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Godaime Hokage

Episodi visti: 11/11 --- Voto 4
Se avete problemi di insonnia questo è l'anime che fa per voi: considerata la noiosità della trama il sonno vi coglierà senza che neanche ve ne rendiate conto.

Questo anime presenta a mio avviso diversi problemi:
1) Lo spettatore vi si approccia convinto che vedrà una storia in cui si parla di come si realizza un dizionario, quindi immagina che si affronteranno le difficoltà della redazione di un tale volume, si spiegherà anche la procedura che si affronta in tale creazione. Invece di tutto ciò si vede molto, molto poco. La storia della redazione del dizionario, che sembra importantissima nel primo e secondo episodio, viene poi relegata a sfondo della vicenda. Quindi la storia raccontata è ben altro rispetto a ciò che ci si attenderebbe.

2) La storia effettiva è un conglomerato di situazioni messe insieme con una logica che ancora non ho capito. Il protagonista va a lavorare per il reparto editoriale del dizionario, ma poi quello che viene raccontato è come si innamora di una donna (peraltro tale storia evolve molto rapidamente nell'arco di tre o quattro puntate e non si capisce gran che di come la relazione si sia sviluppata). Tale protagonista è una persona incolore come poche. Si capisce che gli vengono delle crisi tipo mistiche dove vede i kanji che gli vengono addosso sotto forma di mare per sommergerlo. Un tipo alquanto ansioso, incapace di relazionarsi con il resto del mondo in modo normale (basti vedere come scrive una lettera d'amore: quindici pagine di cose incomprensibili che neanche la destinataria capisce, e per giunta ha il dubbio che si tratti davvero di una lettera di quel tipo), che non si sa come si fidanza con la nipote della sua padrona di casa.

3) Nel bel mezzo della storia si assiste ad un salto temporale di 13 anni! E la cosa non è neanche indicata nella puntata: che ne so, costava molto mettere a inizio puntata una scritta "13 anni dopo"? Uno se ne accorge per caso, perché di punto in bianco il protagonista ha la fede (ma io per vedere sto particolare ho dovuto rivedere la puntata da capo) e si fa un accenno al tempo passato nel bel mezzo della puntata. Quindi non si sa che sia successo in questi benedetti 13 anni, non si capisce come il lavoro sia stato portato avanti, non si sa come quando e perché il protagonista si sia sposato (e come lui anche un altro personaggio, tale Nishioka, che a mio parere è l'unico personaggio che si salva tra tutti).

Sono arrivata alla fine della serie per dovere di cronaca, volendo scriverne la recensione. Ma da spettatore qualsiasi l'avrei mollata a neanche metà storia.
Oltre al fatto che nel complesso il tutto era incomprensibile, pesante e piatto, devo dire che neanche i disegni mi hanno colpito gran che. Più volte i particolari latitano, ti ritrovi a fissare visi letteralmente vuoti, senza neanche un'espressione di circostanza.

Nel complesso trovo che sia stato un grande spreco di tempo e denaro, anche per chi l'ha realizzata. L'argomento a mio parere poteva essere sfruttato molto meglio e non doveva essere relegato ad un mero sfondo sui cui specchi si arrampicano i personaggi, senza capo né coda.
Pertanto, come già scritto all'inizio, ne consiglio la visione solo a chi abbia problemi di sonno.
Voto 4.


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menelito

Episodi visti: 11/11 --- Voto 6,5
Sarà un limite mio, ma non è proprio riuscito a toccare le corde giuste. Le premesse erano interessanti, pareva un anime piuttosto distante dai canoni privo dei soliti concetti trita e ritrita. Purtroppo, diversi fattori come la lentezza e i silenzi (a parer mio) non efficienti ad aumentare il carico emotivo nei confronti dello spettatore, hanno giocato a sfavore della mia attenzione che, dopo 3-4 episodi, ha iniziato a vacillare fortemente.
Dal lato delle relazioni fra i protagonisti se la giocano abbastanza bene, alcuni rapporti sono genuinamente interessanti e un paio di scene toccanti non mancano. Ma la ragion d'essere di tutta la storia, ovvero la creazione del dizionario, non è proprio riuscita ad appassionarmi nonostante l'hype iniziale.

Basare un anime su un concetto così poco "mainstream" è una scommessa. E si può vincere come si può perdere...

Da riconoscere comunque il coraggio proprio per aver provato a proporre qualcosa di più elaborato rispetto al solito harem.


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Energia

Episodi visti: 11/11 --- Voto 2
"Fune wo Amu" cioé "La Grande Traversata" è il nome dato al dizionario alla cui creazione si assiste nell'arco della serie. Tutti (o almeno credo) sanno a cosa serve un dizionario, ma nella maggioranza dei casi non si riflette alla sua redazione e questa serie vorrebbe avvicinarci proprio su questo punto. Già dai primi episodi viene sottolineato che chi scrive le definizioni dà una parte di se stesso e che per trovare nuove parole dovrebbe saper ascoltare e avere diversi interessi. Si direbbe che alla creazione di un dizionario parteciperanno personaggi interessanti, ricchi di personalità. Invece, a mio parere, il difetto della serie sta proprio nei personaggi che sono unidimensionali, ripetono più o meno le stesse battute e le stesse azioni come degli automi, trattando lo spettatore come se avesse seri problemi alla memoria. Non si sa nulla sul loro passato e manca un approfondimento sulla loro vita attuale. Una sola informazione per ciascuno non basta per renderli credibili. Sono semplicemente innaturali, inumani, dedicati completamente al dizionario. E' ammirevole quanto lavoro impieghino nella loro missione, ma sono vuoti in tutto e per tutto. Oltreciò le pause a metà di ogni episodio dedicate ad una specie di spettacolo dato dai dizionarietti sono semplicemente un'offesa per chi li guarda avendo l'infanzia da moltissimi anni alle spalle. Alla musica non ci ho fatto caso, a parte per l'opening che è semplicemente orribile.

Gli unici pregi che ho trovato sono: la rappresentazione della creazione del dizionario, una bella grafica e che i personaggi hanno un loro linguaggio del corpo. Per questo motivo mi è difficile dire se consigliarvi la serie o meno, dipende su cosa vorreste incentrarvi.


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Dazai

Episodi visti: 11/11 --- Voto 9
Cos'è un vocabolario se non uno strumento che serve a far comunicare e comprendere le persone tra di loro?
In questo anime, dalla trama particolare, si scoprono il lavoro, l'impegno e la passione che si devono impiegare per poter realizzare qualcosa che noi usiamo praticamente tutti i giorni senza farci neanche tanto caso.
In soli 11 episodi gli autori di quest'opera sono riusciti a concentrare e raccontare un lavoro che richiede anni; Fune Wo Amu è questo e molto altro, è un viaggio alla scoperta delle parole che, al contrario di quello che possiamo pensare, non sono statiche ma vive, evolvono nel tempo, si adattano, alcune perdono il loro significato, altre ne acquisiscono di nuovi, altre ancora ne nascono e altrettante scompaiono seguendo quasi una logica darwiniana.
Metaforicamente parlando noi, quotidianamente, navighiamo in un "mare" di parole ("Mare di Parole" o "Genkai" è anche il titolo del primo dizionario di giapponese moderno che è stato redatto e scritto da Ōtsuki Fumihiko) e per poterlo attraversare senza "annegare" abbiamo bisogno di una nave e questa nave è, fondamentalmente, rappresentata dal vocabolario il quale, a sua volta, non può essere perfetto né completo perché rimane pur sempre frutto del lavoro dell'uomo che sarà necessariamente chiamato a continuare ad aggiornarlo e migliorarlo per sempre.
Tecnicamente parlando l'anime è perfetto sotto tutti i punti di vista; regia, sceneggiatura, personaggi, disegni. Ognuno di questi elementi concorre a completare un'opera dalla trama tanto originale quanto bella che, seppur in così pochi episodi, racconta tanto senza mettere fretta, con la calma e la minuziosità proprie di chi lavora per redigere un dizionario.
Non rimane quindi che salire sulla nave per poter attraversare questo mare, tanto vasto quanto affascinante, rappresentato dalle parole.


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scarlet nabi

Episodi visti: 11/11 --- Voto 10
"Fune wo Amu" ("The Great Passage") è un anime molto particolare, che mi ha entusiasmato per la sua trama inconsueta. Racconta infatti di Mitsuya Majime, impiegato nella sezione “dizionari” di una casa editrice: lui e i suoi colleghi sono impegnati nel compilare un nuovo dizionario chiamato “Daitosai” (“La Grande Traversata”). Questo titolo curioso deriva da una metafora: un vocabolario è come una nave per attraversare un mare di parole. Il riferimento inoltre è al primo dizionario della lingua giapponese, pubblicato nel 1891 e intitolato “Genkai” cioè “Mare di Parole”. Questa idea è resa anche visivamente in alcuni passaggi particolarmente suggestivi in cui i piedi del protagonista sono lambiti da onde di caratteri evanescenti.

Mitsuya (chiamato Micchan dalla proprietaria della pensione in cui vive) è una persona molto seria e scrupolosa – da qui il suo cognome (nomen homen) che significa appunto “serio, zelante” ed è molto raro: solo una cinquantina di persone in tutto il Giappone si chiama così!
Animeclick ha assegnato un premio come Miglior Personaggio Maschile a Nishioka, un collega e amico di Majime, un ragazzo più disinvolto e spigliato che però si prende a cuore il lavoro apparentemente noioso della compilazione. Tuttavia il mio personaggio preferito è stato proprio il timido e goffo Mitsuya, di cui seguiamo anche la storia d’amore. Forse è stato perché lui somiglia fisicamente a un mio amico?

I disegni sono eccezionali, dal tratto pulito e realistico.

Inoltre, è un anime perfetto per chi – come me – studia il giapponese e vuole sempre imparare nuove parole e nuovi affascinanti ideogrammi: in ogni episodio viene mostrata una definizione e la ricchezza di vocabolario dei protagonisti è davvero stimolante.
A questo punto è più chiaro il senso del titolo, che in italiano suonerebbe tipo “Compilare una Nave” e che in inglese è “The Great Passage”.
La prima cosa che mi è venuta in mente guardando questo anime del 2016 è stato un libro di Simon Winchester intitolato “L’assassino più colto del mondo” – da poco ristampato col titolo “Il professore e il pazzo” – che parla della compilazione del primo dizionario inglese, l’Oxford Dictionary. Avrei voluto leggere questo romanzo per fare una sorta di paragone ma ancora non ne ho avuto il tempo!

"Fune wo amu" ha una sola pecca, ossia la brevità: sono soltanto 10-11 episodi e, di conseguenza, ci sono dei veri e propri salti temporali, specie nelle storie personali dei protagonisti. Per questo motivo sarei curiosa di leggere il romanzo – che, se ho capito bene, non è una light novel ma un romanzo vero – ma so che non sarà possibile, poiché la peculiarità della trama e l’importanza rivestita dalle parole lo rendono intraducibile.
Questo anime mi ha fatto riflettere su una questione che viene sfiorata velatamente e lasciata sottointesa: il futuro dei dizionari cartacei nel nostro mondo digitalizzato.
Io stessa ormai, quando devo cercare una parola – in italiano o in un’altra lingua – mi affido a internet, dove si trovano anche parole in gergo e forum di spiegazione della fraseologia. E i dizionari cartacei rimangono a impolverarsi sullo scaffale.
“La Grande Traversata” vorrebbe rispondere alle esigenze di tutti, comprendendo sia neologismi – spesso di origine straniera – sia parole complesse ed eleganti.

Un anime da vedere assolutamente!


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Shiho Miyano

Episodi visti: 11/11 --- Voto 9
"Fune wo amu" è un anime breve, di soli undici episodi, e veramente piacevole: ero un po’ indecisa su quanto avrei potuto apprezzare un’opera sulla realizzazione di un vocabolario giapponese, occupandomi di scienza e non di lettere e non conoscendo la lingua giapponese, ma già al termine del primo episodio mi ero convinta di aver trovato una serie di mio gusto!

La storia, narrata in maniera molto “adulta”, è semplice: il protagonista, Mitsuya Majime, lavora nel reparto vendite di una casa editrice; lui è ingenuo, ha serie difficoltà a comunicare con le persone e ha un grande amore per le parole e per il loro ruolo nell’aiutare le persone a comprendersi. Verrà quindi “arruolato” dal responsabile della sezione dizionari della sua azienda per il progetto di un nuovo dizionario: il “Daitokai”.

La storia narrata nell’anime è proprio quella della realizzazione di quest’opera: ci verrà raccontato qualcosa della vita di ogni persona che partecipa al progetto, ma senza mai perdere di vista il “Daitokai”: e questa centralità è uno degli aspetti che ho maggiormente apprezzato. A rendere scorrevole una storia che poteva facilmente scivolare nel ripetitivo concorrono i bei personaggi: sono pochi ma ben caratterizzati e piacevoli, e supportano il nostro protagonista con capacità e affetto. Di particolare impatto è il collega Nishioka: estroverso e diversissimo da Majime, che si dimostrerà valentissimo collaboratore, ottima persona e grande amico per il protagonista. Altro bellissimo personaggio è il professor Matsumoto: pacato, sorridente e saggio: impossibile non amarlo!

Molto curate le ambientazioni: sia gli esterni, che mostrano i diversi aspetti di una città come Tōkyō, che gli interni: ogni stanza mostrata rispecchia il carattere e le abitudini degli occupanti, su tutte la stanza di Majime, stracolma di libri. Ho l’impressione che sia stato inserito una sorta di piacevolissimo “fanservice” per gattofili: in più di un episodio i simpatici felini sono ritratti con cura e strappano sorrisi. Anche il modo particolare con cui sono stati disegnati gli occhi dei personaggi, l’ho trovato di grande impatto.

Secondo me si tratta di una serie veramente meritevole di una visione, anche se non si è filologi: poca azione ma tante piccole e grandi verità sulle persone, sulle difficoltà comunicative, sui rapporti umani nei luoghi di lavoro e sulla libertà di pensiero.


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vecchio Ojiichan

Episodi visti: 11/11 --- Voto 8,5
Adattato da un romanzo di Shion Miura, "Fune wo Amu" significa, letteralmente, "Assemblare una Nave". Se si considera la trama, questo titolo sembra quasi assurdo, eppure esso è il concetto base della trama stessa.

Il nostro protagonista lavorerà sodo e ci mostrerà il misterioso mondo di coloro che, in Giappone, compilano, editano, un dizionario. La nave è una metafora che rappresenta il dizionario, che, come un'imbarcazione, aiuta coloro che si avventurano in un mare, in questo caso, di parole. Confusi? Beh, in effetti "The Great Passage", come viene intitolato in inglese, è forse una delle opere più complesse e profonde in circolazione.

In questi undici episodi ci verrà mostrata la complessità stessa della vita. Impareremo che talvolta l'esistenza del singolo è sopravvalutata, se paragonata a ciò che è la tradizione. Apprenderemo anche che il tempo esiste per gli esseri umani, ma non per quello che tramandano ai posteri.
Poesia, filosofia e la quotidiana realtà si intrecceranno in una trama semplice ma allo stesso tempo ricca di significati.

La storia ha inizio con Kohei Araki, capo reparto editoriale dei dizionari, deciso ad andare in pensione a causa della moglie malata. L'unico problema è che il reparto ha bisogno di un nuovo dipendente che lo sostituisca. Costui sarà Majime Mitsuya, giovane impiegato del reparto vendite. Con l'inizio del nuovo lavoro ha anche inizio la storia che condurrà Mitsuya alla creazione di un dizionario, rappresentato più volte, appunto, come una nave, e alla scoperta di aspetti fondamentali della vita.

I dizionari non sono solo una fonte di apprendimento, ma anche un compendio di esperienze.

Il mio voto conclusivo è 8,5. Nonostante sia stato rapito dal fascino di quest'opera, ritengo che talvolta i ritmi risultino troppo lenti.

Utente70577

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Utente70577

Episodi visti: 11/11 --- Voto 9,5
Inizio col scrivere che sono stato qualche giorno indeciso prima di convincermi a visionare quest'opera. Non per il fatto che essa sia stata da me pregiudicata come un'opera che potenzialmente, come tutte le opere prima di essere guardate, mi avrebbe potuto deludere, anzi.
La trama è semplice e lineare; la narrazione della vita di un uomo che scrive un dizionario per le future generazioni sapendo, in tutto e per tutto, che l'impegno preso dura anni e anni non può non suscitare un certo interesse da parte di coloro che, come me, sono sempre alla ricerca di anime perlopiù "tranquilli" e capaci di trasmettere qualcosa con l'immedesimazione così come la scienza della narrazione commanda.
Il motivo della titubanza da me avuta nella visione di quest'opera è soltanto unica e semplice; non sapevo esattamente cosa aspettarmi da un opera che tratta della realizzazione di un dizionario. I giapponesi sono imprevedibili per quanto concerne l'entusiasmo che vogliono trasmettere attraverso l'euforia delle immagini o dei personaggi del tema trattato.
Di un dizionario si sarebbe potuto vedere la stampa della carta, con magari una attraente donna col seno grosso che spiega il tutto e cosi via (gli "esperti" sapranno cosa intendo). O anche qualcosa di più modesto ma che esprime sempre un certo grado di "euforia" tutta giapponese (ad esempio la serie anime "Barakamon", un opera nel complesso tranquilla ma che non sfugge nemmeno lei a tali manifestazioni d'emozioni).

Invece posso scrivere di essere molto soddisfatto della visione di "Fune wo Amu", anime del 2016 e adattamento di un romanzo, che già dal titolo annuncia ciò che è allo spettatore.
In italiano la traduzione del titolo è "costruire una nave", per cui nave s'intende il dizionario stesso, strumento usato per cercare e riuscire a navigare nell'oceano di parole che compongono l'esistenza umana.
Le parole sono ciò che rendono l'umano quello che è, non solo esse ma anche il modo in cui le si utilizza. Esse determinano gran parte della vita che conduciamo anche se molti non se ne rendono conto, quest'argomento l'opera lo tratta in modo esauriente e facendo in modo di far arrivare lo spettatore all'ultimo episodio senza parole o forse con alcune che ancora non si conoscono.
In definitiva consiglio quest'anime a tutti, chiunque. Qualsiasi età, razza, etnia, cultura e tutto il resto.
Bisogna guardare opere del genere, anche solo per ricordarsi che anche l'animazione è un arte che si deve salvaguardare e di cui bisogna avere riguardi. Come le parole del resto.


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LaMelina

Episodi visti: 11/11 --- Voto 9
«Ci sono parole che mutano, parole che scompaiono, parole che nascono...
I vocabolari esistono per assicurarci che in ogni epoca le persone si comprendano.»

Proprio da questo concetto base nasce la storia di "Fune wo amu" (舟を編む, costruire una nave), una vicenda pregna d'amore per il Giappone, ma soprattutto per la sua lingua. Perché la lingua è innanzitutto espressione della cultura di un paese. Diretto da Toshimasa Kuroyanagi e scritto da Takuya Satō, "Fune wo amu" è una delle serie andate in onda nella ricca stagione autunnale 2016, nel contenitore noitaminA della Fuji TV. Lo studio Zexcs prende un romanzo bestseller di Shion Miura, che aveva già ricevuto un adattamento live nel 2013 sotto la regia di Yūya Ishii, e ne trae un anime di 11 episodi. Il lungometraggio fu nominato all'LXXXVI edizione degli Oscar come miglior film in lingua straniera, quindi la produzione animata si è fatta carico di grandi aspettative da parte del pubblico.

Il protagonista di "Fune wo amu", Mitsuya Majime, si presenta come un tipo inetto, con serie difficoltà relazionali, tutto concentrato su di sé. Dall'aria un po' depressa e dalla imbarazzante ingenuità, sembra sopravvivere più che vivere. Caracolla fra una casa vecchio stile e il posto di lavoro, con le spalle incurvate e l'aria mogia mogia. Ha una passione incontenibile per la lettura, abbinata a un viscerale amore per la definizione della realtà attraverso il linguaggio. Dipendente del reparto vendite della casa editrice Genbu Shobo, un giorno viene avvicinato da un vecchio professore di giapponese, Kōhei Araki, che lavora per il dipartimento "dizionari", il quale gli offre la possibilità di partecipare a un progetto che sicuramente corrisponderà in pieno alla sua competenza in filologia: la realizzazione di un nuovo dizionario di lingua giapponese, Daitokai (大渡海), la grande traversata.

Un anime sulla creazione di un vocabolario si presenta sicuramente come qualcosa di innovativo, ma al contempo spaventa il tema abbastanza alieno dalla classica produzione. Inoltre, i personaggi di "Fune wo amu" sono adulti, la sceneggiatura appartiene al genere slice of life, e il modo di affrontare le vicende è molto maturo. Di conseguenza, ci sono tutti gli ingredienti per un bel polpettone, di quelli che difficilmente si digeriscono. Ciononostante, non annoia minimamente, anzi scorre liscio come l'olio. Animare proprio il libro di Shion Miura, edito da Kōbunsha nel fatidico 2011, è una scelta attuale e critica, che ben si sposa con i gusti di una fetta di pubblico. Ogni episodio ha per titolo una parola, alla quale sembra voler restituire o assegnare una definizione.
Parlare di parole all'indomani del disastro di Fukushima Daiichi è essenziale. Sembra passato già un sacco di tempo, eppure l'11 marzo 2011 è successo solo sei anni fa. Dopo il terremoto e il maremoto che ha colpito il Tōhoku, infatti, il linguaggio subisce una crisi e la letteratura giapponese ha una conseguente involuzione. Molti scrittori hanno avuto un blocco completo, incapaci di riprendere a parlare della normalità, che tale più non era; perché dopo una tragedia di quella gravità è insperabile riuscire a riprendersi subito, come niente fosse stato. Per tutto il corso di "Fune wo amu" Majime ha delle visioni oniriche. Vede una distesa d'acqua, in lontananza una ruota panoramica in movimento. Ogni tanto, in superficie, si intravedono galleggiare dei kanji, termini che non hanno più una collocazione o che attendono di trovarla. È il mare delle parole. Proprio il mare si è portato via la parola dal Giappone l'11 marzo 2011, immettendo il Sol Levante in un'epoca con certezze spezzate da un'onda gigante e dove la terra ha tremato violenta, svelando la melma nascosta dal malgoverno. Senza parole... così sono rimasti i giapponesi. Quelle conosciute finora non erano più in grado di descrivere la realtà frammentaria perché esse stesse frammentate. Majime vede fuoriuscire da uno strappo gli ideogrammi e con loro tutto ciò in cui ha creduto finora.

«Ecco lo sconfinato mare di parole. Noi non abbiamo nessuna possibilità di traversarlo. Possiamo solo restare in piedi a guardare, mantenendo rinchiusi nel nostro cuore i sentimenti e le parole che desideriamo comunicare. Un vocabolario... una nave che permette di traversare quel mare.»

Il team dedicato al progetto del vocabolario Daitokai è costituito da una serie di personaggi che non hanno un ruolo marginale, anzi supportano il protagonista e vengono approfonditi come se lo fossero essi stessi. Innanzitutto Masashi Nishioka, il collega frivolo, superficiale, con grandi capacità comunicative, l'esatto opposto di Majime, del quale diventa grande amico e per il quale si impegna tanto nel dare consigli. Sarà stato pure per il doppiaggio magistrale di Hiroshi Kamiya, la cui voce riesce sempre a dare quel di più ai personaggi che interpreta, ma Nishioka sa coinvolgere completamente lo spettatore nella sua storia "normale", alla quale si approccia con una positività "normale" e nella quale gli succedono cose "normali". Col suo modo di fare pratico e diretto lancia una freccia al cuore di chi lo guarda affrontare la vita e l'amore con semplicità. Altro personaggio importante è il professor Tomosuke Matsumoto, dalle cui labbra vengono pronunciate le massime più importanti dell'anime e la cui presenza diventa essenziale per la scrittura del vocabolario. Vera anima del progetto, il professor Matsumoto incarna con la sua storia tutte le fasi della stesura di Daitokai: l'inizio carico di speranze, il centro faticoso e frenetico, la fine dolceamara di qualcosa che dopo anni raggiunge la sua conclusione più naturale. Ancora, il già citato professor Araki, che offre l'incipit alla storia scoprendo il personaggio di Majime e trascinandolo dentro, e infine la precisa e onnipresente segretaria Kaoru Sasaki, che resterà l'unica figura femminile che lavora al dizionario per un bel po' di tempo.

Intrecciata alla realizzazione de "La grande traversata" troviamo anche la storia d'amore di Majime con la bellissima e talentuosa Kaguya Hayashi, con la quale condivide l'alloggio alla pensione Sōun (早雲荘). La soulmate di Majime già dal nome richiama la principessa della luna Kaguyahime, protagonista del primissimo esempio di narrativa giapponese datato X secolo, il "Taketori Monogatari" (竹取物語, Il racconto di un tagliabambù), citato in non so quante opere di ogni tipo di genere e tecnica. La prima comparsa di Kaguya sul balcone della pensione al chiar di luna, che con una raffica di vento sembra spingere Majime in un mondo inesplorato e quasi irreale, rimembra l'apparizione della piccolissima ma splendida Kaguyahime nel tronco di bambù, che trascina l'anziano tagliatore e sua moglie in una realtà nuova e sconosciuta. Un tributo carico di poesia, che marca il primo incontro di Majime e Kaguya come qualcosa di indimenticabile e di un romanticismo puro.
Alla presenza di Kaguya, Majime mostra un lato tenerissimo del suo carattere. La goffaggine che lo contraddistingue esplode dinanzi alla bella cuoca, che al contrario sembra non avere il benché minimo segno di timidezza. Quando ci sono in ballo i sentimenti, di qualsiasi tipo essi siano, la comunicazione fra esseri umani diventa ardua. Mettere a parole ciò che si sente, dare un nome alla ragione di un battito accelerato, è un'impresa ostica, soprattutto per un tipo come Majime, incapace di suo a esprimere con il linguaggio il garbuglio della sua mente. Anche se si parla la stessa lingua, a maggior ragione quando si parlano lingue differenti, la scelta del vocabolario da utilizzare per comunicare un'emozione resta uno scoglio da affrontare se si vuole intessere rapporti con il resto dell'umanità. È impossibile, comunque, non apprezzare la delicatezza con la quale viene descritta la bellissima storia d'amore fra Kaguya e Majime, che vive di imbarazzati silenzi e imbarazzanti momenti, di frasi dette a metà e di parole morsicate, di sguardi che parlano più della carta stampata e di voci in risonanza col ritmo cardiaco.

«Un vocabolario è una nave che solca il mare delle parole.»

Il simbolismo pervade la trama a partire dal titolo. Il carattere cinese che sta per fune (舟) significa "piccola barca". Con una barca di dimensioni ridotte è impossibile riuscire a traversare il mare, di contro partendo dalle piccole cose si riesce a realizzare grandi obiettivi, ed è proprio questo il significato che la fune vuole richiamare. Nel titolo appare poi il verbo amu (編む), che oltre al senso più comune di "lavorare a maglia", indica l'azione di legare, intrecciare, di collegare due cose fra di loro, di creare qualcosa da zero unendo più componenti, quindi di costruire, di fabbricare, di compilare... Come si fa con un dizionario, un'antologia. Amu, infatti, è un verbo usato proprio per la compilazione di compendi scritti. Dunque, è molto bella l'immagine che il titolo trasmette, quella di questa barchetta che viene intessuta a piccoli passi, mano a mano, cucendola quasi. La creazione di Daitokai, infatti, è un processo che dura nel tempo, non semplice ma complesso, che richiede tecnica, fabbri esperti alla lavorazione, che all'occorrenza sanno improvvisarsi marinai, guide...
Fra i simboli di "Fune wo amu" troviamo poi la ruota panoramica. In Giappone c'è un vero e proprio culto legato alle ruote panoramiche, una delle mete preferite dalle coppie di innamorati, che spesso scelgono quest'attrazione per un primo appuntamento romantico. Luogo di promesse, la ruota panoramica è una metafora del ciclo della vita; sempre in movimento, non si ferma mai, eppure sembra sospendere il tempo, ecco perché le sue cellette sono l'ideale per scambiarsi parole d'amore eterno. In "Fune wo amu" la ruota sembra il portale per un'altra dimensione, così sospesa com'è nel mare delle parole che Majime immagina. Si staglia all'orizzonte, come il quadrante di un orologio gigante che marca il tempo all'infinito.

«Le parole sono vive, cambiano con le epoche. Alcune di loro scompaiono nel tempo.»

La ruota panoramica di Majime è una rivisitazione del Big O di Kōrakuen (後楽園), a Tōkyō. Quartiere di origini antiche, racchiude nel suo cuore una doppia anima: una più storica, legata a un passato di ricchezza, estetismo e nobiltà, che trova la sua rappresentazione più sincera nel famosissimo giardino d'epoca Tokugawa, il Koishikawa Kōrakuen; l'altra più mondana, moderna, giovanile, che si esprime al meglio nel lunapark e nel Tōkyō Dōme, uno dei più grandi stadi di baseball della capitale. In un quartiere lì vicino troviamo poi la pensione in cui abita Majime, dove sono ambientate quasi tutte le scene casalinghe di "Fune wo amu": Hongō (本郷), quartiere universitario, fin dall'epoca Meiji è una storica zona scolastica, nella quale il mondo accademico trova suo fulcro. Legato al mondo della cultura libresca e degli studiosi è anche il quartiere di Jinbōchō (神保町), alla cui stazione della metro si vede scendere Majime, diretto a lavoro. Famoso per le centinaia di librerie che lo costellano, Jinbōchō è il centro nevralgico del commercio di libri di seconda mano a poco prezzo.

L'ambientazione di "Fune wo amu" è studiata. Oltre alla selezione ponderata dei quartieri, anche i luoghi che fanno da scenario alle vicende dei personaggi sono scelti con consapevolezza. È interessante, infatti, la contrapposizione che si crea tra il panorama metropolitano di Tōkyō e la pensione vecchio stile dove abita Majime, il cui legno dà quel senso di calore, di vissuto, di tradizionale delle abitazioni in stile giapponese. Da qui emerge il contrasto che la capitale del Sol Levante racchiude in sé e che le fa guadagnare il titolo di punto di convergenza tra l'antico e il moderno. Quando Majime rientrava nella pensione sembrava di fare un tuffo all'indietro in una dimensione più genuina e confortante.
Ancora, un'altra immagine cara è quella degli uffici piccoli, pieni di documenti impilati, di schedari, libri, riviste, di carta, cartone e cartellini, come il dipartimento editoriale dei dizionari, nella quale si svolge la maggior parte delle scene. Anche nella stanza di Majime, per esempio, la presenza di così tanti libri, più in generale di carta stampata, permette allo spettatore di ritagliarsi un rifugio dalla narrazione. La stessa sensazione di serenità che si prova entrando in una biblioteca. E poi ci sono i piccoli parchi, le vie pullulanti di negozi con insegne luminose e appariscenti, gli interni di ristorantini tradizionali, la stazione della metropolitana... Fotografie della Tōkyō quotidiana, che ti entrano dentro.

In questo si nota la bravura di Kuroyanagi, che attraverso una regia coscienziosa mostra la tecnica imparata collaborando alla produzione di altri slice of life, come "Natsume Yūjinchō", "Say 'I love you'", "Toradora!", "Servant x Service"... Importanti i primi piani dedicati ai personaggi e i fermoimmagine sui luoghi; sapiente l'utilizzo dell'immancabile vento fra i capelli; mentre creativa e suggestiva la regia delle scene oniriche di Majime, ben incastrate nella rappresentazione della vita di tutti i giorni. Ho gradito molto il cambio di tratteggio in queste scene, con un Majime più abbozzato, le cui linee venivano tirate, allungate, ristrette dall'ambiente kafkiano, quasi a volerlo differenziare dal Majime che vive nel mondo reale e che è tutto d'un pezzo. E se gli scenari sembrano vere fotografie, anche il character design ha una bellezza particolare, a tratti realistico a tratti fantastico. Dalla creatrice di "Shōwa Genroku Rakugo Shinjū" arrivano i ritratti dei personaggi di "Fune wo amu": il tocco della mangaka Haruko Kumota è inconfondibile. Se ci si sofferma un po' su, il sorriso biricchino di Nishioka ricorda quello beffardo di Sukeroku, mentre i lineamenti rigidi del volto di Majime riportano la compostezza del volto di Bon. Kaguya, poi, si può aggiungere alla vetrina di belle donne disegnate dalla Kumota, già illuminata da Miyokichi e Konatsu. Carinissimo è anche il design dei vocabolarietti protagonisti dei simpatici cortometraggi integrati agli episodi, divenuti vere e proprie mascotte dell'anime!

Negli slice of life, più di altri generi, si sente la bravura dei doppiatori, che si ritrovano a interpretare dei ruoli di persone comuni. Dalla voce viene fuori gran parte del carattere dei protagonisti di "Fune wo amu". Takahiro Sakurai fa parlare Majime lentamente, calmo e posato, ma non appena incontra Kaguya diviene quasi balbuziente; e si batte per la miglior interpretazione con il già citato Hiroshi Kamiya nel ruolo del vispo Nishioka, che invece parla veloce, in maniera travolgente e convinta. E ancora, la suadente voce di Maaya Sakamoto nei panni di Kaguya si contrappone a quella spiritosa di Chiwa Saitō nelle vesti di Remi Miyoshi, amica di Nishioka. Ottima anche la prestazione di Mugihito, al microfono col professor Matsumoto... Ma dove lo abbiamo già sentito? Incredibile ma vero, è lo stesso doppiatore del vombato rosa di "Binan Koukou Chikyuu Bouei-bu LOVE!"! La colonna sonora è soave ma solenne, in alcuni punti maestosa, accompagna bene i vari passaggi che si avvicendano. Spumeggiante e orecchiabile l'opening di Taiiku Okazaki, "Shiokaze", romantica e melodica l'ending di Leola, "I&I". I testi di entrambe si sposano bene con la storia di "Fune wo amu", ma è soprattutto il ritornello dell'opening a richiamare fortemente un'immagine cara all'anime, quella di questo mare che nasconde e protegge un legame col mondo.

«Affoghiamo sommersi da onde sporadiche di sinonimi e contrari.
Uno scontro frontale, due poli opposti, le differenze cadono per unirsi in qualcosa di nuovo.
Riferimenti, conclusioni, andiamo a raccogliere le parole sparse nell'eternità del tempo.
Il profumo della brezza marina si diffonde; un legame giunge a riva per ognuno di noi.»

"Fune wo amu" è sicuramente un genuino tributo all'animazione, perché oltre a essere tecnicamente ben realizzato, con la sua sublime regia e la sua accurata sceneggiatura dimostra che gli anime non sono da meno di altri media per la realizzazione di qualcosa di meritevole. Trasmette un messaggio universale, che ha un'eco importante nella società di oggi, tutta ripiegata su se stessa, incapace di comunicare quello che sente. Bisogna sempre scegliere con cura le parole, perché ognuna di esse porta un significato profondo. A questo punto cos'aspettiamo? A bordo di Daitokai, prendiamo il largo nel mare di parole per una grande traversata...