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Di solito, gli anime sceneggiati da Mari Okada (come “Araburu” e “Black Rock Shooter”) ci fanno riflettere sulla figura femminile e sui suoi complessi mentali. Tutte trame caratterizzate da una certa complessità e dall’atmosfera talvolta molto onirica, che destabilizzano e confondono lo spettatore stesso, proprio per il loro modo originale di dirigere l’aspetto narrativo. Questa volta invece parleremo di “Lost Village”, un anime sempre psicologico ma più puntato sull’investigazione, dove si cercherà di entrare nel profondo della questione attraverso le azioni di molteplici personaggi, sia femminili che maschili.

Faccio solo una premessa prima di incominciare; l’anime è riuscito a confondermi nei primi minuti, e questo davvero non me lo sarei mai aspettato.

Avete presente le gite scolastiche alle superiori, dove all’improvviso vi mettevate a cantare tutti insieme e vi emozionavate appena entrati in un tunnel sotterraneo? Beh, la trama esattamente parte così. Senza dire nulla di tutto quello che è successo prima, possiamo osservare fin da subito la presenza di un gruppo di trenta persone (sia adulti che non) che viaggiano su un bus per poter raggiungere un villaggio chiamato Nanaki. Tutte queste persone hanno scelto di intraprendere il viaggio per ricominciare da capo con la loro vita, sperando nella veridicità dell’unicità di questo misterioso paesino sperduto: cioè quello di essere un posto libero dalle influenze esterne del mondo. Il resto di tutta la trama si focalizzerà sull’esplorazione dei dintorni di questo villaggio purtroppo abbandonato.

L’obiettivo del gruppo sarà far fronte alle avversità, per arrivare a scoprire il vero segreto sull’esistenza del villaggio. In nessun modo posso andare avanti nel descrivere le varie situazioni, perché rovinerei l’effetto sorpresa, ma posso solo dire che il tutto c’entra con un aspetto psicologico, il quale si rivelerà più pressante man mano che le condizioni avverse aumenteranno. Il gruppo, ovviamente poco unito, si impegnerà per un po’ di tempo nel cercare qualsiasi cosa di utile per poter sopravvivere a lungo, e soprattutto lontano dalla realtà.

Per quanto riguarda l’aspetto visivo, l’anime fa uso di animazione tradizionale e CGI nelle scene più movimentate. Per quanto riguarda la prima, non c’è molto da dire, perché si mantiene a livelli standard e quindi non troppo malvagi, invece la seconda è davvero improponibile. Davvero, in questo tipo di scene o si ride o si piange, ma non andiamo nel dettaglio, perché l’uso della CGI è relegata ad aspetti che non possono essere raccontati in questa recensione.

Parlando invece della sceneggiatura, la confusione sarà quasi all’ordine di ogni episodio. All’inizio poi non ne parliamo, infatti sfido chiunque a non avere un mal di testa nel sentire l’appello di trenta persone che dicono il loro nome e qualche volta anche il perché del viaggio. Poi tutto il resto sarà un guazzabuglio di idee che riescono sempre a metà, mai avremo la sensazione di un senso compiuto in tutto quello che avverrà nel corso della storia. Anche qui ci sono fastidiosi salti da scene ad altre di diverso tipo, messe così, senza lasciare il tempo necessario per farle maturare, e soprattutto le azioni illogiche dei personaggi non fanno entrare lo spettatore in uno stato di vera “suspense”.

C’è da dire però che tutto sommato la trama riesce a girare, seppur con sforzo, e a tenere costante l’attenzione, perché si rimane incuriositi da tutte le sotto-trame che si aggiungono con l’avanzare degli episodi, proprio per ingigantire il discorso. Abbiamo quindi un salto di qualità durante la fase intermedia dell’anime, seppur verso la fine le cose vanno a complicarsi più del previsto, rendendo la trama ancor più frammentata.

Il gruppo è pieno di persone scalmanate e dai problemi seri, tanto che fin da subito ci ritroviamo in situazioni poco convincenti. Si è cercato di dare una spiegazione seria dei motivi decisionali che hanno portato alcuni membri del gruppo ad agire in un certo modo, ma alla fine quelli che si salvano sono davvero pochi, tra cui il protagonista. Il resto invece è tutto fatto per creare maggior ansia nello spettatore, che si ritroverà purtroppo ad abbandonare il concetto di empatia per tutto l’anime. Per quello che posso capire di psicologia, affermo infatti che c’è stato un cattivo studio dei personaggi, svalutati specialmente per le loro scelte senza cognizione di causa. È un peccato, perché di solito sono proprio i personaggi ad essere interessanti nelle opere di Mari Okada e, nonostante alcune scelte di sceneggiatura azzardate, riuscivano davvero a comunicare sentimenti profondi e contrastanti nello spettatore. Questo però non succede anche per la presenza di troppi elementi messi tutti insieme, creando situazioni psicologiche che si potevano evitare, per valorizzare invece la componente misteriosa e simbolica della storia.

È possibile vederlo?
La serie comunque, seppur mediocre, riesce ad essere apprezzata in certi punti, proprio per il suo saper mantenere viva l’attenzione; ma alla fine cosa rimane dalla visione di questo prodotto? Molto poco, seppur non penso sia una totale perdita di tempo, come molti affermano nelle loro valutazioni. Può interessare chi vede di buon occhio le trame sovrannaturali e dall’orrore non troppo sviluppato oppure solo per trovare qualcosa che sia salvabile.