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 5
Ucchan

Volumi letti: 3/3 --- Voto 9
"La principessa Zaffiro" è sicuramente uno dei manga più importanti del maestro Osamu Tezuka. Pubblicata per la prima volta nel 1953 l'opera costituisce una vera e propria rivoluzione nel mondo del fumetto giapponese, diventando il primo manga concepito per un pubblico femminile ad avere una trasposizione animata e mettendo così le basi per la fondazione degli Shoujo manga.

L'opera, come gran parte della prima produzione tezukiana, viene influenzata pesantemente dai lavori di Walt Disney la cui traccia si manifesta in modo eclatante sia nei disegni che nella narrazione del fumetto. Tra tutte le componenti è sicuramente la trama però quella che presenta maggiormente l'influenza dell'immaginario occidentale, mischiando al suo interno fiabe folkloristiche europee, poemi cavallereschi e riferimenti ad altre opere; a volte espressamente citate come la tragedia shakespeariana "Re Lear".

Nonostante il suo essere quasi in tutto e per tutto un fumetto occidentale riesce però a parlarci di uno degli aspetti più tristi della società giapponese, ed in generale di quella umana, attraverso un mezzo semplice e diretto come può esserlo una fiaba:
è solo mettendoci nei "panni" di Zaffiro ed empatizzando con lei che riusciamo veramente a capire quanto possa essere opprimente il fatto di venire indirizzati fin da piccoli, a prescindere dalle proprie caratteristiche fisiche e dalla propria inclinazione, a comportarsi secondo un carattere sociale e culturale definito da altri. Ed è sempre Zaffiro a dimostrarci che solamente attraverso un percorso di crescita personale è possibile trovare se stessi, abbattendo tutti i dogmi sociali che accompagnano troppo spesso l'identità di genere.

Consiglio animatamente quest'opera a tutti coloro che amano i fumetti. Poiché a prescindere dal genere e dal target "La principessa Zaffiro" riesce, come solo i più grandi capolavori sanno fare, a trasmettere tramite una lingua comprensibile a tutti un messaggio universale.


 7
Kotaro

Volumi letti: 3/3 --- Voto 9
Che tra Walt Disney e Osamu Tezuka ci sia uno strettissimo legame è cosa nota e risaputa. Io, lo ammetto, sono piuttosto ignorante, per quanto riguarda quest'ultimo, e quindi non mi ero mai potuto sincerare della cosa con i miei occhi.
Eppure è bastata una veloce lettura del primissimo capitolo di La principessa Zaffiro per rendermi conto immediatamente di quanto sia profondo il legame tra questi due grandi del fumetto e dell'animazione.

L'incipit della storia rivela inequivocabilmente la sua "nipponicità", con la storia di questa ragazza dai due cuori e dalla personalità ambigua, ora intrepida e spavalda come un uomo, ora timida e sentimentale come una donna. E' un modo surreale e goliardico di giocare con l'ambiguità sessuale, che contraddistingue i Giapponesi e farà scuola, ripercuotendosi poi su tutta l'industria futura degli shojo manga di cui La principessa Zaffiro può considerarsi l'antesignano.
La "giapponesità" di questo manga, però, si nota soltanto in questo piccolo particolare, e nella caratterizzazione grafica di alcuni personaggi maschili, come il pirata Blood o il principe Franz, che sono più simili ad un futuro Aran Banjo piuttosto che a personaggi dei fumetti occidentali.
Per il resto, La principessa Zaffiro sprizzerà "occidentalità" da ogni pagina, a cominciare dal design della protagonista che ricorda molto Betty Boop, fino ad arrivare alla caratterizzazione grafica di gran parte dei personaggi. L'atmosfera che si respirerà sarà quella dei corti di Popeye e delle Silly Symphonies della Walt Disney, con un cattivo farsesco e divertente i cui capelli ricordano, neanche a farlo apposta, le orecchie del personaggio più celebre della casa di Burbank, Mickey Mouse.
Sono disegni che, ovviamente, lasciano un po' interdetti i lettori odierni, trattandosi di un'opera di un lustro fa, ma che sono estremamente funzionali ed espressivi, soprattutto per questa loro "disneyanità" di fondo, che li rende simpaticissimi.

Ciò che ci aspetta, nei tre volumi che compongono l'opera, è una lunghissima serie di rocambolesche avventure, colpi di scena, scambi di persona, equivoci, rapimenti, combattimenti di cappa e spada, incontri e scontri, insidie, amanti separati, separazioni e ritrovamenti, che ci porteranno a girovagare per castelli, boschi, caverne, isole, oceani, navi pirata e regni incantati assieme a questa povera principessa che, senza un solo attimo di pace, gira in lungo e in largo alla ricerca dell'amore e della libertà.

La principessa Zaffiro merita davvero l'enorme successo riscosso e l'enorme importanza di cui lo si riveste. E' un'opera particolarissima, che farà scuola e che riesce a fondere in un'unico fumetto due tradizioni, quella nipponica e quella occidentale, con enorme maestria. Si fa leggere con sommo godimento nonostante siano passati cinquant'anni dalla sua composizione, e le vicende della sventurata Zaffiro appassionano e tengono col fiato sospeso anche il lettore di oggi, quasi fossero il più appassionante dei racconti picareschi.
Capolavoro? Indubbiamente, ma io sono solo un comune mortale al cospetto di un'opera importante come questa, e il pensiero di doverla giudicare mi turba non poco...
Da leggere.


 3
bruttabestia

Volumi letti: 3/3 --- Voto 7
Chissà in quanti avranno sentito parlare del ‘dio dei manga’ Osamu Tezuka e quanti invece, spinti dalla curiosità, hanno deciso di avventurarsi nella lettura di una delle sue opere; io faccio parte di questa seconda categoria e, siccome navigo in un periodo di forte voglia di provare, mi sono procurato un’opera che fino a poco tempo fa non sarebbe neanche mai entrata nei miei pensieri: La Principessa Zaffiro.
Risalente agli ormai lontani anni 50 (nonostante qualche revisione avvenuta negli anni successivi), quest’opera viene considerata il primo shoujo della storia, nonostante gli standard proposti non fossero di certo quelli che oggi ritroviamo nei lavori dello stesso genere. Vista l’esperienza personale mi sento di fare una doverosa premessa: non fermatevi all’apparenza, perché lo stile sia del disegno che della narrazione sono molto differenti rispetto quelli a cui siamo abituati, e ad una prima occhiata questo manga potrebbe far storcere il naso a molti.

Nel regno di Silverland la regina partorisce, a causa di un dispetto di un angelo discolo nell’Immensità del Cielo, un neonato con due cuori, uno di sesso maschile e l’altro femminile; a causa di questa ambiguità, l’infante avrà l’aspetto di una ragazza ma l’animo di un ragazzo, problema assai grave in un regno che non ammette successori femmine al trono. Per risolvere l’inconveniente i regnanti, assieme a pochi consiglieri di fiducia, si prodigheranno per allevare il neonato come un maschio, permettendogli di manifestare la sua vera natura solamente nei momenti privati, all’oscuro degli estranei. Questo non è altro che il presupposto per una serie di avventure, storie d’amore (ricambiate e non), lunghi viaggi, esseri fantastici, trappole e inganni per la conquista del trono.

Il racconto in principio parte semplice e quasi banale, con un linguaggio basilare e dei concetti scontati, scene veloci e senza articolazione della trama. Col passare delle pagine quello che in principio era sembrato uno sviluppo lineare inizia a complicarsi, appaiono molti personaggi (spesso collegati fra loro) e le situazioni diventano sempre più coinvolgenti. Nonostante ciò verso la fine dell’ultimo volume iniziano a susseguirsi un incredibile numero di avvenimenti, per poi ritrovarsi con un finale piuttosto frettoloso e poco delineato, il che è veramente un peccato vista la qualità dello svolgimento.

Il disegno rimanda all’idea di una fiaba, ed è adatto al tipo di storia che ci ritroviamo fra le mani; è molto semplice, le comparse non brillano d’originalità e gli sfondi non sono dettagliati. Nonostante ciò il tratto è pulito, comprensibile e le vignette sono ben delineate, creando così una sorta di ordine e precisione; le scene di lotta e azione sono solamente abbozzate, ma non creano particolari difficoltà nella lettura, nonostante non coinvolgano il lettore (la mira di questo manga è decisamente un’altra). Una lode al disegno da fare è quella all’originalità; di certo questo non è il tratto caratteristico degli shoujo ma, nonostante ciò, i volti trasmettono emotività grazie al notevole uso di sguardi e posture della bocca.

Pubblicato in Italia nel 2001 da Hazard Edizioni, La Principessa Zaffiro gode di un’edizione mirata, purtroppo, solo a un pubblico di nicchia, dato il prezzo di 9,81 euro (in decimali a causa del cambio dalla lira). Considerato il costo, l’edizione è fin troppo essenziale e, nonostante i volumi abbiano dalle 214 alle 256 pagine, sono presenti innumerevoli pecche. In primo luogo il senso di lettura ribaltato rispetto all’originale, poi la carta troppo trasparente, qualche errore di adattamento (soprattutto per quanto riguarda lo scambio tra punti di domanda e punti esclamativi), un orrore di scrittura di una parola inglese e pochi extra. Al contrario, c’è una sovraccoperta buona, la rilegatura è resistente ed elastica (anche se non troppo) e permettere una lettura agevole. Insomma, un’edizione che avrebbe potuto costare di meno per quello che offre ma, a parte questo, discreta.
Un discorso a parte è da fare per la traduzione perché, come specificato nel manga stesso, i traduttori hanno dovuto fare un particolare e lungo lavoro di adattamento, in quanto in giapponese, a livello grammaticale, non è possibile capire se un soggetto quando parla è un maschio o è una femmina, e nella traduzione in italiano di quest’opera, il problema sorge in quanto Tezuka pone particolare enfasi su quest’aspetto.

Una storia che può essere apprezzata da tutti, con uno stile fiabesco che narra di mondi fantastici e storie d’amore; per quanto lo stile ricordi una favola, la trama non potrà essere apprezzata da un bambino in quanto piuttosto complicata nello svolgimento, problema che si può aggirare se sarà un adulto a leggergliela. Sottolineo questo fatto perché opere di questa genuinità e freschezza dovrebbero essere ricordate, per quanto questa non si attesti proprio su un livello alto (son sicuro che sono altre le opere di Tezuka che lo hanno reso celebre). Insomma, è soltanto un bel racconto di fantasia raccontato piuttosto bene.

VOTO FINALE: 7/10
by bruttabestia 18/07/2009