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Guardando "Laputa", ho avuto l'impressione che Miyazaki sia più abile nel raccontare fiabe che nel fare l'educatore. Senza nulla togliere a titoli come "Nausicaä della Valle del Vento" e "La Principessa Mononoke", i quali sono film emozionanti e di tutto rispetto, ho idea che il famoso regista giapponese scopra molto di più il fianco creando lungometraggi di pura denuncia sociale come quelli.
Del resto, creare un racconto divertente e disimpegnato come questo è più facile. "Laputa" non ci lascia nessun messaggio particolarmente profondo, e non pretende di farlo. Due ore di film per dire che, quando l'essere umano ha imparato a dominare l'aria è diventato molto più distruttivo di prima, e che perdere il legame con la Terra è la nostra rovina? Non proprio. Quello è solo il dessert, prima c'è tutta una serie di acrobazie rocambolesche per raggiungere l'isola che fluttua nel cielo.

Rispetto al suo predecessore "Nausicaä", questo film intrattiene molto di più, astenendosi dal creare molte aspettative. Qui allo Studio Ghibli fanno molto più i simpaticoni. Dopo averlo visto, ho immaginato Miyazaki come il Babbo Natale dell'animazione giapponese. Una specie di Walt Disney un po' più smaliziato e ingegnoso.
E come zio Walt usava prendere spunto da romanzi per creare molti dei suoi film, così ha fatto anche il nostro Hayao: "Laputa" richiama ai famosi viaggi di Gulliver, però il film del pluripremiato regista giapponese non ha nulla a che vedere con la satira di Jonathan Swift. Dal romanzo attinge solo l'idea esteriore di una città sospesa in aria, modus operandi tipico di molti autori giapponesi quando si ispirano alla letteratura occidentale.
La trama è piena zeppa di deus ex machina, ovviamente, e in questo genere di prodotto cinematografico i deus ex machina funzionano alla grande.
Interessante l'ambientazione, t'immerge in un'epoca di piena Rivoluzione Industriale. Il film inquadra uno stadio specifico del progresso tecnologico e, sul piano figurativo, gli eventi sono contestualizzati davvero bene. Sembra quasi creare delle atmosfere fantascientifiche alla Jules Verne.

Però, come in tutti i film di questo tipo, è più affascinante il viaggio stesso dell'arrivo. Nella sua fase finale, il film perde lievemente di attrattiva e s'incarta un po' su sé stesso.
Quindi è tutt'altro che un capolavoro, però è stato un piacere guardarlo. È come un buon piatto di pastasciutta con il sale, il pomodoro, il basilico e una spolverata di parmigiano. Saporito e facile da preparare: un sano momento di goduria che è lì solo per edonismo, senza toccare corde particolarmente profonde.