L'ascesa forte degli anime nel panorama streaming e cinematografico globale ha portato con sé un'ondata di aspettative verso il medium che potrebbero superare le capacità dell'industria stessa. Anno dopo anno, questa forma di intrattenimento un tempo sottovalutata produce serie di successo che competono e occasionalmente superano le controparti occidentali in modi del tutto inaspettati. Tuttavia, questi sviluppi positivi hanno purtroppo dei risvolti della medaglia, con il rischio concreto di compromettere la novità e l'originalità che hanno sempre caratterizzato il medium.
Il crescente appeal degli anime ha generato negli spettatori una fame insaziabile di serie di alta qualità con tocchi di originalità che si discostino dagli approcci convenzionali del genere. Ma dietro gli schermi scintillanti delle serie più popolari, creare anime completamente originali comporta costi elevatissimi che l'industria è sempre più riluttante a sostenere. È proprio questo il cuore del problema evidenziato da Kenji Horikawa, fondatore e figura di spicco di P.A. Works, uno degli studi di animazione più rispettati del Giappone.
"È decisamente vero che è difficile realizzare progetti originali al giorno d'oggi", ha dichiarato Horikawa in una recente intervista che ha fatto molto discutere nell'ambiente. "I costi di produzione degli anime stanno aumentando rapidamente, quindi dal punto di vista degli investitori, le opere originali sono viste come ad alto rischio. Lo capisco fino a un certo punto." Le parole del veterano dell'industria rivelano una realtà amara: mentre il successo commerciale degli anime raggiunge vette mai viste prima, paradossalmente diventa sempre più difficile convincere gli investitori a finanziare progetti innovativi e sperimentali.
Ma il problema, secondo Horikawa, va oltre la semplice questione economica. "L'enorme volume di anime che vengono pubblicati sta diventando schiacciante. Ha esaurito i lavoratori che cercano di tenere il passo con la domanda, quindi sento che il desiderio di creare opere originali si sta indebolendo." Questa osservazione mette in luce un aspetto spesso trascurato del boom degli anime: la pressione produttiva sta letteralmente esaurendo creativi, animatori e tutto il personale coinvolto nella realizzazione delle serie.
La testimonianza di Horikawa ha un peso particolare nel panorama dell'animazione giapponese. P.A. Works, lo studio che ha fondato e che guida da 25 anni, è responsabile di alcune delle opere più apprezzate e innovative degli ultimi decenni: serie come Shirobako e The Eccentric Family o film come Maquia - Decoriamo la mattina dell'addio con i fiori promessi. La sua esperienza gli conferisce un'autorevolezza unica nel valutare le dinamiche del settore.

"Con i titoli originali, la storia, il mondo e i personaggi sono tutti creati dai creatori stessi, quindi lo sforzo produttivo è elevato", spiega Horikawa, mettendo in evidenza la complessità intrinseca dei progetti originali. "È importante chiedersi se ci sia qualcosa nell'opera originale che valga lo sforzo di crearla. Ma, se il percorso attuale dovesse continuare, sento arrivare una crisi poiché potremmo dimenticare come realizzare opere originali anche se tutti lo volessimo." Questa previsione è particolarmente inquietante: non si tratta solo di una questione economica, ma del rischio concreto che l'industria perda progressivamente le competenze e la mentalità necessarie per creare contenuti davvero innovativi.
Il paradosso è evidente: mentre gli anime conquistano mercati globali e stabiliscono nuovi record di popolarità, l'industria che li produce si trova intrappolata in una logica che favorisce la ripetizione di formule collaudate piuttosto che l'esplorazione di territori narrativi inesplorati. Gli investitori, comprensibilmente preoccupati per i crescenti costi di produzione, preferiscono puntare su adattamenti di manga o light novel già popolari, considerati investimenti più sicuri rispetto ai progetti completamente originali.
Questa tendenza ha implicazioni che vanno ben oltre l'aspetto puramente commerciale. Gli anime hanno sempre rappresentato una forma d'arte capace di esplorare temi complessi e innovativi, spesso anticipando tendenze culturali e sociali. La progressiva standardizzazione del medium rischia di privare il mondo di una delle sue fonti più ricche di narrazione visiva originale, riducendo gli anime a mere operazioni commerciali prive di quella scintilla creativa che li ha resi un fenomeno culturale globale.

Inoltre, la pressione produttiva descritta da Horikawa sta creando condizioni di lavoro sempre più insostenibili per animatori e staff creativo. Il ritmo frenetico delle produzioni, con stagioni televisive che vedono il debutto di decine di nuove serie ogni tre mesi, sta mettendo a dura prova un'industria già nota per le sue condizioni di lavoro problematiche. Questa situazione non solo compromette la qualità delle opere, ma rischia anche di allontanare i talenti creativi dal settore.
Nonostante le preoccupazioni espresse da Horikawa, il futuro degli anime non è necessariamente segnato. L'espansione globale del medium ha portato nuove fonti di finanziamento, con piattaforme internazionali che investono direttamente nella produzione di contenuti originali. Tuttavia, la sfida sarà trovare un equilibrio sostenibile tra le pressioni commerciali e la necessità di mantenere viva quella creatività che ha reso gli anime unici al mondo.
Le parole di Horikawa rappresentano un campanello d'allarme che l'industria non può permettersi di ignorare. Il successo globale degli anime è un'opportunità straordinaria, ma solo se gestita con saggezza e lungimiranza. La vera domanda è se l'industria riuscirà a preservare la sua capacità di innovazione mentre naviga le acque tempestose del successo commerciale, o se finirà per diventare vittima del proprio trionfo, perdendo quella magia che ha conquistato il mondo intero.
Fonte consultata:
Screenrant.com
Il crescente appeal degli anime ha generato negli spettatori una fame insaziabile di serie di alta qualità con tocchi di originalità che si discostino dagli approcci convenzionali del genere. Ma dietro gli schermi scintillanti delle serie più popolari, creare anime completamente originali comporta costi elevatissimi che l'industria è sempre più riluttante a sostenere. È proprio questo il cuore del problema evidenziato da Kenji Horikawa, fondatore e figura di spicco di P.A. Works, uno degli studi di animazione più rispettati del Giappone.

P.A. Works viene fondata a novembre 2010 da Kenji Horikawa, ex-produttore di Tatsunoko, Production I.G e Bee Train. Inizialmente P.A. Works si dedica ad assistere alla produzione e alla realizzazione delle animazioni di altre compagnie, finché nel 2008 si occupa direttamente delle animazioni di True Tears. Da quel momento lo studio inizia a realizzare personalmente le animazioni di tutti gli anime a cui lavora. P.A. Works negli ultimi anni si è dedicata principalmente a progetti originali, con qualche eccezione tratta da romanzi o novel. Il nome della compagnia è un'abbreviazione di Progressive Animation Works.
"È decisamente vero che è difficile realizzare progetti originali al giorno d'oggi", ha dichiarato Horikawa in una recente intervista che ha fatto molto discutere nell'ambiente. "I costi di produzione degli anime stanno aumentando rapidamente, quindi dal punto di vista degli investitori, le opere originali sono viste come ad alto rischio. Lo capisco fino a un certo punto." Le parole del veterano dell'industria rivelano una realtà amara: mentre il successo commerciale degli anime raggiunge vette mai viste prima, paradossalmente diventa sempre più difficile convincere gli investitori a finanziare progetti innovativi e sperimentali.
Ma il problema, secondo Horikawa, va oltre la semplice questione economica. "L'enorme volume di anime che vengono pubblicati sta diventando schiacciante. Ha esaurito i lavoratori che cercano di tenere il passo con la domanda, quindi sento che il desiderio di creare opere originali si sta indebolendo." Questa osservazione mette in luce un aspetto spesso trascurato del boom degli anime: la pressione produttiva sta letteralmente esaurendo creativi, animatori e tutto il personale coinvolto nella realizzazione delle serie.
La testimonianza di Horikawa ha un peso particolare nel panorama dell'animazione giapponese. P.A. Works, lo studio che ha fondato e che guida da 25 anni, è responsabile di alcune delle opere più apprezzate e innovative degli ultimi decenni: serie come Shirobako e The Eccentric Family o film come Maquia - Decoriamo la mattina dell'addio con i fiori promessi. La sua esperienza gli conferisce un'autorevolezza unica nel valutare le dinamiche del settore.

"Con i titoli originali, la storia, il mondo e i personaggi sono tutti creati dai creatori stessi, quindi lo sforzo produttivo è elevato", spiega Horikawa, mettendo in evidenza la complessità intrinseca dei progetti originali. "È importante chiedersi se ci sia qualcosa nell'opera originale che valga lo sforzo di crearla. Ma, se il percorso attuale dovesse continuare, sento arrivare una crisi poiché potremmo dimenticare come realizzare opere originali anche se tutti lo volessimo." Questa previsione è particolarmente inquietante: non si tratta solo di una questione economica, ma del rischio concreto che l'industria perda progressivamente le competenze e la mentalità necessarie per creare contenuti davvero innovativi.
Il paradosso è evidente: mentre gli anime conquistano mercati globali e stabiliscono nuovi record di popolarità, l'industria che li produce si trova intrappolata in una logica che favorisce la ripetizione di formule collaudate piuttosto che l'esplorazione di territori narrativi inesplorati. Gli investitori, comprensibilmente preoccupati per i crescenti costi di produzione, preferiscono puntare su adattamenti di manga o light novel già popolari, considerati investimenti più sicuri rispetto ai progetti completamente originali.
Questa tendenza ha implicazioni che vanno ben oltre l'aspetto puramente commerciale. Gli anime hanno sempre rappresentato una forma d'arte capace di esplorare temi complessi e innovativi, spesso anticipando tendenze culturali e sociali. La progressiva standardizzazione del medium rischia di privare il mondo di una delle sue fonti più ricche di narrazione visiva originale, riducendo gli anime a mere operazioni commerciali prive di quella scintilla creativa che li ha resi un fenomeno culturale globale.

Inoltre, la pressione produttiva descritta da Horikawa sta creando condizioni di lavoro sempre più insostenibili per animatori e staff creativo. Il ritmo frenetico delle produzioni, con stagioni televisive che vedono il debutto di decine di nuove serie ogni tre mesi, sta mettendo a dura prova un'industria già nota per le sue condizioni di lavoro problematiche. Questa situazione non solo compromette la qualità delle opere, ma rischia anche di allontanare i talenti creativi dal settore.
Nonostante le preoccupazioni espresse da Horikawa, il futuro degli anime non è necessariamente segnato. L'espansione globale del medium ha portato nuove fonti di finanziamento, con piattaforme internazionali che investono direttamente nella produzione di contenuti originali. Tuttavia, la sfida sarà trovare un equilibrio sostenibile tra le pressioni commerciali e la necessità di mantenere viva quella creatività che ha reso gli anime unici al mondo.
Le parole di Horikawa rappresentano un campanello d'allarme che l'industria non può permettersi di ignorare. Il successo globale degli anime è un'opportunità straordinaria, ma solo se gestita con saggezza e lungimiranza. La vera domanda è se l'industria riuscirà a preservare la sua capacità di innovazione mentre naviga le acque tempestose del successo commerciale, o se finirà per diventare vittima del proprio trionfo, perdendo quella magia che ha conquistato il mondo intero.
Fonte consultata:
Screenrant.com
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È spesso fatti male.
Non esagererei però...
Di anime così ce ne sono relativamente pochi.
Comunque non è che la crisi degli anime originali sia recente, è una costante da decine di anni, dovuta al fatto che creare anime originali è sempre stato un rischio.
Per curiosità sono andato indietro 25 anni all'estate del 2000, c'erano così tanti anime originali?
No, l'80% degli anime erano comunque adattamenti, e praticamente tutti quelli più famosi lo erano.
In Italia di original sono tipo arrivati Mushrambo, Strange Dawn e Hand Maid May (la S2 Doremì era in prosecuzione da diverse stagioni), non proprio roba che ha segnato gli anime in Italia.
E anche tra la roba inedita cosa c'era Brigadoon (che ho visto), Ordian? Roba che faccio fatica a credere che pure i giapponesi si ricordino.
Al netto che gli originali di grande successo ci sono stati è sempre stato un rischio ed è assolutamente normale che siano una parte minore del totale di anime.
Gli studi devono essere bravi a trovare soggetti originali che ha senso fare in animazione e che possono avere successo, posto questo non credo che ci sia davvero il pericolo che possano sparire del tutto.
Poi che produrre molti più di 50 anime a stagione sia esagerato e crei problemi è palese, se n'è discusso mille volte e che questo possa sfavorire le produzioni originali mi sembra davvero l'ultimo dei problemi.
Inoltre bisognerebbe anche fare una distinzione tra "opera originale" e "originalità", che non per forza vanno a braccietto. Ci sono anime originali copia incolla così come adattamenti ricchi di autorialità e unicità.
Detto ciò, sulle affermazioni in sé c'è ben poco da ridire. Gli anime originali sono sempre meno, e quei pochi devono puntare su nomi già affermati o elementi fan service.
Nel primo caso porta a cose come Lazarus, che inevitabilmente si ritrovano spesso incatenate al passato e quindi incapaci di innovare o anche solo stupire.
Nel secondo a serie come LycoReco, che personalmente ho apprezzato, ma che rimane vincolata a un target preciso.
Proprio l'altro giorno pensavo a Bones, che negli anni 2000 faceva 1 o 2 originali all'anno. Oggi ne fa più o meno 1 ogni 2...ed esce Metallic Rouge.
Stavo per dire che Trigger rimane tra i pochi che fa regolarmente originali, ma poi ho notato che l'ultimo è stato BNA nel 2020 (escludendo New Panty and Stocking che è un sequel). Anche se adattamenti come Gridman o Cyberpunk sono un po' a metà.
Messa così sembra che una scelta conscia per sfruttare il nuovo mercato.
La questione è un po' diversa, chi faceva anime negli anni '70 e la buona parte di quelli degli '80 arrivava da background variegati (al netto che ovviamente erano quasi tutti giapponesi).
Da metà/fine anni '80 in poi praticamente tutti quelli che iniziavano a fare animazione erano stati "otaku" a loro volta (circoli universitari ecc ecc), ovvio che poi con il tempo questo porta, per certi versi, ad un appiattimento della creatività.
Sei sicuro?
Non mi sembra ci sia nulla di simile, e in generale i costi di una serie sono dovuti a come è gestita la produzione dallo studio, senza che in realtà ci sia di solito tutta questa varianza. Le serie più costose sono spesso state quelle gestite peggio a livello di produzione e che hanno richiesto rilavorazioni/outsourcing/ecc ecc.
In realtà esistono talmente tante storie incredibili e al momento spesso sconosciute, rilegate al mondo dei manga, recenti e meno, tanto da poter vivere di adattamenti per decenni con opere di incredibile qualità.
I manga sono una miniera infinita di libertà creativa, di fantasia, di sperimentazione, di divulgazione, a cui si potrebbe attingere, mistero, orrore, fantascienza, dramma, commedia, azione, racconti storici, realmente accaduti, sportivi... non ci si potrebbe mai annoiare vedendoli... e poi vedo tanti adattamenti di opere simili, uno spreco assurdo. Per fortuna esistono i manga.
Dietro al nome "Original" ci sono i "tentativi": Wonder Egg Priority, Metallic Rouge, Lazarus, Odd Taxi, Cowboy Bepop, Blood+, Ergo Proxy, etc.
Possiamo, secondo il nostro gusto personale, chiamarli capolavori, opere belle, mediocri o pessime, ma apprezzo i tentativi e per provarci non serve il nome illustre, serve la storia giusta. Spero continuino a provarci, sempre.
Da sempre le cose più remunerative sono nate dall'estro creativo, il momento è quello opportuno, ma non lo stanno cogliendo come potrebbero, questa è la reale crisi.
Costi?
Semmai rischio... ma è un rischio relativo.
Il rischio di mettere un prodotto che il pubblico potrebbe non gradire quanto l'ennesimo isekai, ma d'altronde l'ennesimo isekai può anche stufare e non attirare più.
Sono entrambi un rischio da una parte il piacerà e dall'altra il piacerà ancora? E finché chi apre il portafogli risponderà, per ora piace, non si avrà nulla, o quasi, di nuovo.
Ed anche chi fa opere originali (ci metto dentro anche i manga) nel dubbio parte con un sentiero sicuro: il fan service, per poi toglierlo (più o meno) gradualmente e lasciare la sua opera originale. Mi viene in mente 2.5 dimension con un inizio che pare più adatto ad un hentai che non a quello che poi è.
Giudizio puramente soggettivo
Se per "originale" si intende la specifica combinazione di codici narrativi, animazioni, significanti e significati del medium, personalmente credo che questa "originalità" ha permesso agli anime di avere una diffusione anche fuori dallo specifico alveo dell'arcipelago grazie a una semplice dinamica di esotismo.
Complice il fatto che all'inizio erano considerati materiale di serie B (se non Z), erano anche economicamente e relativamente facili da importare; ma gli elementi che li rendevano "scadenti" al tempo, erano costituiti anche delle specifiche di una cultura e di un sentire generale Altro.
E questo suscita sempre un certo fascino nell'occidentale medio. Una forma di Orientalismo a posteriori.
Nel tempo questo elemento è diventato un vero e proprio canone, un brand riconoscibile nel mondo, ma la dinamica di partenza non è cambiata.
Ci sono paesi che lo vivono oggi il vero e proprio boom di anime fuori dalla ristretta cerchia degli aficionados, causa introduzione dello streaming, contingenze pandemiche ecc.
Ma l'elemento fondante di questo "appeal" è sempre stato lo stesso. I canoni tecnici e narrativi sono essi stessi gli elementi cardine di quell'originalità. Originale è il fatto che sono anime.
Per essere più originali di così dovrebbero diventare un'altra cosa ancora.
Inoltre, il fatto che un'opera sia originale non garantisce affatto che sia di qualità superiore. Per fare esempi recenti Metallic Rouge e Fairy Gone, originali ma scialbi come un qualsiasi fantasy stagionale
infatti. Ci si dimentica spesso che gli studi di animazione non sono nè onlus nè frutto di un hobby, ma sono aziende e come tali devono, omioddddio!!!, guadagnare. E per farlo o riduci i costi (qualità del prodotto) o i rischi (punti su qualcosa di noto o una tipologia che sai che viene vista). Oppure fai un'analisi di mercato considerando opere simili a quelle che vuoi produrre.
Non bisogna dimenticare che diversi studi dia animazione sono falliti a causa di un'opera originale che non ha avuto il successo sperato*. Quale CEO (o investitore) si assumerebbe tale rischio? Sì potrebbe se forte di una produzione globale che possa ammortizzare una grossa perdita.
*in parte la Gainax, la Manglobe, Studio Fantasia, Zexcs, Gonzo, Artland, Triangle staff e Production IMS
Premesso che non disdegno nessuna delle 2 strade, da buon fan di entrambi i Fullmetal Alchemist.
Avevo analizzato una stagione dei primi '00 nel mio commento sopra, non è particolarmente vero che ci fosse tutto questo boom, anche nel post-Evangelion gli originali erano una netta minoranza, e si parla di titoli quasi sempre di nicchia.
Non è vero nemmeno che da sempre la maggior parte degli anime fosse la trasposizione di un manga, negli anni '70, anche se variava da stagione in stagione c'erano un gran numero di anime originali, trasposizioni di manga o trasposizioni (o comunque ispirazioni) di romanzi.
La produzione poi cresce e già dagli anni '80 le trasposizioni di manga sono le più numerose, anche sono i soggetti più facilmente trasportabili in anime.
Assolutamente falso, gli studi di animazioni, salvo rari casi, non investono i propri soldi nella produzione degli anime.
In genere lo studio di animazione non è manco nel comitato produttivo.
Gli studi falliscono perché i costi di realizzazioni sono più alti del compenso che ricevono, in generale per problemi produttivi, vedi ad esempio il fallimento di Artland.
A conti fatti neanche anime tratti dalla mitologia o dalla narrativa classica sono "originali".
La colpa non è solo degli otaku, anzi è da incolpare maggiormente chi ci specula sopra, alla fine secondo me non è che il mercato degli anni precedenti era organizzato meglio, anzi le cose sembrano migliorate (meno sfuttamento rispetto agli anni precedenti) è solo che ora sì sono presentate le occassioni che evidenziano questi aspetti negativi.
Quante volte ho letto le parole di un "autore" di un anime in cui afferma di aver creato un anime prendendo elementi mainstrem solo per fare soldi. Quante persone di questo livello esistono nel mercato degli anime e vengono elogiate.
"Volete seguire la domanda? e ora pedalate" non hanno manco l'intenzione di creare qualcosa di originale e danno la colpa ad altri.
Vabbè, di questo passo però si finisce per dire che nessuna produzione è davvero originale, perché c'è sempre un'ispirazione precedente.
Comunque avevo fatto un controllo a campione su alcune stagioni degli anni '70, in alcune effettivamente capitava ci fosse quasi la metà di produzioni non direttamente riprese da opere esistenti (ma d'altronde si parla anche di stagioni con una decina o poco più di anime).
Per questo dico che l'aumento di trasposizioni manga va forse fatto cadere con l'aumento del numero di anime trasmessi e quindi iniziando dalla fine degli anni '70.
Vero per gli anni 70, specie lato mecha.
Io mi riferivo alla trama base, il canovaccio di partenza.
È quanto affermato proprio da un produttore in una intervista di un articolo visto tempo fa su questo sito, l'ho riletta 3 volte quella parte. Spero di averla salvata.
Magari non "fame insaziabile di originalità", ma almeno un pochino di fantasia, e che caspita!
Può anche darsi che non vengano prodotti o importati titoli "pericolosi per il pensiero perbenistico" oggi assillante. Ma credo che sia proprio un periodo di blocco creativo, sia nell'animazione che nella cinematografia, trovi tante riletture di vecchie cose che danno l'idea di "orina fatta di fuori" ;(
Non è che ti riferisci a questo?
Che però parla della gestione "politica" dei comitati, non tanto del fatto che ci sia un "budget cap" deciso a priori.
Che poi vale la pena di ricordare che il problema degli anime non è praticamente mai la mancanza di soldi, è quasi sempre la mancanza di tempo.
Sarà, ma intanto se si guarda alle produzioni originali nella loro cronologia, la mediocrità abbonda: True Tears (trasposizione da una visual novel, ma per qualche strano motivo è completamente diversa e quindi vale come originale),Tari Tari, Koitabi, Glasslip, Sakura Quest, Sirius the Jaeger, Fairy Gone, Iroduku, Mayonaka Punch (ricevuta bene qui su AC, ma zero recensioni ad un anno di distanza), e anche alcune trasposizioni come Red Data Girl... In quanti ricordano queste serie, specialmente quelle uscite nei primi anni 10? E la loro produzione più recente, Food for the Soul, in quanti se la ricorderanno da qui a pochi mesi o forse già adesso? Pochi anni fa è uscito Buddy Daddies, serie molto carina che ha avuto il successo che meritava, ma non è chissà che capolavoro,ed è una delle poche eccezioni.
Senza contare che alcune delle loro serie che all'epoca avevano riscosso più consensi, come Angel Beats e Nagi no Asukara, sono invecchiate un po' male e oggi non verrebbero viste allo stesso modo.
E' un fenomeno comune per le produzioni animate, originali o meno, uscite tra il finire degli anni 2000 e i primi anni 10, decennio anime notoriamente depresso, non solo quelle della P.A. Works.
Nessuna pretesa di oggettività,ma tutte queste cose le pensano in molti, non solo io.
Per quanto riguarda gli anime originali purtroppo è pure un periodo dove non mi pare stia uscendo roba incredibile (magari mi ricrederò vedendo Lazarus), per esempio mi sono visto apocalypse hotel, che ho trovato molto carino, ma sicuramente si poteva fare di più... Il problema secondo me è pure questo: senza delle storie forti è difficile che questo tipo di anime riscossa successo e quindi aumenti la domanda di mercato. È molto più semplice puntare a storie già di successo, che si sa per certo venderanno di più
Sì, esatto, proprio quella! Grazie mille!
Dice chiaramente quel che ricordavo fra minuto 7.40 e 13.40, lo ribadisce a minuto 16.
È infatti nei comitati di produzione e i rapporti fra investitori a cui si attengono a fissarli.
E che grossi investimenti esteri vengono spezzettati in più progetti.
Non su tutto, ma la prassi è quella.
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