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Haruhi Suzumiya Gold Edition

Volumi letti: 1/1 --- Voto 5
Una storia forte, drammatica, che affronta senza pudore ma senza mai scordare la dolcezza, problemi adolescenziali e l'incombere di una spietata malattia, che non riesce a raggiungere la sufficienza a causa di personaggi troppo stereotipati, tratti di eccessivo buonismo e momenti "di svolta" trattari con troppa superficialità.

Fin dalle prime pagine, abbiamo modo di conoscere Rina, una ragazza davvero tremenda. L'autrice non fa nulla per farci risultare simpatica la protagonista. E' bella, ha un bel corpo, è ammirata da molte persone...ma trascorre le sue giornate nei club e nei motel, concedendosi a ragazzi in cambio di denaro. Non ha amici, solo ragazzine che le girano attorno attratte dalla sua popolarità, e anche in casa, con i genitori, è freddissima se non addirittura spietata con la madre.
Dopo questa introduzione al personaggio, si inizia lentamente ad entrare nel suo dramma, e, contemporaneamente, l'opera inizia a perdere colpi.
Rina sviene improvvisamente, e dopo un ricovero all'ospedale, deve affrontare una verità straziante: un cancro ai linfonodi, potenzialmente mortale, la sta divorando! Inizia dunque il declino psico-fisico della bella Rina, ridotta al fantasma di sè stessa. Non ha più i suoi lunghi capelli, ha perso molto peso, non c'è più vita nei suoi occhi...e le false amiche la lasciano sola.
A salvare Rina, si affacciano sullo sfondo due tristi figure: la piccola Kanae, che vede in lei una "sorellona", che combatte da una vita contro la leucemia, senza mai lamentarsi, sognando di poter far un viaggio e soprattutto Maki, vecchia amica delle elementari di Rina, che frequenta l'ospedale per motivi inizialmente ignoti al lettore. Maki, contrariamente a Rina, non è mai stata bella, non è mai stata speciale per nessuno, ma ricorda chiaramente di quando una giovanissima Rina, non ancora rovinata dal sesso e dalle droghe, non ancora succube delle troppe attenzioni della madre e della freddezza del padre, la invitò alla sua festa di compleanno e le regalò un carillon dalla straziante melodia che lei porta sempre con sè. Inizia così una lotta contro la malattia e lo sbocciare di una vera amicizia, per un finale che, credo, lascerà a tutti una forte e soffocante sensazione di tristezza, che si vorrà dimenticare presto.

Conclusioni finali
Come ho scritto sopra, le premesse c'erano tutte, ma purtroppo l'autrice non è stata in grado di imprimere su carta, la vera drammaticità che avrebbe dovuto trapelare da un'opera che affronta tali tematiche. Una nota di demerito poi, a mio giudizio, va anche ai tre personaggi principali. Mentre non ci vengono risparmiati i dettagli più scomodi della malattia (i tratti quasi irriconoscibili, la perdita dei capelli, la nausea...giovani adulti ridotti a non essere in grado di mangiare da soli) dall'altra parte non ci sofferma mai sui passaggi cruciali. Tutto si risolve in pochissime pagine, non si fa in tempo ad immergersi in una situazione che subito si passa violentemente ad un'altra, in modo scomodo e spiazzante. Mi sembra un po' forzato l'ottimismo con il quale una bambina va incontro al proprio tragico destino sorridendo e affezionandosi tanto ad una persona mai vista prima, esagerate le attenzioni morbose di Maki nei confronti di Rina...genitori piatti, intrappolati nei loro cliché. Questo a mio parere toglie molto valore all'opera, che altrimenti sarebbe potuta essere anche una storia che si sarebbe meritata un bell'otto.
Peccato, speriamo che un'eventuale prossima opera, ci regali qualcosa di più.


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Ais Quin

Volumi letti: 1/1 --- Voto 7
Thomas Jefferson diceva che non c'è talento più utile di quello di non utilizzare più parole del necessario. Io non l'ho mai avuto, e proprio per questo motivo sono convinta che abbia ragione. Alcuni di noi comuni mortali, quando tempo e spazio scarseggiano, si lasciano prendere dal panico e iniziano a sparare alla cieca, convinti in questo modo di aumentare le probabilità di riuscire a colpire il bersaglio; ma per ogni colpo da massimo dei punti ce ne sono tanti altri che vanno sprecati. "Dear Friends" è uno di quei manga che non ha bisogno di un gran dispendio di munizioni, ma leggendolo ho avuto l'impressione che Yuu Yoshi non confidasse abbastanza nelle proprie capacità narrative e che per questo lo abbia infarcito di eccessi.

Quando la scelta è tra rubare ed essere derubati Rina non ha dubbi: permettere al cuore di prevalere sulla ragione significherebbe legittimare il prossimo ad approfittarsi di lei. Per questo ogni relazione da lei intrattenuta ha uno scopo ben preciso, raggiunto il quale non ha più ragione di essere. Sa bene che qualora avesse bisogno di aiuto nessuno sarebbe disposto a darle una mano, ma non se ne dà pensiero perché lei stessa non si fa il minimo scrupolo nel voltare le spalle a un'amica in difficoltà.
Dopo l'ennesima notte di bagordi la ragazza comincia ad accusare degli strani sintomi, culminanti in uno svenimento a causa del quale viene ricoverata in ospedale. Gli esami a cui viene sottoposta rivelano la presenza di un linfoma. In un primo tempo Rina si rifiuta di accettare di essere gravemente malata, ma l'incontro con la piccola Kanae e il ritorno della sua vecchia amica Maki le daranno la forza di guardare in faccia la realtà e di provare a cambiare.

La storia in sé non è affatto male, ma ha la tendenza ad indulgere nel melodrammatico, raggiungendo picchi di irrealtà da far tremare le vene dei polsi. Si direbbe nell'ospedale dov'è ricoverata Rina non esistano il diritto alla privacy e ad un'adeguata assistenza psicologica per i pazienti e per le loro famiglie, dal momento che il personale parla liberamente delle condizioni degli infermi - anche di quelli che non segue di persona! - e che, per quanto sia dato sapere al lettore, nel corso della sua degenza la protagonista non viene mai affidata alle cure di un terapeuta. Indipendentemente dalla gravità della loro situazione, inoltre, i malati sembrano godere di un'incredibile libertà di movimento, al punto da potersi aggirare indisturbati nei vari reparti senza dover rendere conto dei propri spostamenti.

Compatibilmente con i difetti precedentemente ravvisati l'introspezione psicologica risulta, nel complesso, sufficientemente puntuale ed efficace. Manca, tuttavia, una vera e propria contestualizzazione del personaggio di Rina, il cui cinismo non viene in alcun modo giustificato. Sarebbe stato interessante sapere cosa l'ha resa così disincantata, ma a quanto pare dobbiamo accontentarci della consapevolezza che non si tratti di un'attitudine innata.

Il tratto di Ayu Watanabe assolve il suo compito in maniera soddisfacente, ma non brilla per incisività. Una storia dai contenuti così forti avrebbe avuto bisogno di una resa grafica più aggressiva, più vicina ai canoni di una Moyoco Anno o di una Kyoko Okazaki che a quelli di uno shoujo convenzionale - a meno di non voler giocare sul contrasto tra forma e contenuto, ma non mi pare sia questo il caso.

Poiché non c'è nulla di più triste e delittuoso di un'occasione sprecata, quindi, il mio voto è un 7 carico di rimpianto per ciò che avrebbe potuto essere ma che purtroppo non è stato. Non nego che sia stata una buona lettura, ma con qualche ulteriore accorgimento avrebbe potuto aspirare a molto di più.