro mostri con costumi di gomma, le loro esplosioni realizzate con pochi effetti speciali, è perché chi li realizza si sforza di renderli quanto più simile possibile a un cartone animato, senza pretendere che siano realistici. Per lo spettatore è facile stare al gioco, ed ecco che un gigantesco pupazzo di gomma diventa facilmente un temibile mostro, e che uno stuntman con uno spartano costume di gomma diventa facilmente un incredibile eroe per cui tifare con tutta l'anima. Un eroe che, chiaramente, non esiste davvero, ma finisce per esistere nel cuore di chi ne guarda con passione ed entusiasmo le gesta, regalandogli sogni, speranze e messaggi positivi. "Samurai Flamenco" è, invece, il contrario: è un cartone animato che tenta in vari modi (peraltro fallendo, dato che non esita a ricorrere agli stereotipi e agli elementi dei cartoni animati che tanto piacciono agli spettatori otaku) di mettere in scena la realtà.
Ecco, quindi, che le mirabolanti armi dell'eroe Samurai Flamenco si rivelano essere semplici articoli di cancelleria modificata da uno strambo inventore; che la bella maghetta guerriera Flamenco Girl non evoca cuori di luce o attacchi magici ma punisce i criminali con un poco lusinghiero calcione nei gioielli di famiglia, non usa uno scettro incantato che lancia magiche scintille ma uno fatto a mano dal quale, con la pressione di un pulsante, escon fuori spuntoni e scosse elettriche da stun gun; che i costumi degli eroici Flamengers non si materializzano sul loro corpo con una trasformazione, ma semplicemente li indossano come vestiti qualunque.
Ciò che nei telefilm è magia, sogno, fantasia, incanto, qui diventa gretto, freddo, pragmatico, violento. La serie non lesina su momenti un po' forti o violenti o sui drammi, e l'idealismo di Masayoshi non basta a risolvere questi problemi, dato che alla fine della fiera rimane l'unico a crederci, ma viene anche lui sopraffatto dall'insensatezza della trama, che non sa mai se deve essere reale, fantastica, celebrazione o parodia, vera o falsa, se deve veicolare messaggi positivi o se la serie è solo una scusa per attrarre otaku e spettatori di vario tipo.
Certo, fa piacere vedere le più disparate citazioni ai telefilm tokusatsu e sentai, agli anime robotici, alle maghette, ma vedere che i propri sogni e beniamini animati sono trasformati in personaggi violenti, amorfi, psicopatici, fastidiosi non è bello, non è bello per niente.
A livello tecnico, "Samurai Flamenco" è una serie abbastanza impersonale, che continua nel suo stereotiparsi e conformarsi alle tendenze attuali anche nel disegno e nel doppiaggio. A parte l'ormai iconico caratterista Juurouta Kosugi, che con la sua voce sempre uguale e sempre possente e calorosa ci regala un simpatico e passionale eroe d'altri tempi, il resto dei personaggi ha sempre le solite voci fighette, basse ed effeminate (se maschi) o squittisce e sbraita con voci carucce e/o irritanti (se femmine), senza rinunciare agli ormai consueti monologhi lentissimi e ammorbanti tipici dei doppiaggi moderni.
Particolarmente fastidioso, ma, ahinoi, tendenza ormai affermata un po' dovunque, è l'uso della computer grafica per creare oggetti sullo sfondo... non siete più capaci di disegnare a mano un'automobile che corre sulla strada dove camminano i personaggi?
Altalenanti le musiche, che presentano pezzi ora gradevoli (la prima sigla d'apertura, qualche canzone d'accompagnamento alle puntate), ora anonimi (la seconda sigla d'apertura), ora fastidiosissimi (le due sigle di chiusura, orribile e modaiolo connubio di vocette moe ed effetti computerizzati di sottofondo).
A chi sia rivolto "Samurai Flamenco" è un mistero di cui probabilmente nemmeno gli autori, che hanno creato la sua storia completamente a casaccio, conoscono la risoluzione. Alla fine della fiera, la delusione è tanta, perché la storia non ha granché senso e i personaggi non sono mai stati il massimo della simpatia.
Gli appassionati di telefilm supereroistici gioiranno per le molte citazioni, ma potrebbero trovare fastidioso l'uso modaiolo e gretto che "Samurai Flamenco" fa dei loro amati eroi in costume. Tutti gli altri potrebbero esasperarsi per la storia apparentemente senza senso, oppure, chissà, giudicarla una 'genialata' ricca di colpi di scena e prese in giro allo spettatore. Io, da spettatore, non amo essere preso in giro, quindi non riesco proprio a premiare questa serie, che mi ha deluso più e più volte nel corso del suo svolgimento.
Le uniche a ricevere qualcosa di positivo in cambio da "Samurai Flamenco", probabilmente, saranno le spettatrici amanti delle storie omosessuali: state tranquille, una volta tanto, gli autori della serie sono dalla vostra parte e asseconderanno le vostre fantasie e le vostre aspettative sulla trama.
Samurai Flamenco è un opera geniale. E' l'esaltazione e la decostruzione del genere super sentai, ne mette in luce i pregi e ne evidenzia i suoi difetti principali.
Per me è stata una delle serie migliori degli ultimi anni, che è riuscita a sorprendermi per davvero con i suoi tanti colpi di scena al limite della trollata. Non sapevo mai cosa aspettarmi ad ogni puntata.
Sono perfettamente d'accordo con la bella recensione (ragionata) di Kotaro. Le premesse dei primi episodi erano ottime; creare un anime che in un certo senso rappresentasse la risposta in salsa "shonen Sentai" alla famosa saga di Kick-Ass, protagonista strambo ma allo stesso tempo coraggioso e credulone con l'amico mentore disilluso ma ironico. Poi all'improvviso cambia tutto e ti ritrovi una cosa senza senso ... Poteva essere una serie da 8 o 9 e invece ci ritroviamo sta cosa ...
Spolliciata allegramente la rece di Ais.
In un episodio di "Neon Genesis Evangelion" Shinji si lamenta con Kensuke e Tōji di come in privato Misato sia sciatta, gretta e pigra. Loro ribattono che dovrebbe sentirsi onorato di conoscere questo suo lato più oscuro, perché la sua mancanza di riguardi nei suoi confronti sta a significare che lo considera a tutti gli effetti la sua famiglia.
Sottoscrivo per esperienza personale
Space Dandy mi ha dato l'idea di essere una sorta di "esperimento" per permettere a vari autori di sperimentare nei più vari generi, senza alcun limite all'invettiva. Devo dire che non tutti gli episodi mi hanno convinto, ma alla fine della serie il bilancio è decisamente positivo.
Samurai Flamenco invece - nonostante abbia in sé, sparsi nei vari episodi, dei punti interessanti - mi ha deluso. Alla fine, a essere sinceri, non posso far a meno di pensare di avere perso il mio tempo guardandolo.
Ho visto due serie e mezzo, e cioè Space Dandy e Samurai Flamenco le ho completate, mentre Insufficient Direction no, ce l'ho nei sospesi da completare. Però la recensione di Ais Quin mi è piaciuta moltissimo.
In realtà concordo con tutte e tre le recensioni, soprattutto mi è piaciuta la frase di Fish: "Alla fine guardare "Space Dandy" è quasi come vedere ventisei anime diversi, ma uguali, tutti con una forte carica emotiva rivolta verso gli ambiti più disparati." Non avrei potuto dirlo meglio! E' stato uno degli anime che più ho amato quest'anno, uno degli anime che più mi ha emozionata, divertita, coinvolta. Mi manca un casino. T___T Un episodio a settimana di Space Dandy mi ridava il buonumore e la forza, avrei voluto non finisse mai, non ne ero mai stanca ♥
Per quanto riguarda Samurai Flamenco, ricordo la battaglia finale fra me e qualche altro utente a chi riusciva a restare in piedi fino alla fine della visione! xD Io, Kotaro e qualche altro temerario ci siamo riusciti, io più che altro per trovare un senso al tutto, che non ho trovato. u____u Diedi verde all'episodio finale solo per lo shonen ai buttato lì, che mi fece sogghignare non poco! Come già altri hanno detto, era meglio che proseguiva sulla scia dei primi episodi, lì sì che mi piaceva tanto. Forse sarò stata stupida io a non comprendere la genialità del tutto, però mi consolo del fatto di non essere stata l'unica e che forse realmente qualcosa in quest'anime non ha funzionato.
Per il resto Insufficient Direction l'ho lasciato perdere dopo poco e SamuMenco devo finirlo da un sacco di mesi (non che c'abbia voglia e che mi sia piaciuto granché finora....)
Complimenti ai 3 ^^
Non so quanto ci sia di vero in ciò che mette in scena, ma se dice la verità allora Hideaki Anno, più che un genio, è un bambinone assai ingenuo
Quanto a Samurai Flamenco, io detesto questo continuo "decostruire" (sì, lo so, è una delle "parole di moda" di AC, ultimamente) degli ultimi tempi, soprattutto quando questo si traduce in "pigliamo un genere che solitamente è diretto ai bambini, fantasioso, positivo e trasformiamolo in una cosa per otaku cupa/violenta/depressa". Tra l'altro il tokusatsu è un genere di telefilm, quindi se lo si doveva "decostruire" lo si doveva fare in forma di telefilm, non con un cartone animato.
ovvero un otaku
Poi sì, sono d'accordo sul fatto che post-Madoka le decostruzioni di genere siano diventate di moda e le fanno passare per necessarie anche quando non lo sono: vedi tutte quelle fiabe rielaborate in chiave dark-realistica dove è diventato out e brutto mostrare una normale relazione maschio-femmina...
Cosa che Samurai Flamenco non fa, cioè a parte Goto che viene fuori che è uno sfigato depresso, ma per il resto Samurai Flamenco ti piazza a caso tutti i vari clichè di questo tipo di film e anime uno dopo l'altro in un crescendo continuo.
Non so perché post-Madoka la gente si riempia la bocca di un termine che indica tutt'altra cosa.
Detto questo io non ci vedo granché l'intento, però Samurai Flamenco per lo meno è un'opera che esamina, cita e a volte prende anche un po' in giro il genere tokusatsu e dintorni (c'è anche il supereroe americano, per dire).
È un'opera che mi ha molto sorpreso e che ha più di una trovata davvero geniale.
(ah, una recensione dove si dice che Moe è piccolina nonostante sia la più alta delle tre credo sia uscita davvero male, anche ad essere d'accordo con le, opinabili, considerazioni soggettive contenute)
Ma quando mai li avrebbe avuti questi toni? È tutto il contrario. D'altronde è una trollata, di base dovrebbe far ridere (a me ha solo annoiato, ma va be'), ma questa "trasformazione" di cui parli io non ce la vedo proprio.
A me SamuMenco non è piaciuto affatto e penso di averci solo sprecato tempo, ma non sono comunque d'accordo con molte cose scritte da Kotaro, specialmente quando lo elegge a rappresentante di tutti gli elementi negativi che le serie "moderne" includerebbero, discorso che trovo francamente campato in aria.
"Tendenze attuali nel disegno" - francamente non ne ho viste proprio e a dirla tutta lo stile grafico lo vedo molto più vicino agli anni '90;
"Ricettacolo di tutto ciò che piace agli spettatori moderni" - ah, adesso esistono anche gli spettatori "moderni", non solo gli anime, ma ok, comunque non mi pare proprio che la serie abbia venduto granché, o che fosse seguita da molte persone, e proprio perché tutti gli ingredienti che riunisce nel suo calderone hanno il mero scopo della presa in giro. Per cui nonostante ci possa stare di tutto, è inserito in modo da non poter proprio essere preso sul serio.
"Ormai consueti monologhi lentissimi e ammorbanti tipici dei doppiaggi moderni." - neanche i doppiaggi dunque si salvano da questa "epidemia" di modernità. Perché 20-30 anni fa negli anime non vi era proprio traccia di monologhi ammorbanti, eh, proprio nessuna. E i giapponesi parlavano tutti in modo diverso da oggi.
Mi è stato però caldamente consigliato di vederne almeno l'ultimo episodio, cosa che farò, prima o poi.
samurai flamenco anche a me stava appassionando e credevo fosse un kick ass in versione anime invece dopo 6 o7 puntate mi hanno stravolto la storia andando sempre più nel degenero..... peccato
space dandy è fantastico, qui si vede tanta originalità e fantasia per i mondi e le creature bizzarre che si incontrano, poi il protagonista è geniale e fa pisciare dalle risate(non per meno e il seyuu di archer di FSN),questo è il genere di non sense che mi piace.
e fu cosi che inizio la epica battaglia fra uomo e calendario per la conquista del domani XD
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