Recensione
Con colpevole ritardo ho finalmente recuperato "Mobile Suit Gundam: The Witch from Mercury", e devo dire che, pur partendo con aspettative contenute, la serie è riuscita a sorprendermi in positivo. È un titolo che osa molto, rielaborando i topoi del genere mecha attraverso una prospettiva più fresca, intima e a tratti anche surreale, con chiari riferimenti a "Revolutionary Girl Utena" - omaggio dichiarato e ben integrato nell'impianto narrativo.
Il punto di forza maggiore resta senza dubbio il personaggio di Suletta, una protagonista atipica, goffa e timida, ma capace di evolvere in modi sempre spiazzanti. La sua caratterizzazione la rende non solo memorabile, ma anche il vero motore emotivo e tematico dell’intera serie, ben più della più prevedibile e talvolta rigida Miorine, che invece ricalca alcuni archetipi già visti (la figlia ribelle, la fredda tsundere, ecc.).
La gestione degli intrighi politici e aziendali è un altro elemento che ho trovato riuscito: invece di limitarli a un contorno funzionale alla trama, riescono a essere parte integrante della tensione narrativa, contribuendo a dare spessore e credibilità all'universo costruito. È anche qui che la serie riesce a dare un tocco originale alla formula "Gundam", spostando la guerra dai campi di battaglia tradizionali a quelli del potere economico, delle multinazionali e della bioingegneria.
Eppure, nonostante tutto questo, la serie lascia un retrogusto amaro, quello delle occasioni mancate. Il finale, troppo rapido e in certi momenti confuso, diluisce parte del peso emotivo accumulato.
A ciò si aggiunge una certa timidezza nel voler davvero approfondire la relazione tra Suletta e Miorine, che viene continuamente suggerita ma quasi mai affrontata in modo pienamente soddisfacente, come se la serie avesse paura di compiere quel passo in più sul piano romantico.
Detto questo, "The Witch from Mercury" resta un'opera valida, a tratti persino entusiasmante, capace di reinterpretare "Gundam" con intelligenza e coraggio, pur senza riuscire a mantenere tutte le promesse iniziali. Non sarà forse il capolavoro mecha che avrebbe potuto essere, ma è sicuramente una delle proposte più interessanti, stratificate e contemporanee degli ultimi anni.
Il punto di forza maggiore resta senza dubbio il personaggio di Suletta, una protagonista atipica, goffa e timida, ma capace di evolvere in modi sempre spiazzanti. La sua caratterizzazione la rende non solo memorabile, ma anche il vero motore emotivo e tematico dell’intera serie, ben più della più prevedibile e talvolta rigida Miorine, che invece ricalca alcuni archetipi già visti (la figlia ribelle, la fredda tsundere, ecc.).
La gestione degli intrighi politici e aziendali è un altro elemento che ho trovato riuscito: invece di limitarli a un contorno funzionale alla trama, riescono a essere parte integrante della tensione narrativa, contribuendo a dare spessore e credibilità all'universo costruito. È anche qui che la serie riesce a dare un tocco originale alla formula "Gundam", spostando la guerra dai campi di battaglia tradizionali a quelli del potere economico, delle multinazionali e della bioingegneria.
Eppure, nonostante tutto questo, la serie lascia un retrogusto amaro, quello delle occasioni mancate. Il finale, troppo rapido e in certi momenti confuso, diluisce parte del peso emotivo accumulato.
A ciò si aggiunge una certa timidezza nel voler davvero approfondire la relazione tra Suletta e Miorine, che viene continuamente suggerita ma quasi mai affrontata in modo pienamente soddisfacente, come se la serie avesse paura di compiere quel passo in più sul piano romantico.
Detto questo, "The Witch from Mercury" resta un'opera valida, a tratti persino entusiasmante, capace di reinterpretare "Gundam" con intelligenza e coraggio, pur senza riuscire a mantenere tutte le promesse iniziali. Non sarà forse il capolavoro mecha che avrebbe potuto essere, ma è sicuramente una delle proposte più interessanti, stratificate e contemporanee degli ultimi anni.
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