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9.5/10
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Attenzione: la recensione contiene spoiler

"I vostri figli non sono figli vostri.
Sono i figli e le figlie del desiderio che la vita ha di sé stessa.
Essi non provengono da voi, ma attraverso di voi.
E sebbene stiano con voi, non vi appartengono.
Potete dar loro tutto il vostro amore, ma non i vostri pensieri.
Perché essi hanno i propri pensieri.
Potete offrire dimora ai loro corpi, ma non alle loro anime.
Perché le loro anime abitano la casa del domani, che voi non potete visitare, neppure nei vostri sogni.
Potete sforzarvi di essere simili a loro, ma non cercare di renderli simili a voi.
Perché la vita non torna indietro e non si ferma a ieri.
Voi siete gli archi dai quali i vostri figli, come frecce viventi, sono scoccati.
L’Arciere vede il bersaglio sul percorso dell’infinito, e con la Sua forza vi piega affinché le Sue frecce vadano veloci e lontane.
Lasciatevi piegare con gioia dalla mano dell’Arciere.
Poiché così come ama la freccia che scocca, così Egli ama anche l’arco che sta saldo".

"I Vostri figli" - dal libro "Il Profeta" di Gibran Kahlil Gibran

Ho iniziato questa recensione con la poesia di K. Gibran sui figli, perché, tra le possibili chiavi di lettura di questo film animato di Mamoru Hosoda, credo che quella più appropriata sia legata alla figura del personaggio del film che giganteggia nel suo semplice splendore: Hana, la madre dei due bambini lupo.
E la poesia di K. Gibran ben riassume la filosofia di fondo dell'anime, perché la storia, nella sua estrema semplicità, racconta l'amore in salsa fantasy tra Hana e l'ultimo discendente degli uomini-lupo, il cui frutto sarà la nascita di due bambini, Yuki e Ame, che erediteranno dal padre la capacità di trasformarsi ad libitum e in modo sempre reversibile da umano a lupo.

"Wolf Children - Ame e Yuki i bambini lupo" è dai più ritenuto il capolavoro del regista Mamoru Hosoda, che ha iniziato la carriera come animatore nel 1993, diventando poi regista di film nel 1999 con "Digimon" (in realtà cortometraggio).
Il vero successo arriva con il passaggio nello studio Madhouse, dove realizza "La ragazza che saltava nel tempo" (2006), "Summer Wars" (2009), "Wolf Children" (2012) e "The Boy and The Beast" (2015), "Mirai" (2018) e "Belle" (2021), opere che lo hanno consacrato definitivamente come uno dei registi più interessanti dell'ultima generazione.

"Wolf Children" racconta una storia che, a parte l'aspetto fantasy degli uomini-lupo, è di un realismo disarmante: rappresenta la vita di tutti i giorni di una madre vedova (Hana), alle prese con tutte le difficoltà che deve fronteggiare dopo che il compagno con cui ha avuto i due bambini-lupo è morto prematuramente, cercando di sbarcare il lunario ogni giorno per crescere i due bambini.
Le problematiche non sono solo legate al mero aspetto economico, ma anche e soprattutto a quello legato alla natura bivalente di uomo e lupo dei bambini, che, come tali, faticano a controllare la loro trasformazione, vedendola più come un gioco che un limite o un aspetto pericoloso, ignari della circostanza che la madre stia cercando in ogni modo e con grandissimi sacrifici di nascondere la loro natura, per evitare che possano essere oggetto di emarginazione, abusi o, peggio, poter essere sottratti a lei dai servizi sociali.

Quindi il primo filone interpretativo è un po' quello della diversità, il pregiudizio e la possibile conseguenza dell'emarginazione: i due bambini, in apparenza normalissimi e così umani (Yuki tanto estroversa e vivace, Ume più chiuso, timido e pauroso), non sembrano in alcun modo costituire un pericolo per l'uomo, sebbene l'istinto ancora difficilmente controllabile li trasformi in modo veloce da uomo a lupo e viceversa...
Ma nascondere dalla curiosità e dal rischio della incomprensione i suoi bambini alla lunga si rivela un'impresa impossibile: quando dopo gli ennesimi schiamazzi/ululati di Yuki e Ume, Hana si ritrova sfrattata dal proprietario dell'appartamento in condominio dove viveva, perché per regolamento era vietato tenere animali in casa, è una dolce metafora "pessimista" quella utilizzata dal regista per far capire che la integrazione tra la natura umana e quella "animalesca" (e credo che il principio si possa estendere un po' a tutte le diversità...) non sembra possibile.
È in questo frangente del film che la madre Hana, per proteggere da qualsiasi rischio i propri figli, decide di andare a vivere in isolamento in un paesino sperduto delle montagne, in una casa isolatissima, per evitare il più possibile il contatto con altri e potere crescere Yuki e Ume in modo libero e spensierato, assecondando la loro natura senza problemi di essere scoperti.

Tale scelta si rivelerà molto dura per lei: sistemare un tugurio abbandonato, sfamare e crescere due bambini, cercare di stabilire delle interazioni costruttive con i pochi abitanti del luogo, decidere di mandare i figli a scuola, vivere in condizioni difficili, in cui cerca di imparare in modo autonomo come coltivare gli ortaggi, dalla preparazione del terreno alla raccolta, vivere delle risorse naturali e secondo i ritmi dettati dalla natura... All'inizio sembra tutto "ostile", ma col tempo e una grandissima determinazione e forza di volontà riesce in quanto sperava: vivere in un ambiente in cui i suoi figli possano diventare grandi senza l'assillo della loro doppia natura.

È la storia del grandissimo coraggio di una madre che cresce al meglio delle sue possibilità i due figli, fino a consentire loro di trovare il loro percorso da seguire, quello più affine alle loro caratteristiche e attitudini.
E il tutto viene narrato con somma delicatezza e poesia, intrisa di un positivismo e ottimismo struggente, commovente: anche nei momenti di maggiore disperazione, Hana non fa mai trasparire l'angoscia, la paura, la disperazione e soprattutto non li trasmetterà mai a Yuki e Ame, la paura circa la loro natura e i rischi connessi a una eventuale scoperta da parte di estranei, ma cercherà sempre di assecondarli e farli sentire come delle normali persone che devono solo controllarsi il più possibile quando interagiscono con gli altri... l'escamotage della filastrocca che ripete fino all'ossessione Yuki prima di andare a scuola è paradigmatica.

Ma l'uomo-lupo fa veramente paura? Il messaggio che Hosoda vuole trasmetterci sembrerebbe negativo: da un lato il bambino Sohei, compagno di classe di Yuki, dimostra di aver capito la vera natura di Yuki e la protegge da una possibile espulsione dalla scuola con ulteriori conseguenze rischiose. Poesia pura la scena in cui Yuki, semi-nascosta dalle tende mosse dal vento, rivela in controluce la sua doppia natura, trasformandosi al riparo dalle tende, per poi mostrarsi come ragazzina-lupo quando il velo si ritrae.
Un inno alla tolleranza e alla capacità di comprendere il dramma e la sofferenza interiori di chi è o si sente diverso. Fa specie che ci arrivi un ragazzino coetaneo di Yuki, come se significasse che senza pregiudizi e retropensieri tipici di persone più strutturate, gli adulti non saranno mai capaci di immedesimarsi nel diverso?

L'apoteosi il film animato lo raggiunge nel finale, dove Hana abdica ai propri sentimenti di "possesso" materno per gioire della "scelta" che i due fratelli compiranno: lascia a Yuki e ad Ame scegliere la propria dimensione, se privilegiare il proprio lato umano o quello di lupo o entrambi.
Hana ha realizzato il messaggio della poesia di K. Gibran citata integralmente all'inizio della recensione: ha fatto del suo meglio, affinché i figli potessero scegliere in autonomia la loro natura, senza forzature, dandogli solo la possibilità di poter esplorarle entrambe, senza giudicare preventivamente e senza imposizioni.
Un complimento che, da genitore, posso solo riconoscere che sia uno dei migliori (se non il migliore) che si possano esprimere a una madre o a un padre... e Hana ad oggi è uno dei personaggi di spessore umano più belli che mi sia capitato di vedere in un anime, lungometraggio o serie.

Qualche accenno anche alla forma e non solo alla sostanza. Geniale la scelta di raccontare una storia semplice, riempiendola però di molti significati e simbolismi, a partire dai nomi dei personaggi, per poi passare ad alcune scene simboliche (Ame, nato in un giorno di pioggia e con il nome che significa proprio "pioggia" che compie la sua scelta di vita durante un tifone). Pur trattando dei temi non propriamente leggeri, il regista mantiene sempre un tono quasi da commedia, senza esagerare coi toni drammatici.
Tale aspetto è quello che mi ha un po' spiazzato (non deluso...): l'opera, per come è costruita, sembra in apparenza quasi sempre positiva e ottimista, e in taluni casi avrei preferito un maggior realismo sulla vera cattiveria della natura umana. Ma in fondo la storia è narrata dal punto di vista di Yuki bambina e ragazzina, e ha una weltanschauung un po' "fanciullesca" (è la prima opera di Hosoda che vedo e sono curioso di verificare se sia il suo stile).
Menzione d'onore invece per gli splendidi disegni dei fondali e la azzeccata colonna sonora.

Insomma, questo film animato di Mamoru Hosoda rappresenta un piccolo capolavoro di equilibrio tra forma e sostanza. Un "must watch" per tutti e, soprattutto, per coloro che amano "leggere tra le righe".