Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

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Ultimamente ho recuperato "Clannad" e sono rimasto piacevolmente colpito dalla visione di questo anime, quindi ho deciso di dare la possibilità ad altre opere tratte dallo stesso studio di visual novel. Quindi ho scelto di guardare l'adattamento animato di "Little Busters!", in quanto presenta molte analogie con l'anime citato poc'anzi. Anche se occorre fare delle precisazioni, l'anime recensito non è realizzato dallo stesso studio di quello di "Clannad", la Kyoto Animation, bensì dalla J.C. Staff, che in precedenza ha realizzato, per quanto mi riguarda, due ottimi prodotti del calibro di "To Aru Majutsu no Index" e "To Aru Kagaku no Railgun". Avviso anche che non ho avuto la possibilità di leggere il romanzo visivo originale, tuttavia, dai fan della Key, viene ritenuto, generalmente, un buon adattamento.

Infatti si può evincere facilmente che le menti che hanno ideato la storia sono le medesime, in particolare per quanto concerne la trama. Se in "Clannad" il protagonista, Tomoya, aiuta Nagisa a dare nuova luce al club di teatro, in "Little Busters!" abbiamo Rikki, che, invece, cerca dei membri per il club di baseball. Inoltre, in entrambe le avventure scolastiche viene aggiunto quel pizzico di soprannaturale, che rende le vicende più avvincenti e interessanti, caratteristica tipica dei prodotti targati Key. Infine, sia in "Clannad", che in "Little Busters!", abbiamo lo sviluppo di una sotto-trama, che ha a che fare con questa componente misteriosa, che contraddistingue queste serie. Nel primo il mondo illusorio, nel secondo delle strane lettere, che potrebbero svelare, addirittura, il segreto del mondo.

Primo piccolo punto dolente che, a mio avviso, rende questo anime inferiore alla prima serie di "Clannad" sono proprio gli incarichi da portare a termine, racchiusi in queste lettere, che ho trovato abbastanza banali e non affascinanti, quanto la meccanica del "mondo illusorio" o "fantasia invernale", attorno alla quale ruota la trama di "Clannad". Secondo difetto, sempre correlato in parte a ciò, è che a volte, eccezion fatta per alcune scene non da scartare, questi episodi, meno incisivi, spezzano il ritmo narrativo di determinati archi; nel concreto mi riferisco a quello dell'eroina Kud con l'episodio 20. Poi abbiamo anche dei veri e propri riempitivi, quel tipo di episodi che, se per sbaglio salti, non te ne accorgi nemmeno, e mi riferisco all'episodio 11 dedicato alla scuola infestata, che non ha minimamente senso dove è stato inserito, in quanto avviene esattamente dopo l'episodio introduttivo delle vicende di Midori. Ci potrebbe stare, come extra, ma in questo caso si rischia di rovinare il climax di tristezza delle vicende, che invece avevo trovato estremamente efficace in un'opera come "Clannad".

Da questo punto di vista l'unico che non delude risulta il filone dedicato a Komori, che infatti mi ha emozionato e commosso, quanto le "route" dedicate alle eroine di "Clannad". Però non fraintendete, mi riferisco in particolare al pathos narrativo, in quanto è impossibile non notare gli spunti originali delle storie degli altri personaggi. In particolare, mi riferisco a Midori, che tratta il tema del doppio e dell'amico immaginario, di cui altre opere come "Chaos;Child" e "Seishun Buta Yarō" di sicuro hanno preso ispirazione, che sfocia, poi, in una riflessione eccellente sul tema della solitudine.

Altro punto piuttosto innovativo, e stiamo parlando di prodotto tratto da una visual novel in realtà uscita nel 2007 - l'anime, invece, vede la luce solamente nel 2012 -, è la presenza di ben quattro personaggi maschili nel cast, che potrebbe essere un dato irrilevante, quando invece, se si conosce il medium delle visual novel, è abbastanza sorprendente. Gli anime tratti da questa categoria di prodotti sono, quasi sempre, harem, e quindi si concentrano su un protagonista, con altrettante eroine, che gli ruotano attorno. Invece, stranamente, la prima stagione di "Little Busters!" non punta mai sul lato sentimentale. Pochissimi romanzi visivi che ho letto mettono in secondo piano questo aspetto; per quanto riguarda la mia esperienza, mi vengono solamente in mente giochi come "Steins;Gate 0" e "Robotics;Notes DaSH", in cui i percorsi dei personaggi hanno ben poco di sentimentale, in confronto ai capitoli che li precedono, eccezion fatta per un capitolo di "DaSH". Tutto ciò rafforza il tema principale dell'opera, ovvero l'amicizia, che raggiunge il suo climax finale con la splendida conclusione, che non poteva chiudere meglio la prima stagione.

Tirando le somme, "Little Busters!", seppure propone un ritmo narrativo non sempre convincente, a causa di episodi riempitivi, comunque inerenti alla trama, ma a conti fatti fuori luogo nel contesto in cui sono stati inseriti, presenta molti spunti interessanti, che ho rivisto ripresi in altre opere, e tratta egregiamente il tema dell'amicizia, anche per il fatto che la componente sentimentale è messa in secondo piano, rispetto ad altri prodotti simili.

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Sui viaggi nel tempo le produzioni artistiche di ogni genere si sono sprecate negli anni e questa non è la sede per aprire disquisizioni tecnico/artistiche su quali siano state fino ad oggi gli esempi più fulgidi di viaggio nel tempo tra film, opere letterarie di fantasia, anime, ecc.

In genere il viaggio nel tempo rimane un tema tipico della fantascienza ma è presente anche nel fantasy, sotto varie forme. Uno dei meccanismi narrativi spesso utilizzati è quello di portare un protagonista in un particolare tempo a cui non appartiene, ed esplorare le possibili interazioni del personaggio con le persone e la tecnologia dell'epoca. Questo espediente narrativo si è evoluto per esplorare i cambiamenti e le relative reazioni ad essi e esplorare le idee di universi paralleli dove le conseguenze delle azioni anche più insignificanti causano massicci cambiamenti nel futuro. In "Iroduku - Il mondo a colori", in giapponese "Irozuku Sekai no Ashita Kara", realizzata dallo studio P.A. Works in 13 episodi e andata in onda nel secondo semestre 2018 ,non si trova nulla del tipico genere del viaggio nel tempo di cui sopra accennato.

La serie animata, che vede alla regia Toshiya Shinonara, alla sceneggiatura Yuuko Kakihara e al comparto musicale di Yoshiaki Dewa ha una storia tutto sommato "standard": inizialmente è ambientata nella città di Nagasaki, nell'anno 2078 in una realtà in cui la magia è un aspetto "quotidiano" della vita delle persone. È un dato di fatto: non c'è nessuna spiegazione per questo aspetto e si intravede solo per poco un mondo piuttosto tecnologico ed evoluto. La protagonista della serie è Hitomi Tsukishiro, una ragazza appartenente a una famiglia che, storicamente, è composta da maghe/streghe che ha un problema fisico: ha perso la capacità di vedere la realtà che la circonda a colori a causa di traumi e lutti (su tutti la madre). Ma il problema più evidente è quello della apatia/atarassia che mina il suo status psicologico: sembra uno "zombie" che vagola tra le persone senza provare, in apparenza, alcuna emozione. Nell'espressione normale mi è sembrata molto il personaggio di Violet Evergarden: come si vedrà nei 13 episodi farà fatica a togliersi di dosso questa maschera di "sofferenza" e allo spettatore le porte della verità si schiuderanno solo negli episodi finali.
Ma procediamo con ordine: la nonna di Hitomi, Kohaku Tsukishiro, grande maga utilizza i suoi poteri magici per mandare la nipote nel passato di 60 anni prima per farle incontrare la se stessa diciassettenne nel 2018 sempre nella stessa città di Nagasaki. Dall'arrivo nel 2018, Hitomi, suo malgrado, inizierà un percorso di crescita personale grazie all’aiuto di un gruppetto di coetanei che diventeranno i suoi nuovi amici. Senza entrare nei dettagli per non spoilerare, saranno proprio le nobili arti della rappresentazione della realtà attraverso le opere d'arte e l'immagine a riaprire gli occhi assieme alla stimolazione emozionale del suo "io" inaridito dai traumi patiti. In questo senso l'incontro con Yuuito Aoi è fondamentale per sbloccarla.

E così la storia che parte dal viaggio nel tempo, diventa una sorta di storia alla scoperta di se stessi in quel particolare periodo della vita di ciascuno di noi che è l'adolescenza. E la magia? E le conseguenze di questa "violazione" della "consecutio temporum"? Non pervenute come ce le si aspettava: la magia è un semplice contorno del mondo reale che convive con l'elemento magico sfruttandolo anche in modo piuttosto "limitato e ludico". La presenza di una ragazza del 2078 nel 2018 non sembra generare alcun squilibrio nel passato e nel futuro: il viaggio è servito solo a Hitomi per ritornare a vivere e uscire dalla sua "gabbia" in b/n (associato in modo penalizzante alla apatia/atarassia/depressione di Hitomi).
Tra l'altro vengono completamente dimenticate anche le paure e le difficoltà di come far tornare nel suo vero mondo Hitomi: i personaggi si sveglieranno dal "torpore" solo quando realizzeranno che Hitomi sparisce all'improvviso a causa dell'instabilità della magia fatta da Kohaku del futuro e così correranno ai ripari per rispedirla indietro nel futuro...
I personaggi del 2018 vengono tutti ben delineati: dalla nonna in versione giovanile ai suoi compagni di scuola, tra i quali spicca Yuito Aoi che si rivelerà come il personaggio che più si avvicina al carattere di Hitomi e che di conseguenza sarà la "causa" della sua evoluzione in positivo. Se la trama e le sue modalità di sviluppo non mi hanno entusiasmato (in particolare per l'eccessiva dilatazione della storia prima dell'organizzazione del rientro di Hitomi al futuro), la grafica è eccellente con disegni e colori veramente ben realizzati. A livello musicale particolarmente bella la ending.

Un anime che ha fatto delle emozioni delle più semplici situazioni quotidiane il suo manifesto per sanare le ferite dell'animo, utilizzando una sorta di "metafora" del motto latino "historia magistra vitae" (recuperare le proprie radici nel passato), con un finale agro-dolce nella solita tradizione giapponese, dove attraverso la sofferenza e la privazione si raggiunge un nuovo e più solido equilibrio personale.

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«Se il guscio dell'uovo non si spezza, il pulcino morirà senza essere nato. Il mondo è l'uovo di cui noi siamo i pulcini, se non spezziamo il guscio del mondo moriremo senza essere nati. Spezziamo dunque questo guscio per poter rivoluzionare il mondo!»

Ho iniziato a vedere quest'anime sotto consiglio di un mio amico più grande di me, che lo vide per la prima volta quando era ancora un ragazzino e aveva più o meno la mia età. Ero carico di aspettative, me ne aveva parlato benissimo. Ho deciso, così, di iniziare a vederlo e verificare di persona quanto ci fosse di vero nelle sue parole. Purtroppo, credo che essere figlio di una generazione successiva alla sua abbia portato a un effetto totalmente differente su di me, tant'è che il suo entusiasmo, purtroppo, non è da me condivisibile. Ma andiamo con ordine...

Primo punto: la trama. Sommariamente, è senza dubbio estremamente originale: una ragazza di nome Utena Tenjo si trova suo malgrado invischiata in una serie di battaglie, quando salva per la prima volta la vita a una sua compagna, Anthy Himemiya, di cui tutti si "giocano" a duello la proprietà. Cosa nasconde la ragazza? E cosa significa essere la Sposa della Rosa?
Le premesse sono positive, tuttavia la trama spesso viene solamente abbozzata e appena accennata. Mentre gli episodi si susseguono, ripetendo praticamente ogni scenario in modo quasi cantilenato, la nostra protagonista si trova a fare la conoscenza anche di altri ragazzi della scuola che, a modo loro, si racconteranno attraverso dei discorsi incredibilmente filosofici che colpiscono per la profondità dei temi trattati, soprattutto se parliamo del fatto che quest'anime risale all'ormai lontano 1997. Questa è una delle poche cose che ho apprezzato fino in fondo, in quanto si possono dare numerosissime interpretazioni ad ogni minima riflessione o pensiero dei vari personaggi che popolano la storia.

Tuttavia, mi duole ammetterlo e ribadirlo, questo resta l'unico aspetto interessante. Devo dire che ho trovato assolutamente snervante il fatto che in ogni episodio si inventasse ogni tipo di pretesto per combattere, anche il più futile. Ad un certo punto, sembrava quasi che gli sceneggiatori avessero smarrito le idee, perché l'originalità cominciava a scarseggiare. Per esempio, la seconda delle quattro saghe in cui si divide la storia, quella della Rosa Nera, ha aggiunto veramente ben poco alla trama già di per sé particolarmente spoglia, divenendo, a mio avviso, quella più inutile. Molto spesso mi sono trovato a 'skippare' interi minuti perché ormai sapevo qual era l'andazzo. Sono rimasto tremendamente dispiaciuto, perché con molti meno episodi (anche sedici o venti) si poteva costruire qualcosa di molto più solido e coinvolgente. Con questi trentanove episodi, invece, mi sono trovato spesso a sbadigliare dalla noia e a sperare che finisse presto tutto. Oltretutto, certi filler disseminati qua e là non hanno fatto altro che rischiare di fermare in modo definitivo la serie, ma per fortuna (o per sfortuna?) non ci sono mai riusciti completamente.

Quanto al personaggio di Utena, si può dire essere la brutta copia di Lady Oscar (a cui mi sembra di aver capito si sia ispirata l'autrice dell'opera). Un gender bender che, secondo me, si dimostra essere poco efficace e spesso stucchevole. Utena, che dovrebbe rappresentare la purezza dell'animo, purtroppo, col tempo diventa sempre di più un personaggio monocorde e ingenuo che a tratti fa anche arrabbiare, soprattutto nella seconda metà della serie. Capirete con la visione cosa intendo. Sono pochi i momenti in cui l'ho amata e l'ho apprezzata veramente a fondo.

Infine, come già detto nella sezione dei commenti, il finale della serie, per quanto non ne sollevi affatto le sorti, è carico di pathos ed emozioni fortissime che mi hanno veramente messo i brividi. Ribadisco, perciò, che probabilmente è uno dei finali più belli e soprattutto coerenti che abbia visto in vita mia.

"La Rivoluzione di Utena", in conclusione, è sicuramente un anime valido, se andiamo a catalogarlo nell'ambiente filosofico, ma, se volete approcciarvi alla sua visione, tenete conto del fatto che la trama sarà solamente un contorno, perciò non aspettatevi grandi stravolgimenti. Certo, i colpi di scena non mancano, ma il resto lascia abbastanza a desiderare. Ecco perciò il motivo per cui sono stato costretto a lasciare un 5 e mezzo.