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Texhnolyze

Volumi letti: 1/1 --- Voto 8,5
Prima di parlare di questo manga è opportuno smascherare prima il suo creatore, Shintaro Kago, ovvero “the one that turns shit into gold”. Perché parlare prima dell’autore? Non che sia un manga biografico, sia chiaro, ma è una questione puramente strategica poiché l’approccio utilizzato da Kago in ogni sua opera è pressoché identico e quindi parlare di lui in generale è come parlare indirettamente di questo fumetto.
In questo panorama fumettistico giapponese Shintaro Kago è un vero e proprio avvento, una manna dal cielo portata da chissà quale divinità scatologica, dal momento in cui l’industria fumettistica si va sempre più standardizzando e schierando dalla parte del politically correct; ecco che Kago, lui più di altri suoi colleghi, si oppone a tutto ciò che l’industria offre e lo fa con i suoi mezzi, l’ero-guro.
Partiamo subito con il dire ciò che spaventa gran parte dei lettori: la mancanza di una trama. E’ inutile ed offensivo parlare di trama nella sua produzione artistica, così come di principi morali, di razionalità, di psicologia, di qualsivoglia costruzione, poiché il suo hobby è decostruire. Elogiare qualcuno perché decostruisce è diventato abbastanza comune ma il termine è stato coniato per questo uomo. E allora cosa lo rende geniale – anche qui, termine abusato ma mai più calzante – se non la sua capacità di stupire il lettore, oltre al fatto che è totalmente unico?
Il lettore non può che trovarsi perplesso e stupito davanti alle sue opere per l’approccio estremo e per come riesce a portare avanti qualcosa di senza senso ma che a ben guardare ha una certa coerenza intrinseca.

Prendendo ora il caso di Dance! Kremlin Palace si può già immaginare di cosa potrebbe parlare, della Russia, eppure predire anche solo una pagina di questo fumetto è davvero arduo. Il manga è una raccolta ma contiene storie che hanno in comune appunto la Russia, per lo meno quella dal 20esimo secolo in poi.
Il processo creativo di una satira feroce è quasi sempre lo stesso: scegliere il soggetto, coglierne alcuni luoghi comuni e ingigantirli. Infatti la prima cosa che ci mostra è proprio un capitolo sul comunismo, disegnato in maniera fanciullesca ed essenziale per accentuare la sua natura “istruttiva”, ed chiaro che mette in luce tutti i problemi relativi di questa ideologia -fin troppo utopistica di base- tramite trovate assurde ma allo stesso tempo efficaci, dirette.
Pur utilizzando luoghi comuni, lo sviluppo di qualsivoglia tematica o storia è impensabile da immaginare poiché il lavoro di Kago ha direzione opposta alla produzione mainstream, strabordante di cliché. Anzi, a dire il vero anche solo parlare di cliché stonerebbe non poco in questo contesto in quanto Kago non si avvale di una narrazione classica e ciò che lui si prefigge è sbalordire il lettore. Pagina dopo pagina si entra in un vortice in cui l’unico appiglio apparente è la curiosità di scoprire cosa succederà dopo e puntualmente lui non delude riuscendo ad espandere sempre più l’assurdità del tema fino all’apoteosi dell’ultima vignetta.
Volendo collegarci in maniera più salda con il fumetto in questione si può fare un’analogia con un oggetto tipico del folclore russo: la matrioska. Ebbene all’avanzare di ogni pagina, di ogni capitolo, si assiste al montaggio di una matrioska, ovvero c’è sempre una più grossa che ingloba le precedenti.
Le tematiche disseminate tramite una satira dissacrante ed intelligente non sono poche e qui certamente non se ne può parlare in maniera approfondita, tutt’al più illustrarne alcune. Quindi dopo averci detto, a suo modo, cosa è il comunismo, è il momento di capire come possono questi comunisti eleggere un rappresentante se di base vige l’uguaglianza; lui suggerisce un geniale punto di partenza: la roulette russa. Questo capitolo illustra come sia solo la fortuna a farci strada, non una grande ideologia, non chissà quali doti oratorie, ma solo la semplice fortuna, che per giunta è anche limitata.
Ovviamente quando si parla di una madre, la Russia, ci sono anche i suoi figli a fare la comparsa e tra essi si annoverano grandi figure del ‘900 quali Stalin, Lenin, Trotskij, Gorbachev e di recente anche Putin.
A questo punto non possono che susseguirsi eventi legati alla storia ma attenzione che lo scopo non è la veridicità storica, piuttosto sono spunti per ironizzare queste figure o ideali.
Prendiamo per esempio il capitolo in cui il ministro degli esteri vince politicamente tramite l’aiuto del defunto Stalin che purga i suoi avversari e il tutto finisce in una sfida sciamanica tra il ministro russo e quello giapponese entrambi affiancati rispettivamente dagli spiriti di Stalin e Lenin. Chi vince, in questo o altri scontri successivi, non è importante poiché lo scopo di Kago non è mostrare con chi si schiera, non c’è nessun fine educativo o moralistico, sia ben chiaro, d’altronde è un fumetto d’autore.
Inoltre non è una lotta senza quartiere contro la Russia e il comunismo, ma si dividono le raffiche anche il Giappone, gli Stati Uniti ed altri paesi.
Parlando di trovate assurde c’è anche uno scontro con gli Stati Uniti, che rivendicano ovviamente la libertà e il capitalismo, rappresentati da supereroi della DC e purtroppo per loro a difendere l’URSS si ergono i famosissimi Pravdamen(versione parodistica dei Power Rangers) tutti rossi, si capisce. Anche in questo episodio il suo modus operandi decostruttore si fa leva sui supereroi mettendo in scena il tipico scontro con tecniche urlanti che richiamano il paese di provenienza.
Le citazioni ai fumetti non finisco qui, infatti oltre al già citato scontro sciamanico che potrebbe essere uno di Shaman King o di JoJo, ci sono i classici Doraemon e Dragon Ball(qui non si limita semplicemente a tirarlo in ballo, ma lo fa tramite la finezza della sfera Genkidama che accumula il potere comunista).
Si potrebbe continuare con altre opere russe, si spazia da Dostoevskij a Tarkovskij e per finire l’immancabile Corazzata Potemkin con la famosa scalinata di Odessa.
Kago dimostra una conoscenza della cultura russa non indifferente e, a parte le licenze che si prende, il tutto si amalgama ottimamente mescolando la narrazione fumettistica -oltre ad eventi storici- anche a piccoli dettagli come la morte di Trotskij. Prendendo quest’ultimo infatti, per chi sa come è morto, non è difficile ridere di buon gusto quando egli rivive con una piccozza in mano.

Devo dire che forse Kago dà il meglio di se quando è meno estremo, infatti trovo questo lavoro più simile a un Anamorphosis o Fraction piuttosto che a Kijin Gahou, Dream Toy Factory e il primo volume de Diari di Massacri, dove budella, feci e via cantando abbondano. Ovviamente il suo solito riff scatologico c’è, così come la componente ero-guro, ma non disturba più di tanto. Qui non è nemmeno avanguardista come Uno Scontro Accidentale[…] o Paranoia Street ma presenta layout semplici, nonostante le inquadrature e il montaggio interno siano più cinematografici che fumettistici.
Inoltre il tratto di Kago qui non è al suo zenit -che probabilmente ha raggiunto con Uno Scontro Accidentale- seppur ci sia il capitolo sui cosacchi tutto in doppie splash page che gli rende giustizia, ma usa uno stile molto scarno e “semplice”, distaccato e freddo che ben si adatta al clima russo.
Ecco, La guerra fredda è un altro tassello fondamentale ed immancabile, inoltre il modo in cui si rappresenta la paura, lo stress e talvolta l’eccitazione derivanti dalla bomba è inutile stare qui a descriverlo in quanto va letto.
Non sta a Kago dirci se il comunismo sia giusto o sbagliato ma il capitolo sulla perdita voluta della memoria da parte dei russi fino a regredire mentalmente, poiché il passato fa fin troppo male, è lampante.
A questo punto non c’è più molto da dire; chi sostiene che Kago sia solo semplice divertissement autoreferenziale -quasi solipsista-, continuerà a sostenerlo; chi lo considera un genio, allo stesso modo continuerà imperterrito; poi chi non riesce a superare il gore di fondo è destinato a perdersi tutto ciò.

Nota per i russi che si sono offesi leggendo questo fumetto: ricordate che Kago nel capitolo del baseball ha assegnato un Gorbachev a svariati paesi, qualcosa vorrà pur dire, no?