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esseci

Episodi visti: 7/7 --- Voto 8
"Mask Girl" è una serie televisiva coreana del 2023 della nota piattaforma streaming che riesce nella sua "semplicità" e "immediatezza" a offrire tuttavia diverse chiavi di lettura di una storia triste, grottesca, volutamente esagerata, surreale e violenta (anche neanche tanto latamente splatter/pulp) su diversi personaggi, tutti femminili, che si affrontano in un arco temporale molto ampio seguendo le gesta in primis di Kim Mo-Mi e di Kim Kyung-ja.

Kim Mo-Mi è una donna che da bambina aveva il sogno di realizzarsi nel mondo dello spettacolo come ballerina e cantante e che da adulta riesce a realizzare in parte il suo sogno come performer sexy mascherata (da qui il nome d'arte "Mask Girl") su una piattaforma tipo "Only Fans" per poi finire suo malgrado invischiata nella rete dei suoi fan e diventare un'omicida efferata proprio di uno dei suoi più accaniti fan pornomani Joo Oh-Nam. Inutile sarà la sua fuga e il sottoporsi ad un intervento di plastica facciale per riuscire a far perdere le sue tracce.
Kim Kyung-ja è la madre di Joo Oh-Nam che una volta scoperto l'assassinio del suo unico figlio si mette sulle tracce di Mask Girl, scoprendo man mano la sua vera identità e riuscendo ad inviduare il luogo in cui si nascondeva e di conseguenza "congengnare" la sua terribile vendetta nei confronti di Mask Girl.

A latere delle due protagoniste si innestano pochi altri personaggi, ma significativi. Su tutti: Sim Young-Hee, madre di Kim Mo-Mi, e Kim Mi-Mo, figlia in "anagramma parziale" di Kim Mo-Mi.

Ho esordito con l'affermazione che la serie può essere valutata sotto diversi punti di vista e può offrire diversi punti di riflessione.

Il primo, forse quello meno evidente, è quello relativo alla anafettività e agli errori educativi dei genitori nei confronti dei figli.

«Colui che ha peccato e non altri deve morire; il figlio non sconta l'iniquità del padre, né il padre l'iniquità del figlio. Al giusto sarà accreditata la sua giustizia e al malvagio la sua malvagità» (Ezechiele, 20)

Prendo spunto da un verso della Bibbia (nella serie troveremo diversi riferimenti alla religione cristiana e alla ipocrisia nel vivere e applicare i suoi precetti) come si suol scrivere "a contrario" proprio per spiegare il problema di base del dramma di "Mask Girl"...

La serie sembra voler dimostrare che nonostante gli sforzi messi in atto dai genitori in extremis per rimediare ai propri errori nei confronti dei propri figli, nulla possono per sottrarre coloro che rappresentato ciò che dovrebbe essere loro più caro dal destino "tragico" cui li hanno destinati per gli errori commessi nella loro vita, verso se stessi e verso i figli.

Paradigmatico è il fil rouge che collega le esistenze di Sim Young-Hee, Kim Mo-Mi e Kim Mi-Mo. Ma altrettanto significativo è quello che unisce Kim Kyung-ja e Joo Oh-Nam (madre e figlio).
Nella rappresentazione, credo, volutamente grottesca, eccessiva e surreale dei "legami" familiari, si vede chiaramente l'incipit del "cancro" che poi su larga scala infetta in generale la società, i suoi valori, i canoni estetici, la visione dei rapporti tra le persone e le sue distorsioni come la dicotomia tra mondo reale e mondo virtuale che tanto influenza oggi le interazioni tra le persone nella società.

"Mask Girl" e le sue gesta non sono la causa del dramma vissuto dalla protagonista Kim Mo-Mi e il suo avatar, ma ne rappresentano la conseguenza di una serie di eventi e di una evoluzione della percezione dell'immagine femminile a livello sociale in Corea (ma si potrebbe estendere a tutto il mondo).

Se da bambina Mo-Mi amava ballare, cantare ed esibirsi e la stessa madre ne era contenta, da ragazza prima e da adulta Mo-mi, mentre ambiva a una carriera nel mondo dello spettacolo, si ritrova respinta dal mondo rutilante dello show biz perché pur essendo una giovane alta e slanciata ha un volto definito “brutto” e al di fuori dai canoni estetici imperanti.
Tale difetto non solo viene evidenziato da coloro con cui si interfaccia quando si esibisce ma anche e soprattutto dalla madre Sim Young-Hee che con una durezza quasi melodrammatica invita la propria figlia a dedicarsi ad altro proprio a causa del suo volto...

E così nei primi episodi si osserva la profonda sofferenza di Kim Mo-Mi che alla lunga a causa delle continue offese al suo volto inadatto alla carriera nel mondo dello spettacolo ha ridotto la sua sicurezza e consapevolezza di se trasformandola in un’adulta introversa e incapace di farsi valere con gli altri nella realtà e una disinibita ballerina nel mondo virtuale, oggetto di grande successo.

Ma sotto la maschera Kim Mo-Mi resta una donna profondamente insicura, incapace di gestire i rapporti con le persone e con un'affettività probabilmente immatura per l'età, tanto da vivere nel terrore di essere scoperta e una volta che viene individuata va letteralmente in crisi concedendosi ad un incontro "al buio" con uno dei suoi sedicenti fan che poi diventerà l'incipit per la serie infinita di guai che dovrà subire fino al termine della serie e che la costringeranno a pagarsi un intervento di plastica facciale per difendersi e scappare...

La maschera indossata virtualmente, diventa definitiva nella realtà diventando una ragazza coerente con i canoni estetici universalmente apprezzati dalla società...
Ma è solo un escamotage per difendersi dal mondo esterno, una maschera per sopravvivere e per essere accettati dopo che sia a livello familiare, sia a livello sociale si è stati oggetto di body shaming più becero per il proprio viso...

E' inutile evidenziare che i protagonisti maschili di questa prima parte della serie sono personaggi piatti, moralmente riprovevoli perché dipendenti da un sesso distorto e violento in cui non c'è posto per l’amore ma solo per il soddisfacimento anche violento e sadico delle proprie pulsioni.
E "Mask Girl" documentando il mondo dei performer femminili che si esibiscono e fanno leva sulla propria fisicità perfetta non può che andare a pescare nel torbido maschile, come se per affermarsi con un corpo non in linea con i lineamenti generalmente apprezzati da tutti, l'unica soluzione sia concedersi nel modo escogitato da Kim Mo-Mi: valorizzare ciò che possa piacere per realizzarsi e sentirsi apprezzati...

Tralascio le scontate dissertazioni sul mondo dei social e sulla loro realtà virtuale e distorta dove ciascuno di noi riesce ad essere ciò che non è nel reale e dove tutto si deforma in una visione ad personam da parte di coloro che osservano e idolatrano chi si esibisce. Evidente la "condanna" contro la società che sembra ritenere normale e quasi dovuto sottoporsi ad interventi di chirurgia estetica per essere accettati e vincenti: l'estremizzazione della teoria delle maschere di pirandelliana memoria, dove la "maschera" non è più un orpello da indossare alla bisogna nell'esibizione o nella recita della vita, ma diventa "permanente". Una perenne interpretazione di ciò che non si è mai stati e il ripudio della propria fisicità...
La scena che chiude l'arco di Mask Girl come performer è paradigmatica del concetto: Kim Mi-Mo con la chirurgia facciale ha deciso di essere un'altra persona in modo definitivo: una trasformazione comunque negativa perché uccide... e anche in modo efferato durante una violenza sessuale trasformata in un amplesso orgiastico in cui lei prende il sopravvento e in cui sembra violentare il pornomane che poi rappresenterà la sua "condanna"...

La seconda parte della serie, quella più lunga, assume i toni e i colori noir di una specie di thriller. Mask Girl è prima una splendida ragazza madre (il frutto dell'amplesso di cui accennavo prima) che viene arrestata per i crimini commessi (ossia essersi difesa dalla violenza della sua vittima, altra situazione in cui la vittima si trasforma carnefice).
Ma l'essere in carcere e l'aver affidato la neonata alle cure della madre non è sufficiente a sottrarsi alla folle vendetta della madre del pornomane che porteranno la serie al "redde rationem" finale con un esito alla "Leon" (il capolavoro di Luc Besson).

Il finale tragico e la sequenza finale della figlia Kim Mi-Mo che visiona una vecchia videocassetta della madre che da bambina si esibiva in un balletto tutta felice ed entusiasta da il senso di tutta la storia di Mask Girl. La Kim Mo-Mi bambina afferma che lei da grande vuole essere una persona "amata da tutti"...
L'epigrafe funeraria che riassume il grande senso di ingiustizia e dell’indifferenza a tutti i livelli che la vita sa riservare, in una visione pessimistica, dolente e forse ineluttabile delle interazioni umane in cui gli errori dei genitori e delle persone si riflettono sui propri discendenti in una sorta di maledizione senza scampo. E non è un caso che le protagoniste siano le madri che al termine di un crescendo degno di un film pulp di Tarantino pagano con l'estremo sacrificio per porre rimedio agli errori del passato...

Dal punto di vista tecnico la serie è molto originale nel mixare i momenti del passato e del presente, intrecciando in modo sapiente le trame in modo da mantenere sempre vivo l'interesse degli spettatori. A livello recitativo mi sono piaciute le attrici che hanno interpretato la madre del pornomane (rendono benissimo la determinazione feroce e malata alla vendetta) e l'ultima Kim Mo-Mi che è riuscita a rendere la fase del "prison drama" in modo impeccabile: una detenuta che da rassegnata e indolente ritorna determinata solo per cercare di salvare sua figlia da morte certa... Se non fosse per molte forzature della trama, la serie rappresenterebbe a suo modo un piccolo capolavoro grottesco, diretto ed esplicito sull'esistenza e sulla crudeltà umana.