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Atenaide

Episodi visti: 13/24 --- Voto 6
Alba city, siamo su un ponte e proprio grazie ad un ponte musicale nascerà la storia d’amicizia e di note di Carole e Tuesday. Marte è stato colonizzato da tempo e la sua più grande città raccoglie il meglio e il peggio dell’umanità, contaminato dall’intelligenza artificiale, la quale ha “condannato” gli uomini ad essere solo fruitori della musica. Il dj più famoso. Ertegan, ha le hit sintetizzate da un’intelligenza artificiale e in genere i cantautori sono come il dodo, estinti. Tutto questo senza contare che i cantanti faticano ad emergere in un mondo musicale dominato dalla bellezza dei suoni puri della tecnologia.

Eppure la musica è quel mondo meraviglioso che le nostre tre protagoniste anelano.
Carole viene dai bassifondi, è orfana, vive di espedienti, ma ha un sogno, suonare e cantare e malgrado la sua vita sia grigia, non si vuole arrendere.
Tuesday è figlia di una famiglia assai ricca, ma è la pecora nera della famiglia, vista come un fallimento per la sua enorme passione per la musica. Passione che la spingerà a ribellarsi alla madre e a cercare, lei che non aveva idea di come organizzarsi, una vita altrove, inseguendo la sua aspirazione.
Angela è una modella nota per le pubblicità in cui posa, ma la vita non le dà soddisfazioni. Sua madre è una donna che avrebbe potuto sfondare, al tempo, e, facendole da supporto, la aiuta a trovare un manager, Tao, disposto a puntare su di lei, malgrado Angela non sia una IA.

Questo anime segue il percorso parallelo di queste tre ragazze. Da una parte ci sono Carole e Tuesday, che, senza arte né parte, senza fondi, ma mosse da una grande passione, tentano il tutto per tutto e nella loro strada incontrano un manager e quantomeno originale, Gus. Lui è stato parte di un gruppo musicale ormai non più noto, ha conosciuto personaggi arcinoti del passato ormai emeriti mister ics alla nuova generazione ma che, seppur dimenticati, detengono il potere della stanza dei bottoni dell’industria musicale. Con i suoi mezzi un po' antiquati e fortunelli, Gus proverà a far sfondare le due ragazze, la cui creatività e la facilità di preparazione di una canzone sono inumane. Ad aiutarlo nell’impresa esaltante ma disperata c’è Roddy, che ha contatti e mezzi più moderni e tecnologici, ma, malgrado ciò, faticherà pure lui nelle varie imprese (senza per altro avere conseguenze pesanti dalle varie vicende legate al lancio delle due ragazze).

Angela, invece, passa per la porta principale: è già molto nota in un altro ambito e il suo manager è davvero influente. Ma non per questo la vita le è più facile. Malgrado la madre la supporti, non riesce più a vivere con lei per una faccenda del loro passato. Angela, dietro il suo carattere provocatorio e alla sua apparenza arrogante, è insicura sul suo futuro e per quanto odiosa possa apparire, ci mette passione, con interpretazioni da brividi.
Purtroppo al sua estrema solitudine le impedirà di parlare con qualcuno degno di nota di lei e quindi non percepiremo con chiarezza la profondità del suo malessere, seppur si capirà lo slancio con cui vuole cambiare. Non capiremo mai cosa vede in Tao, il manager.

Nel susseguirsi degli episodi rileviamo momenti di botto e momenti di stanca. I primi, quelli dell’incontro, prima tra Carole e Tuesday, poi con Gus, sono divertenti e intensi. Seguono tentativi un po' fallimentari e troppo leggeri, che portano fuori traccia. C’è di buono che tramite questi tentativi non coronati dal successo, capiamo la difficoltà di inserirsi in meccanismi preferenziali e luoghi preclusi a cantanti di noti e vediamo i luoghi in cui la musica nasce e viene presentata (dall’ufficio dell’amico di Gus al locale per esibizioni da intenditori, fino al festival musicale tipo Burning man). Infine, l’ultima parte della prima serie ci introduce ad un X-factor versione marziana, Mars Brightest, con concorrenti assai originali e con canzoni non ignorabili (tipo quella delle sirene!).
È un bel mondo musicale, colorato, che si contrappone all'ambiente grigio, freddo, in cui lavora Angela, che dapprima è sottoposta a prove poco motivanti e scientifiche, poi deve attendere che la sua canzone, preparata da un IA, sia pronta. Lei interpreta col cuore le sue canzoni e le sentirà profondamente, pur non scrivendosele.

Sono i due mondi paralleli della musica, quelli di Carole e Tuesday e di Angela. Entrambi funzionano, quello di Angela di più, anche se il valore aggiunto di ogni performance è lei. La grande tribolazione che Carole e Tuesday, invece, affrontano, dà forza alle loro canzoni genuine (e pure a loro, che in scena non hanno né trucco, né parrucco; così sono e così cantano).

A livello musicale X-factor marziano è stato un viaggio affascinante, tra un rapper in latino, una canzone dal testo offensivo cantata in falsetto, brani dance e voci ipnotiche, interpretazioni davvero gradevoli. I testi delle canzoni non erano male. Alcune performance, a livello di animazione, parevano scoordinate e legnose, ma si riconosce che c’è stato impegno a creare coreografie originali.

Le vicende interne al duo sono gestite male, con patimenti e insofferenza da parte mia. Si comincia con il discorso che le due fanno sull’opportunità che Tuesday si esibisca a viso aperto, anche se è conscia che la famiglia la sta cercando. La risolve, in qualche modo, ma la family non è così fessa. Il secondo patimento è legato a Cybelle, un personaggio che comincia a stalkerare Tuesday come se fosse la sua dea e quando finalmente la biondina tira fuori un po' di carattere e la prega di desistere, cercherà vendetta (servita benissimo, dato che la stupidina inseguirà Cybelle preoccupata di averle spezzato il cuoricino… capisco la sensibilità, ma qui si esagera).
Tutta la storia già vista del dopo, tempo preso per la guarigione in maniera scoperta!, dei patimenti da siamesi separate, del recupero facilissimo e dell’interpretazione finale eccellente, rientrano in banalità già viste, già sentite, pilotate in maniera smaccata. Chiudendo qui il discorso, prima ci si perde in un bicchiere d’acqua, poi la si risolve a tarallucci e vino.

Il contest musicale si chiuderà come scoprirete, se lo guarderete. Io sono qui a criticare la costruzione degli episodi. Comprendo bene che le protagoniste sono quelle (anche se Angela non riesce davvero ad essere valorizzata), ma presentare gli sfidanti come danni collaterali e di passaggio mi è parso brutto. Capisco che la formula richiedeva che non si facesse un romanzo per ognuno, ma tra questa carenza e i giudizi dati dalla giuria, non alla musica o alla canzone, quanto al carattere o a dettagli risibili, mi sono sembrati poco chiari e poco giusti.

All’episodio 13 ho alzato bandiera bianca: sembra che, alla fine dei giochi, Carole e Tuesday continuino a vivere di espedienti, sommo atto di volontà per tutelare la loro creatività. Forse il guadagno che hanno da tanto cancan è la palma di sfidanti meritevoli da parte della superba Angela. Scoprire, però, che dopo la bellezza di mezza serie stiamo ancora parlando di come le due ragazze, la cui alchimia, pur tra poco bassi e tanti alti, si è ancora di più consolidata, sono ancora in cerca dell’occasione per sfondare con coerenza alla loro natura. Ce la faranno? Non mi interessa, tutto è diventato lungo e farsesco.
Lo stesso fatto che il manager manifesti ancora incapacità (o genuinità di valori) non spinge le ragazze a pensare ad un rimpiazzo, ma a farsi trascinare in un postaccio. Inoltre, se le due dovevano fare un’intervista e hanno sbagliato la risposta, ma Gus, essendo consapevole del peso mediatico di una simile esposizione, non poteva preparale prima? Non ha molto senso la sua condotta.

A livello di personaggi, a parte le tre protagoniste già sopra citate, abbiamo Ertegun, un genio ma strambo assai, che si è fatto da solo due bestie nere, perdonando ogni volta Roddy (deve essere bravo, Roddy, nel suo lavoro, se Ertegun lo perdona ogni volta). Gli altri personaggi sono di passaggio, macchie troppo colorate che finiscono per far esaltare, ironicamente, la naturalità e il candore di Carole e Tuesday. L’esistenza di essi da una parte regge la trama, dall’altra urta il sistema nervoso. È chiaro che l’industria musicale ospita tizi assai strani, ma qui si esagera!

Sonoro e grafica dei fondali sono meritevoli. A cominciare dalle coreografie degli eventi musicali, fino alle panoramiche a sfondo naturalistico, come il fiume o elementi antropologici, i coloratissimi viali cittadini o il mega concertone con le quinte annesse. Da non dimenticare è la parte dei testi e il loro accompagnamento musicale mai banale. Il chara design è accattivante, variopinto e pieno di personaggi non belli, ma caratteristici.
L’opening è bella colorata, in inglese, e rispecchia le personalità delle due protagoniste, l’ending è allegra, cantata in inglese, orecchiabile.

Guardare un anime significa mettersi con pazienza a valutarne i pro e i contro per arrivare ad una valutazione completa. Oggettiva, mai, perché scrivere una recensione vuol dire esporre il proprio punto di vista su un prodotto che non ha (e per fortuna!) una valutazione univoca. Io non ho giudicato sensato finirlo, per non diventare quello che mai vorrei essere, un troll, ma mi sono impegnata a pesarlo con correttezza.
Immagino ci siano persone a cui sia piaciuto, perché la confezione era ottima: colori, luci, suoni, immagini; la narrazione fresca e divertente, che fa l’occhiolino a X-factor, sono i suoi punti di forza. Pecca però, nei personaggi che nel guazzabuglio si perdono, nel fallimentare modo di raccontare una storia, che diventa popolata di tizi troppo caricaturali, di vicende esageratamente costruite per funzionare (e poi si scopre che hanno scelto insulse scorciatoie narrative). E arrivati all’episodio 13, non si vede una minima evoluzione, tutti restano uguali a se stessi e siamo da capo, salvo un piccolissimo cambio di passo.
Ritengo di essermi fatta imbrogliare dallo stupendo incarto, ma per me, è un anime da 6.


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ALUCARD80

Episodi visti: 24/24 --- Voto 8
“See you, space cowboys”,
così ci aveva salutato Watanabe nel celeberrimo 'Cowboy bebop'. Atmosfere surreali sci-fi, uniche nel loro genere, che non sono mai state dimenticate e hanno ispirato centinaia di altri autori.
Anni e anni dopo, ancora Watanabe, in collaborazione con Netflix, torna a proporre sfumature futuristiche con un altro lavoro, sicuramente meno memorabile - ma infinitamente più importante a livello umano, ben diverso come genere ma sempre ambientato in un lontano futuro, esattamente su Marte, dove la razza umana è riuscita ad insediarsi e a trascorrere quasi cinquant'anni di vita.
La vita va avanti.
Sempre.
Se ci guardiamo indietro, possiamo permetterci di sorridere e ammirare la dedizione degli uomini che ci hanno portato dove siamo oggi, sia scientificamente, che filosoficamente e razionalmente.
Non è una novità, lo stiamo percependo sulla nostra “pelle” proprio in questi difficili mesi: il progresso si è sempre scontrato con la refrattarietà e l’ignoranza delle superstizioni, dalla paura dell’ignoto alle restrizioni mentali delle religioni; ha dovuto fare i conti con tanti tipi di conservatorismo, ma nonostante tutto, niente può fermare l’essere umano.
Il tempo scorre, ogni cosa cambia, inevitabilmente, ineluttabilmente, inesorabilmente.
Il progresso scientifico è inarrestabile e fisiologico, e presto ci porterà ad esplorare davvero lo spazio, meta chimerica e utopistica, come già stiamo ammirando tentativo dopo tentativo, fallimento dopo fallimento, perché è dai più grandi fallimenti che sono nati i più grandi successi suggeriva proprio Michael “Air” Jordan, e nella vita, come nello sport, mai legge è stata più vera.
Ma è anche vero che assieme al proprio carico di sogni, l’umanità si trascina da sempre un mostruoso fardello di colpe e vergogne, scheletri nell’armadio e oscenità causate dall’egoismo e dalla brama di potere. Ogni conquista e cambiamento ha sempre posseduto un lato della medaglia che non avremmo mai voluto conoscere: scontri politici, ideologici e religiosi, immigrazioni ed esodi in cerca di fortuna e salvezza, delinquenza, guerre, povertà, ingiustizie sociali e altri disagi che fanno parte della realtà di quel mammifero, di quella bestia superiore ed ultra intelligente - e nonostante tutto, scioccamente istintiva - che nel giro di diecimila anni è passata dal realizzare una ruota perfettamente circolare a combattere virus letali ed esplorare lo spazio siderale tramite tecnologie inimmaginabili.
L’unico vero nemico dell’essere umano è sé stesso, ammoniva cent’anni fa il grande Einstein.
Spaventoso e glorioso.
Sciocco ed inarrestabile.
Bene, partiamo da qui.

Carole è figlia di immigrati, di colore, abitante del ghetto che si guadagna da vivere come può, suonando per strada, raccattando qualche spicciolo qua e là. Tuesday è la classica bianca, ricca, bionda, di stampo ariano, dagli occhi azzurri e dai tratti delicatissimi, a cui gli autori hanno deciso di attribuire i classici abiti da bambolina simil-lolita: se Mercoledì era corvina e squilibrata, Martedì è candida e dolcissima. Antipodi perfetti.
Ad ogni modo, cosa potranno avere mai in comune queste due ragazze completamente differenti? Inizialmente niente, o forse sì; una cosa particolare, qualcosa che le unirà per sempre così come ha unito milioni di persone nella storia:
la Musica.
È così, lo sappiamo tutti: la musica, fra le arti, è il linguaggio universale. Non importa da dove tu provenga, che lingua parli, quanti anni hai o cosa fai nella vita: quando si parla con l’illimitato linguaggio del pentagramma, chi si trova sulla stessa lunghezza d’onda si capisce a prescindere.
Ed è così che su uno dei ponti della città marziana che fa da sfondo alla vicenda, le due ragazze fanno amicizia. Carole è intenta ad esibirsi con la sua pianola e Tuesday si ferma, incantata, scoprendo così di sognare le medesime cose: “fare” musica per guardare avanti, per esprimersi, perché amano farlo, perché sentono una particolare sintonia, perché la musica è la musica.
Ma non è forse così che nascono le leggende? In un luogo qualsiasi, in un momento di ispirazione qualsiasi? A volte in un pub di Liverpool, a volte suonando in sobborghi malfamati, o gridando versi pieni di rabbia nel peggior vicolo del Bronx, o seguendo rigide direttive per apparire sempre gradevole agli occhi del pubblico, finendo vittime di genitori-manager, avvocati-arpie e giornalisti spietati.
Mille storie diverse, mille storie che conosciamo molto bene, mille modi di diffondere il proprio messaggio al mondo.
Già, il mondo.
Marte si sta trasformando nell’ennesimo territorio di conquista umano, dove i coloni cominciano a desiderare indipendenza ed inghippi burocratici rischiano di trasformarsi in gravi problemi diplomatici, perché la storia si ripete sempre, ed in C&T il modus operandi narrativo risulta uno dei punti di forza, nonostante siano presenti alcuni buchi di trama e determinati plot siano lasciati scivolare nel nulla con troppa fretta, senza chiudere o dare spiegazioni, elementi mancanti che a fine visione avranno il sapore di un grande rammarico.

Ebbene sì, dopo 'Violet Evergarden', Netflix fa ancora centro (innegabile, ma non all’altezza della bellissima Memory Doll), e produce un altro ottimo anime che tuttavia avrebbe potuto risultare memorabile: un manifesto contro la discriminazione e l’odio razziale, forse troppo timido e poco incisivo in alcuni punti, ma di grande impatto emotivo.
Colpiscono fin da subito i disegni leggeri, ricercati, dinamici, un immaginario design neo-marziano che ricorda un retro d’inizio novecento, complici fantasie futuristiche di una civilizzazione extraterrestre dal sapore nostrano, non così psichedelica o esagerata, ma più realistica e borghese, lontana anni luce dal soffocante tenebrore alieno di 'Giger' o dai neon grondanti di pioggia del monumentale 'Blade Runner'.
Come preannunciato il plot è semplice, quasi scontato, le due protagoniste sicuramente graziose e per nulla originali, ma queste banalità non devono ingannare: il punto forte del prodotto è proprio la semplicità con cui vengono proposti un tema dopo l’altro.
Senza nemmeno che se ne rendano conto, Carole e Tue finiscono per intraprendere una carriera musicale improvvisata, andando a vivere insieme, seguiti da un manager di nome Gus che farà di tutto per farle uscire dall’anonimato. Presto faranno la conoscenza di Angela, giovane coetanea, rigida, preparata per apparire perfetta e melodicamente accattivante come le più famose popstar, ragazza dal carattere arcigno e inizialmente spigoloso che si rivelerà, almeno sulle prime battute, una sorta di antieroina con cui le due protagoniste dovranno confrontarsi per farsi un nome nel mondo dello spettacolo.
Ma 'Carole & Tuesday' va oltre il semplice concetto di competizione, anzi: è un vero e proprio inno all’amore per la diversità, poiché se l’umanità è arrivata a colonizzare Marte, ci è riuscita impegnandosi tutta insieme. Tutte le etnie che convivono sul pianeta Rosso sono la dimostrazione che non solo l’unione fa la forza, ma che siamo tutti uguali, sempre, comunque e ovunque, e nonostante nel corso dei secoli fazioni politiche, sette religiose e spietati dittatori hanno tentato di tracciare confini, dividerci in caste e cercato di epurare determinate etnie, nessun fucile o genocida potrà mai vincere contro la potenza dell’amore ed il rispetto reciproco.
Infantile? Utopistico? Sì. E va bene così. Se non siamo i primi a crederci, chi ci crederà al posto nostro?
Una volta Bob Marley disse che fino a quando il colore della pelle non sarà considerato come quello degli occhi, l’umanità non sarà mai in pace.
Amarissimo, ma inappuntabile.
L’amore non è mai abbastanza, l’unione fra popoli è purtroppo una chimera, ma la musica, oh, la musica, cosa diamine può fare la musica! Lo cantava Max Gazzè, ma è dannatamente vero.
Ed è questo il punto forte, fortissimo, anzi, micidiale, di quest’opera.
La colonna sonora ideata e scritta per 'Carole & Tuesday' è pazzesca, mostruosamente bella, una cosa mai sentita prima, capace di vincere premi e riconoscimenti a man bassa. Coinvolgente, eccezionale oltre ogni dire, intrisa di riferimenti del leggendario ed iconico “passato” terrestre: si vuol dimostrare che la musica è eterna, oltre lo spazio ed il tempo, e che i brani di fama mondiale che si ascoltavano cinquant’anni fa, si ascoltano oggi come si ascolteranno fra cento o duecento anni, e se mai davvero metteremo piede su Marte quelle note risuoneranno anche lassù, poco ma sicuro.

Ogni episodio ha il titolo di un brano famoso, accompagnato dall'immagine del vinile ispirato, titolo per altro suggerente i contenuti dell’episodio stesso. La struttura dell’anime segue la linea spensierata e semi scollegata che si utilizzava spesso a cavallo degli anni ottanta e novanta, ed il lavoro svolto per rappresentare ambienti urbani e domestici in stile futuristico non troppo algido e distante si dimostra davvero squisito.
La visione scivola via velocemente, leggera, trascinandoci dentro le vicende delle due protagoniste in un ambiente musicale molto simile a quello terrestre, ed il risultato è un mix di emozioni contrastanti, ma tutte toccanti: anche se alcuni episodi risultano senza dubbio sottotono - alcuni frivoli e poco incisivi – posseggono mediamente una componente capace di tenere sulla corda e aggiungere tessere al puzzle psicologico che pian piano viene a crearsi; risate, frangenti emotivamente intensi e commoventi, a volte allucinanti e grotteschi, con gag umoristiche davvero divertenti (i Galactic Mermaid non potrete mai più dimenticarli!), elementi che si dimostrano un degno contorno ad una storia leggera, che purtroppo tralascia alcuni rapporti personali fra personaggi principali e secondari creando falle piuttosto fastidiose.
Ci viene principalmente ricordato quanto il mondo della musica sia caleidoscopico, stordente e spesso doloroso; stalker fissati per la propria star, difficoltà economiche con location e spettacoli, costrizioni, droga, alcol, fisco, perdita di identità, paure, tradimenti e rivelazioni scioccanti. I personaggi secondari e l’antagonista si rivelano con tutta probabilità ancor più intensi delle protagoniste: ispirati alle nostre leggende immortali, faremo la conoscenza di vari artisti considerate star decadute, grandi personalità in declino o artisti d’attuale successo, si prenda per esempio l’androgino e sovrannaturale Desmond, palese controparte marziana di David Bowie, (un alieno, no?), o Crystal, così simile a Beyoncè, o la meravigliosa, indimenticabile Flora, con un background talmente simile a Withney Houston che sarà davvero difficile non commuoversi nell’episodio dedicato alla sua storia. DJ folli ed entusiasmanti (Ertegun, un mix fra David Guetta e Bob Sinclair, che spettacolo!), produttori scorbutici, talent show ispirati a 'X-Factor', politici corrotti, bancarotte, scommesse, ansie da palcoscenico: questo è il pazzo mondo dello spettacolo, da sempre e per sempre.
Una continua citazione, anzi, di più: 'Carole &Tuesday' è un vero e proprio omaggio alla Musica, un atto d’amore per il linguaggio universale ed eterno che ha unito le persone da sempre, e sempre le unirà.

Ogni pezzo scritto e cantato per quest’anime è completamente originale e spesso sorprende per bellezza e profondità. La scalata al successo del giovane duo è accompagnata da melodie sempre differenti, intensità che rispecchia la struttura della trama (ottima prima parte, flessione verso metà, per poi giungere ad un finale estremamente toccante): l’epilogo è qualcosa di indescrivibile, assolutamente memorabile. Anzi, potremmo dire che il finale stesso vale l’intero anime, lo valorizza tramite un pezzo di sette minuti, 'Mother', ispirato al mitico 'We are the world' scritto dal Re del pop, MJ, e cantato da tutte le star del momento.
Una menzione particolare va alla costruzione del personaggio di Angela, antagonista sofferta e sofferente della vicenda, condannata ad essere perfetta per soddisfare una madre arrivista che però non sembra essere la fredda calcolatrice che si potrebbe pensare. La condanna alla commercializzazione e alla creazione di musica in studio atta solo alla vendita è fin troppo chiara; contrasta nettamente col modo di fare delle due protagoniste, più istintive, accorate, ispirate e libere da canoni di mercato, nonostante a conti fatti il background di Angela risulti più solido ed intrigante, altro path che ci emozionerà passo dopo passo.

Se Watanabe e la sua crew erano intenzionati ad animare la scena nipponica con un’opera che denunciasse la discriminazione e il razzismo usando l’eternità della musica come veicolo, allora avrebbero dovuto prendere più coraggio ed andare fino in fondo, calcare la mano, spingendo in profondità su queste tematiche, poiché al termine della visione ci si sente come sospesi a metà fra l’indimenticabile e l’incompiuto, sebbene sia veramente difficile non versare qualche lacrima durante il climax che ci porta ad ascoltare la bellissima 'Mother'.
'Carole &Tuesday' è tanto bello quanto un rimpianto, un’occasione sprecata per erigere un pilastro, una pietra miliare contro la discriminazione, intento riuscito solo in parte.
Una serie carica di positività che non ha necessitato di realismo ma di idealismo, ed in fondo, ci possiamo comunque accontentare: noi, il messaggio, l’abbiamo capito.

Come disse Michael Jackson, certi testi dovrebbero ascoltarli presidenti e dittatori, non soltanto il pubblico.

“Tante voci sono forti,
ma tutte unite,
siamo una sola.”

Il voto che avrei dovuto attribuire a quest'opera sarebbe stato 7, ma il punto in più è obbligatorio per il messaggio: metteteci amore, sempre. Veniamo dallo spazio, siamo fatti della stessa materia e alla fine, torneremo ad essa.
We can be heroes, just for one day.


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megna1

Episodi visti: 24/24 --- Voto 7,5
Come già accaduto con alcuni recenti titoli, "Carole & Tuesday" mi aveva colpito fin dalle prime visual apparse in rete, sia per quel che riguarda la finezza del chara design, che per la cura maniacale riservata all'abbigliamento e alle minuzie. Me ne sono innamorato perdutamente. Adesso vedremo se il competente staff radunato da Naoki Amano avrà per le mani l'armamentario giusto per catapultarmi nel platinato mondo dei talent show e nei meandri di Instagram e compagnia briscola. Compito difficillimo visto che di queste nuove forme di aggregazione ne so poco o nulla. Reach, feed, hashtag, per me rimangono arabo.

Il pròdromo è accuratissimo, articolato e pullula di colpi di scena. Inappuntabile. Forse più realistico di un qualsiasi reality in circolazione, e certamente più sfizioso dei vari teen drama musicali che giungono dagli States. Intrighi internazionali e tematiche sociali che troviamo tutte le sere nei TG di mezzo mondo. La madre sovranista e autoritaria, una figlia sognatrice e ribelle, una ragazzina mulatta in cerca di integrazione, i richiedenti asilo malvisti da alcuni politicanti, il manager squinternato dal cuore d'oro, i produttori attaccati alla pecunia, ecc ecc. Il tocco femminile è tangibile. Gran parte della stesura delle vicende è stata infatti pensata e scritta da Akao Deco (alias Hitomi Mieno). C'è così lo spazio per una fugace delusione sentimentale e per qualche momento da tachipnea (in special modo, nel passaggio tra primo e secondo cour e nell'arco conclusivo, giacché anche i complottisti troveranno pane per i loro denti). Le scenette divertenti non mancano mai e la puntata dove viene allestito il set per lo scalcinato videoclip è spassosissima. Il tutto con un'alternanza e una sincronia perfetta, grazie al fatto – essendo un soggetto originale – di non avere scadenze da rispettare in base al numero di volumetti di un manga. Nonostante tutto, ammetto di averlo seguito a pezzi e bocconi senza un motivato perché. Consiglio, però, di vederselo tutto d'un fiato.

Tuesday Simmons è una ragazza vanesia, dal portamento signorile, che ha sempre vissuto nella bambagia. Carole è la sua antitesi. Scaltra e vissuta tra la strada e assurdi lavoretti malpagati. Il resto del cast è a dir poco spettacolare e ben variegato. Il parterre di personaggi è molto affollato, e ognuno ha le sue peculiarità. Studiate fin nei minimi dettagli. Come Pyotr e il suo insopportabile motto 'P o w !'. Sebbene le due protagoniste non siano di origini giapponesi, gestualità e sensibilità le accomunano alle giovani liceali che frequentano Shibuya e Harajuku. Tuesday sembra una bambolina svampita e ingenua uscita fuori delle fiabesche illustrazioni di Akiko Shimamoto (chi è cresciuto, come me, con i cartoon della Tatsunoko, sa benissimo di chi sto parlando).

L'affiatamento con Gus Goldman si rafforza e in seguito il duetto conquista la giuria di un noto programma televisivo, il Mars' Brightest. Scelta da me considerata sbagliata soprattutto nella real life, in quanto, stando a quello che asseriscono alcuni psicoterapeuti, fanno partire i ragazzi troppo dall'alto e spianano fin troppo la strada del successo ai partecipanti vincenti, mentre quelli perdenti si sentono spesso demoralizzati. Questa parte l'ho trovata un po' pallosetta.

Watanabe è un realizzatore tuttofare della vecchia leva, uno di quelli che ha cambiato il modo di fare anime, a colpi di assoli jazz, di figuri eterodossi e di immaginifiche città spaziali. Accorto e agguerrito. Non di certo uno chef director sprovveduto o uno che se ne sta a poltrire in panciolle. Così come Oshii, Yuasa e le altre celebrità avanguardiste del cinema d'animazione giapponese, egli non lascia mai nulla al caso, e per evitare errori marchiani vuole i collaboratori migliori attorno a sé, al fine di regalare ai fan una corposa sfilza di raffinatezze. Partendo dalle meravigliose opening che nobilitano l'impatto visivo subito al primo istante. Non si può che rimanere soggiogati davanti a cotanta bellezza. Ma non precorriamo i tempi. Non ho ancora sentenziato che si tratta di un capolavoro. È troppo presto per tirare le somme o dare giudizi lapidari.

I disegnatori capo hanno svolto un lavoro encomiabile nelle performance dei vari cantanti, tale solerzia era già presente in altre opere di Watanabe. Graficamente è una bomba! I fondali di Ryo Kono spiccano per l'elevata quantità di dettaglio. Roba che può ammirare solo nei quadri dei più bravi vedutisti. Ci sono tutti i particolari che rendono Alba City la copia pressoché spiccicata della Grande Mela, con le sue costruzioni di mattoni a vista e le scale esterne dell'uscita di sicurezza. (Il famoso regista ha una vera e propria fissa per i viali di Brooklyn Heights e per il Pianeta rosso.) Magagne a livello estetico non ce ne sono, disegni malfatti neppure l'ombra. Ho scorso solo due o tre scene di raccordo fatte frettolosamente con l'ausilio di slide e qualche belluria in CGI sparsa qui e là. Nulla di compromettente, ma se non c'erano era meglio.

Insomma, sembra proprio che le parole trascuratezza e imprecisione non facciano parte del vocabolario di BONES, studio fondato da un gruppo di transfughi della Sunrise. Gli stessi che con "Cowboy Bebop", nel lontano 1998, hanno ridato sangue vivificante all'animazione del Sol Levante. E Shinichiro Watanabe ne è da sempre il cervello operante e il cuore pulsante. Finito il sodalizio artistico con il fenomenale Toshihiro Kawamoto, Watanabe si fregia ora della collaborazione di giovani astri nascenti, tra i quali Yoshiyuki Itoh e Naoyuki Konno.

Per curare il soundtrack viene precettato Mocky, rampollo della nuova generazione di artisti pop, che spazia dall'elettronica all'hip hop, a dare un tocco di internazionalità in più. Degna di menzione la ending Hold Me Now, cantata da Nai Br.XX and Celeina Ann, le quali si sostituiscono alle doppiatrici durante le esibizioni canore.

Dopo aver almanaccato le squisitezze del comparto audiovisivo è ora di passare alle (poche) note dolenti. Diciamo che la curiosità per l'ultima fatica di BONES ha vinto, ma non convinto del tutto. In poche parole, non parliamo certamente della serie rivelazione del secolo, ma di una piacevole variante al tema delle Idol, rivista in chiave multietnica, ambientata lontano da Tokyo e dintorni, senza orde di ragazzine moe e fan service da quattro soldi. Con spunti di riflessione che riguardano altresì la cosiddetta I.A., ovvero l'intelligenza artificiale che viene usata per elaborare testi e immagini, in questo caso per creare una hit in grado di arrivare in vetta alle classifiche.

Il finale non è appagante come l'auspicavo, visto che era partita col piglio giusto e che nel decorso dei 24 episodi si accavallano moltissimi avvenimenti (certuni significativi, altri decisamente meno). Senza usare troppi ambagi era lecito aspettarsi qualcosa di più dalla super-cricca di Watanabe. La song di punta delle due amiche rispecchia il leitmotiv che aleggiava già nelle prime impressioni. Sembra che tutti rinsaviscono per effetto delle lyrics di Mother. L'oligarchia buonista delle major discografiche prevalica su tutto. (Che ci sia sotto lo zampino di Netflix?) Il risultato è caruccio ma non imprescindibile. In questo frangente mi ritengo nella fronda degli insoddisfatti e il mio voto ne è la conseguenza diretta (ma dargli mezzo punticino in più non sarebbe un delitto, seppur in mancanza di una chiusura memoranda).


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selene90

Episodi visti: 24/24 --- Voto 8,5
In una fase in cui l’animazione mi stava deludendo e/o annoiando, ho voluto dare una possibilità a “Carole & Tuesday” più che altro per il nome che gli sta dietro: Watanabe. Che questo autore abbia sfornato quasi solo opere eccelse è indubbio, anche se un grande autore non è sinonimo di lavoro impeccabile, in qualche caso…
Ebbene, dopo tanti mesi di monotonia, "Carole & Tuesday" è riuscito a spezzare un periodo totalmente grigio, emozionandomi come facevano i cartoni ai primissimi tempi.

La trama vede protagoniste, per l’appunto, Carole e Tuesday. La prima, una diciassettenne senza una famiglia, che vive alla giornata con piccoli lavoretti; la seconda è una rampolla di ricca famiglia, agiata e abituata ad avere tutto, che scappa di casa. Le due sono accomunate dalla passione e dal talento per la musica tanto che, incontratesi per caso, daranno vita ad un duo musicale in cerca di successo… il tutto in un’ambientazione futuristica su Marte.
Se l’ambientazione poteva far pensare a un prodotto sulla falsa riga di "Cowboy Bebop", ci si sbaglia alla grande, poiché di fantascientifico c’è ben poco, e ci si focalizza quasi esclusivamente sulle gare musicale, sebbene siano importanti i rimandi alle AI, che affiancano gli esseri umani, e il rapporto tra Marte e la Terra…

Già solo dalla trama è facile intuire come il prodotto cui vuole assomigliare maggiormente, tra quelli dello stesso autore, è "Sakamichi no Apollon", che tratta lo stesso tema. Tuttavia, questa nuova serie fa un ulteriore passo avanti, descrivendo con dovizia e leggerezza i retroscena di tutti i personaggi, non concentrandosi unicamente sulle protagoniste (tanto è vero che in taluni episodi, spiccano maggiormente le storie di alcuni secondari). "Carole & Tuesday" mette in scena una fauna variegata e variopinta di personaggi, che solo apparentemente sono legati a stereotipi del genere ma che, col progredire della storia, regalano le giuste emozioni: DJ eccentrici, manager falliti, modelle apparentemente frivole e senza valori; genitori con forti ambizioni, e così via… Come nelle altre opere di Watanabe, anche i personaggi inizialmente più forti e carismatici, nascondono passato o vite fallimentari, ma anche caratteri forti e determinati coi quali cercano di conquistare i propri sogni.

Le due protagoniste, e la meravigliosa Angela - giovane idol che concorre contro le due - costituiscono il più prezioso esempio del messaggio del loro autore: non esiste la vittoria per chi non è in grado di osare.
Ed è proprio grazie al personaggio di Angela che, a livello personale, ho raggiunto il culmine emotivo a fine serie… grazia alla sua consapevolezza che una passione regali emozioni soltanto quando viene vissuta fino in fondo, mi sono resa conto di come seguire l’animazione per anni mi abbia fatto lentamente dimenticare le emozioni basilari che provavo a vedere i primissimi cartoni, tanti anni fa.

Anche a livello di chara design e di animazione, il prodotto risulta veramente splendido, con tanto di tripudio di colori sgargianti. Ovviamente, come un qualsiasi musicale che si rispetti, la cosa che maggiormente colpisce sono le canzoni. Lo stile delle protagoniste è abbastanza particolare, e forse può non piacere a tutti, ma è indubbio che sia eccezionale.


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scarlet nabi

Episodi visti: 12/24 --- Voto 9,5
VOTO 9.5
DISPONIBILE: Netflix

È dai tempi di "Nana" che non mi facevo prendere così da un anime a tema musicale ma si sa, Shin’ichi Watanabe ci ha abituato alla perfezione!
"Carole and Tuesday" è ambientato nel futuro, su Marte, ma questo in realtà ha poca importanza: il tema portante dell’anime è l’amicizia pura e incontaminata tra due ragazze, la potrei definire una perfetta BROTP, anzi una SISTP.
Tuesday Simmons, figlia di un’importante donna politica, scappa di casa per realizzare il suo sogno di diventare una musicista. In città, per strada, vede Carole suonare e scatta la scintilla. Le due vanno a vivere insieme e costituiscono un duo.
Poi, per una serie di traversie, conoscono Gus – uno scalcinato manager – e Roddy, un bravissimo tecnico del suono, e così intraprendono l’avventura per diventare famose. La loro diretta antagonista è Angela, una ragazza che è stata spinta dalla madre – una donna molto molto mascolina – alla carriera di idol/ attrice e che ora lavora per un’organizzazione volta a creare la idol perfetta tramite un programma informatico di sintetizzazione dati.

Ciascun episodio ha come titolo quello di una canzone famosa e la musica è la vera protagonista, con una colonna sonora originale eccezionale. Alcuni pezzi cantati da Carole and Tuesday mi sono rimasti impressi al punto che ogni tanto mi ritrovo a canticchiarli, primo fra tutti "The Loneliest Girl" (una vera perla!). E così mi sarebbe venuta voglia di comprare il CD con la soundtrack ma a quanto pare il supporto fisico non va più di moda! Ho apprezzato molto la scelta di comporre i brani in inglese. La storia si svolge nella capitale di una Marte ormai totalmente colonizzata, per cui la scelta dell’inglese rende l’idea del cosmopolitismo. Oltre ad essere una storia di amicizia pura è anche un esempio di integrazione naturale (senza cioè che nemmeno venga posto il problema): Carole è una ragazza orfana originaria della Terra e ha la carnagione scura; Tuesday invece è nata su Marte, è di famiglia ricca ed è bionda e pallida.

L’unica pecca è la brevità della serie (sono stati annunciati 24 episodi ma per ora ne sono stati rilasciati solo 12, forse da intendersi come prima stagione dato che lì si chiude un arco narrativo) per cui spero in qualche approfondimento futuro sul passato delle protagoniste. Non tanto sull’infanzia di Carole (non ci servono altri anime strappalacrime su una bambina cresciuta in un orfanotrofio, alla "Sarah, Lovely Sarah") quanto piuttosto su Tuesday (perché cavolo si chiama “Martedì”??)
Anche Angela è un personaggio interessante: spinta alla carriera da sua madre, ormai credi di essere così, ma cosa vorrebbe veramente? È il tipico personaggio tsundere – apparentemente arrogante e freddo ma che nasconde un lato fragile con il quale lo spettatore può empatizzare.
Mi è piaciuto molto il setting: come ho detto, ci troviamo ad Alba City, capitale della nuova Marte colonizzata. È una città brulicante e multietnica davvero interessante, e ci vengono mostrati i tre lati della metropoli, corrispondenti a una rigida gerarchia sociale: l’alta società dorata da cui viene Tuesday (e qui mi piacerebbe sapere qualcosa in più sulla famiglia Simmons: la madre – androgina e autoritaria – e il fratello – l’unico che sembra capire Tuesday e il suo sogno); lo spazio mediano, dove gravita la maggior parte della gente – sul ponte della passeggiata panoramica (uno scenario stupendo) e il quartiere dello shopping; e poi i locali notturni e i vicoletti della zona più povera dove vive Carole. Si tratta del futuro ma è assolutamente credibile: c’è solo qualche robottino in più come ad esempio il simpaticissimo gufo sveglia di Carole che funge da mascotte della serie.
Le nostre protagoniste vengono coinvolte da Gus – il manager – in una serie di piani per farsi conoscere fino alla loro partecipazione al più importante talent show di Marte.

Il disegno è stupendo e molto particolare. Le linee sono morbide e i contorni sono definiti non in nero ma con un colore trasparente.

Per scrivere la recensione, ho cercato delle pietre di paragone in altri anime musicali e così ho iniziato a guardare sia "Given" che "Anonymous Noise" ma in entrambi ho trovato una forte componente sentimentale, che per ora non c’è in "Carole and Tuesday" per cui no, il riferimento primario resta senz’altro "Nana", non solo per la relazione tra le due protagoniste ma anche perché, per una volta, la vicenda non si svolge in ambito scolastico.