Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

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10.0/10
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Shinkai ha chiuso il cerchio inaugurato da “Byosuku 5cm”, e in “Your Name.” ha elevato a vette epiche rare il concetto di filo rosso del destino. Basterebbe questo collegamento tra, a mio parere, due capolavori dell’animazione nipponica, per giustificare il massimo dei voti per l’ultima opera del maestro. Ciò nondimeno, a stanare gli ultimi brandelli di scetticismo e a renderci consapevoli di essere dinanzi a una pietra miliare del futuro dell’animazione, vi è l’ulteriore miglioramento di quella cura maniacale dei dettagli a cui ci ha abituati il maestro attraverso la sua arte grafica.

Se in “Byosuku 5cm” l’atmosfera vaga del finale mixato nella sequenza di immagini scandite dalla soundtrack ‘One More Time’ comunicava l’idea della spettacolare incompiutezza del racconto, in “Your Name.” la conclusione, che ricalca il susseguirsi di immagini, scenari e musica del predecessore, diventa pura commozione per il bello. Se in “Byosuku 5cm” città, mare, montagna e vita reale in Giappone sono protagonisti del racconto insieme e, a volte, nonostante i personaggi, in “Your Name.” città, montagna e lago sono gli scenari di un fantasy moderno, metafora della continua ricerca di un’anima gemella e del trovarsi/ritrovarsi più volte tra i milioni di volti.

In entrambe le piece è comunque il cielo ad essere protagonista. Alcova di bellezza notturna e tramonti mozzafiato, che siano il luogo naturale dove sfreccia una cometa o il giardino in cui lanciare un elemento artificiale come un razzo, nei cieli di Shinkai è racchiuso il concept della sua animazione. Perfetti dal punto di vista stilistico, evocativi di concetti al di là del racconto, guardare i cieli tratteggiati in “Your Name.” evoca una miniera di sensazioni quasi mistiche. In un simile contesto quasi non c’è bisogno di tratteggiare in profondità i caratteri dei personaggi dell’opera. Sono perfettamente incarnati in quella missione che, elevando ulteriormente il concetto, si può definire destino filmico da compiere. Pienamente riuscito, inoltre, il character design: morbidi e affascinanti i disegni femminili, spigolosi e dinamici quelli maschili.

Shinkai ha pensato, disegnato e diretto un’opera eccellente, un prodotto non solo per gli addetti ai lavori o per i fan del genere, ma usufruibile e apprezzabile da tutti. Un’ulteriore conferma dell’immenso talento dell’artista e un pesante atto d’accusa contro l’incredibile e incomprensibile decisione dell’Academy di non considerarlo almeno per la candidatura all’Oscar.

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“Asatte no Houkou” (“Vivendo per il dopodomani”) è un anime di dodici episodi prodotto nel 2006 dallo studio J.C. Staff. Esso è basato sul manga omonimo scritto e illustrato da J-ta Yamada.

Protagonista della storia è la piccola Karada Iokawa, che da molto tempo vive da sola assieme al fratello maggiore Hiro. Nonostante la bambina abbia una statura inferiore rispetto ai ragazzi della sua età, si dimostra molto matura per non essere un peso per suo fratello. Un giorno i due incontrano Shouko Nogami, una giovane donna che pare sia stata amica di Hiro quando entrambi risiedevano negli Stati Uniti. Arrabbiata con il ragazzo, Shouko finisce per ferire Karada dicendole che i suoi fiocchi sono infantili. Più tardi, le due si incontrano nei pressi di un piccolo santuario, dove Karada sta rivolgendo una preghiera alla “pietra dei desideri”. Improvvisamente, la bambina si ritrova nel corpo di una ventiquattrenne, mentre Shouko in quello di una dodicenne.

Lo sviluppo della trama di “Asatte no Houkou” non è affatto complesso, né si corona di avvenimenti straordinari o eccessivamente tragici. Il ritmo, infatti, incede abbastanza lentamente, e l’opera si prende tutto il tempo necessario non per raccontarci una storia avvincente o ricca di colpi di scena, quanto, piuttosto, per focalizzarsi sull’approfondimento dei personaggi. L’incipit soprannaturale, già visto in altre occasioni, assume un valore prettamente simbolico e funge da reagente per la crescita di protagonisti e comprimari. La lunghezza della descrizione della trama serve, infatti, a fornirci una prima infarinatura delle due ragazze principali: da un lato abbiamo Karada, piccola ma responsabile, impegnata nelle faccende di casa per essere di supporto al fratello; dall’altro Shouko, una donna dall’aria adulta che, per ripicca ad Hiro, si accanisce contro la bambina in maniera parecchio infantile. Tuttavia la trasformazione soprannaturale mette in luce la loro vera personalità e rende meno netto il confine che separa l’infantilismo dalla maturità. Karada, nel corpo di un’adulta, rivela dunque la fragilità e l’avventatezza tipiche della sua età, mentre Shouko, seppur intrappolata nel corpo di una bambina, dimostra saggezza e senso di adattamento. Grazie a questa situazione inusuale, riusciamo così a scoprire varie sfaccettature delle due protagoniste; queste ultime, d’altro canto, coglieranno l’occasione per confrontarsi col proprio passato o col proprio futuro. Ottimo lavoro è stato compiuto anche per quanto riguarda i comprimari, Hiro in particolare: un ragazzo che nasconde la sua codardia sotto una lunga frangia e che avrà modo di redimersi nel corso nelle puntate. Stessa cosa dicasi per Tetsu ed altri personaggi secondari (come Kotomi) all’apparenza insignificanti. Trovo, però, che Touko (la sorella di Amino) sia stata lasciata troppo in disparte.
Anche i rapporti che si intrecciano tra i vari “attori” sono stati trattati magnificamente: vengono così disegnati vari tipi di affetto, da quello fraterno (mai morboso o ossessivo, come nelle opere degli ultimi tempi) a quello tra due adulti innamorati, passando per le ingenue cotte pre-adolescenziali.

Per quanto riguarda il comparto tecnico, in generale è stato compiuto un lavoro discreto. Il character design, dal tratto né troppo semplice né troppo particolareggiato, subisce a volte qualche sbavatura, mentre le animazioni si attestano su livelli medi. Gli sfondi sono realizzati a mano, come in altri prodotti del J.C. Staff di quel periodo. Le OST sono perfette per ogni situazione, e spesso parlano in vece dei personaggi. Molto orecchiabili le sigle.

In conclusione, “Asatte no Houkou” è un’opera che non spicca per l’originalità della trama, e che neanche si premura di appassionare lo spettatore con ritmi frenetici. Il suo punto di forza risiede, infatti, nell’ottimo approfondimento psicologico dei suoi protagonisti e comprimari, accompagnato dallo sviluppo dei legami che intercorrono tra di essi. Il tutto, ovviamente, in un’atmosfera di calma e lentezza, tipica dell’estate giapponese che fa da sfondo ai fatti narrati. Voto: 8.

8.5/10
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Chi ha letto "Aku no hana" (2009-14) non potrà non apprezzare questa nuova opera di Oshimi (2012-16), sia per il tratto, oramai maturo e delicato, non eccessivamente dettagliato, ma molto lavorato (l'uso dei retini è quasi nullo), sia per la storia. Che siano dei topoi a cui l'autore tiene abbastanza o che sia stato ispirato ed influenzato dalla sua stessa creatura ("Aku no hana", così di successo e così prepotentemente entrata nell'interesse collettivo di una certa fetta della fanbase), Oshimi pare più o meno incapace di divincolarsi da una certa impostazione.
La trama, per quanto si basi sullo spunto abbastanza abusato dello scambio dei corpi ("Kimi no na wa" del 2016 ha reso il genere più commerciale che mai) riesce, comunque sia, a distanziarsi celermente da quella che sarebbe stata una banalità.

Isao, un hikikomori di poco più che vent'anni, è oramai ad un punto morto della sua esistenza, incapace di affrontare un mondo a cui sente di appartenere solo di striscio, esasperato ed oberato dal pondo che ogni azione minimamente sociale pesa su di lui, incontra una ragazza leggermente più giovane di lui, bellissima, pudica. Questo tema della santità femminile, già visto in "Aku no hana" nel rapporto tra Kasuga e Saeki, della donna-angelo intesa in senso dolcestilnovistico e soteriologicamente come unico mezzo di redenzione per il maschio impuro, ritorna qui di prepotenza, se non che improvvisamente - e con un certo interessato sbigottimento da parte mia - il ruolo di protagonista viene assegnato a Mari, la ragazza. Mari si risveglia con Isao al proprio interno. Possiamo, anzi, dire che Isao si risveglia con Mari al proprio esterno. Si instaura, conseguentemente, una storia d'amore, di salvezza - difficile da dire - ma che, seppure sfumata, è pur sempre basata su d'un trio, stante l'entrata in campo di Yori, una ragazza emarginata della classe (più o meno la trasposizione del personaggio di Nakamura) in questo vortice affettivo. I rapporti fra i tre protagonisti si sviluppano con differenze notevoli rispetto al già citato "Aku no hana", ma i tipi, i caratteri (teofrastianamente), sono gli stessi, quasi trasposti. Oshimi, però, navigato e mai banale, per quanto parta da presupposti abbastanza semplici, riesce a dare una profondità notevole alla trama. Ogni personaggio viene scavato, affiorano le sue debolezze, la sua umanità.
L'opera è chiara. È la narrazione di una fragilità, di una dissociazione da sé stessi per sopravvivere a sé stessi. Sono 8 volumi di lotta con sé stessi per ritrovare sé stessi.
Che liberazione dopo una tale titanica lotta, che felicità - eppure, come in "Aku no hana", l'autore inserisce quelle poche pagine finali così tristi e melanconiche. Dopo tanto stridere è sbocciato un nuovo mondo, è ritornata la quiete - ma con essa, forse, anche la solitudine. Un triste sorriso affiora.

Così come criticai "Aku no hana", così critico "Boku wa Mari no naka".
Così come lì il personaggio di Saeki era troppo puro, troppo bello per certi comportamenti, troppo inverosimile per un'opera che alla fine fa dell'estremo realismo psicologico la sua punta di diamante, così Mari risulta una maschera molto fragile dopo una attenta disamina. Eppure mentre Saeki era solamente un intermezzo, per quanto potente, qui Mari è la protagonista. Qualcosa non torna, o torna poco. Ho apprezzato davvero tantissimo la trama, la sua psicologia, la sua "psichiatria", ma non posso non trattenermi dal notare che la persona della donna serafica che in realtà scopresi ascondere segreti su segreti, sino al deterioramento, è poco credibile - almeno in un'opera data al realismo.
Non fosse per questo, il manga di Oshimi è importantissimo e va letto. Va letto soprattutto da chi ha apprezzato "Aku no hana", la cui scia cerca di intraprendere, va letto da chi è interessato ai tipi psicologici più complessi, va letto anche da chi vuole una storia d'amore (persino yuri [?]) un po' più intima e sfaccettata.