Recensione
Hiroki Endo - Racconti brevi
7.5/10
Recensione di DarkSoulRead
-
«Mia sorella è morta come mia sorella… anche mamma è morta come mia mamma…
ma il nonno… ha rifiutato di morire come mio nonno. È morto dopo esser diventato qualcosa che non conoscevo. Perciò volevo che papà… rimanesse come mio papà.»
C’è una tensione sotterranea, cruda e ineluttabile, che attraversa i racconti brevi di Hiroki Endo. Quella che si avverte leggendo le sue antologie non è solo la malinconia del ricordo o la violenza della perdita, ma una forma più radicale di smarrimento: la sensazione che le persone che amiamo possano diventare altro, trasformarsi davanti ai nostri occhi, privandoci di ogni ancora affettiva. Endo racconta l’identità che si sgretola, l’amore che si contorce, la realtà che si frantuma.
Attraverso una raccolta di racconti eterogenei per stile, tono e ambientazione, l’autore giapponese costruisce un mosaico dell’animo umano segnato da contraddizioni profonde: il bisogno di vicinanza e la paura del contatto, la violenza che si insinua nei legami più intimi, la fede che convive con il nichilismo, il desiderio di purezza che si infrange contro l’inesorabile ambiguità del reale.
Endo fonde la crudezza pulp e l’ultraviolenza tarantiniana con la delicatezza dell’intimismo giapponese, muovendosi con sorprendente disinvoltura tra gangster e tecnologie futuristiche, prostitute e adolescenti disillusi, gettando i semi di quello stile contaminato e profondo che maturerà pienamente in Eden: It’s an Endless World.
Uno degli aspetti più audaci di questa raccolta è l’uso della sessualità come linguaggio della fragilità. Il sesso, nei racconti di Endo, è raramente liberatorio o romantico: è teso, distorto, segnato da bisogno, solitudine, sopraffazione. Serve a mostrare il corpo come luogo di passaggio, dove si imprimono ferite invisibili che a volte diventano le uniche tracce di un legame.
«Non ci si deve vergognare di essere comuni. È normale desiderare di essere speciali… essere amati dalla famiglia e gli amici… solo questo fatto ci rende speciali.
Quando ero piccolo mia madre è scomparsa. Basta che io ami qualcuno, e questa persona… diventa speciale per me.
Se fossi amato da qualcuno… potrei diventare speciale anche io».
Il tratto realistico e pulito di Endo, sebbene ancora acerbo e distante dalla piena maturità stilistica che raggiungerà in Eden — appena due anni più tardi — accompagna questi racconti con una regia quasi cinematografica: primi piani intensi, silenzi eloquenti, inquadrature che sospendono il tempo. La sua è una narrazione visiva dirompente, che scardina i cliché senza mai cedere alle scorciatoie del mainstream.
«Tanto tempo fa, il corvo… era un uccello bianco. Ma poiché chiacchierava troppo Dio dipinse di nero le sue piume»
Il corvo, la ragazza e lo yakuza, racconto d’apertura, è forse il più struggente della raccolta. Permeato da un contrasto ossimorico tra brutalità e dolcezza, genera uno spazio emotivo sospeso, dove Endo lascia al lettore il compito di colmare i vuoti tra le righe.
Meritano una menzione anche Sicuramente diventerà una ragazza carina, Per noi che non crediamo in Dio e Stazione, racconti in cui Endo affronta temi complessi come l’abuso, la fede, il nichilismo e la guerra. In queste storie l’autore dimostra una sorprendente capacità di passare dal dramma familiare alla riflessione politica, senza mai perdere di vista la crudezza del reale. Il suo sguardo, inquieto e spietatamente lucido, restituisce un’immagine della società contemporanea segnata da conflitti interiori e disillusioni collettive: disillusioni che si annidano nei legami affettivi, nei sogni giovanili infranti e nelle ideologie svuotate. Endo scava nell’inadeguatezza condivisa, nell’impossibilità di appartenere davvero a qualcosa, nella frattura insanabile tra ciò che si desidera e ciò che si è.
Qualche racconto può apparire meno compiuto; in certi casi le storie risultano più scialbe rispetto ai picchi emotivi della raccolta, in altri l’intensità espressiva rischia di scivolare in un certo compiacimento estetico del dolore, che potrebbe lasciare il lettore più turbato che coinvolto. Ma anche nei momenti meno riusciti, Endo resta un autore capace di osare e colpire, e proprio queste imperfezioni testimoniano il carattere sperimentale e coraggioso della raccolta. La sua è una voce forte, ancora in fase di definizione, ma già profondamente riconoscibile.
Lontani da ogni compromesso commerciale, i racconti si muovono con coraggio tra dolore, amore, disperazione e desiderio di redenzione. Endo utilizza la forma breve non come limite, ma come spazio ideale per affondi brutali e lirici nell’animo umano. E ci insegna che osare non è solo possibile, ma a tratti necessario.
ma il nonno… ha rifiutato di morire come mio nonno. È morto dopo esser diventato qualcosa che non conoscevo. Perciò volevo che papà… rimanesse come mio papà.»
C’è una tensione sotterranea, cruda e ineluttabile, che attraversa i racconti brevi di Hiroki Endo. Quella che si avverte leggendo le sue antologie non è solo la malinconia del ricordo o la violenza della perdita, ma una forma più radicale di smarrimento: la sensazione che le persone che amiamo possano diventare altro, trasformarsi davanti ai nostri occhi, privandoci di ogni ancora affettiva. Endo racconta l’identità che si sgretola, l’amore che si contorce, la realtà che si frantuma.
Attraverso una raccolta di racconti eterogenei per stile, tono e ambientazione, l’autore giapponese costruisce un mosaico dell’animo umano segnato da contraddizioni profonde: il bisogno di vicinanza e la paura del contatto, la violenza che si insinua nei legami più intimi, la fede che convive con il nichilismo, il desiderio di purezza che si infrange contro l’inesorabile ambiguità del reale.
Endo fonde la crudezza pulp e l’ultraviolenza tarantiniana con la delicatezza dell’intimismo giapponese, muovendosi con sorprendente disinvoltura tra gangster e tecnologie futuristiche, prostitute e adolescenti disillusi, gettando i semi di quello stile contaminato e profondo che maturerà pienamente in Eden: It’s an Endless World.
Uno degli aspetti più audaci di questa raccolta è l’uso della sessualità come linguaggio della fragilità. Il sesso, nei racconti di Endo, è raramente liberatorio o romantico: è teso, distorto, segnato da bisogno, solitudine, sopraffazione. Serve a mostrare il corpo come luogo di passaggio, dove si imprimono ferite invisibili che a volte diventano le uniche tracce di un legame.
«Non ci si deve vergognare di essere comuni. È normale desiderare di essere speciali… essere amati dalla famiglia e gli amici… solo questo fatto ci rende speciali.
Quando ero piccolo mia madre è scomparsa. Basta che io ami qualcuno, e questa persona… diventa speciale per me.
Se fossi amato da qualcuno… potrei diventare speciale anche io».
Il tratto realistico e pulito di Endo, sebbene ancora acerbo e distante dalla piena maturità stilistica che raggiungerà in Eden — appena due anni più tardi — accompagna questi racconti con una regia quasi cinematografica: primi piani intensi, silenzi eloquenti, inquadrature che sospendono il tempo. La sua è una narrazione visiva dirompente, che scardina i cliché senza mai cedere alle scorciatoie del mainstream.
«Tanto tempo fa, il corvo… era un uccello bianco. Ma poiché chiacchierava troppo Dio dipinse di nero le sue piume»
Il corvo, la ragazza e lo yakuza, racconto d’apertura, è forse il più struggente della raccolta. Permeato da un contrasto ossimorico tra brutalità e dolcezza, genera uno spazio emotivo sospeso, dove Endo lascia al lettore il compito di colmare i vuoti tra le righe.
Meritano una menzione anche Sicuramente diventerà una ragazza carina, Per noi che non crediamo in Dio e Stazione, racconti in cui Endo affronta temi complessi come l’abuso, la fede, il nichilismo e la guerra. In queste storie l’autore dimostra una sorprendente capacità di passare dal dramma familiare alla riflessione politica, senza mai perdere di vista la crudezza del reale. Il suo sguardo, inquieto e spietatamente lucido, restituisce un’immagine della società contemporanea segnata da conflitti interiori e disillusioni collettive: disillusioni che si annidano nei legami affettivi, nei sogni giovanili infranti e nelle ideologie svuotate. Endo scava nell’inadeguatezza condivisa, nell’impossibilità di appartenere davvero a qualcosa, nella frattura insanabile tra ciò che si desidera e ciò che si è.
Qualche racconto può apparire meno compiuto; in certi casi le storie risultano più scialbe rispetto ai picchi emotivi della raccolta, in altri l’intensità espressiva rischia di scivolare in un certo compiacimento estetico del dolore, che potrebbe lasciare il lettore più turbato che coinvolto. Ma anche nei momenti meno riusciti, Endo resta un autore capace di osare e colpire, e proprio queste imperfezioni testimoniano il carattere sperimentale e coraggioso della raccolta. La sua è una voce forte, ancora in fase di definizione, ma già profondamente riconoscibile.
Lontani da ogni compromesso commerciale, i racconti si muovono con coraggio tra dolore, amore, disperazione e desiderio di redenzione. Endo utilizza la forma breve non come limite, ma come spazio ideale per affondi brutali e lirici nell’animo umano. E ci insegna che osare non è solo possibile, ma a tratti necessario.